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L’udienza in conferenza video e/o audio nell’ambito del diritto europeo ed internazionale. Spunti per un’analisi della disciplina della nuova udienza “da remoto” nel decreto “Cura Italia”

1) L’attuale emergenza sanitaria (mondiale) da “coronavirus” ha indotto il Governo Conte ad introdurre, in materia di giustizia civile, tributaria e militare, una nuova tipologia di udienza cosiddetta “da remoto” al duplice scopo di evitare gli assembramenti nelle aule di tribunale, da un lato, e contenere gli effetti negativi dell’epidemia «sullo svolgimento dell’attività giudiziaria, per il periodo compreso tra il 16 aprile e il 30 giugno 2020», dall’altro.

L’art. 83 del d.l. 17 marzo 2020 n. 18, recante le «misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19», ha, infatti, stabilito, al comma 7°, lett. f), che «per assicurare le finalità di cui al comma 6, i capi degli uffici giudiziari possono adottare … la previsione dello svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia».

Si tratta, come evidente, di una norma adottata in pieno stato d’emergenza e, soprattutto, in via del tutto sperimentale.

Tant’è vero che non c’è stato (né ci sarà, salvo modifiche in sede di conversione) neanche il tempo di effettuare un preliminare (piuttosto opportuno) “collaudo” (sulla falsa riga di quanto accaduto per il processo telematico) e, soprattutto, di formare gli operatori (magistrati, personale di cancelleria ed avvocati) chiamati all’applicazione concreta.

2) L’udienza “da remoto” non rappresenta, però, un inedito assoluto per l’ordinamento italiano.

Negli anni l’Italia ha recepito (talvolta con eccessiva – ed incomprensibile – lentezza) una serie di norme internazionali e, in conseguenza, adattato quelle domestiche contrastanti.

L’udienza in “videoconferenza” o “teleconferenza” è uno strumento ampiamente previsto e raccomandato dai trattati e dalle convenzioni internazionali.

Uno dei primi riferimenti ai «procedimenti audiovisivi» (annoverati «tra i mezzi di protezione» dei testimoni) è contenuto nella risoluzione del Consiglio dell’Unione europea, datata 23 novembre 1995, relativa alla protezione dei testimoni nella lotta contro la criminalità organizzata internazionale.

La lett. a) della predetta risoluzione ha, infatti, prescritto, al n. 8, che «tra i mezzi di protezione da prendere in considerazione può figurare la possibilità di deporre in luogo diverso da quello in cui si trova la persona inquisita, ricorrendo se necessario a procedimenti audiovisivi».

3) Successivamente, la Convenzione relativa all’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell’Unione europea, resa conforme con atto del Consiglio dell’Unione europea datato 29 maggio 2000, ha sdoganato, agli artt. 10 e 11, rispettivamente, la possibilità di «audizione mediante videoconferenza» e di «audizione dei testimoni e dei periti mediante conferenza telefonica».

Tale Convenzione è stata ratificata in Italia soltanto nel 2016 (con un ritardo di ben 16 anni!) attraverso la l. 21 luglio 2016 n. 149, recante la «ratifica ed esecuzione della Convenzione relativa all’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell’Unione europea, fatta a Bruxelles il 29 maggio 2000, e delega al Governo per la sua attuazione. Delega al Governo per la riforma del libro XI del codice di procedura penale. Modifiche alle disposizioni in materia di estradizione per l’estero: termine per la consegna e durata massima delle misure coercitive».

L’art. 3 (intitolato «delega al Governo per l’attuazione della Convenzione») ha disposto, al comma 1°, che «il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti la compiuta attuazione della Convenzione, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi: … d) previsione di forme specifiche di assistenza giudiziaria, relativamente alla disciplina delle condizioni per la restituzione di cose pertinenti al reato conformemente a quanto previsto dall’articolo 8 della Convenzione nonché relativamente alle procedure per consentire il trasferimento di persone detenute a fini investigativi, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, della Convenzione; previsione della disciplina dell’efficacia processuale delle audizioni compiute mediante videoconferenza secondo quanto previsto dal titolo II della Convenzione, anche tenuto conto di quanto previsto dall’articolo 205-ter delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271; previsione della possibilità per la polizia giudiziaria o per il pubblico ministero di ritardare od omettere provvedimenti di propria competenza in caso di indagini riguardanti delitti per i quali è prevista l’estradizione o quando appare necessario ai fini della cattura dei responsabili».

