Diritto

La sindrome del burnout

di Sonia Cecchini

La diffusione degli strumenti informatici sottopone le strutture organizzative a pressioni esterne, obbligandole a continui e repentini cambiamenti in termini di riorganizzazione, assieme a un eccessiva attenzione per i valori  economici, a scapito dei valori umani.

In questo clima si assiste a una perdita delle competitività, alla necessità delle aziende di far fronte ai continui cambiamenti dell’ambiente e a una situazione di profonda crisi, con la conseguente perdita di valore aggiunto rappresentato dai lavoratori.

In questo scenario si pongono le basi per l’insorgere del burnout, costituito da quel complesso di sintomi ravvisabili nel logoramento, esaurimento fisico ed emotivo, depressione, depersonalizzazione  e mancanza di autostima.

Risulta opportuno precisare che il buonout, non rappresenta un problema riconducibile all’individuo, ma trova il suo sviluppo all’interno del contesto lavorativo.

Inoltre il burnout non va confuso con lo stress, benchè il limes tra i due termini porti a pensare il contrario, per la forte affinità: il burnout rappresenta un fenomeno psicosociale, mentre lo stress rappresenta un fenomeno individuale.

Le cause riconducibile al burnout sono da ricercarsi nella mancanza di una adeguata organizzazione, connessa a un mancato,  corretto funzionamento della stessa, nella mancanza di meritocrazia e capacità di innovarsi.

Ma l’aspetto che fa più riflettere, in una società moderna dove viene continuamento enfatizzata l’importanza della comunicazione e l’interscambio relazionale, è che tra le cause del burnout ci sia proprio la mancanza di chiarezza nel trasferimento di informazioni tra le unità organizzative, all’interno delle aziende.

La complessità delle strutture e delle procedure all’interno delle aziende, non favoriscono ne la comunicazione top down ossia dall’alto verso il basso, ne la comunicazione botton up, il feedback, e quindi il passaggio dell’informazione dal basso verso l’alto.

Una corretta comunicazione risulta necessaria per un ottimale funzionamento delle organizzazioni, perché permette di effettuare scelte strategiche, valorizzando il capitale umano, così anche una leadership in grado di far emergere le potenzialità e le capacità del lavoratore, permette all’azienda di riuscire ad essere competitiva, in un mercato fortemente concorrenziale.

In passato la comunicazione era basata sul trasferimento di informazioni strettamente necessarie e limitate esclusivamente alla tipologia di lavoro, che il lavoratore era chiamato ad eseguire, in quanto il lavoratore veniva considerato come parte integrante di  una macchina o un ingranaggio della stessa,  privo di una propria identità; basti pensare  alle leggi degli anni 50-60 sulla sicurezza, applicate solo all’ambiente di lavoro, e che garantivano una tutela scevra dal riconoscere una tutela soggettiva al lavoratore.

Oggi al lavoratore viene riconosciuta tutela e dignità, in riferimento al suo ruolo nel contesto aziendale, grazie alla riorganizzazione della normativa di riferimento sulla sicurezza Testo unico D.lgs 81/2008 e successive integrazioni.

L’Italia sembra non percepire la portata del burnout, a causa di una certa superficialità, da parte delle aziende, che non trovano alcun interesse di natura economica, nel considerare tale fenomeno,  ma  sopratutto per il timore che il lavoratore possa avanzare pretese. chiedendo permessi, riduzioni di orario o aspettative.

Un lavoratore privo di stimoli, emarginato dal gruppo di lavoro, senza occasione di crescita professionale, è destinato ad essere colpito dal burnout con conseguenze degenerative.

L’azienda in un quadro di lean organizartion deve attuare strategie di knowledge management, costruire un sistema adeguato, in modo da canalizzare la grande quantita di informazioni in modo coerente,coinvolgendo le risorse, incoraggiando la condivisione e l’innovazione.

In questo modo si riuscirà a tenere sotto controllo il burnout, fenomeno apparentemente silente ma che mostra in realtà i suoi effetti di complessa gestibilità.