Economia

Cittadino o Stato? Giusto per non sbagliare

di Francesco Zappia

Cittadino o Stato? Chi è il responsabile?

Certo, bisogna quantomeno domandarselo perchè nel “Caos”, nella fretta di attribuire a qualcuno la propria responsabilità, si rischia di fare ulteriore confusione, qualificando come succubi i colpevoli e viceversa.

Cittadino o Stato? Diseducazione civica o Potere incapace?

È come pretendere di capire se sia nato “prima l’uovo o la gallina”. Ed infatti, intervenuto il Caos, il responsabile appare succube ed il succube può essere anche confuso con il vero responsabile! Tanto che alla fine, per non sbagliare, tutto viene di fatto “spersonalizzato” e la colpa, la responsabilità, va presto attribuita proprio al Caos!

È “Lui” la causa del nostro male, della nostra incertezza del presente e del futuro, della diatriba tra uomini e tra uomini ed istituzioni!

Sembra proprio che la situazione generale sia un po’ sfuggita di mano: chi doveva obbedire, chi doveva rispettare le leggi, i ruoli, chi doveva godere dei diritti, chi assoggettarsi ai doveri; chi doveva controllare, chi doveva farsi controllare…

Ormai chiunque si trova sulla stessa barca condotta dalle correnti imprevedibili ed incontrollabili del “Fiume Caos” che conduce alla deriva.

È palese che questo comodo modus cogitandi è solo utile per evitare di domandarsi se sia davvero possibile che nessuno (individui, classi sociali, élite, Istituzioni, società) confessi la propria responsabilità, sia essa totale – come appare molto improbabile – sia comunque parziale.

Ora, come sosteneva un certo ed influente gruppo di uomini, c.d. “Gli antichi”- ultima categoria di individui saggi capaci di divulgare perle e non altro – per non sbagliare è sempre meglio guardare prima in casa propria; e siccome apprezzo il principio secondo cui prima di cercare il colpevole da punire, prima di attribuire la colpa a qualcuno (o, peggio, a qualcosa come nel caso del Caos), è bene analizzare il tutto partendo da sè stessi e dal proprio contesto, “fazione” di appartenenza, procederò, quanto meglio potrò, con l’analisi dell’individuo, dell’uomo, del cittadino e della società in generale intesa come habitat da individui, da uomini costituito.

In modo tale da scagliare la prima pietra una volta appurata la certezza di essere senza peccato!

Certo sarebbe innanzitutto utile “decodificare” il concetto di società (sia essa concepita dal un punto di vista sociologico, economico, etc.), onde evitare di commettere l’errore di approfondire in modo inefficace questioni su un “macro apparato”, in fin dei conti costituito da singole “parti” da cui in parte dipende il suo funzionamento globale. Non è certo da dimenticare, secondo un approccio che definirei “micro sociale”, che sono stati gli stessi individui ad essersi riuniti per conseguire obiettivi collettivi dando vita alla c.d. societas (da socius, dunque, “compagno, alleato”) che poi può dimensionalmente essere individuata in una comunità organizzata piu o meno ristretta (come la famiglia, il quartiere, la piccola comunità la cui organizzazione si circoscrive), in un territorio più ampio come lo Stato (in cui si comincia a perdere una dimensione ristretta nella quale inizia a farsi strada il concetto di società) oppure in un contesto più globale in cui vive la c.d. Comunità umana, la più ampia, sostanzialmente coincidente con l’intera umanità.

Alcune differenze caratterizzanti l’analisi delle relazioni tra individui e comunità nelle proprie differenti estensioni, stanno nei modi di interazione tra gli stessi individui e, ad esempio, la loro piccola comunità di appartenenza più immediata (appunto, la famiglia, il quartiere) oppure tra essi e società più estesa ( lo Stato), intesa quest’ ultima quale dimensione più allargata che espone l’uomo a differenti rischi e vantaggi come, ad esempio, una maggiore autonomia nelle proprie facoltà di sviluppare le proprie capacità (magari progredendo nella cultura, nei risultati, nelle scelte); oppure come un maggior rischio di allontanarsi da un contesto, sì ristretto, ma caratterizzato da un maggior grado di protezione in termini di condivisione di scopi e di solidarietà (a tal proposito si veda Ferdinand Tonnies, ” Comunità e Società”).

