Economia

Regno Unito verso il BREXIT

(di Sabrina Polato)

23 Giugno 2016: è questa la data individuata dal governo di David Cameron per lo svolgimento del Referendum che potrebbe portare ad una crisi irreversibile nelle relazioni tra il Regno Unito e l’Unione Europea. Infatti, il popolo britannico sarà chiamato a decidere sulla permanenza o non permanenza del Regno Unito all’interno dell’Europa a 28, decretando in sintesi la separazione dal continente europeo non solo da un punto di vista geografico, ma soprattutto da un punto di vista sociale ed economico.

Dal canto suo, il primo ministro britannico ha di recente incassato una vittoria non da poco: nella notte tra il 19 ed il 20 febbraio u.s. è uscito dalla riunione-maratona del Consiglio Europeo con un nuovo accordo tra l’Unione Europea ed il Regno Unito che copre aree-chiavi quali la governance economica, l’immigrazione, il welfare e la competitività. L’accordo raggiunto (i negoziati sono cominciati nel maggio 2015) rappresenta sicuramente un punto a favore per Cameron e per la sua campagna pro-Europa: qualora dovesse invece prevalere il partito dei NO-EUROPE, non solo la figura del Primo Ministro, ma tutto il partito verrebbe messo in discussione.

Il referendum si candida quindi ad essere il più importante evento sulla scena politica europea degli ultimi anni. Esso determinerà il futuro del Primo Ministro Cameron (difficilmente riuscirebbe a restare in carica se la sua campagna pro-Europa fallisse), ma anche del Regno Unito (il Brexit innescherebbe un altro voto per l’indipendenza scozzese, per non parlare della situazione spinosa in Irlanda del Nord: rapporti economici, commerciali e politici della Gran Bretagna con l’Irlanda dipendono fortemente dalla comune appartenenza alla UE e questo ha contribuito a sostenere il processo di pace in Irlanda del Nord) e dell’intera Europa (l’uscita di un Paese membro così importante come il Regno Unito avrebbe un enorme impatto sul futuro dell’Unione Europea).

Le conseguenze del Brexit.

Fino a poche settimane fa la stampa, il mondo degli affari, i mercati finanziari inglesi non si erano ancora schierati nei confronti del prossimo Referendum di Giugno, principalmente perché quasi tutti avevano ignorato la portata storica della votazione e, cosa ancora più grave, in pochi si erano resi conto del pericolo crescente di un Brexit. Dalla metà di Febbraio, complice la Sterlina scivolata al livello più basso contro il dollaro degli ultimi otto anni, la situazione è cambiata: i responsabili di molte delle più grandi aziende e banche del Regno Unito si sono espressi decisamente a favore della permanenza nella UE. Tuttavia, la probabilità che un Brexit possa verificarsi non è mai stata tanto elevata quanto oggi, complice l’avanzata dei partiti politici populisti e dei movimenti indipendentisti (vedasi caso Scozia).

Vale quindi la pena di soffermarsi sulle conseguenze di un eventuale Brexit (letteralmente “Britain Exit”).

  1. Effetti a breve termine. Una prolungata incertezza in merito ai nuovi rapporti tra Gran Bretagna ed Unione Europea potrebbe scoraggiare gli investimenti, in particolare gli investimenti diretti esteri, di cui la Gran Bretagna è il più grande beneficiario netto nella UE. Questo è particolarmente preoccupante per un paese con un grande deficit di conto corrente che deve essere finanziato da afflussi di capitale costanti.
  1. Effetti a medio-lungo termine. Un’analisi dettagliata condotta dalla Banca d’Inghilterra nel mese di ottobre scorso ha rilevato come l’adesione alla UE abbia giovato all’economia britannica, cresciuta negli anni anche grazie all’Unione. Altri due studi, realizzati questa volta da due colossi bancari americani, Goldman Sachs e Citigroup, hanno recentemente dimostrato che il PIL e la sterlina subirebbero un ulteriore indebolimento a seguito di una votazione favorevole al Brexit.
  1. Commercio Internazionale. In caso di Brexit, il problema principale per la Gran Bretagna sarebbe quello di riuscire a mantenere il pieno accesso al mercato unico della UE, il più grande al mondo. Si tratta di una questione fondamentale, dal momento che quasi la metà delle esportazioni della Gran Bretagna sono dirette verso il resto della UE. Non si tratta solo di merci, ma anche di servizi, in primis servizi finanziari. In tal senso, appare assai improbabile un accordo di Libero Scambio tra Regno Unito ed UE, dal momento che appare più forte l’interesse della Gran Bretagna rispetto a quello dei 27 Paesi membri rimasti (la maggior parte del deficit commerciale britannico con la UE è con due soli Paesi, Germania e Spagna, ma un accordo commerciale dovrebbe essere vidimato da altri 25 membri di troppo!!). Infine, in caso di Brexit, la posizione della Gran Bretagna risulterebbe a dir poco svantaggiata rispetto ai vari Accordi di libero scambio in corso di negoziazione tra Unione Europea e grandi economie mondiali (USA, Cina, India, Corea del Sud solo per citarne alcuni).
  1. Regolamentazione. Un problema ulteriore è il sistema delle regole interne. La campagna a favore del Brexit sostiene che la burocrazia europea arranca le imprese della Gran Bretagna e strangola la crescita. Eppure studi da parte dell’OCSE dimostrano che, pur essendo nella UE, i prodotti ed il mercato del lavoro della Gran Bretagna sono tra i più ricchi del mondo.
  1. Rapporti diplomatici. Il ruolo crescente della UE nella diplomazia mondiale (vedasi l’imposizione di sanzioni contro la Russia, l’accordo sul nucleare con l’Iran, l’azione contro la pirateria al largo della Somalia), potrebbe essere seriamente messo in discussione da una fuoriuscita del Regno Unito. Sul fronte interno, la lotta contro il terrorismo sarebbe più difficile, dal momento che non si potrebbe più contare sullo scambio di informazioni e di uomini attualmente possibile in quanto membri dell’Unione Europea.

In sintesi, appare evidente che i benefici presunti di un Brexit risultano ad oggi ancora incerti se non addirittura illusori, mentre i rischi sono molto maggiori e concreti. Sentimenti simili hanno portato i britannici a votare per rimanere nel progetto europeo nel 1975 e gli scozzesi a rimanere nel Regno Unito nel settembre 2014.

Non resta che aspettare giugno e vedere come andrà a finire.