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valutazione del rischio

(di Andrea Grassi)

Nell’articolo precedente “Intervenire nell’impresa in crisi: monitorarne lo stato di salute è possibile?” (marzo 2015) si era accennato ai possibili strumenti atti a diagnosticare preventivamente i primi sintomi di uno stato di crisi di un’impresa.

Senza ombra di dubbio, qualunque impresa, nel corso del suo naturale ciclo di vita, alterna fasi positive a fasi negative, ovvero periodi di successo a quelli di insuccesso.

Quando la fase di insuccesso da evento causale assume la connotazione di evento strutturale – e dunque si protrae nel tempo – l’impresa è destinata a uscire dal mercato e non sarà più in grado di adempiere alle proprie obbligazioni divenendo insolvente.

L’incertezza sul momento in cui si verificherà l’evento ha portato a sviluppare numerosi modelli statistici con la finalità di prevenire l’insolvenza di un’impresa.

Il più noto e quello utilizzato maggiormente è lo Z-Score di Altman, caratterizzato da un elevato tasso di affidabilità (percentuale di errore compresa tra il 15% ed il 20%), anche in situazioni contraddistinte da anomalie contabili (inquinamento dei risultati di bilancio con dati non veritieri per dissimulare il proprio status).

Per queste ragioni, lo Z-Score ricopre, ancora oggi, uno strumento cardine in materia di previsione e prevenzione della crisi di impresa.

Il suo principale punto di forza riguarda la semplicità d’uso: è sufficiente, infatti, risolvere un calcolo matematico ed ottenere un valore (il cd. “Z score”) da comparare con altri parametri per determinare se la società in esame possa essere considerata con una probabilità di default molto alta, oppure un’impresa finanziariamente solida, oppure da collocarsi nella cd. grey area, in relazione alla quale risulta difficile esprimere un giudizio definitivo, ma la cui appartenenza denota un precario stato di salute economico-finanziario.

Il test fu sviluppato analizzando i dati di bilancio di 66 società industriali quotate, metà delle quali in default.

Le variabili utilizzate per il calcolo dello Z-Score sono:

  • vendite nette;
  • risultato operativo;
  • capitale investito;
  • capitale circolante netto;
  • passività totali;
  • utili non distribuiti;
  • patrimonio netto.

L’equazione di primo grado per calcolare lo Z-Score è la seguente:

Z = 1,2 X1 + 1,4 X2 + 3,3 X3 + 0,6 X4 + 0,99 X5

dove:

  • X1 = (Capitale Circolante Netto) / (Capitale Investito)
  • X2 = (Utili non distribuiti) / (Capitale Investito)
  • X3 = (Risultato operativo) / (Capitale Investito)
  • X4 = (Patrimonio netto) / (Passività totali)
  • X5 = (Vendite nette) / (Capitale Investito)

Più specificatamente:

  • X1 = tale variabile esprime il valore delle attività liquide dell’azienda rispetto alla capitalizzazione totale;
  • X2 = tale indice esprime la capacità che un’azienda ha avuto di reinvestire i propri utili: ne consegue che un’azienda neo-costituita avrà certamente un indice minore rispetto ad un’azienda di più antica costituzione. Ciò rappresenta proprio la situazione reale nella quale le società neo costituite hanno una probabilità di fallimento maggiore nei primi anni della loro vita;
  • X3 = questo indice misura la vera produttività delle attività di un’impresa, depurate da qualsiasi fattore di leva finanziaria o fiscale. Per tale motivo detto indice risulta particolarmente appropriato nella definizione della probabilità di insolvenza e successivo fallimento;
  • X4 = mostra di quanto le attività di un’azienda si possono ridurre prima che le passività totali eccedano le attività e si creino le condizioni per il fallimento;
  • X5 = tale indice misura la capacità imprenditoriale di rapportarsi con la competitività del mercato di riferimento dell’azienda.

La funzione, pertanto, classifica le variabili in cinque indici di bilancio relativi all’analisi della liquidità, della redditività, della leva finanziaria, della solvibilità e dell’attività.

Sulla base del valore dello Z-Score la probabilità di default si stima in quattro classi, se:

  • Z < 1,8: probabilità di default molto alta;
  • 1,8 < Z < 2,7: possibilità di default medio-alta nei prossimi 3/4 anni;
  • 2,7 < Z < 2,99: grey area ovvero precario stato di salute economico-finanziario (è consigliabile, nell’immediatezza, confrontarsi con un consulente e cercare soluzioni ad hoc);
  • Z > 2,99: società finanziariamente solida.

Si precisa, altresì, che successivamente al modello originario dello Z-Score di Altman, sono state sviluppate altre versioni dello Z-Score che potessero estenderne l’utilizzo (come detto, infatti, il modello originale riguardava società industriali quotate). In particolare, una variante è relativa alle società non quotate in borsa mentre l’altra riguarda le aziende nei mercati emergenti.

Sicuramente lo Z-Score deve ritenersi un valido strumento di supporto economico-finanziario atto a prevenire l’insorgere della “patologia crisi”, la sua diffusione e le gravi conseguenze che ne derivano.

Rappresenta una valida possibilità di valutazione del rischio di fallimento di un’impresa, ovvero un sistema che permette di attribuire un valore alla struttura patrimoniale, finanziaria e reddituale di un’azienda confrontabile con il valore di altre imprese.

Inoltre, per gli operatori finanziari, tale modello consente di monitorare l’evoluzione di una società e, tramite la definizione di certi limiti, di determinare, la necessità di intervento sulle imprese finanziate.

Lo Z-Score di Altman può essere considerato, da ultimo, uno strumento utile per le imprese stesse in quanto se implementato all’interno dell’area pianificazione e controllo permette all’azienda di capire come essa viene valutata dagli operatori finanziari e di conseguenza può modificare la sua struttura economica in funzione del risultato emerso dallo Z-Score.

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