Diritto Appello

C.G.T. di II Grado della Campania, Sentenza 7155/16/2023 del 22.12.2023: la tempestività dell’appello, in assenza della ricevuta di spedizione, può essere provata solo producendo in giudizio l’avviso di ricevimento recante timbro datario postale tondo

Abstract: La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania, chiamata a pronunciarsi, a seguito dell’Ordinanza di rinvio della Suprema Corte di Cassazione, nel giudizio di riassunzione instaurato da una Società, conferma l’inammissibilità dell’originario Appello presentato dall’Ufficio fuori dai termini imposti dalla legge – confermando, come aveva in origine già statuito la C.T.R. – che la prova della tempestività del gravame presentato può essere fornita, in assenza della ricevuta di spedizione, soltanto con l’avviso di ricevimento recante il TIMBRO DATARIO POSTALE TONDO, a nulla valendo l’apposizione, in maniera meccanografica e lineare, di una data dattiloscritta.

Il caso
Una Società presentava ricorso avverso un Avviso di accertamento notificatole dall’Agenzia delle Entrate (relativo ad un’operazione di stock lending posta in essere dalla stessa Società) che veniva integralmente accolto dalla C.T.P. di Napoli.
Avverso la sentenza di primo grado, ricorreva in Appello l’Agenzia delle Entrate. Tuttavia, sebbene i termini per la proposizione del gravame scadessero in data 27 aprile, il piego raccomandato contenente l’Appello riportava come data di spedizione quella del 2 maggio, con consegna alla Società in data 4 maggio.
La Società, dunque, costituitasi nel giudizio di gravame, eccepiva l’inammissibilità dell’Appello in quanto intempestivo e l’Ufficio, di ciò richiesto svariate volte dal Collegio giudicante (che, a tal fine, ha dovuto rinviare svariate volte il giudizio), piuttosto che produrre l’originale ricevuta di spedizione, produceva un piego raccomandato recante la data di spedizione del 27 aprile, dattiloscritta in maniera lineare e meccanografica.

La C.T.R. della Campania, avvalorando la tesi sostenuta dalla difesa Società, secondo cui la prova della tempestività dell’Appello può essere fornita, in assenza dell’originaria ricevuta di spedizione, soltanto con il piego raccomandato dotato di timbro postale datario tondo, dichiarava inammissibile, poiché intempestivo, l’Appello dell’Ufficio.

L’Ufficio proponeva, avverso la sentenza della C.T.R., ricorso per revocazione, adducendo ancora una volta di aver spedito l’Appello in data 27 aprile. La revocazione, che avrebbe dovuto chiudersi con una pronuncia unica, decisoria sia della revocazione che del merito (i.e. liceità dell’operazione di stock lending), si chiudeva con un provvedimento parziale, intitolato per errore come sentenza, poi rettificato in ordinanza, riguardante solo il giudizio di revocazione e non anche la sottesa questione di merito.
La Società, dunque, ricorreva per la Cassazione della sentenza di revocazione e il Massimo Giudicante, così statuiva rispetto all’erroneità della pronuncia della C.T.R., che si appalesava, altresì, parziale: “sicuramente natura di sentenza non definitiva, in quanto la C.T.R. ha deciso su una parte della domanda (e cioè la richiesta di revoca della precedente sentenza d’appello), senza tuttavia decidere del merito, come invece avrebbe dovuto fare in base a quanto previsto dall’art. 67, comma 1, d.lgs. n. 546/1992. Proprio perché trattasi di decisione solo su una parte della complessiva domanda della ricorrente in revocazione (domanda che ricomprende anche, necessariamente, la richiesta di pronuncia nel merito: cfr. Cass. 18 settembre 2020, n. 19450), il provvedimento impugnato ha natura di sentenza, ed in particolare di sentenza non definitiva, che tuttavia non è ammissibile in base al disposto dell’art. 35, comma 3, d.lgs. n. 546/1992. Ora, costituisce ius receptum, nella giurisprudenza di questa Corte, l’affermazione per cui nel contenzioso tributario l’art. 35, comma 3, d.lgs. n. 546/1992 (che esclude l’ammissibilità di sentenze non definitive o limitate solo ad alcune domande), costituisce una norma a carattere eccezionale che introduce una deroga rispetto al regime previsto per il processo civile dall’art. 279 cod. proc. civ.; tale deroga è giustificata dall’esigenza di evitare gli inconvenienti cui il frazionamento del giudizio dà generalmente luogo anche nel processo civile, avuto specifico riguardo alla struttura del processo tributario ed al sistema della riscossione frazionata dei tributi, con i quali l’istituto della sentenza non definitiva, ed a maggior ragione quello dell’impugnazione differita che solitamente vi si accompagna, verrebbero inevitabilmente a confliggere (Cass. 5 dicembre 2018, n. 31439; Cass. 31 gennaio 2011, n. 22549; Cass. 30 marzo 2007, n. 7909). Conseguentemente, la C.T.R. non avrebbe potuto emettere la sentenza non definitiva impugnata, ma avrebbe dovuto decidere integralmente nel merito la controversia”.

La Corte di Cassazione, dunque, cassando la sentenza impugnata, rinviava alla C.T.R. (divenuta, frattanto, Corte di giustizia tributaria di secondo grado) della Campania, affinché la stessa rendesse un “nuovo giudizio” sulla questione controversa.
La Società, pertanto, di ciò onerata, riassumeva il giudizio, chiedendo alla CGT di secondo grado della Campania di appurare definitivamente l’inammissibilità dell’originario Appello presentato dall’Ufficio e di dichiarare, altresì, assorbita la questione di merito sottesa, relativa alla liceità dell’operazione di stock lending.

La decisione
La C.G.T. di secondo grado della Campania, con la sentenza in commento, ha definitivamente confermato la tesi (per anni) sostenuta dalla Società, circa la prova della tempestività dell’atto di gravame – e, riconoscendo che la sentenza di secondo grado, che aveva ritenuto intempestivo l’appello, non risultava, ab origine, viziata da alcun errore revocatorio – ha dichiarato inammissibile la revocazione proposta dall’Ufficio, condannandolo al pagamento di sonore spese di lite, sia per il giudizio di revocazione che per quello di Cassazione.

Avv. Serena Giglio

Avv. Ilaria Giglio

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