Diritto Criminologia e criminalistica

La protezione penale e giuridica dei documenti nel contesto di reato del falso intellettuale (articolo 271 c.p.)

(di Justyna Żylińska) [i]

Traduzione dalla lingua polacca Jolanta Grebowiec-Baffoni

La protezione penale e giuridica dei documenti nel contesto di reato del falso intellettuale (articolo 271 c.p.)

I. Le questioni relative ai documenti possono essere analizzate tenendo conto di varie problematiche. In primo luogo, dal punto di vista della definizione del contenuto e della sostanza del documento, delle funzioni che esso compie nella società, nonché della possibilità delle sue distorsioni e della sua introduzione nelle transazioni legali in modo non autorizzato. La legge penale tratta principalmente la protezione dell’autenticità del documento come base per l’equità delle operazioni legali. Le scienze giuridiche connesse con i procedimenti penali e civili dedicano molta più attenzione al documento, tenendo anche conto della sua funzione probatoria nella determinazione della legge esistente, del rapporto giuridico o delle circostanze aventi il significato giuridico. Infine, stabilire se il documento è vero o falso, la sua distruzione, la trasformazione o l’accettazione della sua conformità con l’originale, è il dominio delle scienze forensi[ii].

Tenendo conto dell’argomento di questo studio, va osservato che il corretto funzionamento delle transazioni legali richiede efficienza e sicurezza. La sicurezza giuridica indica la necessità di garantire che il documento sia attendibile e credibile prendendosi cura della fiducia al documento come un modo formale di esistenza di una legge, di un rapporto giuridico o di una circostanza che possa avere un significato giuridico. Per questo motivo, il documento gode della tutela di molte aree del diritto, compreso il diritto penale”[iii]. La protezione giuridica dei documenti – vale a dire l’autenticità e l’affidabilità di un documento come modo formale per dichiarare rapporti giuridici e la fiducia pubblica nei documenti pubblici – è un presupposto per la certezza della transazione giuridica previsto dalle disposizioni del capitolo XXXIV del codice penale[iv], intitolato “Reati contro la credibilità dei documenti”, che penalizzano atti compromettenti il contenuto o la sostanza intellettuale del documento[v]. Questa categoria di reati comprende anche il reato di falso intellettuale. La sua essenza consiste nella certificazione nel documento dei fatti non veri circa la circostanza di significato giuridico, da un funzionario pubblico o da un’altra persona autorizzata a rilasciare il documento. Il codice penale prevede 3 tipi di questo delitto: il tipo di base previsto dall’art. 271 § 1 del codice penale; il tipo privilegiato trattato nel § 2 come un episodio di minore importanza, mentre nel § 3 la sanzione comprende il tipo qualificato per motivi che guidavano l’autore del reato, ossia quando egli agiva per ricavare profitti materiali o personali.Va sottolineato che l’oggetto della protezione dagli atti illeciti elencati nell’art. 271 del codice penale è la credibilità dei documenti e quindi la fiducia dei cittadini al documento. Il contenuto dell’art. 271 del codice penale determina che è garantita l’affidabilità di certi tipi di documenti, ovvero di quelli rilasciati da un pubblico funzionario o da un’altra persona autorizzata al loro rilascio, quindi dalle entità che hanno l’autorità (la competenza) di rilasciarli (documenti emessi). La credibilità si riferisce alla veridicità di questi documenti e quindi alla veridicità dei contenuti redatti dai loro emittenti. I documenti sono soggetti alla protezione dal cosiddetto falso intellettuale, che – a differenza del falso sanzionato dall’art. 272 del c.p. – viene compiuto direttamente. L’autore del reato è l’emittente del documento, non il terzo (che estorce). D’altra parte, l’oggetto individuale di protezione dai tipi di reati dall’art. 271 c.p. sono quei diritti o relazioni la cui esistenza o la mancata esistenza devono essere attestati nel documento da emettere[vi].

II. Il reato del falso intellettuale del documento è un reato individuale, ciò significa che esso può essere compiuto soltanto da una persona con le caratteristiche specifiche. La determinazione di queste caratteristiche specifiche appartiene ai compiti prioritari del procedimento probatorio in ogni caso di questo tipo[vii]. Di conseguenza, l’atto illecito di cui sopra non può essere compiuto da chiunque, ma solo da una persona che ha il potere di emanare il documento. Questo potere è espressamente derivato dall’atto legale (ex legge) o da atti di un’autorità pubblica (ex officio), ad esempio decisione giudiziaria, o decisione amministrativa[viii]. Va sottolineato che la persona che attesta il falso non può essere designata di emettere il documento da un funzionario pubblico (una persona di fiducia pubblica). L’adozione di una tale posizione sarebbe contraria all’interpretazione grammaticale e alla disposizione storica dell’art. 271 § 1 c.p. [ix].

Le persone che secondo il codice penale hanno diritto allo status di funzionario pubblico sono elencate nell’art. 115 § 13 c.p. Questo articolo, tuttavia, non costituisce una definizione del termine in senso stretto della parola. A causa del grande e molto diversificato cerchio di entità, la creazione di una definizione generale non sembra possibile. Di conseguenza, il codice elenca otto categorie di soggetti ai quali, in modo casuistico, viene attribuita la definizione di funzionario pubblico[x].

Coloro sono:

  • il Presidente della Repubblica di Polonia,
  • deputato, senatore, consigliere,
  • deputato al Parlamento Europeo,
  • giudice, giudice popolare, pubblico magistrato, il funzionario finanziario dell’organismo del procedimento preparatorio o dell’organo sovrastante l’organismo finanziario del procedimento preparatorio, notaio, esattore, curatore di tribunale, amministratore, supervisore e amministratore del tribunale, aggiudicatario in organi disciplinari che agiscono in base alla legge,
  • persona dipendente di un’amministrazione governativa, di un’altra autorità statale o di un ente locale, a meno che non svolga esclusivamente attività di servizio e un’altra persona nella misura in cui abbia il diritto di emanare decisioni amministrative,
  • persona dipendente di un ente di controllo statale o di un ente di controllo del governo locale, a meno che essa esegua solo attività di servizio,
  • persona che detiene un incarico di dirigente in un’altra istituzione statale,
  • funzionario di un organismo incaricato di proteggere la pubblica sicurezza o funzionario del Servizio penitenziario,
  • persona in servizio militare attivo, fatta eccezione per il servizio militare territoriale svolto in disponibilità,
  • dipendente di una corte penale internazionale, a meno che esegua solo attività di servizio.