Disparate discipline scientifico – sociali hanno prodotto vari approfondimenti sull’individuo contestualizzato nella società (soprattutto, andando sempre più nello specifico, la c.d. Società civile) costituita per soddisfare fondamentali necessità di dotarsi di un’organizzazione i cui diversi ambiti sono stati approfonditi, appunto, dall’economia, dalla psicologia, dalla sociologia, e dalla scienza politica. Quest’ultima, in particolare, ha cercato di approfondire la qualità dei rapporti tra individuo ed autorità e tra individuo ed apparato politico/amministrativo. In tale ampio contesto gli individui nella propria società hanno da sempre giocato un ruolo chiave nella scelta di dar vita ad istituzioni capaci di governarli e di organizzare la vita comune, gestire la cosa pubblica nella maniera più armonica possibile.

L’istituzione “creata” dagli individui sarebbe stata più o meno capace di applicare modelli organizzativi orientati ad andare oltre la visione razionale della società intesa come un semplice aggregato di individui riuniti al solo scopo di raggiungere obiettivi che da soli non avrebbero potuto raggiungere; il tutto nel rispetto degli auspici di una certa dottrina istituzionalista (si veda Giuseppe Bonazzi,  “Storia del pensiero organizzativo”, 2000 – Franco Angeli Editore). Ma piuttosto la stessa istituzione avrebbe dovuto avere il fondamentale ruolo di controllare e guidare gli individui nei comportamenti sociali, nelle interazioni reciproche e nei modi di acculturarsi e di concepire il rapporto con il mondo all’interno dello stesso.

Il concetto dell’individuo aggregato e perfettamente amalgamato, nell’ambito della condivisione di cultura, identità, religione e, perché no, di economici interessi, è sempre stato e resta uno spunto di analisi “affascinante” non sfuggito alla teologia secondo aspetti e chiavi di lettura che spero in futuro di poter correttamente approfondire.

Comunque, il ruolo dell’individuo nella scelta della propria istituzione rappresentativa è fondamentale, proprio perchè egli deve poi assoggettare la propria vita sociale e civile alle regole impartite dalla stessa istituzione atta anche a condizionare, per il bene collettivo, il comportamento dello stesso individuo.

A scanso di possibili conflitti tra governati e governanti, è bene che sia chiaro che, quanto più corretta risulta la scelta della guida (l’istituzione, appunto, retta da uomini capaci, responsabili ed ispirati da una forte cultura della buona gestione della cosa pubblica), tanto più “piacevole” ed apprezzabile sarà la capacità di farsi orientare, di essere assoggettati rispetto alla potestà tipica del potere dello Stato, capace di rispettare, non calpestare, diritti soggettivi ed interessi legittimi.

Nel contesto odierno è palese che ci si trovi di fronte ad una sorta di “inghippo” sociale ed istituzionale, che forse passa anche da un “inghippo” morale inficiante ogni rapporto tra individui e tra essi ed istituzioni. Ed è proprio in questo paradigma, alla luce di quanto sino ad ora è stato trattato,  che risulta corretto chiedersi se la responsabilità vada attribuita ad una sorta di “mostro”, appunto al Caos, oppure vada individuata una vera, tangibile e determinata identità (uno o più attori sociali corresponsabili, un gruppo, un’élite, etc.) che ancora fa fatica a prendere atto di una serie di errori commessi nel corso della storia e probabilmente, insistentemente, nel tempo attuale.

Giusto per non sbagliare, giusto per iniziare da “casa propria”, per non rischiare di scagliare “la prima pietra” da responsabili, o meglio da “peccatori” (come voleva il più celebre tra i “saggi”).