Diritto

I poteri di accertamento delle Direzioni regionali

di Serena Giglio

1. Premessa

Accade ormai sempre più spesso di imbattersi in Avvisi di Accertamento emessi nei confronti del contribuente da parte di Organi dell’Amministrazione finanziaria che risultano sforniti dei poteri necessari ad esercitare, appunto, l’attività di accertamento. Al bravo ed accorto difensore incombe l’obbligo di verificare, in via preliminare, tale circostanza, facendo valere, se del caso, in sede giudiziale, l’eccezione di nullità del provvedimento amministrativo emesso in carenza di potere.

2. I poteri di accertamento delle Direzioni regionali _Brevi cenni

Preliminarmente, occorre ricordare che, ai sensi dell’art. 14, 2 comma, della Carta Costituzionale “Gli accertamenti e ispezioni per motivi di sanità e di incolumità pubblica o a fini economici e fiscali sono regolati da leggi speciali…”, che ne specificano le attribuzioni ed i limiti.

A seguito dell’emanazione del D. Lgs. 30/7/1999 n. 300, istitutivo delle Agenzie delle Entrate, il successivo “Regolamento di organizzazione del Ministero delle finanze” varato con D.P.R. 26/3/2001 n. 107, all’art. 23 ha disposto l’abrogazione di “…tutte le norme relative all’amministrazione finanziaria incompatibili con le disposizioni del decreto legislativo n. 300/99 e con quelle recate dal presente regolamento e, comunque, quelle di seguito elencate…”.

Tra queste figura l’art. 62-sexies, 2° comma, del D.L. 30/8/1993 n. 331 (convertito con L. 29/10/1993 n. 427) che testualmente disponeva: “La Direzione centrale per l’accertamento e la programmazione del Dipartimento delle entrate e i servizi per l’accertamento e la programmazione delle direzioni regionali delle entrate eseguono, sulla base di piani annuali o in via straordinaria, controlli e verifiche per l’accertamento dei tributi devoluti alla competenza del Dipartimento delle entrate, avvalendosi di tutti i poteri di indagine previsti dalle singole leggi d’imposta. Le notizie, le informazioni e i dati acquisiti, nonché i risultati delle verifiche eseguite, sono comunicati agli uffici competenti ai fini dell’accertamento”.

E’ stata così abrogata la “normativa speciale” che conferiva “espressamente” (in aderenza al citato art. 14, 2° comma, della Carta costituzionale) alle Direzioni Regionali il potere di eseguire verifiche fiscali con obbligo della comunicazione dei risultati agli Uffici locali competenti per la successiva fase accertativa.

Ne consegue che – essendo venduta meno la suddetta normativa speciale recata dall’art. 62-sexies, 2° comma, del D.L. 30/8/1993 n. 331 – le Direzioni Regionali dell’Agenzia delle Entrate hanno perso la legittimazione ad eseguire in via generale, a carico dei contribuenti, controlli e verifiche da comunicare successivamente agli Uffici locali competenti.

3. L’orientamento giurisprudenziale e dottrinario sul punto

In tal senso, si è espressa, in maniera assolutamente netta e rigorosa, l’autorevole Commissione tributaria provinciale di Milano, sez. XXVI, con la sentenza n. 80 del 2 marzo 2011.

In tale sede, i Giudici di prime cure hanno contestato totalmente la ricostruzione effettuata dall’Ufficio, secondo cui, “malgrado la citata abrogazione, il potere delle Direzioni Regionali d’eseguire verifiche fiscali sarebbe comunque sussistito in forza di altre norme di carattere eminentemente amministrativo e regolamentare; in particolare in forza dell’art. 2 (Struttura organizzativa), comma 4 (organizzazione interna delle strutture di vertice e delle relative posizioni dirigenziali è stabilita con atto del direttore dell’Agenzia, previo parere del comitato direttivo) del Regolamento di amministrazione del 30/11/2000 n. 4, che rimette al direttore dell’Agenzia l’organizzazione delle strutture di vertice; ed al provvedimento n. 36122 da lui emesso il 23/02/2001. Provvedimento che, in particolare, conferisce alla DRE di Lombardia e Liguria il potere di effettuare verifiche ed altre indagini tributarie nei confronti di contribuenti”.

