Diritto

L’infortunio in itinere

(di Sonia Cecchini)

L’articolo 12 del D.Lgs. n. 38/2000, ha dettato la disciplina in tema di indennizzo dell’infortunio in itinere, riportando nel testo legislativo i principi di diritto rilevanti in argomento.
La tutela dell’infortunio in itinere ha origini nel diritto pretorio, secondo il quale la copertura assicurativa è stata estesa ad una attività estranea a quella lavorativa,
La giurisprudenza precedente all’entrata in vigore dell’articolo 12 del D.Lgs. n. 38/2000 ha, infatti, sempre affermato che, affinché si verificasse l’estensione della copertura assicurativa, occorreva che il comportamento del lavoratore fosse giustificato da un’esigenza funzionale alla prestazione lavorativa, tale da legarla indissolubilmente all’attività di locomozione, posto che il suddetto infortunio meritava tutela nei limiti in cui l’assicurato non avesse aggravato, per suoi particolari motivi o esigenze personali, i rischi propri della condotta extra lavorativa connessa alla prestazione per ragioni di tempo e di luogo, interrompendo così il collegamento che giustificava la copertura assicurativa.
L’infortunio in itinere è, per legge, indennizzabile quando verificatosi lungo il normale tragitto che collega il luogo di abitazione con quello di lavoro, percorso a piedi o con mezzo pubblico di trasporto; la copertura assicurativa è garantita anche in caso di utilizzo del mezzo di trasporto privato, purché necessitato; l’indennizzo è escluso in caso di interruzioni o deviazioni non necessitate.
Occorre attribuire il corretto significato al termine “abitazione” e definirne i confini spaziali.
Per luogo di abitazione non si intende soltanto quello di residenza anagrafica o di personale dimora del lavoratore, ma soprattutto il luogo in cui si svolge la personalità dell’individuo, coincidente, di norma, con l’ambito della comunità familiare. E’ stato, pertanto, ritenuto indennizzabile l’infortunio occorso durante il percorso tra il luogo di lavoro e quello di residenza della famiglia, diverso da quello di dimora temporanea del lavoratore (Cassazione civile sez. lav., 8 novembre 2000, n.14508). Tenuto conto della possibilità di soggiornare in luogo diverso dalla propria abitazione, purché la distanza tra tali luoghi sia ragionevole, la Corte di Cassazione ha ritenuto indennizzabile l’evento occorso ad un lavoratore lungo il percorso verso la propria dimora, presso la fidanzata, più vicina al luogo di lavoro rispetto a quello della propria residenza anagrafica (Cassazione civile sez. lav., 18 aprile 2000, n. 5063).
Una volta individuato il luogo al quale può riferirsi il termine “abitazione” occorre definirne i confini spaziali; occorre, cioè, stabilire quale sia la linea di demarcazione superata la quale si può ritenere che il lavoratore abbia abbandonato l’abitazione ed abbia, perciò, iniziato il percorso tutelato.
Al riguardo la Corte di Cassazione ha affermato che la configurabilità di un infortunio ” in itinere” comporta il suo verificarsi nella pubblica strada e, comunque, non in luoghi identificabili in quelli di esclusiva proprietà del lavoratore assicurato o in quelli di proprietà comune, quali le scale ed i cortili condominiali, il portone di casa o i viali di complessi residenziali con le relative componenti strutturali ” (Cassazione civile sez. lav., 16 luglio 2007, n . 15777).
Con riferimento al percorso, appare opportuno precisare che, in base al disposto dell’articolo 12, si configura l’infortunio in itinere, quando l’evento lesivo si verifichi nel tragitto tra due luoghi di lavoro, ma soltanto quando la pluralità dei predetti luoghi di lavoro è collegata ad una pluralità di rapporti di lavoro. Quando, invece, lo spostamento tra due luoghi presso i quali deve essere prestata l’attività si inquadra nell’ambito dello stesso rapporto di lavoro, l’eventuale infortunio è da considerare in attualità di lavoro e non già in itinere.
Anche il concetto di “interruzione” ha richiesto un precisazione di natura interpretativa. Il criterio
teleologico ha imposto di distinguere tra la “breve sosta” e l’interruzione vera e propria.
Una breve sosta, che non alteri le condizioni di rischio per l’assicurato, non integra, infatti, l’ipotesi
