Direttore Scientifico: Claudio Melillo - Direttore Responsabile: Serena Giglio - Coordinatore: Pierpaolo Grignani - Responsabile di Redazione: Marco Schiariti
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L’impatto dell’introduzione della frode fiscale (art. 2 D.Lgs. n. 74/2000) sulla responsabilità degli enti ex D.Lgs. n. 231/2001.

(Avv. Giovanni Palmieri)

Nei giorni scorsi con il D.d.L. di conversione del D.L. fiscale (n. 124/2019) la Commissione Finanze della Camera dei Deputati ha approvato diversi correttivi in ordine ai reati tributari. In particolare, è stato ampliato il catalogo dei reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti, ex D.Lgs. 231/2001, aprendo formalmente all’entrata dei reati tributari.

La normativa sulla cd. responsabilità amministrativa da reato degli enti è stata introdotta con il D.Lgs. 231/2001 a seguito del recepimento di varie Convenzioni internazionali anticorruzione. Essa era inizialmente circoscritta ai reati strettamente commessi nell’ambito dei rapporti del privato con la pubblica amministrazione (es. corruzione, indebita percezione di finanziamenti pubblici).

Negli anni successivi si è assistito ad un ampliamento della prospettiva d’azione del decreto sulla responsabilità penale d’impresa, che è andata sempre più estendendosi. Ne è conseguito un allargamento di tale responsabilità attraverso l’introduzione tra i cd. reati-presupposto di nuove fattispecie che – se commesse nell’interesse o a vantaggio dell’ente nell’ambito della propria attività da dirigenti, apicali, lavoratori – possono dar luogo a conseguenze penali con l’irrogazione di pesanti sanzioni.

In tal modo tale responsabilità si è estesa ad altre materie come i reati finanziari e societari, al market abuse, ai reati sul diritto d’autore, alle false informazioni, ai reati ambientali.

Nel corso degli anni sono stati inclusi anche reati quali il terrorismo internazionale, l’infibulazione e la sicurezza sul lavoro che, in realtà, ad un’attenta analisi, poco hanno in comune con la ratio legislativa originaria della Legge 231/2001, cioè quella di consentire all’autorità giudiziaria di affrontare le sfide più complesse della criminalità economica.

Da tempo si discuteva dell’introduzione degli illeciti tributari nel catalogo dei reati-presupposto di tale responsabilità. A lungo si è valutata l’opportunità di estendere la responsabilità ex D. Lgs. 231/2001 all’intero complesso penale tributario, anche a seguito di sollecitazioni sovranazionali che hanno indotto a delegare il Governo a recepire nell’ordinamento interno le previsioni della direttiva P.I.F., con la quale si richiedeva agli Stati Membri la criminalizzazione delle frodi Iva nell’ambito del sistema 231.

Con il decreto fiscale collegato alla Legge di Bilancio 2020, dunque, il legislatore ha ufficialmente aperto le porte all’inserimento dei reati tributari. L’art. 39 co. 2 del D.L. 124/2019 ha introdotto il nuovo art. 25-quinquiesdecies del D.Lgs. 231/2001 con cui è stata prevista l’applicazione della sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote (in sostanza una sanzione che può variare dai 129.000 ai 774.500 euro) in relazione alla commissione del delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti:

“2. Dopo l’articolo 25 -quaterdecies del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, è aggiunto il seguente: “Art. 25 –quinquiesdecies (Reati tributari) . — 1. In relazione alla commissione del delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti previsto dall’articolo 2 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, si applica all’ente la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote.”.

  1. Le disposizioni di cui ai commi 1 a 2 hanno efficacia dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della legge di conversione del presente decreto.”

In tal modo il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti previsto dal D. Lgs. 74/2000 è stato inserito ufficialmente tra i reati aventi rilevanza nell’ambito della responsabilità degli enti, così aprendo la breccia ad una prossima e futura inclusione nel catalogo dei reati-presupposto dell’intero apparato normativo penale tributario.

L’inclusione dell’art. 2 D.Lgs. 74/2000 ha rappresentato il primo passo di una riforma più ampia che vedrà la luce nei prossimi mesi.

