Fisco Diritto tributario

Il riporto delle perdite fiscali nelle fusioni

(di Filomena Iovino)

La disciplina del riporto delle perdite nell’operazione di fusione societaria è contenuta in una parte “ad hoc” del comma 7 dell’Art.172 del Tuir, ove è previsto che “le perdite delle società che partecipano all’operazione, compresa la società incorporante, possono essere portate in diminuzione del reddito della società risultante dalla fusione o incorporante per la parte del loro ammontare che non eccede l’ammontare del rispettivo patrimonio netto, quale risulta dall’ultimo bilancio o, se inferiore, dalla situazione patrimoniale redatta ai sensi dell’art. 2501-quater del codice civile, senza tener conto dei conferimenti e versamenti fatti negli ultimi ventiquattro mesi anteriori alla data cui si riferisce la situazione stessa”.

Ciò significa che, la società risultante o incorporante può riportare nei periodi di imposta post fusione non soltanto le perdite maturate ante fusione da essa stessa, ma anche quelle maturate dalle società fuse o incorporate.

Tuttavia, le perdite fiscali, maturate dalle società partecipanti alla fusione (comprese quelle maturate dalla società incorporante), presentano tre limitazioni al riporto: i) una prima, legata alla verifica della “vitalità”; ii) una seconda, correlata all’ammontare dei patrimoni netti contabili di ciascuna delle società partecipanti alla fusione; iii) una terza, riferita alla presenza di svalutazioni delle partecipazioni con effetto fiscale.

  • Requisiti economici – test di vitalità

Condizione preliminare ed essenziale per il riporto delle perdite fiscali è la verifica del test di vitalità delle società in perdita, in quanto il mancato superamento dello stesso comporta l’impossibilità di riporto delle perdite ante fusione da parte della società risultante o incorporante. Ai fini di tale verifica è necessario che dal Conto economico delle società, le cui perdite siano riportabili, relativo all’esercizio precedente a quello in cui la fusione è stata deliberata, deve risultare un ammontare superiore al 40 per cento di quello risultante dalla media negli ultimi due esercizi anteriori[1], con riguardo a:

  • Ricavi e proventi dell’attività caratteristica, in particolare:

A1) Ricavi delle vendite e delle prestazioni;

A5) Altri ricavi e proventi;

C15) Proventi da partecipazione;

C16) Altri proventi finanziari.

  • Spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi, di cui all’Art. 2425 del Codice Civile. Relativamente alle spese del personale si devono considerare le seguenti voci:

B9a) Salari e Stipendi;

B9b) Oneri sociali.

Ai fini della verifica di vitalità gli indicatori economici da prendere in considerazione sono l’ammontare dei ricavi e dei proventi dell’attività caratteristica e delle spese per prestazioni di lavoro relativi all’intervallo che va dalla data da cui decorrono gli effetti fiscali della fusione, a quella da cui decorrono gli effetti giuridici della medesima, i quali devono essere ragguagliati ad anno, per consentire che il raffronto con la media dell’ammontare dei medesimi elementi contabili degli ultimi due esercizi precedenti sia effettuato tra dati omogenei[2].

Tuttavia, è necessario andare oltre il dettato letterale della norma e verificare che questi indicatori siano soddisfatti non solo nel periodo relativo all’esercizio che precede l’incorporazione, ma anche fino al momento in cui la fusione viene deliberata[3]. Infatti nonostante alcuni orientamenti facciano riferimento al momento della delibera, si è evidenziato che, in realtà, bisogna rifarsi al momento di efficacia giuridica dell’operazione, rappresentato dall’iscrizione dell’atto di fusione presso il Registro delle Imprese. L’obiettivo è quello di “consentire che il raffronto con la media dell’ammontare dei medesimi elementi contabili degli ultimi due esercizi precedenti sia effettivamente tra dati omogenei”[4], ragguagliando ad anno l’ammontare dei ricavi e proventi dell’attività caratteristica e delle spese per prestazioni di lavoro.

