Economia

Il Bilancio di Competenze

di Ivana Colombo

1. Uno strumento innovativo

In un mercato del lavoro complesso e in continua evoluzione il bilancio di competenze può costituire un utile strumento sia per i lavoratori sia per le imprese. Il riconoscimento delle competenze sviluppate nell’esperienza lavorativa può agevolare le persone nell’elaborazione di un progetto di sviluppo professionale o nella gestione di una fase di transizione occupazionale. Per le imprese può invece costituire uno strumento efficace per la valorizzazione, ma anche il reperimento come si vedrà, delle risorse umane più adatte.

Il bilancio di competenze nasce in Francia nella seconda metà degli anni ‘80 e si diffonde nel Paese a partire dai primi anni ’90 (1), principalmente per ricollocare donne uscite dal mercato del lavoro soprattutto per motivi di cura (figli piccoli, parenti anziani), attraverso l’istituzione della metodologia della riqualificazione. In seguito sviluppi sistematici in altre categorie e ambiti all’utilizzo del bilancio di competenze sono stati sostenuti in modo ufficiale dal Ministero del Lavoro francese.

La legge francese del dicembre 1991, il conseguente decreto attuativo dell’ottobre 1992 e alcune circolari successive hanno definito le finalità, i diritti del lavoratore e della lavoratrice che ne beneficia, le condizioni di realizzazione metodologica e deontologica, i “frutti” del bilancio e le modalità di utilizzo, la durata, le condizioni e gli obblighi degli organismi e delle strutture che erogano il servizio. È un diritto di ogni lavoratore/lavoratrice, che può usufruirne a intervalli predeterminati nel corso della propria vita professionale (di norma ogni 5 anni, oppure in concomitanza a cambiamenti di lavoro o di posizione) effettuandone richiesta all’organismo paritetico che gestisce i congedi per il bilancio: è gratuito per il lavoratore/lavoratrice che, se occupati, vengono regolarmente remunerati come se fossero sul posto di lavoro durante la realizzazione della stesura del bilancio stesso, che può avere una durata variabile tra le 16 e le 24 ore, limite stabilito dalla legge come durata massima di un bilancio retribuito.

Il bilancio di competenze in Francia viene erogato da strutture specialistiche, i CIBC (Centres Interinstitutionnelles de Bilan de Compétences), che operano in rete con altri servizi e hanno una articolazione territoriale, mentre in Italia il bilancio di competenze non ha per ora incontrato molta diffusione, a causa soprattutto di una scarsa cultura dell’orientamento. Le risorse economiche stanziate dal Fondo Sociale Europeo (FSE) previste per sostenere la diffusione dell’orientamento nei Paesi membri, in Italia sono state volutamente dirottate al sostegno alla disoccupazione, assumendo così la funzione di ammortizzatore sociale più che di politica attiva a sostegno della ricerca del lavoro, sia nel caso si tratti di ricerca di primo impiego sia nel caso si tratti di formazione orientata al sostegno di una nuova occupabilità.

2. Modello delle competenze ISFOL e certificazione

Secondo Quaglino, il maggiore esperto italiano di formazione professionale (2), l’insieme delle competenze è dato da alcune caratteristiche, riscontrabili e classificabili in ciascun lavoratore, basate su tre “saperi” di base (3):

● Sapere               ciò che si sa, che si è appreso (studi effettuati)

● Saper fare         metodologie, operatività acquisite (abilità sul campo)

● Saper essere    atteggiamento (orientamento mentale).

A livello nazionale l’Isfol, Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (4), identifica e circoscrive tre macro aree secondo cui raggruppare le competenze: Competenze di base, Competenze tecnico-professionali, Competenze trasversali.

Competenze di base – Le competenze che permettono alle persone di aumentare la propria “occupabilità” (la probabilità di inserirsi nel mercato del lavoro); sono allo scopo ritenute fondamentali:

– conoscenza linguistica (in particolare l’inglese)

– conoscenze informatiche

– organizzazione aziendale

– diritto del lavoro

– economia del lavoro.

Competenze tecnico-professionali – Si tratta delle competenze relative alle specifiche attività lavorative, riferite ai vari settori professionali.

Competenze trasversali – Le competenze che “trasversalmente” possono essere messe in atto per attività sia semplici che complesse, riguardano prevalentemente il rapporto che la persona ha con l’ambiente di lavoro, i compiti da svolgere, gli aspetti emotivi delle relazioni lavorative, quali acquisizione di informazioni e ampliamento dei propri quadri di riferimento sulle tendenze del mercato del lavoro, le prospettive occupazionali locali, le professioni e i percorsi di formazione, attraverso l’acquisizione di chiavi di lettura del sistema delle professioni, la verifica del rapporto tra risorse personali e professionali e contesti nei quali poter operare, non disgiunte da una certa riflessione sulle ipotesi di progetto elaborate, che si possono così schematizzare:

Competenze realizzative e operative: si riferiscono al modo in cui si eseguono compiti di diversa natura. Indicano se la persona è efficiente, scupolosa, dotata di spirito d’iniziativa.

Competenze di assistenza/servizio: misurano il desiderio di aiutare gli altri, nel tentativo di comprenderne le preoccupazioni, interessi e bisogni. Indicano se la persona possiede sensibilità e orientamento all’utente.

Competenze d’influenza: rilevano l’interesse ad avere influenza o effetto sugli altri (senza manipolarli). Indicano se la persona è persuasiva, trainante nel rapporto con gli altri, capace di costruire una rete di contatti e se possiede doti relazionali spiccate.

