Economia

Il coaching: come sviluppare l’eccellenza in ognuno di noi

di Ivana Colombo

1. Profili introduttivi

È una pratica che nasce negli Stati Uniti negli anni ‘60 in ambito sportivo1e già a partire dagli anni ‘70 il termine coach2viene utilizzato comunemente nel mondo dello sport per indicare in senso comune l’allenatore, colui che incita a migliorarsi, ad arrivare al massimo rendimento. Un facilitatore nell’espressione delle proprie potenzialità, qualcuno che aiuta a comprendere le difficoltà incontrate per poterle poi superare con le proprie forze e risorse, ancora non del tutto efficacemente indirizzate, ma anche a identificare in sé la capacità di apprendere e sviluppare nuove abilità.

Un metodo molto semplice quello ideato da Gallwey3, applicabile in molte situazioni, che rapidamente si è diffuso poi in ambito aziendale: già negli anni ‘80 le prime grandi multinazionali americane (IBM e Coca Cola) iniziano a proporre ai propri dipendenti sezioni di coaching, con lo scopo dichiarato di portare le persone ad agire più efficacemente nel raggiungimento dei propri obiettivi.

Negli anni immediatamente successivi si assiste a un sempre più determinato impiego del coaching nel business, dapprima negli Usa, poi in Europa e infine all’Università di Sidney, la prima ad inserire la disciplina nelle materie di studio e promotrice dell’Evidence Based Coaching, movimento composto di ricercatori, docenti universitari e coach professionisti che, per mezzo delle loro ricerche si sono impegnati a far crescere il coaching in ambito scientifico.

Negli anni ‘90 il coaching si diffonde anche in Europa, inizialmente come strumento per stimolare il cambiamento nelle organizzazioni aziendali, ma è solo con la prima Conferenza Internazionale tenutasi a Stresa nel 2003, cui hanno partecipato 400 coach professionisti provenienti da tutta Europa, che il fenomeno perde il carattere di novità, quasi di moda circoscritta ai direttori della formazione, per assumere il rango di possibile strumento di fruibilità effettiva e disponibile in modo diretto.

Verso la fine degli anni ‘80 la pubblicazione dei primi studi sul fenomeno ha confermato gli ipotizzati risultati sull’incremento di produttività dei manager fruitori di un percorso di coaching (spesso combinato con sessioni di training) e ha messo in luce relazioni straordinarie di miglioramento dei rapporti con i clienti, misurabili direttamente in termini quantitativi.

Fattore determinante per la diffusione del coaching è stata la crescente somiglianza dell’attuale mondo del lavoro con l’ambito sportivo, per via della sempre più diffusa necessità di precise caratteristiche e la presenza di nuovi bisogni, quali la continua aumentata competizione, dovuta alla globalizzazione dei mercati, la necessità di dover sempre migliorare, la necessità di essere più rapidi nel miglioramento e di sapersi muovere bene in un team, gestendo emotività e stress, acquisendo skills (abilità) sempre più specifiche ed efficaci.

Il coaching è stato soggetto a una rapida e costante espansione a livello internazionale: in altri Paesi dall’ambito sportivo si è presto diffuso a quello aziendale (business coaching) e altrettanto rapidamente ha contagiato altri contesti, dando vita a nuove tipologie di coaching (life coaching, parent coaching, coaching spirituale4).

In Italia è attualmente una pratica che tende a rimanere legata ai contesti organizzativi, per ora a quelli particolarmente illuminati, in aziende particolarmente desiderose di trovare nuovi strumenti e tecniche che consentano loro di mantenere o ampliare la propria quota di mercato, attraverso lo sviluppo e il potenziamento delle risorse umane, elemento che sembra maggiormente caratterizzare la difficile miscellanea che compone il delicato equilibrio del core business del fare impresa al giorno d’oggi.

Le esigenze dell’impresa orizzontale, destrutturalizzata5, impongono di restare competitivi, puntare al consolidamento delle capacità acquisite e sviluppate, ma nel contempo è di vitale importanza svilupparne continuamente altre e ciò appare agli esperti di organizzazione aziendale sempre più chiaramente realizzabile attraverso il potenziamento (empowerment) delle risorse umane, attraverso una concezione basata sulle capacità e il talento, al fine di valorizzare al meglio una persona nell’attività lavorativa, collocandola nell’attività più giusta per le sue abilità.

2. Il modello GROW

Secondo J. Whitmore6, il primo obiettivo di un coach è quello di allenare il potenziale delle persone attraverso il modello GROW:

  • Goal: verificare e fissare l’obiettivo
  • Reality: verificare la realtà
  • Options: verificare le opzioni
  • What: verificare cosa si deve fare
  • When: verificare quando farlo
  • Who: verificare chi deve farlo
  • Why: verificare la volontà di farlo.

