Economia

La caduta del rublo: tra cause e conseguenze, gli impatti sull’economia del vecchio continente

(di Gianluca Bogialli)

La recente caduta del Rublo ha mostrato come, in particolari situazioni di pressione economica, il mercato finanziario possa metter in crisi l’economia reale ,tramite strategie speculative, volte a cogliere facili guadagni, al concretizzarsi di scenari economici ben definiti, come quello derivante dalla caduta del prezzo del petrolio recentemente verificatosi.
Se pensiamo alla Russia e ci chiediamo quale sia il suo core business, evidentemente il mercato energetico è una delle prime naturali risposte che ci possiamo dare, infatti tra Gas naturale e Petrolio la Russia è uno dei principali esportatori di energia al mondo rappresentando circa il 70% delle esportazioni mondiali di energia, che comportano per il paese un introito pari al 16% del proprio PIL.

La rilevanza del mercato energetico per il governo russo si palesa considerando che le entrate da questo mercato per lo stato corrispondono quasi al 50% delle entrate totali, evidentemente poco granulari come fonte di reddito ma di dimensioni talmente rilevanti da meritarsi un’attenzione particolare; ragion per cui il ministero dell’economia russo, vista la recente situazione di contingenza, ha pensato ad una manovra politico-economica correttiva.
La recente caduta del prezzo del petrolio, come si può notare nel grafico sottostante che ne riporta il trend Year to date [1] arrivato ai minimi storici, ha delineato uno scenario economico particolare, dove investitori scaltri hanno potuto cogliere opportunità di guadagno interessanti.

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Source: finanza-mercati.ilsole24ore.com

La caduta del prezzo del petrolio registrata è stata determinata da molteplici fattori: dapprima l’aumento della produzione mondiale: dagli USA al Canada e alla Libia, aumentando la produzione mondiale aumenta l’offerta e quindi il prezzo scende.
Evidentemente la diminuzione del consumo del petrolio dettata dalla crisi economica, particolarmente in Europa, ha fatto diminuire la propensione al consumo, il tutto maggiorato anche dalla crisi Ucraina che coinvolge la Russia in primo piano.

La Russia ha la più alta produzione giornaliera di petrolio tra i paesi produttori, come mostra la tabella sottostante, che rappresenta la produzione giornaliera di petrolio dei primi 10 paesi al mondo al 2013 End of year[2]:

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Il prezzo al quale idealmente si dovrebbe vendere un barile per poter sostenere l’economia russa è circa 120 dollari al barile, mentre attualmente il prezzo di un barile di petrolio si aggira intorno ai 60 $ al barile.

Delineato quindi un potenziale ribasso molto probabile di tutta l’economia russa, le speculazioni sui mercati finanziari sono piovute a raffica: dapprima nel mercato dei derivati, mascherate da manovre di copertura del prezzo del petrolio tramite futures, passando poi alle vendite allo scoperto per le società energetiche russe che hanno visto crollare il prezzo delle proprie azioni.

Unitamente a questo la banca centrale russa ha visto crollare le proprie riserve in valuta estera vertiginosamente, ed essendo i principali contratti energetici scritti in Dollari o Euro e affluendo sempre meno valuta estera nelle casse delle aziende, ma restando invariato il fabbisogno di valuta estera per le stesse, si sono registrate grosse vendite di rubli per avere euro o dollari, svalutando quindi sensibilmente il cambio.

Recentemente la banca centrale russa aveva inoltre cercato di intervenire con un politica monetaria correttiva, acquistando sul mercato rubli con la speranza di rialzarne il corso, utilizzando le riserve di valuta estera, questo però ha ancora di più creato la necessità per il sistema russo di valuta estera, saturato oramai di valuta locale, contingenza inevitabilmente trasmessa nella bilancia dei pagamenti, creando paradossali squilibri in deficit per l’economia russa.

Un ulteriore intervento della banca centrale volto a contrastare la caduta è stato l’innalzamento del tassi di interesse dal 10,5 % al 17%, risultata però poco efficace.

Questa manovra evidentemente volta a limitare il fenomeno del Carry trade, ovvero quel momentaneo disallineamento tra i tassi di interessi nominali e i tassi di cambio che violando la parità coperta dei tassi d’interesse: fondamentalmente si creano degli arbitraggi statistici, nel quale gli speculatori vendono una valuta debole e investono il capitale raccolto in un’altra valuta con un tasso di interesse, ovvero il ritorno implicito, maggiore. Dopo di che viene ripagato il debito contratto nella valuta più debole, che nel frattempo si è svalutata, esigendo quindi meno valuta estera (Euro o Dollari) come controvalore per chiudere la posizione di debito. Evidentemente questa strategia spinge ancora più in basso la valuta debole peggiorando la situazione del paese in difficoltà.

Un ultimo asso nella manica che ha in mano il governo russo, è quella di implementare un sistema a cambio fisso, come fece la Svizzera quando vide apprezzarsi troppo la sua valuta, quindi nello scenario completamente opposto, in quanto la sua valuta era percepita come riserva di valore alternativa all’oro, trend che però metteva di fatto il sistema economico svizzero fuori mercato a livello competitivo.

La crisi del rublo quindi è dettata da molte manovre, sia volte a supplire la necessità di liquidità per le imprese locali in valuta estera, sia per evidenti attacchi speculativi volti a cogliere l’effetto momentum [3] negativo dell’economa russa, speculando al ribasso contro la stessa.

L’impatto però della crisi viene di fatto trasmesso su tutti quei paesi che hanno rapporti commerciali con la Russia ai quali non viene riportato tutto il ribasso del prezzo, anzi vedendo in situazioni particolari, rinegoziazioni dei propri contratti volti a sanare il gap di valuta estera che l’azienda energetica Russa evidenzia.

In Italia aziende come Saipem che hanno forti rapporti con l’economia russa, avendo sottoscritto un contratto da 2,4 miliardi di Euro per la creazione di un Gasdotto dal Mar Nero, oppure Eni che è socio al 20% con Gazprom, azienda Russa, nel consorzio South Stream, sempre per la fornitura di energia.
Evidentemente la nostra economia è molto correlata con quella russa che, se dovesse fallire, cessando la fornitura di Gas e petrolio o alzandone il prezzo, creerebbe un grave danno al nostro paese, ancora carente di energia rinnovabile, dipendente quindi da fornitori di “vecchia energia” come la Russia.

Evidentemente gli investitori amanti del rischio, consci di questo, hanno posto in essere manovre speculative contrastando pesantemente anche le aziende connesse al mercato energetico russo, stimolando un ribasso dei corsi azionari di tutto il sistema economico correlato all’economia russa.

Di fatto siamo di fronte ad uno dei punti di minimo del settore, starà ora all’intero sistema definire un sistema di armonizzazione della valuta tale per cui si normalizzino i flussi derivanti dal mercato energetico, a volte spropositati, garantendo però una maggior stabilità dell’intero sistema economico, come detto troppo veicolato nel business energetico.

Note

[1] YTD: Valore che considera il trend dal primo giorno dell’anno al giorno dell’analisi.

[2] EOY: Valore Cumulato al 31-12

[3] Momentum Strategy: è una strategia di trading pro-ciclica volta a cogliere il trend rialzista o ribassista durante tutta la sua evoluzione, entrando, ad esempio nel caso di un trend rialzista, in posizione Long su un minimo e chiudendo la posizione su un massimo relativo.