Dapprima, il d.l.vo 5 aprile 2017 n. 52, recante le «norme di attuazione della Convenzione relativa all’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell’Unione europea, fatta a Bruxelles il 29 maggio 2000», ha disciplinato, con gli artt. 13, 14 e 15, rispettivamente l’«audizione mediante videoconferenza richiesta da uno Stato Parte», la «richiesta di audizione mediante videoconferenza in uno Stato Parte» e l’«audizione dei testimoni e dei periti mediante conferenza telefonica richiesta da uno Stato Parte».

Poi, il d.l.vo 3 ottobre 2017 n. 149, recante le «disposizioni di modifica del Libro XI del Codice di procedura penale in materia di rapporti giurisdizionali con autorità straniere», ha inciso direttamente il corpus processuale penale, inserendo gli artt. 726 quinquies, intitolato «audizione mediante videoconferenza o altra trasmissione audiovisiva», e 729 quater, intitolato «audizione mediante videoconferenza o altra trasmissione audiovisiva».

4) Sempre in campo europeo, va segnalato il Secondo Protocollo addizionale alla Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale, datato 8 novembre 2001.

Conformemente ai succitati artt. 10 e 11 della Convenzione relativa all’assistenza giudiziaria in materia penale, gli artt. 9 e 10 hanno previsto, rispettivamente, l’«audizione mediante videoconferenza» e l’«audizione mediante conferenza telefonica».

Mantenendo intatta la “tradizione” (non certo edificante) descritta supra, l’Italia ha ratificato il mentovato Protocollo addizionale nel 2019 – al compimento del suo diciottesimo compleanno – con la l. 24 luglio 2019 n. 88, recante la «ratifica ed esecuzione dei seguenti Protocolli: a) Secondo Protocollo addizionale alla Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale, fatto a Strasburgo l’8 novembre 2001; b) Terzo Protocollo addizionale alla Convenzione europea di estradizione, fatto a Strasburgo il 10 novembre 2010; c) Quarto Protocollo addizionale alla Convenzione europea di estradizione, fatto a Vienna il 20 settembre 2012».

5) Infine, la direttiva 2014/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, datata 3 aprile 2014, relativa all’ordine europeo di indagine penale.

I relativi artt. 24 e 25 hanno delineato, rispettivamente, l’«audizione mediante videoconferenza o altra trasmissione audiovisiva» e l’«audizione mediante teleconferenza».

6) In ambito internazionale, nel 2001, l’Italia ha dato corso all’«Accordo tra Italia e Svizzera che completa la Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959 e ne agevola l’applicazione, fatto a Roma il 10 settembre 1998» tramite la l. 5 ottobre 2001 n. 367, recante la «ratifica ed esecuzione dell’Accordo tra Italia e Svizzera che completa la Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959 e ne agevola l’applicazione, fatto a Roma il 10 settembre 1998, nonché conseguenti modifiche al codice penale ed al codice di procedura penale».

L’art. 16 della l.u.c. ha immesso, «dopo l’articolo 205 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271», l’art. 205 ter (intitolato «partecipazione al processo a distanza per l’imputato detenuto all’estero»), secondo cui «la partecipazione all’udienza dell’imputato detenuto all’estero, che non possa essere trasferito in Italia, ha luogo attraverso il collegamento audiovisivo, quando previsto da accordi internazionali e secondo la disciplina in essi contenuta. Per quanto non espressamente disciplinato dagli accordi internazionali, si applica la disposizione dell’articolo 146-bis» (comma 1°), «non può procedersi a collegamento audiovisivo se lo Stato estero non assicura la possibilità di presenza del difensore o di un sostituto nel luogo in cui viene assunto l’atto e se quest’ultimo non ha possibilità di colloquiare riservatamente con il suo assistito» (comma 2°), «la detenzione dell’imputato all’estero non può comportare la sospensione o il differimento dell’udienza quando è possibile la partecipazione all’udienza in collegamento audiovisivo, nei casi in cui l’imputato non dà il consenso o rifiuta di assistere. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni di cui all’articolo 420-ter del codice» (comma 4°) e «la partecipazione all’udienza attraverso il collegamento audiovisivo del testimone o del perito si svolge secondo le modalità e i presupposti previsti dagli accordi internazionali. Per quanto non espressamente disciplinato, si applica, in quanto compatibile, la disposizione dell’articolo 147-bis» (comma 5°).

