Diritto

Reclamo, mediazione ed accertamento con adesione: tra piena compatibilità e profili di incostituzionalità

di Francesco Zappia

Dalla data del 1° aprile 2012 la tutela del contribuente, per gli atti impositivi emessi dall’Agenzia delle Entrate ed il cui valore non superi l’importo di euro ventimila, è in via esclusiva demandata all’art. 17-bis del D.Lgs. 546/92 (introdotto con l’art. 39 del D.L. n. 98 del 6 luglio 2011) rubricato “Il reclamo e la mediazione”,  il quale al comma 1) recita: “Per le controversie di valore non superiore a ventimila euro, relative ad atti emessi dall’Agenzia delle entrate, chi intende proporre ricorso è tenuto preliminarmente a presentare reclamo secondo le disposizioni seguenti ed è esclusa la conciliazione giudiziale di cui all’art. 48”.

Senza entrare nel merito delle indicazioni contenute nei commi successivi al primo, che sanciscono condizioni e termini dell’attivazione del procedimento in commento, va certamente sottolineato che sin da subito il procedimento di reclamo, agli occhi della dottrina, ha assunto la sua forte connotazione di strumento risolutivo delle controversie in sede amministrativa, dando impulso al procedimento di mediazione tra contribuente e Amministrazione finanziaria e, dunque, sancendo l’obbligo delle parti di “tentare” la soluzione di controversie suscettibili di essere concordate in sede precontenziosa.

Al di là degli aspetti critici più commentati dalla dottrina maggioritaria, la quale si è espressa anche in ordine a possibili profili di incostituzionalità dell’istituto di cui al citato art. 17 bis (tra cui la violazione del principio di uguaglianza e ragionevolezza e la violazione del diritto di difesa rispettivamente ordinati dagli artt. 3 e 24 della Costituzione), è più volte risaltato all’attenzione il rapporto tra l’istituto del reclamo e la fase di accertamento con adesione esperibile con istanza del contribuente, laddove l’istaurazione della seconda risulti alternativa rispetto al diritto/dovere  di dare impulso al reclamo stesso.

In ordine alla discussa armonizzazione dei due istituti, la possibilità che si è presentata al contribuente, destinatario di un atto impositivo il cui valore della sola imposta accertata fosse limitato ad un importo inferiore ad euro ventimila, è stata individuata in una fase eventuale consistente nel diritto del contribuente di presentare, subito dopo il ricevimento dell’atto, l’istanza di accertamento con adesione per poi, in caso di esito negativo del contraddittorio, procedere con la formulazione del reclamo.

A tal proposito è doveroso aprire uno spaccato sulle disposizioni contenute nel D.Lgs. 218/1997 ed, in particolar modo, dall’art. 6 rubricato “Istanza del contribuente”  che al comma 1) dispone che “Il contribuente nei cui confronti sono stati effettuati accessi, ispezioni  o  verifiche  ai  sensi  degli articoli 33 del decreto del Presidente  della Repubblica  29  settembre  1973,  n. 600, e 52 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, puo’ chiedere  all’ufficio,  con  apposita  istanza  in  carta  libera, la formulazione  della  proposta  di accertamento ai fini dell’eventuale definizione”; ed al comma 2) dispone che “Il contribuente nei cui confronti sia stato notificato avviso di accertamento  o  di  rettifica,  non  preceduto  dall’invito  di  cui all’articolo   5,   puo’   formulare  anteriormente  all’impugnazione dell’atto  innanzi  la commissione tributaria provinciale, istanza in carta  libera  di  accertamento  con  adesione”.

Il richiamato art. 5 dello stesso Decreto dispone che “L’ufficio invia al contribuente un invito a comparire, nel quale sono indicati: a) i periodi di imposta suscettibili di accertamento; b) il  giorno  e  il  luogo  della  comparizione  per  definire l’accertamento con adesione…”

Dunque, tranne nei casi in cui il contribuente abbia già ricevuto, prima della notifica dell’atto impositivo, il c.d. invito a comparire emesso in ossequio all’art. 5 del D.Lgs. 218/1997, la presentazione dell’istanza di accertamento con adesione è comunque una possibilità concessa al contribuente il quale evidentemente si è visto negare l’attivazione del preventivo contraddittorio riconosciuto come un preciso obbligo dalla previsione degli anzidetti artt. 5 e 6 del D.Lgs. 218/97.

Non vi è dubbio che il disposto di cui all’art. 17 – bis del D.Lgs. 546/92 non abbia mai fortemente sollevato aspetti di incompatibilità con l’istituto dell’accertamento con adesione, sventando la più volte ipotizzata “sovrapposizione” delle possibilità di contraddittorio possibili al contribuente ove si trovi nel diritto sia di dare impulso alla fase dell’accertamento con adesione, sia di procedere con la presentazione del reclamo.

Pertanto, risolte le perplessità integranti le ipotesi di sovrapposizione dei due istituti in commento e per tornare ai più forti dubbi che, comunque, permangono sulla convivenza degli stessi dopo l’entrata in vigore dell’art. 17 – bis del D.Lgs. 546/92, non si può certo tralasciare che, da un punto di vista dei profili di incostituzionalità ravvisabili, vi è la probabile violazione dell’art. 111 della Costituzione che sancisce l’esercizio della giurisdizione secondo le regole del giusto processo, messo a rischio dalla “dilatazione” dei termini che intercorrerebbero tra la notificazione dell’atto impugnabile (entro 60 giorni dalla stessa notifica) ed il ricorso alla sede giurisdizionale competente per la soluzione della controversia qualora il contribuente abbia dato impulso sia alla fase di accertamento con adesione sia alla fase di mediazione (intervenendo eventualmente anche il beneficio della sospensione feriale dei termini processuali); con conseguente mancata conformità con l’aspettativa di vedere definita in tempi ragionevoli la controversia in sede giurisdizionale. In particolare va citata la Commissione Tributaria Provinciale di Campobasso, la quale, con ordinanza n.75/2/13 ha ritenuto manifestamente fondata la questione di legittimità costituzionale dell’istituto di reclamo così rimettendo gli atti alla Corte Costituzionale anche per il profilo di violazione dell’art. 111 della Costituzione. Scrive in proposito: “Invero, premesso che, come si è già detto, l’istituto di reclamo è compatibile con l’accertamento con adesione, e tenuto conto della eventuale sospensione dei termini feriali applicabile al predetto accertamento con adesione, può verificarsi che, in caso di preventiva richiesta di accertamento con adesione, il termine di 90 giorni (previsto dall’art. 6 D.Lgs. 218/97), al quale può sommarsi il termine di gg. 45 per la sospensione feriale, si potrà ulteriormente sommare al termine di giorni 60 previsto per il reclamo, al quale potrà aggiungersi – in caso di silenzio dell’A.F. sul reclamo – l’ulteriore termine di giorni 90, per un totale di giorni 285, ovvero oltre nove mesi (senza contare il termine di giorni trenta per la costituzione del ricorrente ex art. 22 richiamato dall’art. 17 bis cit), si che il processo tributario potrebbe essere instaurato solo dopo il predetto termine, onde non è in alcun modo possibile ritenere che con l’introduzione dell’istituto del reclamo il legislatore abbia rispettato il principio posto dall’art. 111 della Costituzione”.