L’Art.35, comma 17, del D.L. N.223/2006 convertito nella Legge N.248/2006 ha inserito nel citato Art.172 comma 7 una specifica disposizione applicabile in caso di retrodatazione degli effetti fiscali della fusione, secondo la quale “le limitazioni del comma 7 si applicano anche al risultato negativo, determinato applicando le regole ordinarie, che si sarebbe generato in modo autonomo in capo ai soggetti che partecipano alla fusione in relazione al periodo che intercorre tra l’inizio del periodo d’imposta e la data antecedente a quella di efficacia giuridica della fusione”. Tale estensione delle limitazioni al riporto delle perdite anche alle perdite fiscali in corso di formazione nel periodo in cui si perfeziona l’operazione “deve ricondursi alla volontà del legislatore di contrastare tutte quelle operazioni elusive poste in essere al fine di realizzare un utilizzo strumentale[5]”.

Pertanto, nel caso di fusioni con effetto retroattivo anche le “perdite fiscali di periodo” delle società partecipanti a tali operazioni assumeranno rilievo ai fini della determinazione del reddito della società incorporante (o risultante dalla fusione), al pari delle perdite fiscali pregresse, nei limiti dell’ammontare del patrimonio netto e a condizione della sussistenza degli indicatori di vitalità.

Ne consegue che, le società partecipanti alla fusione, compresa la società incorporante, dovranno determinare un proprio “risultato di periodo”, relativo all’intervallo temporale che intercorre tra l’inizio del periodo di imposta e la data antecedente a quella di efficacia giuridica della fusione. L’ eventuale “perdita” sarà assoggettata, insieme alle perdite fiscali pregresse del soggetto partecipante alla fusione, alle disposizioni dell’Art.172, comma 7 del Tuir. Ciò significa che, anche in caso di retrodatazione degli effetti fiscali della fusione, ai fini della verifica del test di vitalità, l’ammontare dei ricavi e proventi caratteristici e delle spese per prestazioni di lavoro relativi a detto intervallo di tempo deve essere ragguagliato ad anno, per consentire che il raffronto con la media dell’ammontare dei medesimi elementi contabili degli ultimi due esercizi precedenti sia effettuato tra dati omogenei[6].

Al fine di evitare l’effettuazione di operazioni straordinarie esclusivamente finalizzate al subentro nel diritto della deduzione degli interessi passivi riportati in avanti, l’Art.1 della Legge Finanziaria 2008 al comma 33, lett. a) ha introdotto nel corpo dell’Art.172, comma 7 del Tuir, a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007 la previsione secondo cui “le disposizioni del presente comma si applicano anche agli interessi indeducibili oggetto di riporto in avanti di cui al comma 4 dell’Art.96”, vale a dire a quegli interessi passivi che risultano indeducibili nel periodo d’imposta di competenza e che possono essere riportati in avanti e dedotti dal reddito dei successivi periodi di imposta. In particolare, per effetto di tale previsione normativa, gli interessi passivi, potranno essere riportati in avanti dalla società risultante dalla fusione previo superamento delle medesime limitazioni stabilite dall’ordinamento fiscale con riguardo al riporto delle perdite fiscali pregresse[7].

  • Limite patrimoniale

Il patrimonio netto cui fare riferimento (c.d. “limite patrimoniale”) costituisce il limite massimo dell’ammontare delle perdite fiscali delle società partecipanti alla fusione riportabili in diminuzione del reddito della società incorporante o risultante dalla fusione. Tuttavia, il patrimonio deve essere depurato di eventuali ricapitalizzazioni (conferimenti e versamenti) effettuate negli ultimi ventiquattro mesi anteriori alla data cui si riferisce il bilancio o la situazione di fusione neutralizzando così i tentativi volti a consentire un pieno recupero delle perdite fiscali. Il limite del patrimonio netto va calcolato sulla base dell’ultimo esercizio chiuso prima della data di efficacia giuridica della fusione, ancorché il bilancio non sia stato approvato a tale data. In sintesi, la locuzione “ultimo bilancio” richiamata dal comma 7 dell’Art.172 del Tuir deve essere interpretata quale bilancio relativo all’ultimo esercizio chiuso.

