Economia

Transfer Pricing Risk Management (TPRM)

di Alessio Rombolotti

1.Introduzione

La pianificazione e la gestione dei prezzi delle transazioni intra-gruppo (Transfer Pricing) è probabilmente la principale fonte di rischio fiscale di un gruppo multinazionale. Dopo il provvedimento dell’ Agenzia delle Entrate del 29 settembre 2010(1) il transfer pricing è diventato un focus primario dell’ Amministrazione Finanziaria italiana che ha intensificato notevolmente le risorse dedicate alla prevenzione e identificazione dell’ espatrio di profitti prodotti sul territorio nazionale.

Il rischio che pone il transfer pricing (TP) sorge da due aspetti particolari: a) il TP ha quasi sempre una natura bifronte che riguarda i due soggetti che partecipano alla transazione e spesso minimizzare il rischio di un soggetto implica aumentare il rischio del secondo; b) i prezzi normali da applicare alle transazioni vanno identificati con procedimenti di benchmarking e analisi funzionale che lasciano sempre spazio a interpretazioni e contestazioni da parte dell’ Amministrazione Finanziaria.

Questo articolo esamina la gestione del rischio fiscale delle transazioni intra-gruppo che chiamiamo Transfer Pricing Risk Management (TPRM) e si rivolge a chi conosce la materia nei suoi aspetti fondamentali. Pianificare il TP significa allocare assets, rischi e funzioni fra le entità del gruppo e stabilire la politica di remunerazione di questi tre fattori. Mi preme sottolineare che, anche se parleremo di rischio fiscale e anche se molti tax executives associano il TP alla materia fiscale, in realtà la pianificazione del TP è il più potente strumento di governo dell’ impresa multinazionale e come tale afferisce alle aree di governance e strategia. Indipendentemente dalla possibilità di una contestazione da parte dell’ Amministrazione Finanziaria il TP pone un rischio operativo rappresentato dalla possibilità di allocare assets, rischi e funzioni in modo errato e quindi remunerare le entità del gruppo in modo non appropriato. L’effetto di questo errore potrebbe essere riflesso nella mancata ottimizzazione dei costi fiscali, in una politica di retribuzione del personale che non rispecchi l’ effettivo contributo delle persone alla creazione del valore e in una errata valutazione del valore delle entità del gruppo che nel caso di società quotate nei mercati pubblici oppure nel caso di negoziazioni per la vendita di talune consociate potrebbe costare significativamente.

Quali sono gli errori più frequenti nella gestione del TP ?

i. I prezzi applicati alle transazioni fra consociate non seguono la transfer pricing policy del gruppo.

ii. La transfer pricing policy del gruppo non è redatta in modo corretto.

iii. La documentazione disponibile non è sufficiente o appropriata per supportare il rispetto dell’ arm’s length principle.

iv. Esistono dei prezzi applicati a transazioni comparabili e indipendenti che dimostrano la non appartenenza dei prezzi intra-gruppo all’arm’s length range.

v. Il metodo di transfer pricing scelto non rappresenta correttamente i valori dei beni o servizi scambiati e l’allocazione fra le parti coinvolte di assets, rischi, funzioni.

vi. Non è stato spiegato il motivo del mancato ricorso al metodo Comparable Uncontrolled Pricing (CUP).

vii. Il benchmarking per determinare l’arm’s length range è basato su aziende non comparabili.

viii. I prezzi intra-gruppo successivi ad una riorganizzazione (riallocazione di assets, rischi, funzioni) non tengono conto del nuovo assetto.

Quali sono le situazioni in cui un gruppo è maggiormente esposto alla possibilità di una verifica da parte dell’ Amministrazione Finanziaria e quindi ad un accertamento?

i. Transazioni con soggetti del gruppo residenti in paesi a bassa imposizione o in paradisi fiscali.

ii. Transazioni con consociate residenti in paesi con scarsa o assente regolamentazione sul transfer pricing.

iii. Utilizzo di assets intangibili senza pagamento di royalties.

iv. Ripartizione di costi senza evidenza di beneficio.

v. Mancata rilevazione di specifiche transazioni intercompany.

vi. Cosociate con numerosi esercizi in perdita.

vii. Consociate con perdite significative mentre il gruppo, residente all’ estero, registra utili.

viii. Diminuzioni significative dei margini senza ragioni evidenti.

ix. Finanziamenti e concessioni di garanzie a consociate per motivi non commerciali.

x. Condizioni di pagamento, fra consociate, anomale e senza corrisponsione di interessi.

xi. Consociate con start-up in perdita.

xii. Forniture di servizi senza riaddebito e senza contratto.

xiii. Distaccamento di personale senza riaddebito e senza contratto.

xiv. Società dormienti con assets nell’ attivo.

xv. Significative somme pagate per utilizzo di proprietà intellettuale.

xvi. Contratti di ricerca e sviluppo basati sul metodo Cost Plus.

xvii. Società strutturate e organizzate in modo anomalo.

xviii. Riorganizzazioni con significativi spostamenti di assets, rischi e funzioni.

xix. Transazioni con soggetti consociati che possono essere incentivati a manipolazioni (per esempio tariffe doganali, tariffe anti-dumping, controlli valutari).

