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Rassegna sulla tassazione e contribuzione nel lavoro dipendente: parte seconda

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1 – Premesse – Principi informatori 

1.2 – Le nozioni di tributo e contributo

Volendo premettere qualche breve considerazione, di natura preliminare e generale, anche ai fini di un migliore inquadramento sistematico di quanto verrò esponendo nel prosieguo di questo lavoro, mi preme richiamare i concetti tecnico-giuridici di tributo e contributo.

In questo senso, premesso che nel diritto tributario occorre in realtà distinguere propriamente tra i concetti di tributo, imposta, tassa e contributo, per il profilo che qui interessa va subito precisato che le entrate tributarie connesse al finanziamento della spesa pubblica sono le imposte, le quali si caratterizzano per la circostanza che il loro presupposto è un fatto posto in essere dal soggetto passivo, senza alcuna relazione specifica con una determinata attività dell’ente pubblico … (ad es., il conseguimento di un reddito …).

Anche in campo fiscale si profila, dunque, una nozione di contributo (secondo una terminologia che, peraltro, vorrei invece riservare, d’ora in poi, al solo fronte previdenziale), parlandosi, al riguardo di una particolare fattispecie di tributo,  avente come presupposto un arricchimento, che determinate categorie di soggetti ritraggono dall’esecuzione di un’opera pubblica destinata, di per sé, alla collettività in modo indistinto: siamo, come si vede, ben lontani dall’accezione del termine quale utilizzata sul piano del sistema previdenziale e assistenziale, sulla quale mi soffermerò più avanti.

In ogni caso, indipendentemente da ogni classificazione legale e/o concettuale, giova qui ricordare che, a norma della Costituzione, “nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge” (art. 23), che, d’altro canto, “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva” e che, come principio generale, “il sistema tributario è informato a criteri di progressività” (art. 53).

Sotto questo profilo, sempre nel panorama costituzionale, occorre tener presente, per quanto interessa in questa sede, che le classificazioni viste non rilevano ai fini dell’individuazione dell’effettiva portata del precetto di cui all’art. 53: questa norma connette, infatti, alla capacità contributiva tutte le prestazioni astrattamente – e concretamente – idonee a concorrere alla spesa pubblica, a prescindere, dunque, dalla qualificazione della prestazione come tributaria in senso proprio.

Se l’imposizione tributaria si caratterizza per lo scopo di finanziamento della spesa pubblica in generale, l’imposizione contributiva è destinata al finanziamento del sistema previdenziale, il quale, a sua volta, attinge risorse attraverso l’apporto della finanza statale (ordinaria e/o straordinaria), nell’ottica di fondo di una possibile stabilizzazione del rapporto tra la stessa spesa previdenziale e il prodotto interno lordo.

In Italia, come noto, anche in relazione alla circostanza che i primi approcci di tutela previdenziale sono stati sempre rivolti alla categoria del lavoro subordinato, il finanziamento della relativa forma di assicurazione sociale è parzialmente a carico di entrambe le categorie interessate, quanto meno come attori principali del mondo del lavoro: datori di lavoro e lavoratori.

Anche se la consolidata e specifica forma di finanziamento come sopra individuata si caratterizza nel prelievo contributivo a carico della produzione, rapportato alla massa salariale, si assiste oggi – come già accennato – oltre al maggior ricorso alla fiscalità generale, al finanziamento, “palese” o “occulto” (anticipazioni di tesoreria), da parte dello Stato.

In questi termini, peraltro, ho semplificato e riassunto i concetti principali. Non bisogna, infatti, dimenticare che il finanziamento della previdenza sociale trova, innanzitutto, dignità costituzionale, laddove vengono affermati i principi per cui, tra l’altro, “i lavoratori hanno diritto a che siano provveduti mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria”  e per cui “ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato” (art. 38, commi 2 e 4).

Premessi questi brevi cenni, che saranno in parte richiamati e approfonditi, ove necessario, va detto che, in ragione di alcuni caratteri dell’obbligazione contributiva – soprattutto nei termini di una corrispettività mediata della prestazione e della circostanza che essa nasce ex lege, anche in funzione di un pubblico interesse, indipendente ed avulso da quello delle categorie interessate – non è mancato chi ha proposto la qualificazione giuridica dei contributi come tributi imposti dalla legge. A ciò si è obiettato, peraltro, che l’obbligazione contributiva determina un vantaggio specifico, particolare ed individuale, diverso e distinto da quello della collettività.

In ogni caso, costituendo il diritto tributario e il diritto previdenziale settori specifici e strutturalmente autonomi dell’ordinamento giuridico, anche se scarsamente omogenei, vale il principio per cui, in carenza di disciplina particolare, per l’esistenza di lacune normative, l’integrazione può attuarsi attraverso il ricorso all’estensione analogica di altri settori. Per ciò che concerne la materia oggetto del presente lavoro, tale operazione interpretativa viene ampiamente attuata – prevalentemente – attraverso l’applicazione di criteri definitori del diritto civile e, in particolare, del diritto del lavoro.

(Continua nella terza parte parte)

(A cura dell’Avv. Pasquale Dui)


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a cura del Centro Studi di Economia e Diritto – Ce.S.E.D. Via Padova, 5 – 20025 Legnano (MI) – C.F. 92044830153 – ISSN 2282-3964 Testata registrata presso il Tribunale di Milano al n. 92 del 26 marzo 2013
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