Differenti tipologie di coaching

Il coach a differenza del terapeuta può spingersi a cenare con il cliente, sentirlo via mail o per telefono e svolge azione di sostegno a distanza, oltre a quella ravvicinata prevista durante le sessioni di coaching: non offre però soluzioni né consigli, lavora infondendo fiducia nell’individuo per consentirgli di conseguire un maggiore grado di responsabilità e con un approccio orientato fortemente alla pratica focalizzata sull’individuazione dei punti di forza del cliente stesso.

Il coaching è una tecnica normalmente suddivisa in due raggruppamenti principali: life coaching indirizzato alla vita personale, pratica rivolta a superare paure, rafforzare l’autostima, gestire i cambiamenti, in particolare quelli imprevisti e business coaching, pratica orientata invece alla vita professionale degli individui, che fissa obiettivi di carriera e sviluppa strategie per raggiungerli.

Quest’ultima si differenzia a sua volta in diversi tipi di percorso:

  • Executive coaching: destinato alle figure collocate ai vertici aziendali (imprenditori, manager e amministratori delegati), rivolto a persone singole per metterle in grado di individuare obiettivi chiari, migliori metodi di comunicazione, sviluppo di nuove e migliori strategie, gestire problematiche di elevata responsabilità e stress, supporto nello sviluppo della propria leadership;
  • Corporate coaching: aiuta a modificare la cultura aziendale di singoli o gruppi che si trovino coinvolti in progetti di cambiamento organizzativo;
  • Small business coaching: diretto a imprenditori o liberi professionisti che intendano ampliare il loro campo di affari attraverso una revisione di progettazione delle strategie;
  • Career coaching: per chi si trova in una fase di cambiamento della mansione o del posto di lavoro. Il coach aiuta il coachee (colui che viene allenato) a individuare le aspettative, la motivazione e le problematiche che accompagnano la delicata fase di cambiamento;
  • Coaching organizzativo: si riferisce all’azienda nel suo complesso, offre supporto per l’individuazione degli obiettivi strategici, sviluppandoli in progetti da raggiungere nel futuro prossimo. L’azienda viene seguita per tutta la fase del cambiamento, fino al compimento dell’intero processo;
  • Sport coaching: il coach supporta lo staff tecnico o l’atleta per il miglioramento della performance, fornendo assistenza durante l’allenamento o durante la gara;
  • Team coaching: è rivolto a un gruppo di persone che si dedicano a un team di progetto. I membri del gruppo alla partenza di un progetto spesso non si conoscono e hanno opinioni divergenti nei rispetti del progetto stesso. Il coach facilita la comunicazione e l’individuazione di obiettivi comuni creando e sviluppando lo spirito di squadra in soggetti che torneranno a esercitare le proprie singole occupazioni al termine del lavoro svolto in team.

È da sottolineare come spesso coesista il ricorso a differenti tipologie di coaching all’interno di uno stesso metodo o procedura di applicazione di una stessa sessione di coaching.

Molte aziende e molte organizzazioni utilizzano oggi il coaching per sostituire o integrare la formazione.

3. Come si diventa coach

Capacità di ascolto e di esplorazione nei talenti altrui, allenamento del potenziale e certamente bravura personale sono le principali caratteristiche di un buon coach, che per ora è una figura caratterizzata da una preparazione professionale maturata nei campi più diversi (sport, risorse umane, coordinamento del personale, insegnamento, ma anche piccoli imprenditori e manager fortemente motivati al cambiamento)7.

 L’International Coach Federation, nata negli Usa nel 1995, associazione che sostiene e promuove la professione di coach, ha fissato i criteri, un vero e proprio codice etico, che i membri associati e accreditati sono tenuti a rispettare, per poter rivestire a pieno titolo il ruolo di coach. Gli standard riconosciuti da ICF costituiscono le fondamenta per l’auto-regolamentazione della professione.

Nel 2007 ICF ha svolto una ricerca sulla diffusione di questa professione nel mondo che ha prodotto interessanti risultati: 6000 coach operanti a livello mondiale, distribuiti in circa 70 Paesi, con prevalente diffusione nel Nord America, in Europa Occidentale, Australia e Nuova Zelanda, per un giro d’affari complessivo pari a 1,5 mld di euro.

In Italia dopo una certa diffidenza iniziale il fenomeno si è maggiormente diffuso in Lombardia e Lazio.

La Federazione Italiana Coach8 conta attualmente circa 200 iscritti, ma si calcola che il giro di affari, che si aggira intorno ai 10 milioni di euro, coinvolga almeno 1000 professionisti, formatori e consulenti con almeno 20 anni di esperienza e con al loro attivo almeno 200 ore in aula

La professione di coach è caratterizzata in prevalenza da persone laureate (51,2%) o con un master (21%), mentre il 19,9% ha un diploma di scuola superiore. La maggior parte di questi soggetti ha poi conseguito un diploma di coaching, di cui il 58,8% ha conseguito l’ACTP (Approved Coach Specific Training)9 e solo il 13,6% non ha neppure un diploma.

Nonostante la continua espansione la professione di coach non è ancora riconosciuta da un punto di vista formale e legislativo, ma ICF ha dichiarato di volersi in futuro impegnare nel tentativo di avere nel mondo coach altamente qualificati e riconosciuti come categoria professionale, per garantire formazione e professionalità volti a raggiungere standard qualitativi sempre più elevati.