La previsione, come previsto dal co. 3 dell’art. 39, entrerà in vigore dal momento della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge di conversione del D.L. n. 124/2019, quindi al massimo entro il 24 Dicembre 2019 (salve modifiche in sede di conversione e sorprese dell’ultimo minuto).

Da qui a poco, dunque, notevole sarà l’impatto delle nuove previsioni legislative anche sulle dinamiche della responsabilità che, da un punto di vista operativo, molte società si troveranno costrette a dover affrontare.

Le nuove modifiche normative, infatti, richiederanno anche un adeguamento da parte delle aziende che dovranno intervenire, dotandosi di nuovi modelli organizzativi o aggiornando quelli esistenti, al fine di evitare che l’eventuale contestazione al rappresentante legale della società che ha sottoscritto le dichiarazioni dei redditi e/o Iva del reato di dichiarazione fraudolenta, coinvolga anche la società. In quest’ultimo caso infatti il PM avvierebbe un procedimento penale anche a carico dell’ente che sarebbe esposto sia alla sanzione prevista con la novella legislativa, sia a sanzione interdittiva che potrebbe mettere a serio rischio l’attività di impresa.

In un’ottica preventiva è pertanto demandata all’azienda la necessità di individuare i rischi fiscali connessi alle attività svolte e di attivare tutte le procedure aziendali interne al fine di preservare il contesto societario da tutte quelle operazioni idonee a far scattare il reato di dichiarazione fraudolenta.

Trattandosi di un illecito cui sono potenzialmente esposte molte società anche di piccole dimensioni, in particolare nel caso delle fatture soggettivamente inesistenti, l’adozione di tutti i comportamenti preventivi necessari a prevenire la commissione dell’illecito sarà certamente una causa di esclusione della punibilità e rappresenterà una tutela adeguata per l’ente, idonea a schermarlo dalle responsabilità penali derivanti dal nuovo assetto normativo.

(di Sabrina Polato)

Esattamente un anno fa si è esaminato ed approfondito in questa rubrica il tema della TTIP, l’accordo oggetto di negoziati tra USA ed Unione Europea che, se attuato, porterebbe ad una maggiore armonizzazione degli standard commerciali e finanziari tra le due sponde dell’Atlantico.

In questo numero verrà analizzato un altro importantissimo accordo, la TPP “Trans Pacific Partnership, di cui inspiegabilmente si parla poco, anche tra gli addetti ai lavori, nonostante il ruolo primario nell’Economia e nel Commercio Internazionale ricoperto dalla maggior parte delle Nazioni coinvolte in tale intesa.

Infatti, la TPP, firmata lo scorso 5 ottobre ad Atlanta (Georgia – Usa) dopo 5 anni di trattative, sancisce un’alleanza senza precedenti tra gli Stati Uniti da una parte e ben 11 potenze economiche, asiatiche e non, che si affacciano sul Pacifico dall’altra, tanto che si può indubbiamente parlare del più grande trattato commerciale di libero scambio firmato negli ultimi decenni, dal momento che riguarderà una quantità di scambi pari al 40% dell’Economia mondiale.

Al momento, i Paesi coinvolti sono Australia, Brunei, Canada, Cile, Giappone, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Perù, Singapore, Stati Uniti e Vietnam, anche se sono già pronte all’adesione altre Nazioni come Corea del Sud, Taiwan, Filippine e Colombia.

L’Accordo si pone come obiettivo principale quello di abolire progressivamente le barriere commerciali tra gli Stati firmatari e di stabilire regole comuni in materia di tutela dei lavoratori, dell’ambiente e dell’e-commerce.

La TPP riguarda il libero commercio di moltissimi prodotti: la maggior parte delle trattative si è svolta sui prodotti derivati del latte e sui medicinali “biologici” (derivati da organismi viventi), in particolare sui tempi di brevetto di questi ultimi. Il trattato include anche l’industria automobilistica, quella cinematografica, l’accesso a internet e la protezione delle specie naturali. Per poter divenire operativa a tutti gli effetti la TPP dovrà essere ratificata entro 90 gg. dal Congresso Usa e dai governi dei rispettivi Paesi.