Agli effetti del successivo art. 17, comma 1°, dopo l’art. 384 c.p. è stato aggiunto l’art. 384 bis onde consentire la «punibilità dei fatti commessi in collegamento audiovisivo nel corso di una rogatoria dall’estero» («i delitti di cui agli articoli 366, 367, 368, 369, 371-bis, 372 e 373, commessi in occasione di un collegamento audiovisivo nel corso di una rogatoria all’estero, si considerano commessi nel territorio dello Stato e sono puniti secondo la legge italiana»).

7) Per mera completezza espositiva, è appena il caso di ricordare anche le altre ipotesi di partecipazione all’udienza penale cosiddetta “a distanza”, introdotte dal d.l. 8 giugno 1992 n. 306, recante le «modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa», convertito, con modificazioni, nella l. 7 agosto 1992 n. 356, dalla l. 7 gennaio 1998 n. 11, recante la «disciplina della partecipazione al procedimento penale a distanza e dell’esame in dibattimento dei collaboratori di giustizia, nonché modifica della competenza sui reclami in tema di articolo 41-bis dell’ordinamento penitenziario», e dal d.l. 24 novembre 2000 n. 341, recante le «disposizioni urgenti per l’efficacia e l’efficienza dell’Amministrazione della giustizia», convertito, con modificazioni, nella l. 19 gennaio 2001 n. 4.

L’art. 45 bis – «dopo l’articolo 45 delle norme di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale» – in ordine alla «partecipazione al procedimento in camera di consiglio a distanza».

L’art. 134 bis – «dopo l’articolo 134 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale» – in ordine alla «partecipazione a distanza nel giudizio abbreviato».

L’art. 146 bis – «dopo l’articolo 146 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale» – in ordine alla «partecipazione al dibattimento a distanza».

E l’art. 147 bis – «dopo l’articolo 147 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271» – in ordine all’«esame degli operatori sotto copertura, delle persone che collaborano con la giustizia e degli imputati di reato connesso».

8) Ancora, nel 2009, la l. 16 marzo 2009 n. 25 ha portato la «ratifica ed esecuzione dei seguenti atti internazionali: a) Strumento così come contemplato dall’articolo 3(2) dell’Accordo di estradizione tra gli Stati Uniti d’America e l’Unione europea firmato il 25 giugno 2003, in relazione all’applicazione del Trattato di estradizione tra il Governo degli Stati Uniti d’America e il Governo della Repubblica italiana firmato il 13 ottobre 1983, fatto a Roma il 3 maggio 2006; b) Strumento così come contemplato dall’articolo 3(2) dell’Accordo sulla mutua assistenza giudiziaria tra gli Stati Uniti d’America e l’Unione europea firmato il 25 giugno 2003, in relazione all’applicazione del Trattato tra gli Stati Uniti d’America e la Repubblica italiana sulla mutua assistenza in materia penale firmato il 9 novembre 1982, fatto a Roma il 3 maggio 2006».

In particolare, l’allegato «Trattato tra gli Stati Uniti d’America e la Repubblica Italiana di mutua assistenza giudiziaria in materia penale» ha dettato, all’art. 18 quater, le modalità operative del «collegamento in videoconferenza».

9) Al di fuori della materia penale, preme rammentare il regolamento n. 1206/2001 del Consiglio dell’Unione europea, datato 28 maggio 2001, relativo alla cooperazione fra le autorità giudiziarie degli Stati membri nel settore dell’assunzione delle prove in materia civile o commerciale.

