Fisco Diritto tributario

I recenti orientamenti della giurisprudenza sulla impugnabilità dell’estratto di ruolo

(di Mariella Orlando)

Ad oggi non esiste ancora un orientamento  univoco sulla legittimità all’impugnazione dell’estratto di ruolo. In particolare una parte della giurisprudenza ritiene l’estratto di ruolo non impugnabile dal contribuente in quanto atto interno all’amministrazione finanziaria; differentemente l’altra parte qualifica l’estratto di ruolo come una parziale riproduzione del ruolo e conseguentemente basta la semplice ricezione della notizia dell’esistenza di una pretesa tributaria per far sorgere, in capo al contribuente, un interesse ad agire tendente a chiarire la sua posizione con il fisco.

Il presente lavoro vuole  mettere in luce  le diverse interpretazioni della giurisprudenza.

1.L’impugnabilità dell’estratto di ruolo

Di recente la Corte di Cassazione (Cass. civ, ord 6 luglio 2010 n. 15946) ha ammesso nell’ambito del processo tributario il gravame avverso il c.d. estratto di ruolo, ovvero di quella certificazione rilasciata dall’agente di riscossione al contribuente a seguito di una sua richiesta allo sportello informativo.

La pronuncia in questione appare condivisibile nella misura in cui aumenta la possibilità di tutela giudiziale nei confronti di  un atto potenzialmente lesivo per il contribuente. Emerge però un contrato di questo orientamento giurisprudenziale di legittimità rispetto alle ultime novità legislative, tese ad assicurare una sempre maggiore speditezza alla riscossione delle imposte, prevedendo in alcune ipotesi la soppressione dell’iscrizione a ruolo, in favore dell’inserimento diretto, nell’atto di accertamento, dell’exquatur proprio del ruolo esattoriale.

Ammettere l’impugnabilità dell’estratto di ruolo si pone in contrasto con la politica perseguita dal legislatore producendo l’effetto avverso, ossia rallentare, potenzialmente, la procedura di riscossione, esponendola a liti pretestuose con finalità soltanto dilatorie.

Per altro se appare inconfutabile che le regole della riscossione definiscono il ruolo come atto interno dell’amministrazione , che assume fisionomia giuridica di provvedimento amministrativo soltanto attraverso la notifica della cartella di pagamento (che diviene definitiva trascorsi sessanta giorni dalla sua notifica, in assenza di ricorso nei termini indicati dall’art. 21 del D.Lgs. n. 546/1992), a maggior ragione deve essere inteso come improduttivo di effetti giuridici il suo estratto, ossia la semplice certificazione dei risultati scaturenti dalla interrogazione del sistema informatico dell’agente di riscossione.

In termini generali, l’intendo della Cassazione di adeguare il complesso di garanzie e delle tutela accordate al contribuente, proprio in questa fase storica nella quale la produzione normativa è impegnata a potenziare l’attività di riscossione, non controbilanciando tale maggiore forza coattiva con la previsione di adeguati mezzi di tutela per il cittadino pe evitare inevitabilmente effetti distorsivi del sistema.

In questo senso devono essere interpretate le regole che lo stesso Legislatore ha imposto al concessionario con le nuove disposizioni previste dal Decreto n. 70/2011.

Nella recente pronuncia della Cassazione n. 2248 del 2014, i giudici – nel confermare quanto detto pocanzi-  hanno ritenuto che nonostante il ruolo rappresenti un atto interno dell’amministrazione, costituisce comunque uno strumento fondamentale della riscossione poiché contiene l’indicazione del periodo d’imposta, cui l’iscrizione si riferisce, dell’imponibile, dei versamenti e dell’imposta effettivamente dovuta, oltre che degli interessi e delle sanzioni pecuniarie eventualmente irrogabili al contribuente: tale iscrizione costituisce, il valido e legittimo titolo per la riscossione del tributo, mentre la cartella esattoriale costituisce lo strumento mediante il quale la pretesa esattoriale viene portata a conoscenza del debitore d’imposta. Ne deriva che il momento determinante per l’instaurazione del rapporto giuridico di riscossione è quello della formazione del ruolo e non già quello della notifica della cartella esattoriale ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25.

In pratica, l’estratto di ruolo consegnato dal concessionario della riscossione al contribuente è impugnabile se questi è venuto a conoscenza della cartella esattoriale per la prima volta grazie a tale atto. Infatti- come ripreso nelle sentenze della Cassazione n. 724 del 2010 e n. 27385 del 2008 –  si riconosce “ la possibilità di ricorrere alla tutela del Giudice Tributario avverso tutti gli atti adottati dall’ente impositore senza necessità di attendere che la stessa si vesta della forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili”.

D’Altronde, si può facilmente comprendere il forte interesse all’impugnabilità delle cartelle attraverso gli estratti di ruolo, in quanto basti pensare che nel caso in cui il contribuente avesse ricevuto un atto esecutivo da parte di Equitalia per quelle pretese tributari – si pensi al pignoramento sul conto corrente bancario o ad un pignoramento mobiliare – sarebbe stato totalmente privo di tutela e non avrebbe avuto la possibilità di opporsi. Infatti, ai sensi dell’art. 57 del DPR 602/73 per i debiti tributari “non sono ammesse le opposizioni regolate dall’art. 615 cpc”.