In proposito, i Giudici hanno dichiarato che “la citata imprescindibilità che il potere di effettuare verifiche fiscali si fondi su di una <<normativa statale speciale>> rende evidente l’impossibilità che tale potere possa trovare la sua fonte in normative di rango inferiore quali sono quelle citate dall’Ufficio”.

Peraltro – è appena il caso di aggiungere – il provvedimento direttoriale n. 36122/2001 citato dall’Ufficio nella menzionata sentenza della CTP di Milano per sostenere la correttezza del proprio operato afferma che le Direzioni regionali «esercitano funzioni di programmazione, indirizzo, coordinamento e controllo nei confronti degli uffici, curano i rapporti con gli enti pubblici locali e svolgono attività operative di particolare rilevanza nei settori della gestione dei tributi, dell’accertamento e del contenzioso»: non appare – quindi – per nulla chiaro da tale dettato normativo che le Direzioni regionali abbiano i poteri di compiere verifiche ed accertamenti, per così dire, sul campo.

Anzi, come evidenziato prontamente in dottrina, “in senso contrario depone la titolarità, in capo alle Direzioni regionali, di poteri di indirizzo, coordinamento e controllo degli Uffici delle entrate che, negli anni 2001-2008, avevano l’espressa titolarità del potere di accertamento. Pure, in senso contrario, depone la regolamentazione delle Direzioni regionali di più piccola dimensione. Infatti, lo stesso provvedimento direttoriale n. 36122/2001, con riguardo alle Direzioni regionali di Abruzzo, Calabria, Sardegna, Basilicata, Umbria, Trento e Bolzano, precisa che si è ritenuto opportuno, «per un migliore bilanciamento dei carichi di lavoro, ripartire diversamente le competenze dei due uffici del settore accertamento, accorpando in un unico ufficio le funzioni di analisi e controllo fiscale e lasciando all’altro ufficio le funzioni di governo dell’accertamento». Locuzione, quest’ultima, che chiarisce la funzione propria delle Direzioni regionali rispetto agli Uffici operativi in relazione all’attività di accertamento: «governo», e quindi indirizzo e controllo interno dell’attività operativa svolta dagli Uffici, e non attività operativa rivolta all’esterno essa stessa. Nell’attività di accertamento la Direzione regionale, quale struttura locale di vertice, è la «cinghia di trasmissione», la struttura di collegamento tra gli organi centrali e gli Uffici operativi verso l’esterno, e non è essa stessa Ufficio operativo. Conferma ulteriore proviene dal successivo art. 5 del regolamento di amministrazione dell’agenzia, il quale espressamente sancisce che le funzioni operative sono svolte dagli Uffici periferici. Infine, come argomentato nella sentenza in commento, il D.P.R. 26 marzo 2001, n. 107, che abroga espressamente i poteri di verifica e di controllo delle Direzioni regionali, è in vigore dal 27 marzo 2001, ed è quindi posteriore al provvedimento direttoriale n. 36122/2001 che dovrebbe sorreggere la legittimazione alla verifica delle Direzioni regionali” (cfr.: A. Bodrito, “Nullo l’accertamento basato sui dati acquisiti dalle Direzioni regionali prive di poteri di verifica”, in Corr. Trib. N. 28/2011).

L’impossibilità sopra evidenziata per le Direzioni Regionali di compiere accertamenti e verifiche sostituendosi alle Strutture periferiche trova ancora conferma – come sostengono ancora i giudici milanesi nella citata sentenza n. 80/2011 – “nel contenuto dell’art. 27 del D.L. 29/11/2008 n. 185 (convenite dalla Legge 28/1/2009 n. 2) che ha stabilito: <<…a decorrere dai 1>> gennaio 2009, per i contribuenti con volume d’affari, ricavi o compensi non inferiore a cento milioni di euro, le attribuzioni ed i poteri previsti dagli articoli 31 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, nonché quelli previsti dagli articoli 51 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, sono demandati alle strutture individuate con il regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle entrate di cui all’articolo 71, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300”.

