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La Democrazia Elettronica e la partecipazione per il Digital Divide

Sommario

In una società sempre più tecnologica e connessa nella rete diventa di grande importanza il tema della democrazia elettronica, intesa come la forma di partecipazione più adeguata alle caratteristiche delle sfide e dei problemi che le istituzioni si trovano oggi ad affrontare: le interdipendenze settoriali e territoriali, i continui processi di innovazione, le più elevate aspettative da parte di cittadini ed imprese. Questo tema acquista più rilevanza anche nell’ottica di colmare il digital divide che ad oggi resta un ostacolo principale per la partecipazione di tutti i cittadini.

 

Le teorie sulla democrazia elettronica

La democrazia elettronica (e-democracy), intesa come utilizzo della tecnologia per rafforzare e aggiornare gli strumenti di partecipazione, controllo e decisione democratici, introduce una riflessione sul potenziale democratico dei nuovi media e di Internet in particolare.
Si delineano alcuni scenari che prefigurano l’impatto politico delle tecnologie informatiche sulle democrazie contemporanee[1]. Ciò che ci si chiede, in sostanza, è se la tecnologia comporti il rischio di degenerare in forme di totalitarismo elettronico oppure se possa favorire la democrazia.

Lo sviluppo tecnologico viene presentato come un rischio nell’ambito del cd. scenario big brother, in cui la diffusione delle tecnologie viene presentata come una pericolosa tendenza alla concentrazione del potere nelle mani di pochi; ed altresì, nell’ambito dello scenario cd. tecnocratico, in cui si avrebbe una politicizzazione del potere a fronte di una contemporanea professionalizzazione dell’attività decisionale, in una società in cui si registra un continuo distacco dalla cosa pubblica.

Diametralmente opposti sono gli scenari della democrazia diretta e di quella rappresentativa. Nel primo dei due il potere è esercitato, attraverso le nuove tecnologie, dalla totalità delle persone senza alcuna mediazione. Il campo di elezione della democrazia elettronica sarebbe, così, la democrazia diretta, nella sua dimensione formale (referendum) e nella sua dimensione informale (sondaggio). Secondo questa impostazione, nella rete si verrebbe a creare una nuovaagorà, in cui la partecipazione cancellerebbe la rappresentanza, nel senso che l’intervento dei cittadini renderebbe non più necessaria la presenza dei mediatori nel processo decisionale .

Una delle maggiori critiche a questo tipo di interpretazione è data dal fatto che gli strumenti resi disponibili dalle ICT non devono essere considerati solo come mezzi che rendono possibile un voto sempre più facile, rapido, frequente. Rodotà[2] sottolinea come, in questo modo, “verrebbe accolta una visione ristretta della democrazia, vista non come un processo di partecipazione dei cittadini, ma solo come una procedura di ratifica, come un perpetuo gioco del si e del no, giocato dai cittadini che tuttavia rimangono estranei alla fase preparatoria della decisione, alla formulazione delle domande alle quali dovranno rispondere. Il mutamento concettuale e politico è evidente. La democrazia diretta diventa soltanto democrazia referendaria e, all’orizzonte, compare piuttosto la democrazia plebiscitaria”.

Bobbio[3] definisce “puerile”, l’ipotesi che la futura computer-crazia consenta l’esercizio della democrazia diretta, nel senso di dare ad ogni cittadino la possibilità di trasmettere il proprio voto ad un cervello elettronico. E questo tanto se si inquadra la democrazia elettronica in una logica di tipo referendario tanto se si sposta l’accento sulla cd. sondocrazia, ossia l’uso dilagante dei sondaggi di opinione.

