Fisco Diritto tributario

La rivalsa dell’Iva accertata è retroattiva

(di Debora Mirarchi)

Con il numero di marzo della Rivista[1] è stato approfondito l’ambito di applicazione e i risvolti del nuovo diritto alla rivalsa dell’IVA accertata, previsto dal novellato art. 60, comma 7, del D.P.R. n. 633/72, anche alla luce dei chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate con la circolare del 17 dicembre 2013, n. 35/E.

Giova ribadire che il vigente art. 60 del D.P.R. n. 633/72, profondamente modificato dall’art. 93 del D.L. 24 gennaio 2012 n. 1 (c.d. Decreto liberalizzazioni), afferma il diritto del cedente/prestatore di rivalersi, nei confronti del cessionario/committente, dell’imposta dovuta sulla base di avvisi di accertamento o di rettifica.

In buona sostanza, la norma citata consente al cedente/prestatore, destinatario di un avviso di accertamento in materia IVA, con cui sia stata contestata, ad esempio, l’errata applicazione dell’aliquota IVA o la non rilevanza ai fini IVA dell’operazione sottesa, di addebitare al cliente la maggiore imposta accertata.

A chiarire l’efficacia temporale della norma de qua ci ha pensato l’Agenzia delle Entrate, che con la circolare n. 35/E del 2013, ha affermato che “l’articolo 60, settimo comma, del DPR 26 ottobre 1972, n. 633, così come modificato dall’articolo 93 del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, si applica agli accertamenti divenuti definitivi successivamente alla sua entrata in vigore (24 gennaio 2012)”.

La data del 24 gennaio 2012 funge, secondo l’Agenzia delle Entrate, da spartiacque ai fini dell’applicabilità della novella: la nuova disciplina trova, infatti, applicazione soltanto per tutti gli atti impositivi divenuti definitivi dopo tale data.

A pochi mesi dall’emissione della citata circolare, la Commissione tributaria regionale di Bolzano con la sentenza n. 40/1/2014 smentisce la posizione sostenuta dalla Agenzia delle Entrate, affermando l’opposto principio in base al quale il diritto alla rivalsa dell’IVA o della maggiore IVA accertata deve trovare applicazione anche in ipotesi in cui l’eventuale atto impositivo sia divenuto definitivo prima del 24 gennaio 2012.

La questione sottoposta al giudizio dei giudici aveva ad oggetto un avviso di accertamento relativo al periodo di imposta 2007, con cui era stata contestata l’errata applicazione dell’aliquota IVA (10% anziché 20%). L’atto impositivo era, però, divenuto definitivo, per effetto dell’acquiescenza prestata dal contribuente, prima del 24 gennaio 2012.

Quest’ultimo aveva, dunque, addebitato l’IVA nei confronti del suo cliente e emesso la relativa nota di variazione. L’Ufficio, nel frattempo, aveva iscritto a ruolo i maggiori importi IVA definiti dal contribuente e da questo versati al Fisco.

Il contribuente aveva poi impugnato il predetto ruolo emesso dall’Ufficio.

L’Ufficio resisteva in giudizio opponendosi all’esercizio del diritto di rivalsa nel caso oggetto di giudizio perché l’atto impositivo era diventato definitivo prima della data fatidica del 24 gennaio 2012.

La controversia giunge sino al secondo grado innanzi ai giudici della Commissione tributaria regionale di Bolzano che, ponendosi in netta antitesi con l’interpretazione fornita dall’Agenzia delle Entrate, ha affermato che il diritto di rivalersi della maggiore Iva accertata deve ritenersi applicabile in via retroattiva anche in ipotesi in cui la definitività dell’atto sia da collocarsi temporalmente prima del 24 gennaio 2012.

La motivazione posta a fondamento del decisum risiede, secondo i giudici, nella naturale retroattività insita nella norma dovuta al principio del favor rei.

I giudici, dopo aver ricordato che la novella normativa è stata dettata dalla necessità di chiudere la procedura di infrazione n. 2011/4081, instaurata dalla Commissione europea nei confronti dell’Italia, hanno ritenuto che il principio del favor rei, fosse applicabile anche alle ipotesi disciplinate dall’articolo in parola e dovesse ritenersi prevalente tanto da giustificare l’applicabilità della norma in via retroattiva.

Secondo i giudici della Commissione, quindi, non è il principio di neutralità dell’Iva a legittimare l’applicazione retroattiva ma un altro e ben diverso (per presupposti ed effetti) principio del favor rei.

Pur non potendosi considerare risolutiva sul punto è indubbio che alla citata sentenza deve riconoscersi il coraggio di aver affermato il diritto di rivalsa anche a discapito dell’esigenza, da sempre anteposta ad opposti interessi, di garantire in termini di certezza i rapporti giuridici sorti.

[1] Sul punto D. Mirarchi, La rivalsa dell’IVA accertata, in in Economia e Diritto, Novembre 2013. in Economia e Diritto, Novembre 2013.EconomiaeDiritto, Marzo 2014