La TPP è stata duramente contestata e criticata negli Stati Uniti come negli altri Paesi firmatari da una platea molto variegata di soggetti (professionisti della salute, ambientalisti, attivisti di Internet, organizzazioni sindacali, avvocati, governatori e sindaci) che hanno protestato contro l’eccessiva segretezza dei contenuti dei negoziati, la portata troppo ampia dell’accordo e la controversia delle clausole contenute nelle bozze che, solo per una fuga di notizie, sono state rese pubbliche ai cittadini. In sintesi, gli oppositori della TPP lamentano una sostanziale mancanza di informazione al pubblico, nonostante molti aspetti contenuti nell’accordo riguardino da vicino i consumatori.

E’ evidente che la TPP ha un valore non solo commerciale, ma anche politico. Innanzitutto, perché si tratta del primo Accordo mai firmato tra Stati Uniti e Giappone, rispettivamente la prima e la terza Economia mondiale. In secondo luogo, perché la Cina è stata deliberatamente lasciata fuori dai negoziati (anche se non è da escludersi un suo coinvolgimento in un prossimo futuro) con il preciso intento, in primis degli Stati Uniti, di raggiungere un’intesa commerciale capace di arginare e contenere il dilagare delle esportazioni cinesi. Infine, perché con la firma di questo Trattato il presidente americano Barack Obama raggiunge un altro importante obiettivo nell’ambito della propria strategia di politica internazionale (dopo l’accordo sul nucleare con l’Iran e la riapertura dell’ambasciata a Cuba), mantenendo quanto promesso al proprio elettorato nel 2012 in sede di campagna elettorale per il rinnovo del mandato presidenziale, ma lasciando al contempo un’eredità “notevole” al suo successore (democratico o repubblicano che sia).

Dal punto di vista europeo, la firma del TPP non può lasciare indifferenti né a livello politico né a livello industriale: l’accordo potrebbe agevolare le trattative e velocizzare i tempi di negoziazione della TTIP, attualmente fermi in una situazione di “stallo” che non giova innanzitutto alle aziende europee. Infatti, per le imprese europee il TPP costituisce un potenziale strumento di penalizzazione nei confronti dei propri competitors che operano nei mercati firmatari dell’accordo, dal momento che le loro merci possono entrare nel mercato americano a tariffe agevolate se non addirittura azzerate, rendendo quindi tali prodotti più convenienti rispetto a quelli provenienti da uno Stato membro della UE.

La firma dell’accordo TTIP diventa a questo punto una questione di primaria importanza per le aziende europee e, di conseguenza, italiane. Senza questo accordo si rischia una perdita di competitività per i nostri prodotti che si traduce in un’erosione delle quote di mercato faticosamente conquistate negli ultimi due anni dalle nostre imprese nel mercato americano: un mercato importantissimo per le aziende italiane, ove le nostre esportazioni hanno fatto registrare nel 2015 performance di crescita a doppia cifra, contribuendo a bilanciare le contrazioni subite su altri mercati attualmente in sofferenza quali Russia, Brasile ed in parte anche Cina.

(di Sabrina Polato)

Le imprese italiane, siano esse di piccola-media-grande dimensione, hanno a disposizione una serie di strumenti agevolativi statali tra loro alternativi ed in alcuni casi complementari per finanziare, in tutto o in buona parte, i propri progetti di internazionalizzazione. Tali agevolazioni possono essere erogate sia da enti statali locali (CCIAA, Regioni), sia dal Ministero dello Sviluppo Economico.

In questa sede, verranno esaminate ed illustrate le misure disponibili a livello ministeriale non potendo, per ovvie ragioni, dare completezza di informazione su tutte le agevolazioni attive nelle varie Province e Regioni italiane.

Per sostenere l’internazionalizzazione del sistema produttivo italiano il MISE (Ministero dello Sviluppo Economico) mette a disposizione delle imprese una serie di agevolazioni finanziarie a valere su fondi pubblici, la cui gestione è affidata alla SIMEST Spa. Nata nel 1991, SIMEST SPA è oggi una società per azioni controllata da Cassa Depositi e Prestiti, con una presenza azionaria privata (banche e sistema imprenditoriale).

