Economia

La valutazione quantitativa delle leve category: l’albero delle performance del retailer

di Alessio Abbate

L’implementazione delle leve category (assortimento, prezzi, promozioni, display, prodotto a marchio) parte dall’individuazione del ruolo economico e del ruolo di mercato della categoria[1]. Dall’analisi incrociata di questi ruoli, è possibile assegnare un “ruolo di sintesi” alla categoria, in grado di riassumere la vocazione della categoria (o del segmento/linea) dal punto di vista del retailer e del cliente.

Per ciascun ruolo di sintesi è possibile costruire quindi un opportuno “piano di categoria”, declinando le azioni per le leve category in funzione del ruolo di sintesi. Questo tipo di analisi assume particolare rilevanza se applicata in chiave dinamica: non quindi come una semplice “fotografia” della situazione attuale, quanto piuttosto come un confronto tra due orizzonti temporali omogenei e comparabili (ad es., l’ultimo anno mobile rispetto all’anno mobile precedente). In questo modo, ha senso ragionare in proiezione, in particolare allo scopo di modificare il ruolo economico della categoria/segmento, assegnando alla stessa un obiettivo di aumento di margine o di rotazione.

Il passaggio successivo per la valutazione quantitativa delle leve category consiste nello scomporre il macro-obiettivo (es., aumento della rotazione o del margine) in una serie di obiettivi micro: se il macro-obiettivo è quello di aumentare la rotazione (numero di pezzi o kg venduti), occorre declinare questo obiettivo in uno o più Key Performance Indicator (KPI, indicatori chiave di performance), ad es.:

– aumento della frequenza d’acquisto;

– aumento del numero di pezzi acquistati da ciascun cliente;

– aumento del numero dei clienti che frequentano il punto vendita.

A questo punto l’obiettivo macro diviene maggiormente misurabile e, di conseguenza, percorribile: puntare all’aumento del fatturato è infatti un obiettivo troppo generico, rispetto all’aumento del numero di scontrini, a parità di scontrino medio: questa seconda soluzione implica inevitabilmente l’aumento del fatturato, ma è più concreta, in quanto agisce su un livello più basso del c.d. “albero delle performance”.

In un’ottica category, l’albero delle performance parte dal margine a valore (una sorta di cash flow della direzione commerciale). Il margine a valore può essere scomposto come prodotto del margine percentuale e del fatturato. Il fatturato, a sua volta, può essere scomposto (oltre che come prodotto del numero di scontrini e dello scontrino medio) come prodotto del prezzo medio e delle quantità vendute, e così via. Ciascuna di queste metriche può essere inoltre suddivisa tra continuativo (scaffale), promozionale e svalorizzazioni (leva molto utile nel settore del non food).

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La gran parte dei retailer di piccole-medie dimensioni valuta le proprie performance sulla base della sola punta dell’iceberg di questa catena di indicatori, ossia del margine e del fatturato. Scendendo invece verso il basso dell’albero, è possibile aumentare la capacità informativa dei dati: da una sola informazione, scomponendola in due indicatori, è possibile ricavare due informazioni diverse. Scomponendo questi due indicatori in altri indicatori, aumenta il numero di informazioni disponibili per prendere le opportune decisioni e declinare opportunamente la strategia commerciale.

Si prenda in considerazione il seguente esempio per un retailer della GDO: la categoria “detergenza superfici”, dal 2103 al 2012 ha perso il 3% di fatturato. Se non si scompone il fatturato in una serie di KPI specifici, è difficile prendere delle decisioni opportune in merito all’assortimento, all’allocazione delle merci a scaffale, alle promozioni da attuare, al posizionamento dei prezzi e al ruolo del prodotto a marchio per risollevare le sorti della categoria nel 2014. Disponendo, invece, di un opportuno set di KPI, come quelli riportati nella seguente Figura, è possibile ragionare su un numero superiore di informazioni.

img2Nell’esempio riportato in Figura, infatti, la perdita del fatturato è imputabile al numero di scontrini e non allo scontrino medio; il calo degli scontrini è dovuto alla diminuzione del numero di pezzi venduti (a scaffale, ma soprattutto in promozione); la perdita dei pezzi venduti in promozione è da riferire all’aumento del prezzo medio promozionale rispetto all’anno precedente; ecc.

La lettura incrociata dei KPI secondo una logica “ad albero” consente, pertanto, di risalire più efficacemente alle possibili spiegazioni in merito alle scelte gestionali prese in passato e, di conseguenza, di ragionare in maniera puntuale rispetto alle azioni future da attuare sulla categoria.

 



[1] Cfr “Una classificazione del ruolo di mercato delle categorie merceologiche basata sulla risposta cognitiva e affettiva del cliente” di Alessio Abbate, Economiaediritto.it, 1 novembre 2013.