La definizione dettagliata si dovrebbe cercarla nella Costituzione della Repubblica di Polonia, nelle leggi e negli atti speciali del governo. I tentativi di ricerca di una definizione si trovano anche nella dottrina[xi]. Il termine “funzionario pubblico” è sviluppato anche dalla giurisprudenza[xii].

L’autore del falso intellettuale, oltre ad un funzionario pubblico, può anche essere un’altra persona autorizzata a rilasciare il documento. Tuttavia, il codice penale non specifica chi dovrebbe essere incluso in questa categoria dei soggetti. Occorre comunque rilevare che la base di autorizzazione a rilasciare documenti è la competenza per l’emissione di certi tipi di certificati. La natura di questa competenza è indifferente al fatto dell’esistenza del crimine, tuttavia la condizione di punibilità è l’indiscutibile dimostrazione di esistenza di tale autorizzazione. Il contenuto dell’autorizzazione deve essere il permesso rilasciato ad una determinata persona (all’autore del reato) dal principale autorizzato, a certificare per suo conto o per sue circostanze di rilevanza giuridica. L’attestazione del falso fornisce un documento nell’esercizio dei poteri del mandante (assegnato all’autore del reato)[xiii]. Come giustamente sottolineano M. Królikowski e R. Zawłocki, “il diritto di emettere un documento” non può tuttavia essere equiparato alla competenza generale delle persone fisiche a partecipare nelle transazioni giuridiche, in particolare nelle operazioni di diritto civile, in cui vengono elaborati diversi documenti, ad es. i contratti[xiv]. Ciò è dovuto al fatto che in queste transazioni abbiamo a che fare con presentare le dichiarazioni e non di emettere le dichiarazioni. La parte di un rapporto di diritto civile non può, di conseguenza, essere l’autore del reato di cui all’art. 271 § 1 c.p. nell’ambito dei documenti da essa elaborati, relativi alla conclusione, alla modifica o alla risoluzione di tale rapporto[xv].Questa posizione si riflette anche nella sentenza della Corte Suprema del 12 marzo 2015, nella quale come natura della competenza a rilasciare il documento si elenca una legge o un atto normativo di livello inferiore e si afferma inoltre che essa può derivare da una posizione o da un’occupazione professionale specifica o, infine, dal comando del superiore che dispone di tale autorizzazione. Al tempo stesso, la Corte Suprema sottolinea che tale autorizzazione non sostituisce il diritto di una persona a stipulare contratti nell’ambito del diritto civile, senza escludere i contratti per i quali le disposizioni riservano una forma scritta, o dichiarazioni formali verbali o scritte per vari scopi e soprattutto nei procedimenti amministrativi in corso[xvi]. Oltre ad un funzionario pubblico, l’autore del falso intellettuale del documento può essere “un’altra persona autorizzata a rilasciare il documento”. Il codice penale non contiene la definizione di una “altra persona autorizzata a rilasciare il documento”. L’analisi di questo concetto nel contesto del termine “funzionario pubblico”, come osservato da M. Królikowski e R. Zawłocki[xvii], non è una procedura legislativa accidentale, ma serve ad accentuare l’identità delle conseguenze giuridiche derivanti dai documenti emessi da entrambe le parti.

Il rilascio del documento ha il carattere pubblico legale poiché il documento non viene realizzato nell’interesse del suo emittente, ma nell’interesse pubblico, poiché serve come conferma ufficiale della veridicità delle circostanze aventi importanza nei procedimenti giudiziari, per cui tali documenti sono accompagnati da fiducia pubblica. Di conseguenza, come ha sottolineato la Corte Suprema nella sentenza del 23 febbraio 2012, l’emissione del documento di cui all’art. 271 § 1 c.p. non può essere identificata con la sua preparazione. L’autorizzazione di “un’altra persona” di cui all’art. 271 § 1 c.p., al rilascio del documento dovrebbe essere un complemento alla competenza di un funzionario pubblico e non deve essere equiparato alla competenza generale di partecipare alle transazioni giuridiche, e il documento emesso da tale persona dovrebbe includere nel suo contenuto una credenziale di fiducia pubblica e perciò la presunzione della verità[xviii]. La questione del significato del termine “un’altra persona che ha il diritto di emettere un documento” è stata sollevata dalla Corte Suprema anche in altri documenti giudiziari. Fu anche l’oggetto delle dichiarazioni della dottrina. Nella giurisprudenza, questo status è concesso, ad esempio, ad un esperto nell’ambito della certificazione dei fatti soggetti alla verifica dal punto di vista della loro veridicità o falsità[xix]; ad un’infermiera e ad un altro operatore di un’istituzione sanitaria che, in relazione all’ordine dell’autorità competente, svolge su richiesta del medico presso le strutture sanitarie, il prelievo di sangue da una persona sospettata di un reato o della trasgressione dopo il consumo di alcool, per indagare sul contenuto di alcool nel corpo e redigere un protocollo da questa attività[xx]; ad un supervisore della costruzione edilizia nell’ambito di stesura di un protocollo per l’accettazione delle opere di costruzione[xxi].

La Corte Suprema ha anche riconosciuto come crimine dell’art. 271 c.p. la certificazione scritta rilasciata da parte di un medico contenente informazioni false su una persona che utilizza un farmaco soggetto al rimborso da parte del Fondo Nazionale della Sanità, in quanto riguarda una circostanza di importanza giuridica ai sensi dell’art. 271 c.p.[xxii].

