Diritto

Avviamento e principio di neutralità fiscale

di Giovanni Bortone

L’avviamento costituisce un cespite riconducile alle immobilizzazioni immateriali che sovente viene originato da operazioni di natura straordinaria. Il concetto di avviamento è strettamente correlato al postulato di redazione del bilancio della prudenza il quale a sua volta si fonda sul costo quale elemento determinante nelle valutazioni di bilancio. Come noto, infatti l’art. 2426 del codice civile – rubricato «criteri di valutazione» – specifica, con riferimento a differenti categorie di beni, le modalità secondo le quali ai differenti cespiti costituenti il patrimonio aziendale deve essere attribuito un valore segnaletico della loro attitudine a contribuire alla creazione di un risultato economico durevole nel tempo.

Immaginando di muoversi ab origine dalla costituzione di una società, con l’evolversi della gestione, si viene a configurare un patrimonio aziendale costituito da una pluralità di attività e passività di differente natura, che sono il risultato dell’interazione con terze economie. Nel manifestarsi delle relazioni con l’ambiente esterno si viene a determinare nella sua dinamicità un coacervo di elementi attivi e passivi, la cui valorizzazione in bilancio si fonda, come sopra accennato, sul concetto di costo, ed in particolare di costo storico, che si determina al momento della manifestazione numeraria in sede di interazione con economie esterne.

Finché l’evoluzione della gestione si limita ad una ordinaria attività come sopra descritta, un cespite come l’avviamento non può comparire tra le attività di un bilancio o di una situazione patrimoniale. Il principio della prudenza nelle valutazione prescrive infatti che non possono essere iscritti in bilancio utili non realizzati. Tale tipologia di avviamento è stata definita dal Principio Contabile OIC 24 “avviamento internamente generato”, ovvero “avviamento originario”.

L’avviamento costituisce un cespite immobilizzato di natura immateriale che viene a manifestarsi in occasione di operazioni di natura straordinaria, che coinvolgono cioè l’azienda nella sua interezza, e non singole componenti della sua dotazione patrimoniale. Si potrebbe affermare che l’avviamento sia un meta-costo, ovvero sia la valorizzazione di una pluralità di attività e passività di differente natura che si sono già manifestate sotto forma di costo storico e che nella loro globalità vengono riespresse ad un nuovo valore unitario, che sia comprensivo ed espressivo di un quid novi rispetto alla mera sommatoria algebrica delle singole entità che lo compongono. In tal senso l’avviamento costituisce quel valore aggiunto attribuibile ad una realtà aziendale che viene a sommarsi ai singoli costi storici che hanno già misurato il valore attribuibile ai singoli componenti patrimoniali considerati in modo atomistico. Secondo questa accezione, come affermato sempre dal Principio Contabile 24 OIC, si suole parlare di “avviamento acquisito a titolo oneroso”, ovvero “avviamento derivativo o derivato”, che costituisce il concetto di avviamento in senso stretto.

Si intuisce quindi che l’avviamento costituisce quel maggior valore, rispetto alla sommatoria delle valutazioni attribuibili alle varie attività e passività singolarmente considerate, che è riconducibile alla natura olistica dell’azienda, quale entità sistemica che è espressiva di un valore superiore alla mere attività e passività che la compongono, in virtù delle relazioni di interdipendenza e complementarietà sia interne che esterne che sussistono tra i vari elementi costitutivi.

E tale maggior valore si manifesta infatti in occasione di operazioni che coinvolgono l’azienda nella sua interezza, ovvero rami d’azienda che siano in ogni caso configurabili come entità autonomamente funzionanti.

Il Principio Contabile Nazionale OIC 24 definisce infatti l’avviamento

«l’attitudine di un’azienda a produrre utili in misura superiore a quella ordinaria, che derivi o da fattori specifici che, pur concorrendo positivamente alla produzione del reddito ed essendosi formati nel tempo in modo oneroso, non hanno un valore autonomo, ovvero da incrementi di valore che il complesso dei beni aziendali acquisisce rispetto alla somma dei valori dei singoli beni, in virtù dell’organizzazione dei beni in un sistema efficiente ed idoneo a produrre utili».