In pratica, per legge e solo per i debiti tributari se il contribuente riceve uno degli strumenti esecutivi sopra citati non ha più la possibilità di contestare il debito (attraverso una normale opposizione all’esecuzione ex art. 615 cpc) poiché ciò è escluso dallo stesso legislatore.

Il contribuente, dunque, nel caso di specie si sarebbe trovato nella situazione paradossale di venire a conoscenza del debito tributario solo a seguito del ricevimento di un pignoramento ma non di poter contestare la mancata notifica delle precedenti cartelle esattoriali. Ovviamente una situazione del genere sarebbe palesemente incostituzionale e per questo motivo si ritiene saggia la scelta di ritenere impugnabili gli estratti di ruolo.

A chi sostiene che il ruolo non abbia un vero e proprio contenuto impositivo, la Corte risponde che, comunque, è compito del giudice valutare il contenuto sostanziale impositivo, inteso quale attitudine a rappresentare e rendere conoscibile la pretesa tributaria negli elementi essenziali e sufficienti per adire la tutela amministrativa o giudiziale. Di contro è  evidente poi che la ricorribilità dell’estratto di ruolo consentirebbe a chiunque di predeterminare a proprio piacimento i termini a quo di proposizione del gravame, ovvero di eludere quelli riguardanti la cartella esattoriale.

Non si ravvisa assenza di tutela per il contribuente per la quale è necessario l’intervento interpretativo fornito dalla Corte di Cassazione. Infatti anche nella circostanza di accertata nullità della notifica della cartella esattoriale, il rimedio processuale per accertarne la sua inesistenza o contestarne l’iscrizione a ruolo è garantito dalla diretta impugnabilità dei successivi atti esecutivi, come l’avviso di mora, il pignoramento o gli altri strumenti cautelari quali il fermo amministrativo e l’ipoteca. Il loro eventuale accoglimento determinerebbe la nullità anche della procedente cartella di pagamento, non notificata correttamente.

Pertanto in tale ipotesi, la giurisprudenza prevalente constata la nullità del precedente atto impositivo riconosce la possibilità, attraverso l’atto successivo ritualmente notificato e impugnato, di contestare le ragioni del credito evidenziate nell’atto precedente, dal momento che manca la regolare notifica del provvedimento impositivo autonomo (Cass. Se. Un. Sent. 25 luglio 2007 n. 16412)[1].

2. L’estratto di ruolo come un atto interno dell’amministrazione e pertanto non impugnabile.

In aperta antitesi si pongono altre pronunce giurisprudenziali, le quali ritengono l’estratto di ruolo non impugnabile dal contribuente perché  atto interno all’amministrazione finanziaria[2].  Nello specifico l’estratto di ruolo non può essere oggetto di autonoma impugnazione davanti al giudice tributario, e questo perché senza la notifica di un atto impositivo non c’è alcun interesse concreto e attuale ex art. 100 c.p.c. a radicare una lite tributaria[3]; l’estratto di ruolo, quindi, può essere impugnato soltanto unitamente alla cartella di pagamento che sia stata notificata e ciò è altresì confermato dalla struttura oppositiva del processo tributario, che non ammette preventive azioni di accertamento negativo del tributo[4].

La recente sentenza della Cassazione n. 6395 del 2014 ha chiarito che l’estratto di ruolo – essendo un atto interno dell’amministrazione – non può essere oggetto di autonoma impugnazione, ma deve essere impugnato sempre insieme alla cartella (nella quale il ruolo viene trasfuso). Altrimenti, il ricorso contro il ruolo non è possibile, per mancanza di interesse concreto ed attuale del contribuente ad istaurare una lite tributaria: il ruolo, infatti, non costituisce una vera e propria pretesa tributaria, ossia una intimazione o un avviso a pagare (questi ultimi , invece, sono contenuti tipici solo della cartella ed è contro quest’ultima che, invece, il contribuente deve ricorrere davanti al giudice).

Ciò significa che l’estratto di ruolo può essere impugnato soltanto unitamente alla cartella  che sia stata notificata. Ciò  che è altresì confermato dalla struttura oppositiva del processo tributario, che non ammette preventive azioni di accertamento negative del tributo.

 

 


[1] La decisione della Suprema Corte risulta conforme all’univoco orientamento interpretativo che ritiene impugnabile “tutti quegli atti con cui l’amministrazione comunica al contribuente una pretesa tributaria ormai definitiva (Cass., sen 15 ottobre 2010 n. 14373).

[2] Cass. sent. n. 6395 del 19.03.2014

[3] Cass. sent n. 6610 del 15 marzo 2013.

[4] Sentenza n. 89/02/07 la Commissione Tributaria Provinciale di Siracusa.