Nella dottrina, invece, la voce “un’altra persona autorizzata a rilasciare il documento” comprende: amministratore della casa in relazione alle persone residenti in un condominio, medico in relazione alla salute[xxiii]; perito[xxiv]; docente accademico, controllore di biglietti, operatore della diagnostica automobilistica, ragioniere, notaio, broker, geodeta, sacerdote, autista che emette la certificazione relativa al percorso chilometrico[xxv].

III. L’essenza dell’azione dell’atto illecito secondo l’art. 271 c.p. è “la dichiarazione del falso” che consiste nel rilasciare un documento che dichiara circostanze inesistenti o distorte ovvero occulta la verità che dovrebbe essere affermata. Il modo per realizzare questa azione può essere molto diverso. Dipende dal tipo e dalla funzione del documento e dalla natura dell’autorizzazione a rilasciarlo. Può dunque consistere, ad esempio, in preparazione di un documento per intero o in parte, nonché in conferma di un fatto specifico, ponendo una firma personale[xxvi]. L’interpretazione dell’asserzione verbale “si conferma”, nel caso di un falso intellettuale, porta alla conclusione che non si può parlare di certificazione del falso in un documento in cui il suo emittente presenta o dichiara  le circostanze riguardanti lui stesso. La certificazione del falso in un documento può riguardare le situazioni in cui il soggetto che rilascia il documento conferma le circostanze relative a eventi o i fatti relativi a terzi e non direttamente all’emittente[xxvii]. Non costituiscono la certificazione del falso, come definito all’art. 271 § 1 c.p., le dichiarazioni non veritiere nel contenuto dell’accordo del diritto civile. Come sottolineato dalla Corte Suprema nella sentenza del 5 ottobre 2005, la firma in un contratto, il cui contenuto è diverso dal contenuto effettivo del rapporto giuridico tra le parti, non costituisce il reato ai sensi dell’art. 271 § 1 c.p. La parte del rapporto del diritto civile non può essere l’autore del reato di cui all’art. 271 § 1 c.p. nell’ambito dei documenti da essa elaborati, relativi alla conclusione, alla modifica o alla risoluzione di tale rapporto.Non ha la natura di “autorizzazione” nel senso dell’art. 271 § 1 c.p. l’obbligo di elaborare documenti specifici solo sulla base di un rapporto giuridico tra le parti contraenti. Se, nel contesto di un rapporto di lavoro, il lavoratore è autorizzato a rilasciare certi documenti in base ai quali riceve determinati benefici dal datore di lavoro (missione d’impresa, documenti di viaggio), tale documento non è documento di diritto pubblico e non può comportare responsabilità penali dell’art. 271 § 1 c.p. [xxviii].

Allo stesso tempo, va sottolineato che l’attestazione riguarda una circostanza di rilevanza giuridica, vale a dire che ha conseguenze giuridiche, sia nell’ambito dei doveri che nei diritti dell’entità giuridica. Sulla natura giuridica delle circostanze determinerà indubbiamente sia il contenuto che la natura del documento[xxix]. Inoltre, la dichiarazione del falso – ai sensi dell’art. 271 c.p. – è la conferma di circostanze non vere, di rilevanza giuridica. A rilasciare la dichiarazione è autorizzato un pubblico funzionario o un’altra persona autorizzata. Quindi non costituisce una violazione della disposizione la situazione in cui le entità confermano qualsiasi circostanza, anche di significato giuridico, non disponendo di relativa autorizzazione o superando la sua portata.

Va notato che l’attestazione del falso non può essere equiparata alla falsificazione del documento, poiché il documento emesso non è falsificato né alterato. È autentico, perché viene rilasciato da una persona con l’autorità competente, per suo conto. L’atto di attestazione del falso non invalida l’autenticità del documento, ma consiste nel includere nel documento il contenuto che non corrisponde ai fatti.

Il reato del falso intellettuale avviene al momento della certificazione dell’asserzione falsa per quanto riguarda la circostanza di significato giuridico. In considerazione di ciò, si può ritenere che tale reato è attuabile quando si tratta di attestazione. A questo punto sorge la domanda se il reato avviene al momento del termine della redazione del documento o al momento della sua emissione, ovvero introducendolo nelle transazioni legali. Senza dubbio, è decisivo il momento di emissione del documento poiché la sola redazione del testo non costituisce ancora una prova, è al massimo una dichiarazione dell’esistenza di una certa circostanza. Il rilascio di un documento non significa soltanto consegnarlo alle parti, ma anche metterlo negli atti per uso interno.  L’atto illecito dell’art. 271 § 1 c.p. può essere commesso solo intenzionalmente, con «intenzioni dirette» o con «intenzioni eventuali». L’autore del reato in questione deve essere a conoscenza delle proprie competenze, del contenuto del falso nel documento e deve avere intenzione di certificare il falso. L’autore di tale azione deve anche essere consapevole del fatto che l’atto di certificare il falso ha un significato giuridico. Si agisce con «intenzione eventuale» quando si prevede la possibilità di certificare il falso. L’intento di ingannare il destinatario del documento da parte dell’autore del reato non costituisce la condizione per realizzare i suoi interessi. Ciò vale anche per il danno di interesse privato o pubblico. Le motivazioni del perpetratore non sono rilevanti per attribuire a questo atto il significato di delitto[xxx].

IV. L’oggetto dell’attività delittuosa è stato descritto nell’art. 271 c.p. con la sigla “documento”. Il codice penale contiene la definizione giuridica del documento nell’art. 115 § 14. Alla luce di questo regolamento il documento è qualsiasi oggetto o altro portatore di informazioni registrato, con cui è legata una determinata legge o che, in virtù del suo contenuto, costituisce una prova giuridica, un rapporto giuridico o una circostanza di rilevanza giuridica.