  • Presenza di svalutazioni delle partecipazioni con effetto fiscale.

Un terzo limite alla riportabilità delle perdite fiscali trae origine nella presenza di svalutazioni delle partecipazioni con effetto fiscale. Ai sensi del comma 7 dell’Art.172 del Tuir, se la società ha operato una svalutazione fiscale su dette azioni o quote, le perdite fiscali della società, ancorché potenzialmente riportabili, non possono essere utilizzate in compensazione nei periodi post fusione fino a concorrenza della svalutazione a suo tempo dedotta dalla società incorporante (o dalla società partecipante alla fusione).

La norma è finalizzata ad evitare una duplicazione del beneficio fiscale, dapprima ante fusione sotto forma di svalutazione deducibile delle partecipazioni di società in perdita e, poi, post fusione, sotto forma di compensazione delle perdite fiscali della ex partecipata.

La riformulazione dell’Articolo 84 del TUIR.

In tema di riportabilità delle perdite fiscali dei soggetti Ires, è importante rilevare che l’Art.23 comma 9 del D.L. 6 luglio 2011 N.98 convertito in Legge N.111 il 15 luglio 2011 (“Manovra estiva 2011”) ha profondamente modificato l’Art.84 del Tuir.

Prima delle modifiche introdotte dal provvedimento in esame, erano consentite:

  • la compensazione delle perdite maturate in un determinato periodo d’imposta con i redditi dei periodi d’imposta successivi, ma non oltre il quinto, per l’intero importo che trova capienza nel reddito imponibile di ciascuno di essi;
  • la compensazione delle perdite realizzate nei primi tre periodi d’imposta dalle imprese di nuova costituzione con le stesse regole sopra descritte, ma senza alcun limite di tempo.

Il novellato Art. 84 del TUIR al comma 1 dispone che “la perdita di un periodo d’imposta, determinata con le stesse norme valevoli per la determinazione del reddito, può essere computata in diminuzione del reddito dei periodi d’imposta successivi in misura non superiore all’ottanta per cento del reddito imponibile di ciascuno di essi per l’intero importo che trova capienza in tale ammontare”.

La “Manovra estiva 2011” ha eliminato il limite temporale di cinque periodi di imposta e contemporaneamente ha introdotto un limite quantitativo, vale a dire il riporto delle perdite fiscali nei limiti dell’80 per cento del reddito prodotto in ogni periodo di imposta, fermo restando la riportabilità delle perdite relative ai primi tre esercizi senza limiti temporali né quantitativi (purché riferite alle imprese di nuova costituzione). Pertanto, in ciascun periodo di imposta, se la perdita ancora utilizzabile è inferiore all’80 per cento, essa è integralmente compensabile; in caso contrario, il 20 per cento del reddito sconta comunque l’Ires e l’eccedenza della perdita viene rinviata a nuovo.

Note

[1] Nel caso di una fusione relativa a società di capitali con esercizio coincidente con l’anno solare, la cui delibera avvenga nel corso del 2015, l’esercizio da assumere come termine di confronto è il 2014. La media degli indicatori economici richiamati dalla norma sarà calcolata facendo riferimento agli esercizi 2013 e 2012.

[2] Risoluzione Agenzia delle Entrate n.143/E del 10 Aprile 2008

[3] Risoluzione Agenzia delle Entrate 116/E del 24 Ottobre 2006

[4] Circolare Agenzia delle Entrate 9/E del 9 Marzo 2010

[5] Circolare Agenzia delle Entrate n.28/E del 4 agosto 2006, paragrafo 10

[6] Risoluzione Agenzia delle Entrate n.143/E del 10 Aprile 2008

[7] Circolare Agenzia delle Entrate n.12/E del 19 Febbraio 2008 (risposta 5.1)