I finanziamenti di SIMEST si suddividono in due macro-categorie: Contributi in Conto Interessi e Finanziamenti a tasso agevolato. [1]

CONTRIBUTI IN CONTO INTERESSI

  1. LEGGE 100/1990: “Partecipazione al capitale di imprese Extra UE”.

            Finalità della misura, rivolta indistintamente a tutte le società di capitali e di persone, alle cooperative, ai consorzi, alle Associazioni è promuovere la partecipazione di imprese italiane in società all’estero.

L’intervento di SIMEST è duplice:

  1. Partecipazione di SIMEST fino al 49% del capitale sociale della società estera, per una durata massima di 8 anni, entro i quali viene concordato con l’impresa italiana il riacquisto della quota SIMEST.
  1. Agevolazione mediante contributo agli interessi di finanziamenti concessi all’impresa italiana, da qualsiasi banca, per l’acquisizione delle quote di capitale di rischio nella società estera (EXTRA UE), partecipata da SIMEST. La durata massima del finanziamento bancario agevolabile è di 8 anni, compreso un eventuale periodo di preammortamento di 3 anni. Il tasso di contribuzione, fisso per tutta la durata dell’agevolazione, è pari al 50% del tasso di riferimento vigente, alla data di stipula del contratto di finanziamento. L’agevolazione copre fino al 90% del controvalore in euro della quota di partecipazione dell’impresa italiana nella società estera, fino al 51% del capitale di quest’ultima.

L’acquisizione di quote di capitale di rischio può riguardare aziende di nuova costituzione o già costituite.

L’importo massimo ammesso all’agevolazione è pari, per impresa e per anno solare, a 10 milioni di euro.

La valutazione delle richieste viene effettuata da SIMEST sulla base di uno studio di fattibilità sul progetto (BP).

  1. D. Lgs. 143 del 31 marzo 1998, Capo II: “Crediti all’esportazione”.

Il credito all’esportazione, nella duplice forma del credito acquirente e del credito fornitore, è uno strumento destinato a favorire le esportazioni di beni di investimento (macchinari, impianti, relativi studi, parti di ricambio, lavori e servizi) in tutti i paesi del mondo. Il supporto di SIMEST si sostanzia in un contributo agli interessi su finanziamenti concessi da banche italiane o straniere. L’intervento della SIMEST non è subordinato al rilascio di garanzie da parte dell’esportatore. Inoltre, ai fini dell’ammissibilità, la garanzia assicurativa della SACE non è obbligatoria.

Grazie a questo strumento, le imprese esportatrici italiane possono proporre agli acquirenti esteri di pagare fino ad un massimo dell’85% del prezzo della fornitura mediante una dilazione di pagamento a medio/lungo termine (comunque non inferiore a due anni) a condizioni e tassi di interesse in linea con gli accordi OCSE. Il restante 15% del prezzo della fornitura verrà corrisposto dall’acquirente in contanti.

I beni forniti devono essere beni di investimento italiani: macchinari, impianti, studi, progettazioni, lavori e servizi, nonché semilavorati o beni intermedi destinati in via esclusiva ad essere integrati in beni di investimento. Possono essere ammessi all’intervento anche le forniture di semilavorati o beni intermedi purché destinati in via esclusiva ad essere integrati in beni di investimento.

Se inclusi nel prezzo della fornitura, sono ammissibili all’intervento anche i compensi di mediazione e/o di agenzia nella misura massima del 5% del valore della fornitura; le subforniture di merci e servizi di origine comunitaria, sempreché diversi da materie prime e da semilavorati e nei limiti previsti dalla normativa UE.

La richiesta del credito all’esportazione è presentata dalla banca italiana o estera. Limitatamente alle operazioni di smobilizzo a tasso fisso (sconto) sul mercato estero, la richiesta può essere presentata direttamente dall’esportatore.

FINANZIAMENTI A TASSO AGEVOLATO

  1. LEGGE 133/2008 , D.M. 21 dicembre 2012, ART. 3 COMMA 1 LETTERA A: “Apertura di strutture all’estero per il lancio e la diffusione di nuovi prodotti o l’acquisizione di nuovi mercati”.