Il concetto del documento, nel contesto del reato di falso intellettuale, è anche più stretto di quello definito dall’art. 115 § 14 c.p. Indubbiamente, un tale documento dovrebbe rientrare nella definizione di cui sopra, per il fatto che esso, a causa del suo contenuto, è vincolato o da una legge specifica o da uno statuto di prova giuridica, di relazione giuridica o di circostanze di rilevanza giuridica. Allo stesso tempo, ciò che segue dai termini utilizzati nell’art. 271 c.p., si tratta del documento realizzato in seguito all’attività del suo rilascio da parte di una persona competente per la sua funzione o per la sua posizione. D’altra parte, lo stesso atto illecito si basa sulla certificazione del falso per quanto riguarda la circostanza di significato giuridico. Anche la Corte Suprema, nella sua sentenza del 9 ottobre 1996, ha espresso il parere che il documento di cui all’art. 266 c.p. (d.c.p.[xxxi] – J.Ż., cfr. art. 120 § 14), non solo deve corrispondere alle caratteristiche di cui all’art. 120 § 13 c.p. (d.c.p. – J. Ż.; cfr. art. 120 § 14), ma deve essere anche un documento che viene “rilasciato” da un “pubblico funzionario o da un’altra persona autorizzata” e, inoltre, nel suo contenuto deve includere la parola “certificato” che infonde la fiducia pubblica e quindi la presunzione di verità. Tali documenti sono, innanzitutto, documenti ufficiali nel senso conferito a questo concetto dall’art. 245 k.p.c. [xxxii] e l’art. 76 c.p.a. [xxxiii] , e altri documenti ai quali è stato conferito tale potere dalle altre disposizioni. Ciò implica che il termine “ documento” utilizzato nell’articolo 271c.p. è più stretto del termine “documento” definito nell’articolo 115, paragrafo 14 c.p.[xxxiv].

Allo stesso tempo, la Corte Suprema ha sottolineato che non può essere riconosciuto come documento ai sensi dell’art. 271 § 1 c.p. un contratto nell’ambito del diritto civile o contratto di lavoro, che viene redatto e concluso, ma non viene emesso. Inoltre, a causa della natura del rapporto contrattuale, in questi documenti non è presente la certificazione che avrebbe carattere di fiducia pubblica. Pertanto, è errato attribuire il cosiddetto “crimine di falso intellettuale” consistente nella dichiarazione dei fatti non corrispondenti alla verità ai documenti come un contratto di lavoro o un contratto di impegno. Sebbene si possa affermare che un documento come libro paga venga rilasciato dal datore di lavoro, non esiste alcuna base perché le informazioni contenute in esso possano essere riconosciute come certificato di fiducia pubblica. Le eventuali false dichiarazioni in questo documento è opportuno considerarle crimine dall’art. 271§1 c.p., ovvero la dichiarazione del falso nel certificato di lavoro[xxxv].

L’oggetto dell’azione esecutiva, come esplicitato all’art. 271 c.p., sono documenti ai quali è stata attribuita la definizione dei documenti ufficiali, conformemente alla legge del 14 giugno 1960, nel Codice di procedura amministrativa (art. 76 c.p.a) e dalla legge del 17 novembre 1964 nel Codice di procedura civile (art. 244 c.p.c.), quindi sono quei documenti che sono stati redatti nella forma prescritta dalle autorità di cui sopra nel loro settore di attività e costituiscono prove di ciò che è stato ufficialmente dichiarato (attestato) in essi.

I documenti ufficiali fruiscono di due tipi di presunzioni: l’autenticità, e quindi l’origine da una concreta autorità emittente, e la veridicità di ciò che è stato ufficialmente dichiarato in essi. L’analogia tra il documento nel contesto del reato di falso intellettuale e il documento ufficiale definito all’art. 76 c.p.a. e all’art. 244 c.p.c., è condizionata dalla domanda se per l’esistenza di un reato di falso intellettuale sia significativa la questione della validità di questo documento alla luce del diritto civile o amministrativo. Senza dubbio la risposta dovrebbe essere negativa. Alla pena è soggetta l’azione consistente esclusivamente nell’affermazione del falso e non nel rilascio di un documento che viola le procedure del diritto civile o amministrativo. Ciò è stato anche affermato dalla Corte Suprema nella sentenza del 4 dicembre 1980[xxxvi].

V. Al fine di fornire al giudice la possibilità di individuare il tipo di sanzione, in relazione alle circostanze qualificanti l’azione, il codice penale, oltre al tipo principale del reato di falso intellettuale, distingue la sua forma privilegiata (271 § 2 c.p.) e qualificata (271 § 3 c.p.). Il tipo privilegiato assume la forma di un incidente di minore importanza. Un incidente di minore importanza si verifica quando la totalità delle circostanze soggettive ed oggettive in un singolo caso comporta che la punibilità del reato è sostanzialmente minore. Si tratta particolarmente dell’importanza del documento e del suo utilizzo. Di conseguenza, la minore importanza dell’azione può essere determinata, ad esempio, dal basso rango del documento nei procedimenti giudiziari, dalle conseguenze non molto dannose per la certificazione del falso. Può anche essere dovuto al fatto che l’autore non ha introdotto il documento nelle transazioni in ambito giuridico oppure il suo significato giuridico non era determinante[xxxvii].

La forma qualificata del reato di falso intellettuale è caratterizzata dalla presenza nel delinquente dello scopo di agire per ricavare un vantaggio personale o finanziario. Il beneficio materiale è qualsiasi profitto materiale che l’autore del reato ha ottenuto o aveva l’intenzione di ottenere dal reato. Fra le azioni intraprese per ricavare vantaggi materiali è considerata anche la certificazione dei fatti non veri per evitare la responsabilità materiale ciò potrebbe rendere il profitto materiale al perpetratore in quanto i suoi beni non vengono ridotti dei valori di proprietà specifici che dovrebbero essere prelevati. Eseguendo l’interpretazione del termine “per ottenere un profitto materiale”, la Corte Suprema nella sentenza del 13 agosto 1976 affermò che un pubblico funzionario o un’altra persona autorizzata a rilasciare un documento che attesta una falsa dichiarazione sulla circostanza avente il significato giuridico, o una persona falsificante tale documento, agisce per guadagnare vantaggi materiali se attesta le false dichiarazioni nel documento o falsifica il documento al fine di evitare la responsabilità materiale. L’elusione da tale responsabilità rende al perpetratore un chiaro vantaggio finanziario, poiché dalla sua proprietà non vengono prelevati alcuni valori, che nella situazione normale dovrebbero essere riscossi[xxxviii]. Allo stesso modo del profitto materiale l’articolo 271 § 3 del codice penale tratta il profitto personale e quindi una forma specifica di profitto diversa dalla proprietà, che non può essere espressa direttamente in denaro. Le forme di beneficio personale possono assumere una varietà di tipologie: il sostegno relativo all’ottenimento di un lavoro, all’ammissione in un corso universitario, l’aiuto nell’ottenimento di un titolo scientifico, o il ritiro di una votazione negativa dagli atti personali.