La dottrina aziendalistica suole distinguere il concetto di avviamento soggettivo da quello di avviamento oggettivo. Il primo è una entità immateriale la cui esistenza è subordinata al nesso esistente tra l’azienda ed il suo soggetto economico. Se questo nesso viene meno per effetto di un mutamento del soggetto economico (per esempio per operazioni di cessione o altre riorganizzazioni più complesse) viene meno anche l’avviamento soggettivo. Il secondo invece, l’avviamento oggettivo, è indipendente dal soggetto economico cui è riconducibile l’entità aziendale e pertanto, in ipotesi di cessione, viene a concretizzarsi ed essere misurato monetariamente, in quanto espressione di una negoziazione di mercato. Il concetto di avviamento oggettivo è infatti implicito nel cosiddetto capitale economico, che costituisce il valore attribuibile ad un complesso aziendale in funzionamento, a condizioni di mercato e nell’ottica di un perito indipendente. Tale concetto è molto evidente nel metodo di valutazione del capitale economico fondato sulla determinazione autonoma del valore dell’avviamento, che è espressivo del valore attuale dei flussi reddituali attualizzati generati in eccedenza rispetto a quelli cosiddetti medio-normali.

Tali principi trovano una loro manifestazione speculare anche nel campo del diritto tributario ove, in caso di operazioni di natura straordinaria, vige il principio di neutralità fiscale enunciato – in linea generale – dai vari articoli del Titolo III (disposizioni comuni), capo III (operazioni straordinarie) del D.P.R. 917/1986. Il principio di neutralità fiscale può inoltre essere considerato un surrogato di quello di continuità dei valori fiscalmente riconosciuti anteriormente all’operazione straordinaria, secondo il quale l’entità avente causa acquisisce le singole componenti il patrimonio di quella dante causa al costo fiscalmente riconosciuto in capo a quest’ultima anteriormente all’operazione. Secondo il T.U.I.R infatti l’operazione straordinaria

«non costituisce realizzo né distribuzione delle plusvalenza e minusvalenze dei beni, comprese quelle relative alle rimanenze ed all’avviamento».

A decorrere dall’esercizio successivo a quello in corso alla data del 31 Dicembre 2007, per effetto della Legge 24/12/2007 n. 244 (Finanziaria 2008) all’articolo 172 del TUIR è stato aggiunto il comma 10-bis, all’art. 173 il comma 15-bis ed all’art. 176 il comma 2-ter, consentendo il riconoscimento ai fini IRES, IRPEF ed IRAP degli eventuali maggiori valori emersi in seguito rispettivamente ad un’operazione di fusione, scissione o di conferimento mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva. Tale rivalutazione può avere ad oggetto esclusivamente elementi patrimoniali appartenenti alle immobilizzazioni. L’imposta sostitutiva si applica utilizzando le seguenti aliquote:

–          12% per maggiori valori fino ad € 5.000.000;

–          14% sulla parte dei maggiori valori eccedente € 5.000.000 e fino ad € 10.000.000;

–          16% per la parte eccedente € 10.000.000.

L’opzione per il riconoscimento fiscale dei maggiori valori può essere esercitata, ai sensi del comma 2-ter dell’articolo 176, nella dichiarazione dei redditi relativa all’esercizio nel corso del quale è stata realizzata l’operazione, o in quella del periodo d’imposta successivo.

L’affrancamento fiscale dei maggiori valori emersi in sede di fusione, scissione o di conferimento produce delle differenti conseguente relativamente al riconoscimento dei maggiori ammortamenti rispetto a quello delle eventuali plusvalenze realizzate in futuro.

