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infedele dichiarazione

(di Serena Giglio e Alessandro Blatti)

Capita spesso che i contribuenti per errore indichino in dichiarazione un ammontare di imposte inferiore a quello effettivamente dovuto, salvo poi “correggere il tiro” presentando la dichiarazione integrativa e versando la differenza dovuta.

Ebbene, di fronte a tale fattispecie, di regolae, l’Agenzia delle Entrate applica una doppia sanzione, e cioè sia quella per dichiarazione infedele (sanziona amministrativa che va dal cento al duecento per cento della maggior imposta o della differenza del credito ai sensi del comma 2 dell’art. 1 del D.lgs. n. 471/1997), che quella per ritardato versamento (sanzione amministrativa pari al trenta per cento di ogni importo non versato o versato in ritardo, ai sensi del comma 1, art. 13 del D.lgs. n. 471/1997). Tale prassi finisce per equiparare, paradossalmente, i contribuenti “virtuosi” – che pongono rimedio all’errore commesso (e che risultano puniti, come detto, con duplice sanzione e cioè quella per infedele dichiarazione e per ritardato versamento) – a quelli “inerti” (colpiti dal medesimo trattamento sanzionatorio ossia dalla sanzione per infedele dichiarazione e da quella per omesso versamento).

Il presente contributo si propone di affrontare tale tematica ed offrire possibili rimedi interpretativi che risultano, peraltro, già insiti nel nostro sistema fiscale.

In primis, si deve ricordare che, in tema di dichiarazione infedele, il comma 2 del sopracitato articolo 1 del D.lgs. n. 471/1997 dispone che: “Se nella dichiarazione è indicato, ai fini delle singole imposte, un reddito imponibile inferiore a quello accertato, o, comunque, un’imposta inferiore a quella dovuta o un credito superiore a quello spettante, si applica la sanzione amministrativa dal cento al duecento per cento della maggior imposta o della differenza del credito. La stessa sanzione si applica se nella dichiarazione sono esposte indebite detrazioni d’imposta ovvero indebite deduzioni dall’imponibile, anche se esse sono state attribuite in sede di ritenuta alla fonte”.

Inoltre, con riferimento ai casi di omesso versamento il comma 1 del suddetto art. 13 del D.lgs. n. 471/1997 prevede che: “Chi non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i versamenti in acconto, i versamenti periodici, il versamento di conguaglio o a saldo dell’imposta risultante dalla dichiarazione, detratto in questi casi l’ammontare dei versamenti periodici e in acconto, ancorché non effettuati, è soggetto a sanzione amministrativa pari al trenta per cento di ogni importo non versato, anche quando, in seguito alla correzione di errori materiali o di calcolo rilevati in sede di controllo della dichiarazione annuale, risulti una maggiore imposta o una minore eccedenza detraibile. Per i versamenti effettuati con un ritardo non superiore a quindici giorni, la sanzione di cui al primo periodo, oltre a quanto previsto dal comma 1 dell’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, è ulteriormente ridotta ad un importo pari ad un quindicesimo per ciascun giorno di ritardo. Identica sanzione si applica nei casi di liquidazione della maggior imposta ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e ai sensi dell’articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”.

Pertanto, le due sopra richiamate norme disciplinano in maniera specifica un determinato comportamento di tipo omissivo posto in essere da parte del contribuente.

In particolare, la prima norma (i.e. ilcomma 2 dell’art. 1 del D.lgs. n. 471/1997) è volta a sanzionare quel soggetto che indichi in dichiarazione un minor reddito imponibile, una minore imposta o un maggior credito rispetto a quanto effettivamente spettante.

La seconda norma (i.e. il comma 1 dell’art. 13 del D.lgs. n. 471/1997) è, invece, volta a sanzionare colui che non esegue, in tutto o in parte, entro le prescritte scadenze, i versamenti in acconto, i versamenti periodici, il versamento di conguaglio o a saldo dell’imposta risultante dalla dichiarazione.

Di conseguenza, apparo chiaro che le suddette norme sono chiaramente chiamate a disciplinare due diverse situazioni.

Tuttavia, occorre rilevare che l’implicazione logica tra la violazione di infedele dichiarazione e quella di omesso (o ritardato) versamento deve essere interpretata nel senso che la prima, e cioè l’infedele dichiarazione – connotata da un disvalore maggiore rispetto alla violazione di omesso ovvero ritardato versamento – si pone in un rapporto di totale “assorbenza” rispetto alla seconda.