Indubbiamente, l’obiettivo di tale azione deve rimanere in relazione con le azioni dell’autore del reato – il perpetratore certifica il falso per ottenere prestazioni materiali o personali. Tuttavia, se nel caso del primo tipo di beneficio la legge, nell’art. 115 § 4 c.p., chiaramente sostiene che tale vantaggio può essere attribuito non solo all’autore del reato, ma anche ad un’altra persona fisica o giuridica, ad un’unità organizzativa senza personalità giuridica, a un gruppo di persone impegnate in criminalità organizzata, il secondo tipo di beneficio non contiene tali affermazioni. Ciò implica il fatto che il profitto personale viene ricavato dall’autore del reato. Tuttavia, se il vantaggio personale è direttamente collegato ad un’altra persona e alla persona che attesta il falso il profitto giunge solo indirettamente, non sembra irragionevole affermare che l’autore del reato abbia ricavato un vantaggio.

L’attestazione qualificata del falso può essere commessa solo intenzionalmente sotto forma di intenti diretti. A seconda del tipo del reato del falso intellettuale, la legge differenzia la dimensione della sanzione. Il tipo di base del reato è soggetto a una pena di privazione della libertà da 3 mesi a 5 anni. Un aumento dei limiti inferiore (fino a 6 mesi) e superiore (fino a 8 anni) del rischio della pena si verifica quando il perpetratore certifica nel documento i fatti non veri sulla situazione avente il significato giuridico per ricavare profitti materiali o personali. Con la pena di privazione della libertà non è minacciato l’incidente meno grave. Le sanzioni previste per il „tipo privilegiato” sono: multa e restrizione della libertà.

VI. Analizzando il reato di falso intellettuale, non è possibile, anche in poche parole, non citare novum nel campo del diritto penale polacco, ovvero il reato di attestazione del falso nella fattura e l’uso della fattura che dimostra il fatto non vero che sono i reati di cui all’art. 271a c.p., in vigore dal 1° marzo 2017, o anche il crimine di estorsione della dichiarazione del falso, noto anche come il reato di falso intellettuale indiretto, di cui all’art. 272 c.p.

L’articolo 271a c.p. è una specie di disposizione speciale in relazione al reato definito come  l’affermazione del fatto non vero o il falso intellettuale del documento di cui all’art. 271 c.p. ed è in un certo senso un complemento alla falsificazione  materiale della fattura di cui all’art. 270a c.p. Similmente come in riferimento all’art. 270a c.p., come motivo per introdurre una disposizione separata si indicava la necessità di impedire la frode dell’IVA da parte di coloro che utilizzano fatture non conformi alla realtà. Le modifiche apportate a questo proposito sono in linea con la tendenza degli ultimi anni di stringere la politica penale ed è espressione della convinzione nel valore deterrente delle pene severe per diversi tipi di crimini[xxxix]. Secondo i regolamenti finora analizzati, l’emittente di una fattura contenente una somma di quota totale, il cui valore o il suo valore complessivo è significativo, attestando i fatti non veri che possono essere rilevanti per la determinazione dell’ammontare del debito pubblico o del suo rimborso o del rimborso di un’altra quota fiscale o chi utilizza tale fattura, viene punito con la reclusione da 6 mesi a 8 anni (articolo 270 bis § 1 del Codice Penale). Se l’autore del reato esegue azioni contro una fattura o contro le fatture contenenti l’ammontare complessivo delle quote il cui valore o il suo valore complessivo è superiore del valore della quota che definisce la proprietà di alto valore moltiplicato per cinque volte, oppure se ha costituito del reato una fonte permanente di reddito, è sottoposto alla pena di detenzione per tempo non inferiore di tre anni (l’art. 270 a§ 2 c.p.). Invece, in caso di minore importanza, l’autore del reato è soggetto alla pena di privazione della libertà per un periodo massimo di 3 anni (l’art. 270 a § 3 c.p.).

La credibilità dei documenti, la fiducia dei cittadini nei loro confronti, è tutelata dalla legge anche attraverso la penalizzazione dell’ingannevole dichiarazione del falso alla persona autorizzata a rilasciare il documento, ovvero a un funzionario pubblico o a un’altra persona autorizzata (l’art. 272 c.p.). La descrizione delle caratteristiche esposte nell’art. 272 c.p. indica che la protezione comprende l’affidabilità di una specifica categoria di documenti, vale a dire i documenti per i quali l’emittente ha il diritto (competenza) di rilasciarli (documenti emessi). La credibilità si riferisce alla veridicità di questi documenti e quindi alla veridicità dei contenuti proveniente dai loro emittenti. Di conseguenza i documenti sono soggetti alla protezione dal cosiddetto falso intelettuale, che – a differenza dal falso penalizzato dall’art. 271 c.p. – viene eseguito indirettamente, poiché l’autore del reato non è l’emittente del documento, ma la terza persona (ingannatore)[xl]. In questo caso l’effetto del falso del documento viene ottenuto per l’inganno. Il verbo “ingannare” possiede un’ampia gamma di significati (raggiro, truffa, dolo) e nella legge è soggetto a restrizioni attraverso la definizione di questo termine come “induzione ingannevole in errore”, ciò comprende: rilascio delle dichiarazioni false, affermazioni menzognere attestate attraverso qualsiasi mezzo, ad esempio, mediante dichiarazioni scritte, false testimonianze degli altri, dichiarazioni verbali proprie[xli].