Quanto agli ammortamenti sui maggiori valori fiscali affrancati i medesimi sono riconosciuti a partire dal periodo d’imposta nel corso del quale è stata esercitata l’opzione. Quanto alle plusvalenza emergenti in caso di cessione di beni rivalutati fiscalmente, se la cessione avviene a  partire dal quarto periodo d’imposta successivo all’esercizio dell’opzione non sussiste alcuna limitazione nel riconoscimento dei maggiori costi ai fini fiscali da utilizzare quale raffronto per il calcolo della plusvalenza. Qualora invece l’alienazione del cespite avvenga anteriormente al quarto periodo d’imposta (c.d. periodo di sorveglianza) successivo all’affrancamento, viene meno il riconoscimento dei maggiori valori affrancati e delle eventuali maggiori quote d’ammortamento dedotte. L’imposta sostitutiva versata a fronte dell’affrancamento dei maggiori valori dei beni alienati anteriormente al quarto anno successivo all’esercizio dell’opzione può essere scomputata dall’IRES, dall’IRPEF e dall’IRAP.

Per i soggetti IAS, come noto, l’avviamento non è soggetto ad un processo di ammortamento, ma ad una periodica verifica della validità del suo valore mediante il c.d. impairment test. Nell’ottica dei principi contabili internazionali l’avviamento è infatti un cespite destinato a permanere tra le attività del patrimonio aziendale per una durata indefinita. Va comunque specificato che l’avviamento, sia secondo i principi contabili nazionali che secondo quelli internazionali, viene ad esistere solo qualora, in seguito ad una allocazione del maggior valore complessivo emerso in sede di alienazione (nelle varia forme configurabili) rispetto ai preesistenti costi storici, sussista un surplus residuo non  attribuibile specificamente a singoli elementi dell’attivo o del passivo.

Ai sensi dell’articolo 103, comma 3, l’ammortamento è deducibile per un valore non superiore ad un diciottesimo del suo valore fiscalmente riconosciuto, che corrisponde all’applicazione di un’aliquota del 5,56%.

Ai sensi del D.L. 185/2008, convertito con Legge 28 Gennaio 2009, n. 2, è possibile affrancare i maggiori valori attribuibili all’avviamento, ai marchi d’impresa ed ad altre attività costituenti immobilizzazioni immateriali, mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva del 16%. In tal caso l’ammortamento è fiscalmente deducibile in un arco temporale di 9 anni, invece che di 18 anni, applicando pertanto un’aliquota dell’11,11%.

Per i soggetti che applicano i principi contabili internazionali, sebbene ai sensi dell’art. 83 del TUIR

«valgono (.. omissis..) i criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti da detti principi»,

la deduzione dell’avviamento è ammessa alle stesse condizioni e con gli stessi limiti previsti dal comma 3 dell’articolo 103 del TUIR.

Una fattispecie particolare riguarda il caso in cui un’operazione di natura straordinaria, quale una fusione, scissione, conferimento o cessione abbia ad oggetto un’azienda la quale tra le sue attività abbia già iscritto un valore di avviamento originatosi in precedenza. In tali fattispecie si potrebbe effettuare una distinzione tra avviamento primario (quello preesistente) e quello secondario, che viene a crearsi in occasione dell’operazione di riorganizzazione più recente.  L’avviamento che abbiamo appena definito primario può trovare la sua genesi in una pregressa operazione di cessione d’azienda a titolo oneroso, ovvero in una operazione straordinaria (conferimento, fusione, scissione) in occasione della quale si potrebbe aver optato per l’affrancamento dei maggiori valori emersi ai sensi dell’art. 176 del TUIR  o del comma 10 dell’art. 15 del D.L. 29 novembre 2008, n. 185.

In tal caso è prima di tutto opportuno analizzare se “l’avviamento primario” esista solo su un piano civilistico o abbia invece un riconoscimento anche fiscale. In quest’ultimo caso, in applicazione del principio di neutralità e di continuità dei valori fiscali, si dovrebbe ritenere che l’avviamento costituisca un cespite che continua la sua vita utile in capo al nuovo soggetto mantenendo conseguentemente il diritto alla deduzione dal reddito imponibile delle relative quote d’ammortamento.

