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“Beneficiario effettivo”: concetto irrilevante in assenza di ulteriori indici

Sentenza 18 febbraio 2020, n. 27, Commissione Tributaria Provinciale di Pescara – Sezione 2

Fatti di causa

La controversia fonda le sue radici nella distribuzione di un dividendo per un valore di 800.000,00 euro, avvenuta tra una società di diritto tedesco ed una società di diritto italiano, partecipata per il 40% dalla prima, nel giugno 2013.

Nel caso di specie, su detto dividendo viene applicata una ritenuta fiscale pari all’1.375%, ai sensi dell’art. 27, comma 3-ter, del D.P.R 29 settembre 1973, n. 600, non essendo stata, la partecipazione nella società italiana, detenuta stabilmente per un periodo pari ad un anno o superiore, ai sensi della lett. d), dell’art. 27-bis, del medesimo D.P.R. n. 600/1973.

Successivamente, nel corso del 2014, la società tedesca, avendo maturato il suddetto requisito, richiede all’Amministrazione finanziaria il rimborso della ritenuta subita.

Nel 2018, l’Agenzia delle Entrate, a seguito della richiesta di chiarimenti documentali aggiuntivi, emette un diniego alla suddetta richiesta di rimborso, non essendo la società tedesca, a parere dell’Ufficio, “beneficiario effettivo” del dividendo distribuito.

La parte ricorrente, impugna dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Pescara (da ora in poi “CTP”) il citato diniego, affermando di essere nella disponibilità delle somme ottenute a titolo di dividendo, versate nei confronti di una controllata appartenente al suo medesimo territorio (Germania) ai fini di ridurre la propria esposizione debitoria nei confronti di quest’ultima.

La nozione di “beneficiario effettivo” come mero indice di condotte abusive

Elemento centrale nella controversia in commento riguarda la definizione del concetto di “beneficiario effettivo” nell’ambito della Dir. 2011/96/UE del Consiglio, del 30 novembre 2011 (c.d. “Direttiva Madre-Figlia”).

In particolare, l’Agenzia delle Entrate basa il proprio diniego sulla concezione di “beneficiario effettivo” seppur, come ricordato dalla stessa Commissione, né il testo della norma europea né il testo della norma italiana richiamino la predetta espressione.

Nelle sue argomentazioni la CTP richiama l’orientamento della Corte di Giustizia Europea in materia di “costruzione abusiva” e di correlato “beneficiario effettivo”.

Presupposto di base è “l’immanenza” del diritto dell’Unione Europea che non può essere sfruttato con lo scopo di porre in essere prassi abusive, a prescindere che sussistano o meno, nell’ordinamento nazionale o internazionale, norme di contrasto.

Tornando alla controversia, l’aspetto di maggior rilevanza, utile per comprendere il perché sia stato accolto il ricorso del Contribuente in esame, riguarda il rapporto tra i due concetti sopracitati.

In concreto, la nozione di “beneficiario effettivo” è qualificabile come mero indice, con funzione indiziaria, per individuare una costruzione abusiva finalizzata ad ottenere un illegittimo risparmio d’imposta e non come unica motivazione utile ai fini di un valido diniego.

Nell’ordinamento italiano tali aspetti devono essere letti in un’ottica di “abuso del diritto”, così come novellato dall’art. 10-bis della L. 27 luglio 200, n. 212 (c.d. “Statuto dei diritti del Contribuente”).

Pertanto, la qualificazione di “beneficiario effettivo”, nella visione della CTP e della più ampia giurisprudenza europea, non deve essere considerata nella sua individualità ma in connubio con una serie di altri indici suggeriti dalla Corte di Giustizia Europea all’interno delle c.d. “Sentenze Danesi”, ossia:

  • la presenza di enti (c.d. “conduit company”) che si interpongono tra la società che distribuisce il provento e l’effettivo beneficiario, al fine di evitare imposizioni alla fonte;

  • il trasferimento dei proventi dalla “conduit company” alla controllante che non potrebbe godere della Direttiva nel breve termine;

  • la qualificazione del trasferimento dei proventi quale unica attività economica svolta dall’ente interposto (c.d. “mancanza di sostanza economica”) e;

  • la mancata presenza, in capo all’ente interposto, in forza di vincoli contrattuali o legali, del potere di disporre delle somme ottenute.

Tutti questi aspetti sono richiamati in maniera breve e incisiva dalla CTP giudicante che, nel declinarli al diniego avanzato dall’Amministrazione finanziaria alla richiesta del Contribuente, non può che rilevare una mancanza di fondatezza; difatti, la società istante ha chiaramente dimostrato la struttura dell’operazione che coinvolgeva tutte le società residenti in Germania e, quindi, possibili beneficiarie della “Direttiva Madre-Figlia”.

Dalla documentazione allegata in giudizio, inoltre, si evince che i dividendi distribuiti alla società tedesca sono stati utilizzati da quest’ultima per sanare la propria esposizione debitoria nei confronti dell’ente verso cui gli stessi sono stati trasferiti. Ciò dimostra la presenza, da una parte, del potere di disporre delle somme ottenute e, dall’altra, di sostanza economica.

Il pronto soddisfacimento dell’onere della prova gravante in capo al Contribuente e la forte influenza della giurisprudenza europea hanno indotto i componenti della CTP giudicante ad accogliere i motivi della parte ricorrente, attribuendo maggiore enfasi ad una decisione della Corte di Giustizia Europea che va progressivamente consolidandosi.

(A cura di Rocco Pietro Di Vizio)


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