Il reato di cui all’art. 272 c.p. può essere commesso intenzionalmente in intenti diretti. Ciò avviene quando il documento ottenuto per inganno viene immesso nel giro delle transazioni legali. Secondo A. Zoll, la caratteristica di immissione del documento nel giro delle transazioni legali avviene mediante: immissione in un registro specifico, trasferimento a terzi, collocazione nel fascicolo accessibile a terzi, annuncio alla riunione anche se non aperta[xlii]. La dottrina afferma inoltre che il reato in questione può essere commesso sia quando l’autore del reato induce in errore la persona che rilascia il documento, sia quando agisce con mediazione di altre persone, ad esempio dei testimoni.

La pena detentiva fino a 3 anni prevista per questo reato è la punizione significativamente più lieve rispetto a quella prevista per la falsificazione diretta del documento da parte di un funzionario pubblico o da un’altra persona autorizzata a rilasciare un documento.

Analizzando il delitto di falso intellettuale, va osservato che il diritto penale, tutelando la credibilità dei documenti e quindi la fiducia dei cittadini nei loro confronti, prevede anche la punizione per l’utilizzo sia di un documento contenente l’affermazione dei fatti non veri di cui all’art. 271 c.p., sia ottenuto in modo ingannevole, secondo le modalità di cui all’art. 272 c.p. Questo crimine è comune perché, secondo la disposizione del provvedimento, lo può commettere qualsiasi persona, inclusa la persona che ha dichiarato il falso nel documento. L’azione di “utilizzo del documento di cui all’articolo 271 o 272” non consiste in alcun comportamento del soggetto in relazione al suo uso in senso comune, ma solo nel suo uso, che è allo stesso tempo un attacco all’oggetto della protezione e quindi alla credibilità dei documenti. Si tratta quindi dell’uso del documento nel giro di transazioni legali e quindi del suo utilizzo da parte dell’autore del reato conformemente al suo scopo giuridico. Le sanzioni imposte dal legislatore per il compimento del reato di questo tipo sono seguenti: ammenda, sanzione di restrizione alla libertà o reclusione fino a due anni.

VII. Riassumendo, il documento realizzando le funzioni attribuitegli dal legislatore, in primo luogo garantendo il consolidamento degli atti giuridici e degli altri eventi legali, deve, per il suo valore probatorio, avere una credibilità. Deve meritare fiducia, essere sicuro ed onesto. Rispondendo a queste caratteristiche il documento può costituire un modo formale di dichiarazione dei rapporti giuridici, garantendo così la certezza e la sicurezza delle transazioni legali. Di conseguenza, la protezione della credibilità dei documenti, la fiducia dei cittadini nei loro confronti è molto importante, in particolare per quanto riguarda la credibilità di una specifica categoria dei documenti, vale a dire quelli rilasciati da persone che hanno un certo ruolo nella vita sociale ed economica.

È pertanto opportuno fare riferimento al fatto che il legislatore ha incluso fra gli atti punibili le azioni che ledono l’autenticità del documento ma anche quelli che consistono nella dichiarazione della circostanza significativa, di rilevanza giuridica, ovvero causante le conseguenze giuridiche, sia nella sfera dei doveri che nei diritti del soggetto giuridico.

Fonti:

Atti giuridici

  • Legge del 6 giugno 1997, Kodeks karny, cioè Dz. U. (G.U.)  del 2016 r., pos.1137, con ulteriori modifiche.
  • Legge del 19 aprile 1969 r. Kodeks karny, Dz. U. (G.U.)   13, pos. 94 con modifiche., elusa sulla base dell’art. 2 punto 1 della legge del 6 giugno 1997 r. przepisy wprowadzające Kodeks karny, Dz. U. (G.U.)  N. 88, pos.554 con modifiche.
  • Legge del 17 novembre 1964, Kodeks postępowania cywilnego, cioè Dz. U. (G.U.) del 2016, pos.1822 con ulteriori modifiche.
  • Legge del 14 giugno 1960 r., Kodeks postępowania administracyjnego, cioè Dz. U. (G.U.) del 2017, pos.1257 con ulteriori modifiche.

Bibliografia

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Sentenze

  • Risoluzione della Corte Suprema del 30 settembre 2003 r., I KZP 22/03, OSNKW 2003, n. 9–10, pos. 75.
  • Risoluzione della Corte Suprema del 17 aprile 1997 r., I KZP 43/96, OSNKW 1997 r., n. 5 – 6, pos. 40.
  • Risoluzione della Corte Suprema del 12 marzo 1996, I KZP 39/95, OSNKW 1996 r., n. 3 – 4, pos. 17.
  • Risoluzione della Corte Suprema del 28 settembre 1994, I KZP 23/94, OSNKW 1994 r., n. 9 – 10, pos. 53.
  • Risoluzione della Corte Suprema del 10 settembre 1991, I KZP 21/91, OSNKW 1992 r., n. 1 – 2, pos. 6.
  • Risoluzione della Corte Suprema del 29 agosto 1989, V KZP 20/89, OSNKW 1989, n. 7-12, pos. 50.
  • Risoluzione della Corte Suprema del 15 novembre 1985, Rw 1013/85, OSNKW 1986, n. 7 – 8, pos. 50.
  • Sentenza della Corte Suprema del 15 febbraio 2017, III KK 347/16, Legalis.
  • Sentenza della Corte Suprema del 26 maggio 2015, IV KK 422/14, Legalis.
  • Sentenza della Corte Suprema del 23 maggio 2013, IV KK 60/13, Legalis.
  • Sentenza della Corte Suprema del 23 febbraio 2012, III KK 375/11, OSNK 2012, n. 6, pos. 64.
  • Sentenza della Corte Suprema del 16 dicembre 2010, IV KK 379/10, OSNwSK 2010, n. 1, pos. 2565.
  • Sentenza della Corte Suprema del 5 ottobre 2005, II KK 126/05, Prokuratura i Prawo 2006, n. 3, pos.8.
  • Sentenza della Corte Suprema del 4 ottobre 2004, IV KK 213/04, OSNwSK 2004 n. 1, pos. 1706, KZS 2005 n. 8.
  • Sentenza della Corte Suprema del 9 maggio 2002, V KKN 323/99, OSNK 2002, n. 9–10, pos. 71;
  • Sentenza della Corte Suprema del 7 dicembre 2001 r., IV KKN 563/97, OSNKW 2002, n. 3–4, pos.17.
  • Sentenza della Corte Suprema del 3 giugno 1996, II KKN 24/96, Prokuratura i Prawo 1997, n. 2, pos. 5.
  • Sentenza della Corte Suprema del 9 ottobre 1996, V KKN 63/96, OSP 1998, N. 7–8, pos. 147.
  • Sentenza della Corte Suprema del 4 dicembre 1980, Rw 431/80 OSNPG 1981, n. 8, pos. 89.
  • Sentenza della Corte Suprema del 13 agosto 1976, IV KR 148 / 76, OSNPG 1976, n. 11, pos. 104.
  • Decisione della Corte Suprema del 8 aprile 2003, WA 16/03, OSNwSK 2003, n. 1, pos. 753.
  • Decisione della Corte Suprema del 15 aprile 1999, I KZP 5/99, Państwo i Prawo 1999, n. 6, pos. 7.
  • Sentenza della Corte d’Appello a Katowice del 25 febbraio 2015, II AKa 457/14 Prokuratura i Prawo 2015 n. 12, pos.20.
  • Sentenza della Corte d’Appello a Cracovia del 21 febbraio 2003, II AKA 266/02, Prokuratura i Prawo 2003, n. 10, pos.15.
  • Sentenza della Corte d’Appello a Katowice del 30 gennaio 2003, II AKa 416/02, KZS 2003, n. 8, pos.73.