La struttura del TPRM si basa su tre punti: a) controllo delle condizioni generali; b) rischio connesso ai differenziali di tassazione fra le nazioni in cui risiedono le filiali del gruppo; c) rischio bilaterale connesso all’ appartenenza dei prezzi all’arm’s length range di entrambi i soggetti che partecipano alla transazione.

2. Controllo delle Condizioni Generali

Per conoscere la posizione del gruppo rispetto al rischio fiscale derivante dal transfer pricing produciamo la rappresentazione delle entità del gruppo e delle transazioni intercompany in funzione di parametri e indici relativi alla politica di transfer pricing. In questa fase esaminiamo le aliquote fiscali statutarie dei paesi in cui risiede il gruppo, i tassi effettivi di imposizione applicati alle filiali, il livello di severità della normativa e l’ atteggiamento dell’ Amministrazione Finanziaria locale nelle diverse giurisdizioni, il differenziale del livello di reddito delle singole consociate rispetto al gruppo consolidato, un indice differenziale di livello per assets, rischi e funzioni, il peso delle trasazioni intra-gruppo. Lo studio di questi indici alla luce dei prezzi di trasferimento praticati fornisce in via approssimativa un quadro complessivo dell’ appropriatezza della transfer pricing policy.

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In particolare i parametri relativi ai differenziali degli indici di assets, rischi e funzioni permettono di evidenziare incoerenze nella remunerazione di questi tre fattori e quindi discrepanze fra la strategia del gruppo e la realtà; La valutazione dell’ atteggiamento delle Amministrazioni Finanziarie condiziona il posizionamento dei prezzi nell’ arm’s length range, ad esempio una nazione come l’ India che non riconosce il concetto di intervallo ma richiede dei prezzi puntuali rappresenterà un rischio maggiore rispetto a paesi più flessibili. Il peso delle transazioni intra-gruppo sul giro d’ affari complessivo fornisce una misura di quanto l’ imponibile sia influenzato dai prezzi di trasferimento.

Tutte le transazioni che portano ricavi verso paesi con bassa tassazione e costi verso paesi con tassazione più alta rappresentano un rischio. L’ aspetto elusivo del transfer pricing, quale elemento di supporto alla ripresa a tassazione della quota di costi o ricavi ritenuta congrua, risiede nella differenza d’ imposta a cui il reddito è sottoposto nelle giurisdizioni dei soggetti associati; il differenziale tra il livello dei prezzi praticati e il livello supposto congruo rappresenta un indice di elusione tanto più elevato quanto più ampio è il differenziale di tassazione. Sembra quindi opportuno adottare una teoria di risk management in relazione all’ aspetto elusivo.

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3. Il Rischio del Differenziale di Tassazione

Quando siamo interessati a studiare le dinamiche fiscali è utile considerare i flussi finanziari delle varie transazioni al netto dell’ effetto fiscale. Per chiarire la questione consideriamo una transazione fra due soggetti x, y residenti nei paesi X e Y; poniamo che l’ aliquota fiscale (Standard Tax Rate) delle imposte sul reddito di x sia STR(X) = 20% e quella di y sia STR(Y) = 30% e consideriamo una transazione di vendita nelle due possibili direzioni, caso 1 x vende a y, caso 2 y vende a x:

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Costi e ricavi sono registrati al netto dell’effetto fiscale, in questo modo siamo in grado di quantificare la minus o plusvalenza fiscale di ogni transazione e identificare le posizioni di rischio. Pur trattandosi di due transazioni identiche nei valori lordi, il caso 1 mostra una plusvalenza fiscale per il gruppo di 10€ mentre il caso 2 ha come risultato una minusvalenza fiscale di 10€. L’ Amministrazione Finanziaria della nazione Y conosce il differenziale di imposizione con X e sarà portata a considerare i flussi di ricavo verso X come un possibile trasferimento di profitto per ottenere plusvalenze fiscali. Il presupposto elusivo è invece rimosso quando la transazione non produce plusvalenze fiscali.