E, difatti, nell’ottica del Collegio milanese, ove si accogliesse la tesi sopra esposta dall’Ufficio, l’appena menzionata “disposizione “legislativa speciale” “sarebbe <<inutiliter data>> qualora il potere di operare verifiche fiscali fosse già una specifica prerogativa delle Direzioni Regionali (in conseguenza di una altrettanto <<specifica normativa speciale>>, non sussistente)”.

Occorre, peraltro, sottolineare come la giurisprudenza di merito – non solo di primo grado ma anche di secondo grado – sia unanime nel condividere la tesi sostenuta dalla citata sentenza della CTP di Milano n. 80/2011 e nel caducare, senza neppure entrare nel merito, gli accertamenti emessi e motivati esclusivamente sulla base di PVC redatti da Organi delle Direzioni regionali in carenza di potere (cfr.: ex multis, Comm. Trib. Reg. della Puglia, sez VI, sent. 11/12/2009, n. 132; Comm. Trib. Prov. di Napoli, sez. XXIX, 31 dicembre 2010, n. 665 e 666; Comm. Trib. Prov. di Milano, sez. II, sent. 13/01/2011, n. 9; Comm. Trib. Reg. della Campania, sez. VII, 18/07/2011, n. 420; Comm. Trib. Prov. di Treviso, sez. VIII, sent. 31 agosto 2011, n. 82; Comm. Trib. Prov. di Lecce, sez. II, sent. 10/02/2012, n. 37; Comm. Trib. Prov. di Roma, sez. XLVI, sent. 01/03/2012, n. 127; Comm. Trib. Reg. di Roma, sent. 29/05/2012, n. 140/22/12).

In tal senso, peraltro, si è espressa anche la stessa Amministrazione finanziaria, con la circolare n. 13/E del 9/4/2009 dell’Agenzia delle Entrate Direzione Centrale che, al punto 2.1.2. lett. b) sub “accertamenti” testualmente recita: “A decorrere dall’1 gennaio 2009, il trasferimento alla strutture di nuova costituzione delle Direzioni Regionali delle attività di accertamento nei confronti dei grandi contribuenti… (volume d’affari, ricavi o compensi non inferiori a 100 milioni di euro)…rappresenta una delle principali novità introdotte dall’art. 27 del D.L. n. 185/2008 lett. c) del comma 14. Con riferimento invece all’accertamento relativo alle annualità in cui il contribuente non raggiunge in dichiarazione la soglia in parola la competenza resta incardinata sull’Ufficio locale territorialmente competente e ciò fino all’istituzione delle Direzioni Provinciali. In sintesi, il riferimento ai dati di dichiarazione fa si che l’attribuzione della competenza tra le Direzioni Regionali e gli Uffici locali si realizzi in via autonoma per ciascun periodo d’imposta”.

Sempre l’Ente impositore, nella circolare n. 32/E del 19 ottobre del 2006, ha chiarito che gli organi legittimati a formulare richieste di informazioni, ad effettuare accessi e verifiche sono:

i) gli Uffici centrali della Direzione centrale dell’Agenzia delle Entrate;

ii) gli Uffici locali dell’Agenzia delle Entrate;

iii) la Guardia di Finanza;

iv) le Commissioni Tributarie.

“Nell’elenco, dunque, non risulta compresa la Direzione Regionale” (cfr.: in tal senso, anche la citata sentenza della Commissione tributaria provinciale di Bari, sez. XXIII, 19 marzo 2008, n. 12, di tenore analogo alla citata sentenza della CTP di Milano, n. 80/20011).

In buona sostanza, quindi, la stessa Amministrazione Finanziaria ammette che le competenze della Direzione regionale e degli Uffici locali fossero del tutto distinte e che il potere di svolgerle nell’ambito dell’attività accertativa, di cui le ispezioni e le verifiche non sono che corollari, competesse a queste ultime; attività ora estesa alle Direzioni regionali limitatamente, però, ai grandi contribuenti.