Finalità della misura è agevolare il lancio e la diffusione di nuovi prodotti e servizi a marchio italiano ovvero l’acquisizione di nuovi mercati per prodotti e servizi già esistenti, in tutti i Paesi Extra UE, attraverso l’utilizzo di strutture permanenti quali uffici, show room, magazzini, singolo negozio, corner.

La domanda può essere presentata da tutte le aziende aventi sede legale in Italia, senza distinzione di dimensione e fatturato. Sono tuttavia escluse le imprese attive nei settori di attività non finanziabili per la regola comunitaria “De Minimis”, ai sensi de art. 1 del regolamento UE n. 1407/2013 (ATECO 2007: sezione A – sezione C divisioni 10-11-12 salvo le eccezioni ivi indicate).

Le spese ammissibili al finanziamento sono:

  • spese di funzionamento (locali, loro allestimento, personale ecc.);
  • spese per attività promozionali (formazione, consulenze, mostre e fiere, ecc.);
  • spese per interventi vari (30% forfettario della somma delle spese precedenti).

Le spese sono finanziabili dalla data di arrivo della domanda di finanziamento a SIMEST, fino a 2 anni dopo la data di stipula del contratto di finanziamento.

Il finanziamento, erogato al tasso fisso dello 0,50% annuo, può coprire fino ad un massimo dell’85% dell’importo delle spese ammissibili, nei limiti di quanto consentito dall’applicazione della normativa comunitaria “de minimis”. In ogni caso, il finanziamento non può superare il limite del 25% della media del fatturato degli ultimi 3 esercizi. La durata complessiva è di 6 anni, di cui 2 di preammortamento (per soli interessi) e 4 di rimborso del capitale. I periodi di preammortamento e rimborso possono essere ridotti su richiesta dell’impresa.

Il finanziamento prevede un anticipo compreso tra un minimo del 10% ed un massimo del 30% dell’importo concesso. Il restante importo del finanziamento viene erogato in più tranche sulla base della documentazione relativa alle spese effettuate e dietro presentazione della garanzia.

Le erogazioni del finanziamento sono subordinate alla presentazione di garanzie (fideiussioni).

  1. LEGGE 133/2008, D.M. 21 dicembre 2012, ART. 3 COMMA 1 LETTERA B: “Realizzazione di studi di prefattibilità, di fattibilità e programmi di assistenza tecnica collegati ad investimenti italiani all’estero”.

Finalità della misura è agevolare la realizzazione di studi di prefattibilità e fattibilità, nonché programmi di assistenza tecnica collegati ad investimenti italiani in tutti i paesi Extra UE. Lo studio deve riguardare lo stesso settore di attività dell’impresa richiedente. L’assistenza tecnica deve riguardare un investimento avviato da non più di 6 mesi prima della data di presentazione della domanda di finanziamento.

La domanda può essere presentata da tutte le aziende aventi sede legale in Italia, senza distinzione di dimensione e fatturato. Sono tuttavia escluse le imprese attive nei settori di attività non finanziabili per la regola comunitaria “De Minimis”, ai sensi de art. 1 del regolamento UE n. 1407/2013 (ATECO 2007: sezione A – sezione C divisioni 10-11-12 salvo le eccezioni ivi indicate).

Le spese ammissibili al finanziamento sono (sia per studi, sia per programmi di assistenza tecnica):

  • le retribuzioni del personale interno (a cedolino) comprensive di viaggi e soggiorni, per prestazioni sia in Italia sia all’estero, per il tempo effettivamente dedicato allo studio;
  • le spese per il personale esterno relative a consulenze specialistiche comprensive dei relativi viaggi e soggiorni: tali spese devono essere oggetto di apposito contratto.

Le spese per il personale interno devono essere almeno pari a quelle per il personale esterno. Le spese da sostenersi in modo documentato nel Paese di destinazione dell’iniziativa devono essere almeno pari al 75% del totale delle spese preventivate.

Le spese sono finanziabili dalla data di arrivo della domanda di finanziamento a SIMEST fino a 6 mesi dopo la data della stipula del relativo contratto di finanziamento.