Supponendo che le sanzioni in caso di accertamento siano pari al 50% dell’ importo eluso possiamo prefigurare lo scenario seguente:

i. Rischio caso 1: rettifica imponibile = 10€, STR(Y) = 30%, imposte = 3€, sanzione = 1.5€, rischio (imposte + sanzione) = 4.5€.

ii. Rischio caso 2: 0.

L’ individuazione del rischio derivante dai differenziali delle aliquote fiscali dei paesi in cui le filiali del gruppo risiedono avviene mappando le transazioni e il loro valore netto dell’ effetto fiscale e individuando quelle che producono una plusvalenza fiscale per il gruppo. Conoscendo le aliquote fiscali dei paesi in cui risiedono le consociate possiamo redigere una tabella che evidenzi i rischi elusivi indipendentemente dalle effettive transazioni che saranno effettuate.

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Il parametro fondamentale è il rapporto fra i valori al netto dell’ effetto fiscale delle parti , A e B, coinvolte nella transazione

Δ=(1-STRA)/(1-STRB)

e ragionevolmente possiamo formalizzare il rischio indotto R(Δ) con la funzione:

R(Δ) = 0 se Δ ≤ 1

R(Δ) = Ln(Δ) / Ln(Δ+h) se Δ > 1, h > -1

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Torniamo all’esempio trattato sopra utilizzando R(Δ) con h=0.4, Δ = 0.80/0.70 = 1.14, R(Δ)=30%, Rischio = 4.5€ * 30% = 1.37€.

Il Rischio Bilaterale sull’ Appartenenza dei Prezzi all’ Arm’s Length Range

Il transfer pricing pone sempre un problema di trade-off, cautelarsi verso l’ Amministrazione Finanziaria che controlla una filiale implica scoprirsi verso l’ autorità che controlla la controparte nella transazione. È quindi utile rivolgere l’ attenzione allo studio del rischio dei singoli rapporti bilaterali fra le consociate del gruppo. Nel paragrafo precedente abbiamo definito un modello del rischio legato alle plusvalenze fiscali che vengono determinate dal differenziale di tassazione, adesso definiamo un modello del rischio bilaterale che due soggetti consociati si assumono.

Le due parti sono tenute a dimostrare che i prezzi applicati alle transazioni appartengano all’ arm’s length range sia in relazione al prezzo di vendita sia al prezzo di acquisto.

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La parte venditrice sarà incentivata ad alzare il prezzo di vendita per abbassare il livello di rischio mentre la parte acquirente sarà incentivata ad abbassare il prezzo. Muovendovi lungo l’ asse dei prezzi potete vedere che la linea blu (rischio di A) si abbassa ma quella rossa (rischio di B) si alza. Il rischio del gruppo è la somma del rischio di A col rischio di B e quindi l’ obiettivo di gruppo è di minimizzare la somma dei due rischi. Il punto ideale è l’ intersezione delle due linee e quindi il prezzo relativo è quello che minimizza il rischio per il gruppo.

Il modello analitico ha la seguente forma:

Rischio di A: exp(prezzo – h)

Rischio di B: exp(prezzo – k)

Exp indica la funzione esponenziale.

Dove h e k esprimono l’ atteggiamento dell’ Amministrazione Finanziaria (AF) locale sulla posizione dei prezzi nell’ arm’s length range. (nell’ esempio l’ AF di B richiede che i prezzi siano concentrati intorno alla mediana mentre quella di A accetta una dispersione maggiore).

Il prezzo che minimizza la somma dei rischi è dato da Prezzo = (h – k)/2.

4. Conclusioni

In questo articolo abbiamo parlato di rischio fiscale, inteso come rischio di subire degli accertamenti, e lo quantifichiamo conoscendo le sanzioni e ipotizzando l’ entità dell’ aggiustamento ai prezzi che effettuerebbe l’ Amministrazione Finanziaria (in mancanza di dati storici sugli aggiustamenti utilizzeremo l’ entità massima). Sappiamo però che il transfer pricing ci espone anche ad un rischio operativo, quello di remunerare non appropriatamente assets, rischi e funzioni, rispetto al quale i gruppi sono meno sensibili ma che potrebbe in alcuni casi avere un valore monetario assai maggiore di quello del rischio fiscale.

Note

3. Agenzia delle Entrate, Direzione Centrale Accertamento Prot.2010/137654: Attuazione della disciplina di cui all’ art.1, comma 2-ter del decreto legislativo 18/12/1997 n.471.

2. OECD 2012 – Dealing Effectively with the Challenges of Transfer Pricing.

3. Cassazione 27.2.2013 n.4927 par. 4.7; Gianluca Odetto 28.2.2013, Royalties a rischio transfer pricing, Eutekne.it.