Promotore di un vero e proprio metodo di allenamento, così come un allenatore stimola l’atleta a esercitare i suoi muscoli, il coach promuove nel coachee nuova auto-consapevolezza e auto-efficacia, non è uno psicologo, né uno psicoterapeuta: è semplicemente un motivatore impegnato a far sì che i soggetti inquadrino e risolvano le loro questioni in modo indipendente, al fine di raggiungere un obiettivo, magari mettendo in luce un talento a volte nascosto.

Note

1 Metodo messo a punto da Timothy Gallwey, pedagogista di Harvard ed esperto tennista, ideatore di una sinergia applicabile immediatamente anche in altre situazioni. Il metodo consiste nel cercare di individuare precise difficoltà, riscontrate più frequentemente nello sport come nel lavoro ed offrire poi una traccia per poterle superare con le proprie capacità e risorse. Per un approfondimento si veda Gallwey T. (1974), The Inner Game of Tennis, New York, Random House.

2 Letteralmente è un veicolo (in inglese coach, carrozza dei treni) che trasporta una persona o un gruppo di persone da un luogo di partenza a uno di arrivo. Nel 1800 in Inghilterra il termine subì un’evoluzione, da che venne impiegato per attribuire maggiore importanza ai tutor nelle università, persone che aiutavano gli studenti a conseguire una fase di miglioramento, motivandoli e conducendoli verso la conclusione dell’anno accademico.

3 Il metodo usato nelle sessioni di coaching è il cosiddetto “metodo socratico” o “maieutico”, ovvero il metodo di conversazione ideato da Socrate. Tale metodo consiste in un dialogo fatto da brevi domande, sì da spingere l’interlocutore a ricercare dentro di sé le risposte e quindi la verità, determinandola in modo consapevole e autonomo, già utilizzato dal filosofo greco per interagire con i propri allievi: egli non inculcava in loro le proprie idee, ma aiutava i discepoli a “partorire la propria verità”. È nell’incontro con l’altro che secondo Socrate si trova la strada per conoscere se stesso e l’altro, attraverso il dialogo. Gallwey ha rilevato l’analogia esistente tra sport e lavoro portando questa sinergia ad estendersi in altri campi e a sviluppare un vero e proprio metodo di ottimizzazione delle prestazioni.

4 Rispettivamente: riorganizzazione dei propri ritmi e obiettivi di vita, capacità di gestire in modo non conflittuale il rapporto con i propri figli, approccio dinamico alla spiritualità. È da poco in atto un processo diffusivo anche nelle scuole e negli ospedali, luoghi che potrebbero portare allo sviluppo di nuovi filoni di applicazione e sviluppo degli argomenti e delle prassi trattate.

5 Nel 1900 a seguito dell’invenzione della catena di montaggio da parte di Henry Ford e della nuova organizzazione del lavoro di F. W. Taylor, nelle imprese prese avvio la standardizzazione dei prodotti e l’ottimizzazione dei tempi di produzione, con costi e prezzi ridotti, che consentirono l’avvio del consumismo di massa. Tutto si basava sulla produzione di grandi quantità con applicazione di azioni svolte quanto più meccanicamente possibile, fattore che non lasciava spazio agli aspetti umani dei soggetti coinvolti nella lavorazione, riducendoli a dei veri e propri ingranaggi del sistema produttivo. Nelle aziende troppo rigide, caratterizzate da una gerarchia strettamente verticale, l’utilizzo del coaching risulta inadeguato poiché non è presente uno spirito collaborativo lasciato libero di operare collettivamente in termini di reciproco apporto, caratteristica fondamentale affinché sia efficace l’introduzione e l’applicazione di tale metodo, che rivela in pieno la sua efficacia in aziende gestite orizzontalmente. Molti manager sono restii ad affidarsi al coaching per il timore di perdere il controllo sull’operato dei loro collaboratori.

6 J. Whitmore, collaboratore di Gallwey nell’organizzazione di corsi di formazione negli Usa e nel Regno Unito. V. per un approfondimento sulla teoria di Whitmore, Cardani M., Martone A., Quintarelli L., Tassarotti S. (2008), Business coaching. Una tecnica per migliorare le performance aziendali, Milano, Ipsoa.

7 Per un ulteriore approfondimento v. Adani L.-Fabiano M. (2009), Diventare coach. Pratiche e strumenti per attivare percorsi di coaching passo dopo passo, Milano, Franco Angeli.

8 International Coach Federation Italia, la più importante associazione di coach italiani, la cui presidente è Giovanna Giuffredi. Per un approfondimento v. www.icf-italia.org.

9 Ogni Accredit Coach Training Program (Actp) deve offrire un minimo di 125 ore di formazione specifica di coaching, una formazione base sulle competenze di base dell’ICF e sul codice etico ICF, un minimo di 6 sessioni di coaching con un coach esperto e un esame finale.