Per gli studi di prefattibilità e fattibilità, il finanziamento, erogato al tasso fisso dello 0,50% annuo, può coprire fino al 100% dell’importo dellespese ammissibili, ” può essere concesso, nei limiti consentiti dall’applicazione della normativa comunitaria “de minimis”, per un importo comunque non superiore a euro 100.000,00 per studi collegati ad investimenti commerciali; euro 200.000,00 per studi collegati ad investimenti produttivi.

In ogni caso il finanziamento non può superare il limite del 12,5% della media del fatturato degli ultimi 3 esercizi.

Il finanziamento prevede un anticipo compreso tra un minimo del 50% ed un massimo del 70% dell’importo del finanziamento concesso, che può essere erogato entro 3 mesi dalla stipula. Il saldo viene erogato entro 12 mesi dalla stipula del contratto, previa presentazione delle garanzie e dell’idonea documentazione di spesa.

Per i programmi di assistenza tecnica, Il finanziamento può coprire fino al 100% dell’importo delle spese ammissibili e può essere concesso, nei limiti consentiti dall’applicazione della normativa comunitaria “de minimis”, per un importo comunque non superiore a € 300.000,00. In ogni caso, il finanziamento non può superare il limite del 12,5% della media del fatturato degli ultimi 3 esercizi.

Il finanziamento prevede un anticipo compreso tra un minimo del 50% ed un massimo del 70% dell’importo del finanziamento concesso (entro 3 mesi dalla stipula). Il saldo viene erogato entro 18 mesi dalla stipula del contratto, previa presentazione delle garanzie e dell’idonea documentazione di spesa.

Per gli studi di prefattibilità e fattibilità la durata complessiva del finanziamento è di 3 anni, di cui 1 anno di preammortamento (per soli interessi) e 2 anni di rimborso del capitale.

Per i programmi di assistenza tecnica, la durata complessiva è di 3 anni e 6 mesi, di cui 18 mesi di preammortamento (per soli interessi) e 2 anni di rimborso del capitale.

I periodi di preammortamento e rimborso possono essere ridotti su richiesta dell’impresa.

Le erogazioni del finanziamento sono subordinate alla presentazione di garanzie (fideiussioni).

  1. LEGGE 133/2008, D.M. 21 dicembre 2012, ART. 3 COMMA 1 LETTERA C1: “Patrimonializzazione delle PMI esportatrici”.

Finalità della misura èstimolare, migliorare e salvaguardare la solidità patrimoniale delle PMI esportatrici, per accrescere la loro capacità competitiva sui mercati esteri.

Per usufruire del finanziamento, la PMI deve presentare il proprio piano di sviluppo sui mercati esteri.

La domanda può essere inoltrata da tutte le PMI costituite in forma di SPA, aventi sede legale in Italia, che abbiano realizzato in ciascuno dei tre esercizi finanziari precedenti la presentazione della domanda, un fatturato estero pari, in media, ad almeno il 35% del fatturato aziendale totale.

Sono tuttavia escluse le imprese attive nei settori di attività non finanziabili per la regola comunitaria “De Minimis”, ai sensi de art. 1 del regolamento UE n. 1407/2013 (ATECO 2007: sezione A – sezione C divisioni 10-11-12 salvo le eccezioni ivi indicate).

L’importo massimo del finanziamento concedibile è pari a € 300.000,00 calcolato nel rispetto della normativa comunitaria “de minimis” e nel limite del 25% del patrimonio netto dell’impresa richiedente. L’erogazione del 100% del finanziamento concesso avviene in un’unica tranche (entro 6 mesi dalla data di stipula del contratto di finanziamento).

Ai fini del finanziamento è individuato un livello di solidità patrimoniale di riferimento (detto “livello soglia”), costituito dal rapporto tra patrimonio netto ed attività immobilizzate nette.

Il livello soglia è posto uguale a 0,80 per le imprese industriali/manifatturiere e ad 1,00 per le imprese commerciali/di servizi. Tale livello è calcolato sull’ultimo bilancio approvato dall’impresa prima dell’esame della domanda di finanziamento ed è definito “livello d’ingresso”. L’impresa può presentare domanda qualunque sia il suo livello d’ingresso rispetto al livello soglia (inferiore, uguale o superiore). Non sono tuttavia ammissibili al finanziamento domande di imprese con un livello soglia superiore a 2,00 (patrimonializzazione elevata).