Ad una pari conclusione, peraltro, si giungerebbe sol ponendo mente al contenuto del canone di proporzionalità (canone di rilevanza costituzionale poiché interno al principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 della Cost.), il quale “ci dice che in un sistema fiscale che prevede controlli di massa, che è espressione della sovranità popolare (art. 1, secondo comma, Cost.), sarebbe sproporzionato attribuire poteri di verifica agli organi regionali di vertice dell’Amministrazione finanziaria invece che agli Uffici operativi territoriali, che sono i più vicini ai contribuenti soggetti ai controlli. A riprova si osservi che se compariamo l’attribuzione dei poteri di verifica alla struttura regionale di vertice con l’attribuzione degli stessi poteri alla struttura periferica, dovremmo concludere quanto segue: riconoscere detti poteri alla Direzione regionale piuttosto che agli Uffici periferici può anche essere parimenti idoneo rispetto allo scopo del contrasto all’evasione, ma è più gravoso per il contribuente, che si rapporta più agevolmente con l’Ufficio periferico. Sicché è necessario interpretare le norme in modo conseguente. Infine, nel valutare il rapporto costi-benefici per l’Amministrazione, sembra potersi osservare che la migliore conoscenza del territorio propria degli Uffici operativi periferici può condurre a più efficienti risultati rispetto a quelli ottenibili con la minore conoscenza territoriale degli Uffici regionali.

Osservazioni, queste, che reggono anche di fronte all’istituzione dei cd. Uffici grandi contribuenti ai sensi dell’art. 27, comma 13, del D.L. n. 185/2008, perché la più sommaria conoscenza del territorio è qui compensata da una specifica preparazione tecnica, sotto i profili contabile e giuridico, del personale attribuito alla specifica struttura delle Direzioni regionali, in rapporto alle peculiari tecnicalità degli accertamenti relativi, appunto, ai ccdd. grandi contribuenti. Sotto quest’ultimo profilo assume rilievo anche il canone della sussidiarietà verticale, il quale vuole che il potere sia posto al livello più basso possibile dell’organizzazione rispetto al punto di applicazione, e che solo nell’ipotesi di incapacità del livello più basso esso venga attribuito al livello immediatamente superiore (cfr.: Bodrito, op. citata).

4. Conclusione

Ultima considerazione – ma non meno importante – è quella secondo cui, nella pratica, non mancano casi in cui questioni dubbie poste dal contribuente all’Ufficio periferico vengano risolte con l’intervento della Direzione regionale, anche in senso in tutto o in parte favorevole al contribuente. Anche l’organo superiore è soggetto alla legge e imparziale (art. 97 Cost.). L’attribuzione generalizzata dei poteri di verifica al livello regionale allontanerebbe non di poco questa forma di tutela dal contribuente, rendendola manifestamente, e quindi sproporzionatamente, più difficile.

In definitiva, “se si considera che l’organizzazione del pubblico potere ai fini delle verifiche vuole porre il contribuente al riparo da arbitri nella individuazione degli Uffici titolari di detto potere, vuole assicurare che il potere sia attribuito all’Ufficio in grado di esercitarlo con il minor aggravio per il contribuente che deve cooperare, e quindi al livello a lui più vicino possibile, che detta organizzazione deve rispettare il principio della riserva di legge (art. 23 Cost.), e che i pubblici Uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge (art. 97, primo comma, Cost.), si deve concludere che l’esercizio dei poteri di verifica da parte di un organo non legittimato, violando norme poste anche a tutela degli interessi del contribuente, determina la inutilizzabilità dei risultati di detta verifica per fondare l’accertamento. Sicché, se detti risultati costituiscono l’unico fondamento dell’accertamento, ne consegue la sua necessaria caducazione” (cfr.: Bodrito, op. citata).

Al bravo difensore, quindi, non può sfuggire di verificare, in via preliminare e prima di entrare nel merito del ricorso, se l’esercizio dell’attività di accertamento, da parte dell’Ufficio, sia avvenuto (o meno) in maniera corretta, nell’ambito dei poteri conferitigli ex lege, sollevando, se del caso, specifica eccezione al riguardo in sede giudiziale, che – come chiarito infra – è idonea da sola a travolgere per nullità l’intero provvedimento amministrativo.