Il secondo scenario, invece, considera l’introduzione delle nuove tecnologie fondamentale per allargare la partecipazione politica e, quindi, per determinare un rafforzamento dei sistemi politici, mantenendo l’elemento della rappresentanza. Tra i sostenitori della introduzione delle nuove tecnologie per l’allargamento della partecipazione politica ed il rafforzamento della democraticità dei regimi politici, Vattimo[4] ha parlato della società della comunicazione come di una società davvero pluralistica, capace di liberare differenze e diversità. Analogamente, Barber ritiene che le potenzialità delle nuove tecnologie possano essere adoperate per sviluppare il dialogo democratico, sia a livello nazionale che locale, per rafforzare l’educazione civica, per garantire uguale accesso alle informazioni, per collegare individui ed istituzioni in reti di comunicazione che renderanno possibile la partecipazione a discussioni e dibattiti attraverso le grandi distanze. Le tecnologie, quindi, per la prima volta, metterebbero insieme persone che altrimenti non potrebbero comunicare.  Anche Robert Dahl[5], nel fare il punto sulle prospettive della democrazia, prende le mosse dai possibili sviluppi di una democrazia rappresentativa tecnotronica, basata sullo sviluppo delle telecomunicazioni, e suggerisce proposizioni positive tali da poter favorire l’avvento di una nuova poliarchia, che mantenga le caratteristiche autentiche di una democrazia rappresentativa, con possibilità di controllo e di ricambio di un popolo adeguatamente informati sui problemi e sul mandato che conferisce per risolverli. In attesa di possibili sviluppi di una democrazia tecnotronica, nella quale un sistema integrato dovrebbe consentire al contempo informazioni adeguate e rapide capacità di scelte relazionali, Dahl propone l’istituzione di un minipopulus: un campione di cittadini costituirebbe un organo consultivo che definirebbe, in un dato periodo, le questioni da affrontare, le proposte di soluzioni, le priorità, le modalità di attuazione. Gli orientamenti del minipopulus sarebbero, in tal modo, quelli presumibili dell’elettorato, che rimane titolare del conferimento del mandato, ma che potrebbe essere orientato da un adeguato lavoro preparatorio circa le scelte che gli verrebbero sottoposte.

La partecipazione in rete ed il Digital Divide

Nella sua ampia definizione l’e-democracy comprende elementi di delibera, discussione mediante forum mailing list, sviluppo di consulte di cittadini, possibilità di e-voting, democrazia assistita dall’utilizzo del computer, referendum deliberanti, Internetworking; ed azioni quali educazione dei cittadini, facilitazione del dialogo, ricerca del consenso.
L’e-democracy, pertanto, rappresenta l’applicazione delle ICT a sostegno della partecipazione dei cittadini ai processi democratici più propriamente politici, quindi di partecipazione alla determinazione delle scelte politiche, la cui dimensione più importante è sicuramente quella dell’accesso, che comprende in sé l’elemento fondamentale della inclusione sociale e che riguarda sia la disponibilità delle informazioni provenienti dai soggetti pubblici, sia l’accesso alla sfera pubblica in un confronto aperto fra attori sociali, politici ed istituzionali. Ad ogni livello e in ogni ambito, riguardante l’individuo in prima persona, la sua identità, o anche la possibilità di influire realmente sulle decisioni politiche, attraverso l’azione di una collettività, l’accesso alle ICT, ai flussi comunicativi che la rete riesce a costituire e a diffondere, rappresentano una condizione essenziale e costitutiva della nuova partecipazione.

La dimensione dell’accesso alla sfera pubblica è precondizione della partecipazione, del dialogo e del confronto, elementi essenziali per la formazione di opinioni e per il coinvolgimento in specifici processi decisionali. Il problema delle precondizioni della partecipazione che passa attraverso le reti telematiche va tenuto in debito conto specie per quanto riguarda le criticità che, ancora oggi, si riscontrano nella applicazione e nel corretto utilizzo delle tecnologie informatiche e telematiche. Affinché, infatti, la popolazione si senta realmente in grado di svolgere una funzione attiva nella società dell’informazione e apprenda l’importanza della partecipazione politica, considerata come qualcosa di più rispetto alla semplice partecipazione elettorale, occorre promuovere e sviluppare una forte politica di e-inclusion, tesa a superare tutti quei fenomeni di esclusione che determinano il cd. digital divide. Il termine digital divide (o divario digitale) fa riferimento alle nuove disparità determinate dalla possibilità o meno di accedere, in modo appropriato, alle tecnologie digitali e alle risorse dell’informazione e della comunicazione, specie Internet. È, dunque, questa la formula che allude alle disuguaglianze di fatto nell’accesso e nella capacità di utilizzo delle tecnologie. Divario digitale che non riguarda solo il nord e il sud del mondo, ma che si riscontra anche tra un paese e l’altro dell’Europa e all’interno di ciascuna realtà ordinamentale.

