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(di Sabrina Polato)

Nel periodo Luglio-Settembre 2015, per il secondo trimestre consecutivo, il Prodotto Interno Lordo (PIL) del Giappone ha evidenziato una performance negativa in termini reali, sia rispetto al precedente trimestre dell’anno (-0,2%), sia su base annua (-0,8%). Elementi di incoraggiamento, che fanno quindi ben sperare in una ripresa imminente, sono i consumi interni privati (+0,5%) e l’export (+2,6%), mentre permangono in netta diminuzione gli investimenti di capitale delle imprese giapponesi (-1,3%), penalizzati dall’incertezza sulle prospettive della domanda estera, a sua volta influenzata dalla crisi politica ed economica in corso in diversi Paesi (Cina, Brasile, Russia, Unione Europea in primis).

L’andamento negativo dell’Economia giapponese nel corso del 2015 sembra indicare la sconfitta della politica economica di Abe (il premier del Giappone, ndr) incentrata principalmente su 3 strumenti: massicci aiuti monetari, impulso alla spesa pubblica ed importanti riforme economiche. Visti i risultati, il governo nipponico si trova ora davanti ad un bivio: proseguire con le misure di allentamento monetario o spostare il piano di aiuti sul versante delle politiche fiscali a favore dei consumatori, al fine di rilanciare i consumi interni? Entrambe le strade non sono prive di rischi: nel primo caso, un’ulteriore svalutazione dello Yen (per effetto del quantitative easing su modello della BCE di Draghi) porterebbe ad un aumento delle esportazioni, ma anche ad un aumento nei prezzi dei generi di prima necessità con conseguente perdita del potere di acquisto delle famiglie giapponesi e, va da sé, ad una contrazione dei consumi interni. Nel secondo caso, le risorse statali di extrabudget verrebbero impiegate soprattutto per finanziare un piano massiccio di defiscalizzazione a favore dei privati consumatori, lasciando però le imprese produttive nazionali in posizione di deficit rispetto ai propri competitor internazionali, con conseguente perdita di competitività e calo delle esportazioni. Una manovra, quest’ultima, che andrebbe in conflitto con la strategia di politica internazionale portata avanti da Abe: una politica che mira ad aprire l’economia nipponica, tradizionalmente molto chiusa, agli scambi con l’estero ed agli investimenti diretti esteri (IDE), di cui il TPP, il TRANS PACIFIC PARTNERSHIP (trattato nel numero di novembre u.s.), rappresenta il più recente ed importante traguardo.

Le nostre aziende italiane, tradizionalmente e culturalmente legate al Giappone, guardano con non poca apprensione alle future manovre del governo di Abe. Infatti, nonostante l’interscambio con il Giappone valga ad oggi un esiguo 1,3% del totale del nostro export, desta preoccupazione il fatto che dal 2013 questo valore continui inesorabilmente a diminuire. Spingere i consumi interni giapponesi significherebbe dare nuovo impulso all’export delle aziende italiane del lusso, della moda e dei prodotti alimentari Made in Italy. Sostenere gli investimenti delle imprese nipponiche gioverebbe invece alle aziende italiane fornitrici di beni durevoli, intermedi ed industriali.

Analizzando nel dettaglio la composizione dell’export italiano verso il Giappone si evidenzia che a soffrire negli ultimi anni sia stato in particolare il comparto farmaceutico, settore di punta del nostro export verso il Sol Levante. Oltre al farmaceutico, hanno subìto un calo considerevole anche il settore dei prodotti metallurgici, dei mezzi di trasporto (diversi dall’automotive), dei prodotti di elettronica ed ottica. Al contrario, trend positivi sono stati registrati dal comparto dei prodotti alimentari e dell’automotive[1].

Nonostante la fragilità e l’apparente frenata dell’Economia giapponese, il Giappone rimane un mercato molto interessante per le aziende italiane, ancora relativamente poco “presenti” nel Paese. In particolare, buone prospettive di business possono delinearsi per le imprese nazionali operanti nei seguenti settori[2]:

  1. Prodotti alimentari. In Giappone si può parlare di un vero e proprio boom della gastronomia italiana che, apparentemente, non accenna a diminuire. Il 70% del nostro export è assorbito dalla ristorazione (numerosi i ristoranti italiani presenti in tutto il territorio), mentre ancora esigua è la presenza di nostri prodotti nella grande distribuzione a causa delle forti barriere, tariffarie e non, che ostacolano il commercio tra Giappone ed Italia nel comparto agro-alimentare. Sotto questo punto di vista, la possibile conclusione dell’accordo di libero scambio tra Giappone ed Unione Europea potrebbe rappresentare la vera chiave di svolta per una diffusione ancora più ampia delle eccellenze alimentari italiane in Giappone.
  1. Vini. Sulla scia di quanto affermato per i prodotti alimentari, anche per il settore vinicolo potrebbero esserci delle ottime opportunità di business in Giappone in caso di stipula dell’accordo di libero scambio tra UE e Giappone. L’export italiano di vino, che occupa in Giappone una quota superiore al 13%, mantiene la seconda posizione dietro alla Francia. Le prospettive di crescita giustificano un impegno promozionale e di marketing sempre più intenso da parte delle aziende italiane di settore, anche alla luce dell’aggressività di competitor come il Cile o la Spagna che negli ultimi anni hanno incrementato in misura considerevole l’export dei propri prodotti in Giappone.
  1. Prodotti tessili. Il comparto dell’alta moda italiana e del lusso ha risentito solo parzialmente della crisi economica e dei consumi in corso in Giappone, mantenendo inalterata – se non addirittura aumentata, la propria quota di mercato nel Paese. Data la complessità del sofisticato mercato giapponese e’ fondamentale dare il massimo risalto agli aspetti qualitativi che caratterizzano i singoli prodotti, dal momento che è la qualità a costituire il più importante fattore di scelta per il consumatore giapponese.
  1. Prodotti farmaceutici. L’Italia e’ storicamente tra i più importanti fornitori mondiali di principi attivi farmaceutici ed il Giappone è uno dei principali mercati di destinazione dei prodotti delle nostre aziende. Il mercato giapponese e’ in grado di garantire ancora per diversi anni margini di crescita per l’export italiano di farmaci e prodotti medicali, dal momento che il Giappone vanta la più alta aspettativa di vita media al mondo e la sua società tende ad invecchiare più rapidamente di qualsiasi altra società industrializzata. Il sistema sanitario nipponico risulta attualmente in forte espansione e una buona percentuale di questa crescita e’ rappresentata dal settore dei farmaci su ricetta.
  2. Costruzioni. Buone prospettive si rilevano per l’export italiano di nuovi materiali da costruzione applicabili al concetto di Smart House (la parola “Smart House” identifica un’abitazione che utilizza la tecnologia informatica e le reti energetiche, con il controllo complessivo dell’energia per ridurre l’effetto serra). Rilevanti opportunità sono altresì legate ai Giochi Olimpici del 2020. Mentre sono in via di definizione i piani per la costruzione dei siti olimpici, sono stati lanciati numerosi progetti di riqualificazione urbana. I produttori italiani di materiali, già apprezzati per la loro elevata qualità e detentori di quote rilevanti di mercato nei settori delle pietre naturali e delle piastrelle, potrebbero quindi incrementare ulteriormente il proprio business da qui al 2020.

Note

[1] Fonte: Ambasciata Italiana in Giappone

[2] Fonte: InfoMercatiEsteri – Giappone – ed. 2015

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