Tale posizione non è condivisa dall’Agenzia delle Entrate, la quale nella Circolare 4 Marzo 2010 n. 8/E e nel provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 22 Novembre 2011 sostiene che l’avviamento preesistente non deve essere considerato e contabilmente deve essere stornato con in contropartita il patrimonio netto. Tale principio è infatti sancito dall’articolo 3, comma 6, lett. g del sopra citato Provvedimento, ove si afferma testualmente che

«il valore del patrimonio netto oggetto di conferimento deve essere determinato escludendo l’avviamento già iscritto nel bilancio individuale del soggetto conferente e stornato – per effetto dell’operazione straordinaria in questione – dalla contabilità del soggetto medesimo, in quanto non  rientrante nel complesso delle attività e delle passività oggetto di trasferimento al soggetto conferitario».

L’Agenzia delle Entrate, nella sopra menzionata Circolare, sostiene che il diritto alla deducibilità fiscale delle quote di ammortamento permane in capo alla conferente; quest’ultima infatti, sebbene abbia stornato dalle sue attività l’avviamento, può continuare a beneficiare extracontabilmente di variazione in diminuzione pari alla quota di ammortamento che le sarebbe spettata.

Una tale impostazione non è stata tuttavia ritenuta condivisibile da più parti in quanto significherebbe attribuire all’avviamento una mera natura soggettiva, ovvero di cespite la cui sussistenza sia inscindibilmente legata al soggetto economico cedente senza possibilità alcuna che possa essere alienata a terzi in quanto bene suscettibile di un’oggettiva valutazione economica essendo capace di produrre in modo autonomo flussi reddituali come ogni altro fattore della produzione. In particolare si è espressa in modo non conforme al parere dell’Agenzia delle Entrate l’Associazione Italiana Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, la quale, con la Norma di Comportamento n. 181 dell’8 Giugno 2011 ha elaborato la seguente Massima:

«In caso di conferimento di un’azienda, in relazione alla quale sia già iscritta nella contabilità del conferente una posta a titolo di avviamento, il conferitario acquisisce l’avviamento unitamente agli elementi che compongono l’azienda e subentra nel valore fiscale che l’avviamento aveva in capo al conferente, indipendentemente dal valore al quale viene iscritto nella contabilità del conferitario, ciò in quanto l’avviamento rappresenta una qualità dell’azienda che non può circolare autonomamente e si trasferisce necessariamente con essa».

Tale asserzione è stata peraltro avvalorata dall’autorevole parere di Dulio Liburdi, il quale in un suo contributo pubblicato sulla rivista “Il Fisco”, n. 26 del 27 Giugno 2011, sostiene che la posizione espressa dall’Agenzia delle Entrate dovrebbe essere da quest’ultima rivista, in quanto sia la dottrina aziendalistica, sia normativa civilistica e tributaria portano a ritenere maggiormente rappresentativa del negozio traslativo la posizione espressa dall’AIDC. La non condivisibilità dell’impostazione dell’Amministrazione Finanziaria è stata anche espresse da Enrico Zanetti, in “Il Fisco”, n. 14 del 5 aprile 2010.

Secondo l’autorevole opinione di Assonime, invece, la tesi dell’Agenzia delle Entrate sarebbe condivisibile esclusivamente per i soggetti IAS adopter che abbiano affrancato l’avviamento (cioè riallineato il valore civilistico e fiscale dell’avviamento ai sensi dell’art. 176, comma 2-ter del TUIR o dell’art. 15, comma 10 D.L. 28/11/2008 n. 185) e rilevato, a rettifica della predetta imposta sostitutiva imposte anticipate in conto economico con in contropartita crediti per imposte anticipate. Negli altri caso, ovvero per i soggetti non IAS adopter e per gli IAS adopter che non abbiano seguito l’impostazione contabile sopra illustrata, sarebbe invece da riconoscere la trasmissibilità all’avente causa del valore fiscale dell’avviamento originario in capo al dante causa.

A giudizio di chi scrive è condivisibile la posizione dell’Associazione Italiana Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, in quanto l’avviamento originario può essere considerato un cespite allocabile tra le immobilizzazioni immateriali ma non tale da essere considerato a sé stante, in quanto non può essere enucleato dall’entità aziendale cui è correlato, né può essere oggetto di autonoma circolazione o negoziazione.