E, difatti, vale ricordare che la violazione dell’“infedele dichiarazione”, di cui all’art. 1 del D.lgs. n. 471/1997, in materia di sanzioni, ricorre, tra le altre cose, quando – come nel caso di specie – viene dichiarata un’imposta inferiore a quella dovuta (cfr.: comma 2, art. 1, D.lgs. n. 471/97) e risulta sanzionata per un importo elevato, compreso, in specie, tra il 100 ed il 200 per cento della maggiore imposta dovuta e non versata.

Orbene, come graniticamente riconosciuto, tanto dalla Dottrina quando dalla Giurisprudenza, “analogamente a[lla] dichiarazione omessa, si ritiene che la sanzione prevista per la dichiarazione infedele assorba quella stabilita per l’omesso versamento della maggiore imposta non dichiarata. Pertanto, nel caso di maggiore imposta pari a 100, troverà applicazione solo la sanzione dal 100 al 200 per cento e non anche quella del 30 per cento applicabile all’omesso versamento” (Cfr.: Roberto Fanelli, “Sanzioni fiscali, previdenziali e societarie”, XI Ed., IPSOA, 2011, pag. 204).

In altre parole, “nel nostro sistema punitivo la sanzione per omessa dichiarazione [al pari di quella per infedele dichiarazione] assorbe anche l’omesso versamento, che non può essere contestato in tali casi in via autonoma o tantomeno aggiuntiva” (cfr.: Prof. Cordeiro Guerra, “Il Global Service non sconta l’accisa sull’energia elettrica”, in GT – Riv. Giur. Trib., 2010, pag. 623).

E’, peraltro, evidente che, per intuitive ragioni di ordine logico-sistematico, analogo ragionamento a quello condotto per l’omesso versamento può essere agevolmente fatto per la violazione del ritardato versamento, essendo tale fattispecie contemplata nella stessa disposizione – l’art. 13 del D.lgs. n. 471/97 – dell’omesso versamento e sanzionata in identica misura (i.e. 30% di quanto non versato ovvero versato in ritardo) rispetto a quest’ultima violazione.

A favore di un’“assorbenza” tra l’infedele dichiarazione e l’omesso/ritardato versamento, peraltro, si sono pronunciate – con giurisprudenza assolutamente costante – anche le Corti di merito, che hanno affermato come “l’omesso versamento va riferito all’ipotesi di imposte dichiarate da versare ma non versate, e non anche all’ipotesi di imposte non dichiarate e quindi formalmente non da versare. Per queste ultime c’è infatti già la sanzione per l’omessa o infedele dichiarazione, ben più pesante – in quanto tiene conto anche della implicita intenzione di non versare il quantum non dichiarato – di quella per il semplice omesso versamento di imposte già dichiarate” (cfr: Commissione tributaria regionale del Piemonte, sez. 38, 30 ottobre 2003, n. 21).

Ad analoghe conclusioni giunge la Commissione tributaria Provinciale di Milano, sez. 3, con sentenza del 9 marzo 2010, n. 94, sostenendo che “la sanzione per omesso versamento può essere irrogata solo in relazione ad un’imposta dichiarata e non versata”.

Di identico avviso, anche la Commissione tributaria provinciale di Ravenna, sez. 1, 28 marzo 2011, n. 57, ove afferma che “sul piano logico l’infedeltà della dichiarazione comporta sempre l’omissione totale o parziale dei versamenti. L’omesso versamento risulta già represso con la più grave sanzione, prevista per omessa o infedele dichiarazione … Viceversa la sanzione per omesso versamento … può essere irrogata solo in relazione ad un’imposta che sia stata dichiarata, e non versata.

In tal senso, si segnalano anche le sentenze della Comm. trib. prov. Vicenza, sez. 4, 28 ottobre 2011, n.92, Comm. trib. prov. Ravenna, sez. 1, 10 febbraio 2009, n. 28, CTR di Milano, sez. 32, 22 novembre 2013, n. 141/32/13, ove si afferma che “la sanzione per infedele dichiarazione deve ritenersi assorbente relativamente a quella per tardivo versamento, in considerazione che l’infedele dichiarazione non può essere conseguenza dell’omesso versamento delle ritenute”.

