Economia

Il rallentamento dell’economia cinese tra opportunità e rischi

(di Sabrina Polato)

Il rallentamento dell’economia cinese è ormai sotto gli occhi di tutti, osservatori e non. Dopo quasi un decennio di crescita costante a doppia cifra, il PIL cinese è cresciuto nel 2015 di “soli” 6,9 punti percentuali, facendo così registrare la peggiore performance dal 1990. Una “frenata” che non accenna ad arrestarsi, se è vero che la maggior parte degli analisti finanziari prevedono per il 2016 un’ulteriore diminuzione della crescita, con un tasso di crescita che non dovrebbe superare il + 6,3% su base annua. Si tratta di un calo in atto da ormai un quinquennio, motivato dalla volontà del Partito Comunista di avviare una nuova era dell’economia cinese: da “economia degli investimenti esteri” (la cosiddetta “fabbrica del mondo”) incentrata su produzioni manifatturiere ed esportazioni, ad un’economia di consumo, incentrata sui consumi interni. Non a caso si è utilizzato il termine “rallentamento” e non “crisi”, dal momento che tutti gli stati europei, ma anche Stati Uniti e resto del mondo, possono solamente “sognare” in questo periodo storico una crescita del PIL superiore al 6% (il Fondo Monetario Internazionale ha recentemente stimato la crescita del PIL mondiale nel 2015 in un valore compreso tra il + 3,1% ed il + 3,3%).

La Cina continua dunque a crescere ad un tasso triplo rispetto a quello degli Stati Uniti e quintuplo rispetto a quello della Germania. L’economia cinese sta rallentando per motivi strutturali ed un rallentamento di questa entità può tranquillamente essere considerato “fisiologico”, se non addirittura “pilotato”. Infatti, come accennato pocanzi, è volontà del Presidente Xi Jinping traghettare la Cina verso una nuova epoca, passando da un’economia industriale ad un’economia fondata sui servizi e sui consumi cinesi. Investire nei servizi vuol dire investire in un settore la cui produttività è sicuramente minore rispetto al mercato immobiliare ed alle grandi opere infrastrutturali, ma che permette di avere una crescita più “sostenibile” nel tempo e con meno effetti collaterali. Infatti, anni ed anni di industrializzazione e cementificazione selvaggia non hanno portato solo ad un forte arricchimento, ma hanno generato anche problemi gravi, quali l’elevatissimo tasso di inquinamento nelle città cinesi, l’impoverimento delle campagne, la forte diseguaglianza sociale, la mancanza di condizioni lavorative accettabili nelle grandi fabbriche cinesi. Come era ampiamente prevedibile, il progresso ha portato ad una maggiore consapevolezza nella forza lavoro cinese e nella popolazione povera, la quale richiede un maggior salario, turni di lavoro meno massacranti e quindi più tempo libero, una maggiore sicurezza ambientale: in poche parole, i cinesi chiedono e vogliono una migliore qualità della vita!

Se dunque il rallentamento dell’economia cinese può essere visto da alcune categorie come un rischio (in primis per gli investitori e per quelle nazioni fortemente dipendenti dall’export verso la Cina) per altri, ed in particolare per le nostre PMI italiane, la Cina deve essere ancora considerata una terra di opportunità. Non si deve infatti dimenticare che la Cina assorbe ad oggi solo il 2,7% del totale delle esportazioni italiane: le prospettive di crescita per i nostri produttori rimangono quindi invariate, poiché con una quota di mercato così limitata si può solo migliorare. Inoltre, dal giugno 2014 gli imprenditori italiani hanno a disposizione un nuovo strumento per agevolare il proprio approccio al mercato cinese: il Business Forum Italia/Cina. Si tratta di una nuova piattaforma, un foro permanente per facilitare lo scambio di informazioni, conoscenze, proposte industriali, investimenti reciproci tra operatori italiani e cinesi.

Buone prospettive di export si evidenziano per i seguenti settori del “Made in Italy”1:

  1. Macchine Utensili: macchinari per interventi ambientali, per le costruzioni, per l’automotive, per il comparto ferroviario, per le estrazioni.

  2. Prodotti e materiali per il settore sanitario e socio-assistenziale: farmaci, dispositivi ed apparecchiature di diagnosi di alto livello.

  3. Prodotti alimentari: vino, prodotti a base di cioccolato, snack salati e dolci.

  4. Prodotti tessili: comparto Moda ed Accessori (pelletteria, tessile/abbigliamento, calzature, gioelleria/bigiotteria, occhiali, accessori, cosmetici).

  5. Prodotti e materiali per la fornitura di acqua, reti fognarie, trattamento dei rifiuti: impianti per il trattamento delle acque reflue, per il trattamento di rifiuti solidi, per la riduzione dei rifiuti da emissioni di gas.

 

Note

1 Fonte: InfoMercatiEsteri – Focus Cina