In una società in cui l’accesso alla rete si configura come uno dei diritti di base della democrazia e della cittadinanza digitale, è indispensabile avviare un processo di contrasto e superamento delle barriere che producono emarginazione. Per ridurre questo fenomeno occorre che i governi adottino una politica nazionale di corretta informazione per intensificare l’uso dell’informatica ad opera di un sempre maggior numero di utenti. A livello internazionale, si stanno già approntando politiche di cooperazione rivolte ad affrontare sia la dimensione quantitativa del  problema, che riguarda i temi dell’accesso, della dotazione infrastrutturale e dei costi, sia la dimensione qualitativa evidenziata dai deficit di capacità umane e dall’incapacità di sviluppare contenuti. Contenuti intesi come capacità, soprattutto per i paesi in via di sviluppo, di partecipare non solo come utenti e recettori di messaggi e informazioni concepiti altrove, ma anche come protagonisti nella realizzazione e diffusione di nuovi temi, culture, esigenze, previa contestualizzazione delle informazioni disponibili e superamento delle barriere linguistiche.

Nel nostro paese, il problema del divario digitale è stato affrontato a livello normativo nel codice dell’amministrazione digitale che ha previsto per i cittadini, all’art. 8, il diritto alla alfabetizzazione informatica. Si tratta, comunque, ancora, di una norma meramente programmatica e di principio, mentre manca la previsione di misure concrete che possano limitare tale fenomeno, ossia di “azioni che favoriscano coloro che non sono in possesso degli strumenti e delle conoscenze necessarie per utilizzare le tecnologie dell’informazione”).
Ulteriormente, l’applicazione delle ICT nella prospettiva di mutamento sostanziale delle forme di politica democratica deve tendere ad una socializzazione della democrazia stessa, dirigendosi verso l’accrescimento della responsabilità dei rappresentanti, la cittadinanza attiva, la comunicazione e il dibattito pubblico, piuttosto che della semplice informazione e consultazione. Da qui, la necessità di promuovere una vera e propria cultura della partecipazione politica, cominciando con il creare i presupposti perché vengano ampliati gli spazi di dialogo tra governanti e cittadini.

(A cura di Paolo Pastore)

Bibliografia

 

  1. a) Fonti dottrinarie

BOBBIO L. e POMATTO G., Deliberative Polling svoltisi in Italia nel 2006 (Lazio) e nel 2007 (Torino).

COTTURRI G., La democrazia partecipativa, in Dem. dir., 2008.

D’AVANZO W., Partecipazione, democrazia, comunicazione pubblica. Percorsi di innovazione della pubblica amministrazione digitale, Rubbettino, 2009;

D’AVANZO W. Partecipazione e democrazia. La nuova governance- www.innovazionediritto.unina.it, 2014

DAHLGREN, P. “The Internet, Public Spheres, and Political Communication: Dispersion and Deliberation”, in Political Communication, 22, pp 147-162, 2005

MARZANO F., I progetti italiani di e-democracy, cit., 15. Per indicazioni concrete v. l’interessante nota di N. Calzolari – F. Marzano, Politica, Cittadini e Tecnologie: raccomandazioni per l’e-Participation, in www.astrid-online.it, 2010

MARZANO F., Politica, Cittadini e Tecnologie: raccomandazioni per l’e-Participation, in www.astrid-online.it, 2010

PITTERI D., Democrazia elettronica, Laterza, 2007.

RODOTÀ S., Tecnopolitica, Laterza, 2004;

  1. B) sitografia

www.europa.eu.int/yourvoice/index_it.htm

www.europa.eu.int/futurum

www.innovazione.gov.it/ita/egovernment/infrastrutture/open_source_indagine.shtml

http://europa.eu.int/index_it.htm

http://europa.eu.int/comm/dgs/press_communication/index_it.htm

http://europa.eu.int/growthandjobs/index.htm

http://europa.eu.int/italia/index.jsp

http://europa.eu.int/comm/employment_social/employment_strategy/guidelines_en.htm

www.astrid-online.it

www.innovazionediritto.unina.it

[1] D’AVANZO W., Partecipazione, democrazia, comunicazione pubblica. Percorsi di innovazione della pubblica amministrazione digitale, Rubbettino, 2009

[2] RODOTÀ S., Tecnopolitica, Laterza, 2004;

[3] BOBBIO L. e POMATTO G., Deliberative Polling svoltisi in Italia nel 2006 (Lazio) e nel 2007 (Torino).

[4] D’AVANZO W. Partecipazione e democrazia. La nuova governance- www.innovazionediritto.unina.it, 2014

[5] D’AVANZO W. Partecipazione e democrazia. La nuova governance- www.innovazionediritto.unina.it, 2014


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