Diritto Diritto penale d'impresa

Omesso versamento IVA – il fatto non costituisce reato.

(di Giulia Piva e Andrea Orabona)

Si pubblicano qui di seguito le motivazioni della recente sentenza d’assoluzione dal reato di omesso versamento d’IVA ex art. 10 ter D. Lvo 2000/74 – emessa il 29 settembre 2016 dalla I Sezione del Tribunale di Milano, in composizione monocratica, Dott. ssa Nobili – con formula ampiamente liberatoria del “perchè il fatto non costituisce reato” nell’interesse del Presidente del Consiglio d’Amministrazione di due società di capitali fra loro intimamente collegate.

In particolare, il Tribunale ha escluso l’integrazione dell’elemento soggettivo dell’imputazione de quo in capo al Presidente del Consiglio d’Amministrazione resosi firmatario di alcune dichiarazioni annuali d’IVA a debito – non liquidate all’Erario in nome e per conto delle società rappresentate – per inconsapevolezza del medesimo legale rappresentante dei flussi economico/finanziari sottesi alla determinazione e quantificazione dell’imposta evasa da entrambe le persone giuridiche.

Invero, il Tribunale ha correttamente ritenuto di ricondurre l’eventuale responsabilità per la commissione del reato ex art. 10 ter D. Lvo 2000/74 in capo al competente amministratore delegato (non co/imputato nel procedimento penale de quo) alla gestione degli affari amministrativi e controllo contabile degli enti coinvolti – in quanto direttamente consapevole dell’esposizione debitoria d’imposta prodotta da entrambe le società e, vieppiù, in possesso degli specifici poteri e doveri previsti ex lege per la determinazione, calcolo e versamento, della tassazione dichiarata dalle società contribuenti -.

Siffatta pronuncia va certamente salutata con estremo favore – non solo – per l’aderenza ai celeberrimi canoni costituzionali di colpevolezza ex art. 27, comma primo, Cost. – ma bensì – per l’implicita valorizzazione dell’istituto della delegazione di poteri, e correlativa distribuzione di doveri gestori, tra i componenti di Consigli d’Amministrazione di imprese di medio/grandi dimensioni, così come previsto dalla disciplina civilistica, qui direttamente applicabile, in tema di funzionamento e ripartizione delle competenze negli organi amministrativi di società per azioni ex art. 2381, commi secondo, terzo e sesto, C.c..

Sotto questo profilo, l’irresponsabilità penale del Componente del Consiglio d’Amministrazione privo di deleghe operative – sempre che inconsapevole della potenziale commissione in atto di illeciti penali, ovvero, di anomale circostanze di fatto suscettibili di richiederne l’attivazione per impedire l’agire illecito degli organi delegati – trova tutt’oggi recenti avalli interpretativi nella giurisprudenza di legittimità, vuoi penale vuoi civile, fra cui è d’uopo segnalare, ex plurimis, le pronunce sottese a Cass. Pen., sez. V, 24 maggio 2016, n. 21702, in tema di bancarotta fraudolenta, in uno a Cass. Civ, sez. I, 31 agosto 2016, n. 17441, nel pedissequo ambito fallimentare a carico di una società di capitali.

Per l’effetto, si auspica che l’orientamento espresso dal Tribunale di Milano possa pro futuro costituire un viatico per l’esatta individuazione – sin dalla fase delle indagini preliminari – degli amministratori cui dirigere eventuali imputazioni per la realizzazione di reati fiscali all’interno di una società – così da evitare l’indiscriminato e frequente esercizio dell’azione penale nei confronti di tutti e ciascuno dei componenti del Consiglio d’Amministrazione in pectore, e, vieppiù, a carico dell’organo del tutto privo di deleghe operative, ordinariamente informato sull’andamento economico/finanziario della società e peraltro inconsapevole della probabile commissione di specifici fatti/reato all’interno del gruppo d’appartenenza.

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