La Rivista

La Risoluzione 63/E dell’Agenzia delle Entrate in tema di individuazione del “patrimonio netto” di una stabile organizzazione

(di Valerio Micheli)

La risoluzione N. 63/E dell’Agenzia delle Entrate del 17 giugno 2014 risponde all’interpello concernente l’interpretazione dell’art. 172, comma 7, del d.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR).

Il tema è quello relativo all’individuazione del “patrimonio netto” di una stabile organizzazione (S.O.) cui far riferimento, ai fini del riporto delle perdite, con riguardo ad un’operazione transfrontaliera.

L’istante, nel caso specifico, è la stabile organizzazione italiana (chiamata ALFA) di una società di diritto inglese (BETA), quest’ultima capofila di un Gruppo (GAMMA) rappresentate una delle maggiori istituzioni finanziarie al mondo (retail, corporate, investment banking, ecc.). BETA opera in Italia tramite la S.O. ALFA e la controllata DELTA S.p.A..

A fronte di una riorganizzazione e di una razionalizzazione interna, il Gruppo GAMMA ha deciso di procedere alla “fusione di DELTA S.p.A. in ALFA”, ai sensi della Direttiva 2005/56/CE e del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 108 (che disciplina le fusioni transfrontaliere).

ALFA dichiara di disporre di perdite fiscali e chiede chiarimenti all’Agenzia delle Entrate sulla possibilità di assumere – in luogo del patrimonio netto contabile – il c.d. “patrimonio di vigilanza” quale parametro per verificare la “capienza” patrimoniale rispetto alle perdite riportabili (ai sensi e per gli effetti dell’art. 172, co. 7, TUIR).

L’Agenzia, nell’esporre il suo parere, configura quale risultato della fusione transfrontaliera in esame, la fattispecie di un’integrazione dell’attivo (della società incorporata) in una stabile organizzazione della società incorporante.

L’Agenzia dichiara che (considerando che l’intero patrimonio della società incorporata italiana confluirà nella branch italiana preesistente della casa madre inglese) all’integrazione di attivi risulteranno applicabili solamente i limiti al riporto delle perdite e/o di interessi passivi indeducibili previsti dall’art. 172, co. 7, del TUIR.

Ai sensi del citato comma 7, le perdite fiscali sono riportabili, a condizione che l’entità cui afferiscono rispetti dei parametri di “vitalità economica”, nei limiti del patrimonio netto emergente dal bilancio o, se inferiore, dalla situazione patrimoniale di cui all’art. 2501-quater del codice civile.

L’Agenzia ritiene che il patrimonio netto (per considerare il limite patrimoniale di cui all’art. 172, co. 7 del TUIR) deve essere identificato con il fondo di dotazione appartenente alla S.O. stessa. Si precisa inoltre che la S.O. non è giuridicamente un’entità autonoma e distinta rispetto alla casa madre, ma una sua diramazione amministrativa. Dal punto di vista fiscale invece, come indicato dall’ordinamento nazionale e dall’OCSE, viene considerata un’entità separata e la S.O. dovrà quindi dotarsi di una appropriata struttura patrimoniale. La S.O. di un’impresa non residente, quindi, dovrà avere un suo fondo di dotazione che, ai fini fiscali, potrà essere anche “figurativo”.

Il limite del patrimonio netto, ai fini della corretta determinazione dell’ammontare di perdite contabili riportabili ai sensi dell’art. 172, co. 7, TUIR, è dato dalla sommatoria del fondo di dotazione (o patrimonio netto) contabile (risultante dal rendiconto di cui all’art. 14, co. 5, d.P.R. n.600/73) e degli adeguamenti posti in essere sul piano fiscale[1].

Altro quesito posto riguardava la necessità o meno di “sterilizzare” il fondo di dotazione degli eventuali incrementi effettuati nei 24 mesi antecedenti la fusione, per adeguarlo all’ammontare ritenuto fiscalmente congruo.

Si precisa che tale periodo di sorveglianza vuole contrastare artificiosi versamenti e conferimenti, che abbiano il fine di incrementare il patrimonio netto e di incidere sul plafond delle perdite riportabili. Tale disciplina è da estendere anche nel caso in cui la casa madre incrementi, nel periodo di sorveglianza, il fondo di dotazione della propria branch. Gli incrementi operanti tramite rettifiche contabili o fiscali sono assimilabili a conferimenti o versamenti operati dalla casa madre e l’Agenzia ha quindi una visione estensiva[2].

Note

[1] A condizione che essi abbiano concorso alla formazione della base imponibile. Tali adeguamenti sono posti in essere per ottenere la riclassificazione figurativa dei debiti (produttivi di interessi passivi) risultanti dal proprio passivo patrimoniale in fondo di dotazione.

[2] Si ritiene che l’ulteriore previsione recata dall’art. 172, comma 7, relativa ai conferimenti e versamenti fatti negli ultimi ventiquattro mesi anteriori alla data cui si riferisce la situazione patrimoniale, sia da intendersi riferita a tutti i suddetti incrementi.