normativamente prevista dell'”interruzione”, la quale ultima ricorre soltanto quando l’interruzione, per la sua durata, valutata anche in relazione alla durata del percorso ed alle variazioni delle condizioni climatiche e di traffico, determini l’insorgenza di una situazione di rischio diversa da quella occasionata dallo svolgimento delle mansioni lavorative (Corte costituzionale , 11 gennaio 2005, n. 1).
In caso di deviazione, non è indennizzabile l’evento che si verifichi in conseguenza di un rischio causato dalla deviazione stessa (ad esempio deviazione consistente nell’attraversamento della strada ed investimento del pedone durante l’attraversamento stesso). L’infortunio che si verifichi dopo che, terminata la deviazione, sia stato ripreso il normale percorso sarà indennizzabile, sempre che la deviazione, per la sua durata, non determini condizioni di rischio che altrimenti non si sarebbero verificate.
L’interruzione o la deviazione non sono, però, cause di esclusione dell’indennizzo quando necessitate, cioè quando imposte da cause di forza maggiore, da esigenze essenziali ed improrogabili o dall’adempimento di obblighi penalmente rilevanti. Esse, cioè, devono essere imposte da circostanze di tempo e di luogo che prescindono dalla volontà di scelta del lavoratore, per tali dovendo intendersi non soltanto fattori esterni che condizionano i comportamenti (guasti meccanici, ostruzioni della strada, ecc.) o cogenti impulsi e stimoli fisiologici, ma anche obblighi di carattere giuridico, oltre che morale, quale è quello di prestare soccorso alle vittime di un incidente stradale, ai sensi dell’art. 593 c.p. (Cassazione civile sez. lav., 12 maggio 1990, n. 4076).
Un aspetto particolare meritevole di trattazione riguarda la situazione di alcuni docenti che non sono assicurati contro gli infortuni sul lavoro e non lo sanno neppure, anche moltissimi dirigenti ed impiegati delle scuole non sono a conoscenza della realtà (2).
Solo poche categorie di docenti sono assicurate presso l’INAIL; la circolare INAIL n. 28 del 23 aprile 2003 fornisce indicazioni sull’assicurabilità dei docenti; infatti gli insegnanti non sono genericamente tutelati dall’assicurazione INAIL, ma solamente nel caso svolgano compiti e mansioni ai quali l’ente attribuisce un fattore di rischio fra cui:
• Quelli che per la loro attività fanno uso, in modo non occasionale, di macchine elettriche, elettroniche o computer, o frequentano laboratori in cui sono presenti le suddette macchine;
• Quelli che sono adibiti ad esperienze “tecnico scientifiche”;
• Esercitazioni pratiche
• Esercitazioni di lavoro e viaggi di istruzione (purché rientranti nella programmazione del POF);
• Educazione fisica e motoria ed attività di sostegno.
Tutti i docenti adibiti nei campi di attività di cui sopra sono integralmente coperti dall’assicurazione INAIL, anche per gli infortuni in itinere.
Da ciò si evince che la stragrande maggioranza degli insegnanti rimanga esclusa. Nonostante la Costituzione (articolo 38) preveda l’obbligo, per i datori di lavoro, di assicurare i dipendenti dagli infortuni, lo Stato, per una parte non piccola dei propri dipendenti, fornisce ancora una volta un pessimo esempio.
Inoltre risulta assicurato chi è impegnato in esercitazioni pratiche, specificando che vanno considerate tali anche le attività ludico motorie praticate nella scuola elementare e materna.
Tale orientamento è stato ribadito con la sentenza della Corte di Cassazione 17334/2005, secondo cui l’assicurazione deve essere estesa non a tutti gli insegnanti, giacché non possono essere compresi coloro che impartiscono agli alunni nozioni esclusivamente teoriche, ma solo a quegli insegnanti che sono soggetti, per la natura manuale della loro attività, a un rischio, non generico ma specifico, di infortunio sul lavoro.
Tutti gli altri insegnanti sono tutelati, in caso di incidente in servizio, ancora dalle antiche norme sull’ “equo indennizzo” e, nei casi gravi, di “pensione privilegiata”. Devono, nel temine perentorio di sei mesi, denunciare l’incidente ed essere poi sottoposti a visita presso la Commissione medica di verifica.

Note

(1) www.inail.it

(2) http://www.samnotizie.it/old/pagcollrubriche/autodifesa/infortuni.htm