[i] Justyna Żylińska, Ph.D. – Università di Tecnologia ed Economia “Helena Chodkowska” di Varsavia.

[ii] Vedi S. Skubisz, Dowód z ekspertyzy pism patologicznych, Zakamycze 2004.

[iii] Sentenza della Corte Suprema  3 giugno 1996 r., II KKN 24 / 96, Prokuratura i Prawo 1997, n. 2, pos. 5.

[iv] Decreto del 6 giugno 1997 r., Kodeks karny, t.j. Dz. U. z 2016 r., pos. 1137, con ulteriori modifiche, con l’abbreviazione „c.p.” (“c.p.”)

[v] Il capito XXXIV c.p. penalizza:

  • la falsificazione di un documento mediante la sua contraffazione o trasformazione ai fini del suo utilizzo come autentico (il reato del falso materiale; art. 270 c.p.),
  • la contraffazione o la trasformazione di una fattura per quanto riguarda i fatti che possono essere rilevanti per la determinazione dell’ammontare dell’imposta o del suo rimborso o del rimborso di un’altra quota di natura imponibile o l’uso di questa fattura come autentica (art. 270a c.p.),
  • la certificazione nel documento dei fatti non veri circa le circostanze di importanza giuridica da parte di un pubblico funzionario o di un’altra persona autorizzata a rilasciare il documento (il reato di falso intellettuale, art. 271 c.p.),
  • il rilascio della fattura contenente la somma dell’ammontare complessivo della quota il cui valore o il suo valore complessivo è significativo, attestando i fatti non veri che possono essere rilevanti per la determinazione dell’ammontare dell’imposta o del suo rimborso o del rimborso di un’altra quota fiscale o l’uso di tale fattura (art. 271a c.p.),
  • l’induzione in inganno (l’estorsione) di un funzionario pubblico o di un’altra persona autorizzata a rilasciare il documento al fine di procurarsi la dichiarazione del falso (il reato di falso intellettuale indiretto, art. 272 c.p.),
  • l’utilizzo di un documento contenente la dichiarazione del falso, descritto nell’art. 271 o nell’art. 272 c.p. (art. 273 c.p.),
  • la vendita del documento d’identità proprio o di un’altra persona (art. 274 c.p.),
  • l’uso, il furto, l’appropriazione indebita di un documento che indichi l’identità di un’altra persona o i suoi diritti di proprietà (art. 275 c.p.),
  • danneggiare, deteriorare, rendere inutile, nascondere o eliminare un documento di cui non si ha diritto esclusivo di disporre (art. 276 c.p.),
  • danneggiare i segni grafici (art. 277 c.p.).

[vi] M. Królikowski, R. Zawłocki (a cura di), Kodeks karny. Część szczególna. Tom II. Komentarz do artykułów 222–316, Warszawa 2017, Legalis (il commento all’art. 271 c.p.).

[vii] Vedi  Decisione della Corte Suprema del 15 aprile 1999 r., I KZP 5/99, Państwo i Prawo 1999, n. 6, pos. 7.

[viii] W. Wróbel, (in:) A. Zoll (a cura di), Kodeks karny, t. II, 2006, s. 1334–1335.

[ix] Vedi A. Wąsek, Kodeks karny. Komentarz do części szczególnej, Warszawa 2006, Legalis (il commento all’art. 271 c.p.).

[x] Più sulle definizioni del termine funzionario pubblico nel codice penale: K. Buchała, A. Zoll, Kodeks karny. Część ogólna, Zakamycze 2000, pp. 638 – 639, R. Góral, Kodeks karny – praktyczny komentarz, Warszawa 1998, p. 176.

[xi] Vedi: J. Wojciechowski, Kodeks karny. Komentarz. Orzecznictwo, Warszawa 1997, s. 207 – 209; R. Góral, op. cit., pp. 176 – 177; M. Kalitowski, Z. Sienkiewicz, J. Szumski, L. Tyszkiewicz, A. Wąsek, Kodeks karny z komentarzem, T. II, Gdańsk 1999, p. 403.

[xii] Come esempio di interpretazione della definizione statutaria del concetto di funzionario pubblico nella giurisprudenza si può indicare le seguenti risoluzioni della Corte Suprema: del 10 settembre 1991, I KZP 21/91, OSNKW 1992, n. 1 – 2, pos. 6; del 17 aprile 1997, I KZP 43/96, OSNKW 1997, n. 5 – 6, pos. 40; del 28 settembre 1994, I KZP 23/94, OSNKW 1994, n. 9 – 10, pos. 53; z 15 novembre 1985 r., Rw 1013/85, OSNKW 1986, n. 7 – 8, pos. 50.