Trattasi di regolamento applicabile in materia civile o commerciale (art. 1, paragr. 1) allorché, conformemente alle disposizioni della propria legislazione, l’autorità giudiziaria di uno Stato membro chieda: a) che l’autorità giudiziaria competente di un altro Stato membro proceda all’assunzione delle prove, o b) di procedere direttamente essa stessa all’assunzione delle prove in un altro Stato membro.

Non sono ammesse istanze volte ad ottenere prove che non siano destinate ad essere utilizzate in procedimenti giudiziari pendenti o previsti (paragr. 2).

Gli artt. da 10 a 16 del regolamento citato riguardano l’assunzione delle prove da parte dell’autorità giudiziaria richiesta.

Ai sensi dell’art. 10, paragr. 4, l’autorità giudiziaria richiedente ha la facoltà di chiedere all’autorità giudiziaria richiesta di avvalersi delle tecnologie di comunicazione moderne per l’esecuzione dell’assunzione delle prove, quali la videoconferenza e la teleconferenza.

L’autorità giudiziaria richiesta ottempera a tale istanza salvo qualora questa sia incompatibile con le leggi del suo Stato membro ovvero sussistano notevoli difficoltà di ordine pratico.

A giudizio della Corte di Giustizia Europea (sez. I, sent. 6 settembre 2012, causa C-170/11), «l’ambito di applicazione ratione materiae del regolamento n. 1206/2001, come definito dal suddetto articolo e risultante dal sistema di tale regolamento, è limitato ai due metodi di assunzione delle prove, vale a dire, da un lato, l’esecuzione di un’assunzione delle prove da parte dell’autorità giudiziaria richiesta ai sensi degli articoli 10-16 del suddetto regolamento in seguito ad una domanda dell’autorità giudiziaria richiedente di uno Stato membro e, dall’altro, l’esecuzione diretta di una siffatta assunzione di prove, le cui modalità sono determinate dall’articolo 17 dello stesso regolamento, da parte dell’autorità giudiziaria richiedente in un altro Stato membro. Per contro, il regolamento n. 1206/2001 non contiene alcuna disposizione che disciplini o escluda la possibilità, per l’autorità giudiziaria di uno Stato membro, di citare a comparire e a rendere testimonianza direttamente al suo cospetto una parte residente in un altro Stato membro».

Con la conseguenza che «il regolamento n. 1206/2001 è applicabile, in linea di principio, solo nell’ipotesi in cui l’autorità giudiziaria di uno Stato membro decida di procedere all’assunzione delle prove tramite uno dei due metodi previsti da tale regolamento, ipotesi in cui è tenuta a seguire le procedure relative agli stessi».

10) Da ultimo, giova sottolineare che l’udienza in videoconferenza risulta pienamente compatibile anche con le disposizioni della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo.

In special modo, con l’art. 6 secondo cui «ogni persona ha diritto ad un’equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole, davanti a un tribunale indipendente e imparziale, al fine della determinazione della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta» (paragr. 1) ed «ogni accusato ha segnatamente diritto a: essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in un modo dettagliato, della natura e dei motivi dell’accusa elevata a suo carico; disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie per preparare la sua difesa; difendersi da sé o avere l’assistenza di un difensore di propria scelta e, se non ha i mezzi per ricompensare un difensore, poter essere assistito gratuitamente da un avvocato d’ufficio quando lo esigano gli interessi della giustizia; interrogare o far interrogare i testimoni a carico ed ottenere la convocazione e l’interrogazione dei testimoni a discarico nelle stesse condizioni dei testimoni a carico; farsi assistere gratuitamente da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nell’udienza» (paragr. 3).

Al riguardo, la Corte europea dei Diritti dell’Uomo (sent. 5 ottobre 2006, ricorso n. 45106/04) ha ritenuto che la partecipazione di un soggetto, imputato in procedimento di natura penale, alle udienze mediante videoconferenza persegue «scopi legittimi rispetto alla Convenzione, ossia la difesa dell’ordine pubblico, la prevenzione del crimine, la tutela dei diritti alla vita, alla libertà ed alla sicurezza dei testimoni e delle vittime, nonché il rispetto dell’esigenza del “tempo ragionevole” di durata dei processi giudiziari».

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