Del resto, tale posizione è stata sposata anche dalla stessa Agenzia delle Entrate con orientamento più che consolidato, se si considera che nelle Istruzioni di compilazione del Modello Unico SC degli ultimi dieci anni, nell’Appendice rubricata “Sanzioni amministrative” si evidenzia come la sanzione del 30% per omesso/ritardato versamento si applica solo nell’ipotesi di dichiarazione presentata con ritardo non superiore a 90 giorni, mentre non si applica nelle ipotesi di omessa presentazione della dichiarazione ovvero infedele dichiarazione, rimanendo evidentemente assorbita dalle più aspre sanzioni previste nel caso in cui si verifichino tali violazioni afferenti la dichiarazione.”

In aggiunta a quanto sopra, vale rilevare che la questione può essere riguardata anche dal punto di vista del cumulo giuridico e del concorso formale.

In specie, con riferimento al concorso formale, vale rilevare che il comma 1 dell’art. 12 del D.lgs. n. 472/97 dispone che: “E’ punito con la sanzione che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave, aumentata da un quarto al doppio, chi, con una sola azione od omissione, viola diverse disposizioni anche relative a tributi diversi ovvero commette, anche con più azioni od omissioni, diverse violazioni formali della medesima disposizione”.

In particolare, si ricorda che il concorso formale è stato introdotto nel nostro Ordinamento fiscale – in ossequio ad un principio generale di favor rei accolto anche dall’art. 81 c.p. – per soppiantare il più aspro e repressivo trattamento previsto dal c.d. “cumulo materiale” delle sanzioni (consistente semplicemente nella sommatoria delle varie sanzioni previste per le diverse violazioni).

Tale fattispecie del concorso formale ricorre, ex comma 1 del menzionato art. 12 del D.lgs. n. 472/97, tutte le volte in cui con una sola azione od omissione si commettono violazioni tali da non incidere sulla corretta determinazione dell’imponibile ovvero liquidazione del tributo.

Ebbene, con riferimento al caso in disamina, si deve evidenziare che anche la CTR di Milano, con la sentenza della Sez. 32, n. 141/32/13, depositata il 22 novembre 2013, ha indagato sulla natura del rapporto intercorrente tra le due soprarichiamate violazioni, rilevando la sussistenza di un’ipotesi di cumulo giuridico.

In specie, è stato ribadito che nella fattispecie prospettata “non si tratta di più azioni (…) ma di un’unica azione, vale a dire mancato pagamento di quanto dovuto a saldo per il versamento delle ritenute operate. L’unica omissione è questa e da ciò deriva l’infedele dichiarazione e, quindi, il tardivo pagamento. Nel caso in esame si versa nell’ipotesi del cumulo giuridico, così come mutuato dal principio espresso dall’art. 81 c.p. con la conseguente applicazione della pena prevista per la violazione più grave. Infatti, con l’entrata in vigore dell’art. 12 D.lgs. n. 472/1997, la sanzione va applicata una sola volta in misura ridotta in luogo di quella derivante dalla materiale sommatoria delle sanzioni relative ai singoli illeciti (c.d. cumulo materiale). Si ribadisce che nel caso in esame si tratta di una sola omissione con cui sono state commesse più violazioni di legge e quindi la sanzione applicabile sarà unica.

In conclusione – preso atto dell’esistenza, all’interno dell’Ordinamento fiscale, di norme sanzionatorie adeguate (i.e. sanzione per dichiarazione infedele, ex comma 2 dell’art. 1 del D.lgs. n. 471/1997 e sanzione per ritardato versamento, ex comma 1, art. 13 del D.lgs. n. 471/1997) a colpire le diverse violazioni che possono essere poste in essere dal contribuente a seconda dell’entità del disvalore della condotta tenuta da quest’ultimo – occorre, poi, necessariamente, porle in un rapporto “gerarchico” così da riconoscere una volta per tutte che “il più comprende il meno”, sia che a tale risultato si arrivi mediante l’assorbenza che mediante l’istituto del cumulo giuridico. Solo un approccio di questo tipo, infatti, al quale si potrebbe arrivare, in via definitiva, con un’apposita novella legislativa, consentirebbe di garantire il rispetto del principio, di matrice europea, di proporzionalità delle sanzioni rispetto alle violazioni commesse ed al comportamento tenuto dal contribuente ed evitare che la resipiscenza, invece che premiata, risulti sanzionata non una, bensì due volte!

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