[xiii] A. Wąsek, Kodeks karny. Komentarz do części szczególnej, Warszawa 2006, Legalis (il commento all’art. 271 c.p.).

[xiv] Vedi Sentenza della Corte Suprema del 26 maggio 2015, IV KK 422/14, Legalis; decisione della Corte Suprema  dell’8 aprile 2003, WA 16/03, OSNwSK 2003, n.1, pos. 753; risoluzione della Corte Suprema dal 30 settembre 2003, I KZP 22/03, OSNKW 2003, n. 9–10, pos. 75; sentenza della Corte d’Appello a Cracovia del 21 febbraio 2003 r., II AKA 266/02, Prokuratura i Prawo 2003, n. 10, pos. 15; sentenza della Corte d’Appello  a Katowice del 30 gennaio 2003 r., II AKa 416/02, KZS 2003, n. 8, pos. 73.

[xv] Vedi M. Królikowski, R. Zawłocki (a cura di), op. cit., Legalis (il commento all’art. 271 c.p.). Vedi anche la Sentenza della Corte Suprema  del 9 maggio 2002, V KKN 323/99, OSNK 2002, n. 9–10, pos. 71; la Sentenza della Corte Suprema  16 dicembre 2010 r., IV KK 379/10, OSNwSK 2010, n. 1, pos. 2565.

[xvi] La risoluzione della Corte Suprema del 12 marzo 1996, I KZP 39/95, OSNKW 1996, n. 3 – 4, pos. 17.

[xvii] M. Królikowski, R. Zawłocki (a cura di), op. cit., Legalis (il commento all’art. 271 c.p.).

[xviii] Sentenza della Corte Suprema  del 23 febbraio 2012 r., III KK 375/11, OSNK 2012, n. 6, pos. 64.

[xix] Sentenza della Corte Suprema del 7 dicembre 2001 r., IV KKN 563/97, OSNKW 2002, n. 3–4, pos. 17.

[xx] Risoluzione della Corte Suprema del 29 agosto 1989 r. V KZP 20/89, OSNKW 1989, n. 7-12, pos. 50.

[xxi] Sentenza della Corte Suprema del 4 ottobre 2004 r. IV KK 213/04, OSNwSK 2004 n. 1, pos. 1706, KZS 2005 n. 8.

[xxii] Sentenza della Corte Suprema del 23 maggio 2013 r. IV KK 60/13, Legalis.

[xxiii] W. Wolter (in:) I. Andrejew, W. Świda, W. Wolter, Kodeks karny z komentarzem, Warszawa 1973, s. 820.

[xxiv] O. Chybiński, (in:) O. Chybiński, W. Gutekunst, W. Świda, Prawo karne. Część szczególna, Wrocław 1980,
p. 535.

[xxv] A. Wąsek, Kodeks karny. Komentarz do części szczególnej, Warszawa 2005, Legalis (il commento all’art.271 c.p.).

[xxvi] R.A. Stefański (a cura di), Kodeks karny. Komentarz, Warszawa 2017, Legalis (il commento all’art.271 c.p.).

[xxvii] Sentenza della Corte d’Apello a Katowice del 25 febbraio 2015, II AKa 457/14 Prokuratura i Prawo 2015 n. 12, pos. 20.

[xxviii] Sentenza della Corte Suprema del 5 ottobre 2005, II KK 126/05, Prokuratura i Prawo 2006, n. 3, pos. 8.

[xxix] O. Chybiński (in:) W. Świda (a cura di), Prawo karne. Część szczególna, Wrocław 1980, s. 543.

[xxx] A. Wąsek, op. cit., Legalis (il commento all’art.271 c.p.).

[xxxi] Decreto del 19 aprile 1969 r. Kodeks karny, Dz. U. N. 13, pos. 94 ze zm., uchylona na podstawie art. 2 punto 1 ustawy z dnia 6 giugno 1997 r. przepisy wprowadzające Kodeks karny, Dz. U. N. 88, pos. 554 ze zm.

[xxxii] Decreto del 17 novembre 1964 r., Kodeks postępowania cywilnego, t.j. Dz. U. z 2016 r., pos. 1822 z póżn. zm., zwana dalej w skrócie „k.p.c.”

[xxxiii] Decreto del 14 giugno 1960 r., Kodeks postępowania administracyjnego, t.j. Dz. U. z 2017 r., pos. 1257 z póżn. zm., zwana dalej w skrócie „k.p.a.”.

[xxxiv] Sentenza della Corte Suprema  9 ottobre 1996 r., V KKN 63/96, OSP 1998, n. 7–8, pos. 147.

[xxxv] Sentenza della Corte Suprema del 15 febbraio 2017 r., III KK 347/16, Legalis.

[xxxvi] Sentenza della Corte Suprema del 4 dicembre 1980 r., Rw 431/80 OSNPG 1981, n. 8, pos. 89.

[xxxvii] A. Wąsek, R. Zawłocki, Kodeks karny. Część szczególna. Komentarz do artykułów 222–316, Tom II, Warszawa 2010, Legalis (il commento all’art.271 c.p.).

[xxxviii] Sentenza della Corte Suprema  13 agosto 1976 r., IV KR 148/76, OSNPG 1976, N. 11, pos. 104.

[xxxix] R.A. Stefański (a cura di), Kodeks karny. Komentarz, Warszawa 2017, Legalis (il commento all’art.271a c.p.).

[xl] M. Królikowski, R. Zawłocki, op. cit., Legalis (il commento all’art.272 c.p.).

[xli] O. Górniok (in:) O. Górniok, S. Hoc, S. Przyjemski, Kodeks karny z komentarzem, T. III, Gdańsk 1999, s. 335.

[xlii] W. Wróbel (in:) A. Zoll (a cura di), op. cit., s. 1045.

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