Diritto

Voluntary disclosure: le novità in materia di Tax Compliance

di Andrea Orabona

Nella recente seduta n. 46 del 24 gennaio 2014, il Consiglio dei Ministri ha approvato l’atteso Decreto Legge sul rientro dei capitali dall’estero (attualmente in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale) – contenente disposizioni in materia di rinvio dei termini relativi ad adempimenti tributari e contributivi”.

In particolare, l’attenzione dei lettori si è immediatamente incentrata sul nuovo istituto della “voluntary disclosure”, ovvero, della facoltà per il contribuente di procedere alla regolarizzazione dei capitali non dichiarati al Fisco italiano, perché illecitamente detenuti in territorio estero – sia europeo che extracomunitario.

In attesa di leggere la formulazione della norma in commento, il Presidente del Consiglio dei Ministri, On. Enrico Letta, si è subito affrettato ad escludere l’introduzione nel nostro ordinamento di un nuovo condono fiscale – celato dietro le false spoglie di un neologismo anglo/americano e tale da porsi in rapporto di continuità normativa con l’ultima ipotesi di “scudo/ter” disciplinata dall’art. 13 bis D. L. n. 78/2009.

In seguito all’emersione delle attività economico/finanziarie detenute all’estero, il contribuente sarà invero tenuto al pagamento per intero delle imposte oggetto d’evasione, beneficiando di una modesta riduzione delle sanzioni fiscali per l’effetto applicabili – oltre all’esclusione della punibilità in sede penale per la commissione di alcuni e determinati reati fiscali previsti dal D. Lvo 74/2000.

Inoltre, l’auto/denuncia dei capitali sommersi sarà ammissibile per le sole violazioni dichiarative compiute dalla persona/fisica all’interno del modulo “RW” del Modello Unico di riferimento – entro e non oltre il termine del trascorso 31 dicembre 2013 -.

Pertanto, e propriamente sul versante di politica/criminale, il Decreto Legge accorda al contribuente il modico beneficio della non punibilità per i soli delitti tributari di infedele ed omessa dichiarazione d’imposta – limitandosi a disporre una mera riduzione delle sanzioni applicabili in concreto al contribuente redento per la commissione dei più gravi reati incriminati dagli artt. 2 e 3 del D. Lvo 74/2000.

Così stando le cose, la persona/fisica che deciderà (in ipotesi) di riportare in Italia i capitali derivanti da un fatto di “frode/fiscale” sarà tenuta – non solo – al pagamento dell’imposta dovuta per l’evasione commessa, oltre alle sanzioni amministrative in misura ridotta – ma bensì – ad affrontare un assai gravoso procedimento penale per l’incriminazione tributaria riconducibile al pregresso trasferimento delle proprie risorse all’infuori dei confini italiani.

L’esiguità dei benefici riconducibili all’istituto della “voluntary disclosure” si scontra altresì con gli effetti premiali derivanti dall’adesione al precedente “scudo-fiscale/ter”, ove al pagamento di una congrua imposta straordinaria sull’ammontare dei capitali oggetto di effettiva emersione si rifletteva la piena esclusione della sanzionabilità per tutti i reati fiscali di cui agli articoli 2345 e 10, del D. Lvo 74/2000, e, vieppiù, per le diverse ipotesi delittuose di falsità in atti e false comunicazioni sociali ricollegabili agli illeciti fiscali commessi dal contribuente.

Si auspica, dunque, che il Parlamento provveda ad integrare (almeno in parte qua) il Provvedimento d’Urgenza appena varato dal Consiglio dei Ministri – assegnando maggiori connotazioni di premialità alla procedura di regolarizzazione dei capitali sommersi in territorio estero – onde evitare la sostanziale inapplicabilità dell’istituto in esame, e, fatto ben più importante, il mancato introito di gettito fiscale in beneficio delle casse – sempre più bisognose – dell’erario statale.