Nel caso in cui l’impresa presenti un livello di ingresso uguale o superiore al livello soglia di 0,80 e di 1,00, SIMEST, sulla base di criteri connessi alla consistenza patrimoniale, finanziaria ed organizzativa del richiedente, può valutare se chiedere l’eventuale rilascio di garanzia e la relativa misura.

Nel caso in cui l’impresa presenti un livello di ingresso inferiore al livello soglia di 0,80 per le imprese industriali/manifatturiere e ad 1,00 per le imprese commerciali/di servizi la stessa, per garantire il rimborso del 100% del finanziamento concesso, dovrà prestare fideiussione bancaria o assicurativa.

  1. LEGGE 133/2008, D.M. 21 dicembre 2012, ART. 3 COMMA 1 LETTERA C2: “Realizzazione di iniziative promozionali per la prima partecipazione di una PMI ad una fiera sui mercati extra UE”.

Finalità della misura è incentivare la prima partecipazione di una PMI avente sede legale in Italia ad una fiera/mostra sui mercati extra UE. Al momento della presentazione della domanda l’impresa dovrà fornire a SIMEST un’autodichiarazione attestante che si tratta della prima partecipazione ad una specifica fiera/mostra.

Sono escluse le imprese attive nei settori di attività non finanziabili per la regola comunitaria “De Minimis”, ai sensi dell’ art. 1 del regolamento UE n. 1407/2013 (ATECO 2007: sezione A – sezione C divisioni 10-11-12 salvo le eccezioni ivi indicate).

L’impresa può presentare più domande di finanziamento, ogni singola domanda deve riguardare una o più fiere/mostre da realizzarsi al massimo in tre Paesi diversi EXTRA UE. La domanda deve essere presentata prima della data prevista per l’inizio della fiera/mostra.

Le spese ammissibili al finanziamento di cui alla scheda programma sono:

  • spese di funzionamento (affitto spazio espositivo e suo allestimento, personale esterno, ecc.);
  • spese per attività promozionali (consulenze, materiale pubblicitario, workshop e similari ecc. riconducibili alla fiera/mostra);
  • spese per interventi vari (20% forfettario della somma delle spese precedenti).

Le spese sono finanziabili dalla data di arrivo della domanda di finanziamento a SIMEST.

Le spese sono ammissibili se direttamente collegate alla fiera/mostra e sostenute nel periodo di realizzazione del programma, che decorre dalla data di presentazione della domanda stessa e termina 18 mesi dopo la data di stipula del contratto di finanziamento.

L’importo massimo finanziabile è pari a € 100.000,00 per ciascuna PMI o aggregazione di PMI riconducibili alla stessa proprietà;  € 300.000,00 per l’aggregazione di PMI non riconducibili alla stessa proprietà (€ 200.000,00 nel caso di due PMI aggregate ed € 300.000,00 nel caso di tre o più PMI aggregate).

Il finanziamento può coprire fino ad un massimo dell’85% dell’importo delle spese indicate nella scheda programma e può essere concesso per un importo non superiore a quello consentito dall’applicazione della normativa comunitaria “de minimis”. In ogni caso, il finanziamento non può superare il limite del 12,5% della media del fatturato degli ultimi 3 esercizi.

Il finanziamento, erogato al tasso fisso dello 0,50% annuo, prevede un anticipo compreso tra un minimo del 20% ed un massimo del 30% dell’importo del finanziamento concesso. La durata complessiva è di 4 anni, di cui 2 di preammortamento (per soli interessi) e 2 di rimborso del capitale. I periodi di preammortamento e rimborso possono essere ridotti su richiesta dell’impresa.

Le erogazioni del finanziamento sono subordinate alla presentazione di garanzie (fideiussioni).

 

Note

[1] Fonte: SIMEST e Ministero Sviluppo Economico “Direzione generale per le politiche di internazionalizzazione”

(di Giuseppe Pepe)

Oggigiorno, i consumatori sono sempre più informati, competenti e consapevoli.  Per questo le imprese che vogliono comunicare circa i temi ambientali devono adottare strategie più attente e responsabili rispetto al passato. Da circa una decina di anni, un numero crescente di enti e organizzazioni internazionali si sono fatti

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