Competenze di efficacia personale: evidenziano aspetti di maturità della persona. Indicano se possiede fiducia in sé, autocontrollo, resistenza allo stress, resilienza, adattabilità ed elasticità mentale.

Competenze manageriali: esprimono la capacità di avere effetti rilevanti sul posto di lavoro. Indicano se la persona è capace di far crescere professionalmente le persone che le sono affidate (senza temerne il sorpasso), se possiede attitudine al comando e al lavoro in gruppo, se sa essere un buon capo/capa.

Competenze cognitive: indicano la tendenza dell’individuo ad applicare la propria intelligenza nelle situazioni di lavoro. Segnalano se la persona possiede pensiero autonomo, capacità di ragionamento, introspezione e di definire i problemi cogliendone gli aspetti salienti.

Riassumendo, il Bilancio può essere definito come una specie di inventario su quanto già fatto e di quanto è possibile fare, raggruppando e analizzando quanto appreso dall’utente attraverso: istruzione formale (scuola), informale (Convegni, incontri di studio, Conferenze), competenze acquisite nella vita di tutti i giorni esercitate da autodidatta o in attività svolte nel tempo libero. Si tratta in sostanza di favorire i nessi nella preparazione personale individuando quali possano essere organizzati professionalmente o potenziati per diventarlo, in linea con le attitudini del soggetto, conciliandole quanto più possibile con le esigenze di mercato per renderle maggiormente fruibili sia per le aziende sia per i lavoratori. Mettere in relazione le competenze al fine di verificare la loro potenzialità e trasferibilità, in sostanza fermarsi a riflettere con qualcuno che ci aiuta a farlo (il consulente di bilancio) attraverso la ricostruzione di una biografia professionale (5), ma anche personale, riesaminando il proprio percorso professionale sotto una lente di ingrandimento. I punti di debolezza devono essere visti come aree di implementazione e potenziamento della capacità, in un’ottica di rafforzamento delle competenze e della loro spendibiiità sul mercato, attuale o, per quanto possibile, in previsione futura.

3. Il ruolo del consulente di bilancio

È quello di facilitare, sostenere e accompagnare il processo di emancipazione individuale, tenendo conto della persona che ha davanti nella sua globalità e degli obiettivi che deve o vuole raggiungere, usando discrezionalità nella conduzione del percorso e nella scelta di modalità e strumenti di lavoro, permettendo all’interessato di scoprire progressivamente, da sé stesso, le realtà che lo riguardano. Di fatto ha il compito di condurre un colloquio secondo alcune tecniche e un’etica coerenti tra loro, ascoltando con empatia il suo interlocutore, stabilire una relazione di fiducia connotando positivamente gli eventi, scegliendo e utilizzando gli strumenti in funzione dell’utente e della situazione.

Sarà fondamentale che il counselor (consulente) sappia variare i suoi atteggiamenti in funzione del momento, dell’obiettivo, dell’interlocutore, riesca a calibrare il colloquio in funzione dell’obiettivo, a formulare domande per chiarificare un problema e conoscere i diversi tipi di riformulazione, distinguere la descrizione di un problema dalla sua soluzione, separare i fatti dai sentimenti e dai giudizi, rendere il proprio interlocutore attore della propria valutazione, distinguere la sua analisi da quella dell’interlocutore, permettere all’utente di esprimere il suo stile di scelta, condurre il soggetto a identificare le proprie competenze e le condizioni di trasferibilità, proporre delle ipotesi interpretative che il soggetto è tenuto e chiamato a discutere e a trasformare in progetto.

Da un punto di vista strettamente personale, è possibile che possano far gola posizioni che in realtà mal si accordano con le reali competenze del soggetto, come è anche possibile che vengano trascurate aree di possibile sviluppo di competenze di una professione, per mancanza di convinzione o di conoscenza di una propria abilità latente, che, se adeguatamente stimolata, può dare valorizzazione, diventando professionalmente utile oltre che personalmente gratificante. Risulta necessario e decisivo potenziare nel soggetto l’autovalutazione e affinarne la capacità di individuare realistiche opportunità di sviluppare la propria professionalità, a partire semplicemente da una classificazione dei propri interessi, anche quelli riscontrati nella vita quotidiana come inclinazioni potrebbero diventare in seguito capacità consolidate.

4. Bilancio di Competenze: uno strumento pensato per le politiche attive del lavoro

Il Bilancio di Competenze può essere considerato uno strumento di politica del lavoro in grado di sostenere e migliorare la capacità degli individui di gestire la propria storia lavorativa e personale.

 Il Bilancio di Competenze può essere però anche un efficace dispositivo di gestione delle risorse umane, utile per esempio nell’ambito dei piani di formazione delle aziende che mirano ad avere una visione completa delle competenze disponibili al loro interno, al fine di una efficiente ed efficace riorganizzazione del personale. Sebbene in Italia l’utilizzo del Bilancio sia ancora molto limitata, non mancano sperimentazioni in ambiti regionali nella convinzione che questo strumento sia più di un intervento di tipo sociale in seno a strategie di outplacement professionale in relazione alle modificazioni del mercato del lavoro. Nel 2000, periodo in cui questo dispositivo muoveva ancora i primi passi in Italia, il bilancio di competenze si è visto riconosciuto un valore aggiunto al proprio bagaglio operativo di strumenti e metodi di consulenza orientativa già presenti al suo interno ed è uno tra gli scopi principali della FECBOP – Federazione Europea dei Centri di Bilancio e Orientamento Professionale, costituitasi nel mese di giugno del 2005.

La FECBOP riunisce organismi che a livello europeo erogano percorsi di Bilancio e orientamento con riferimento alla “Carta Qualità Europa Bilancio di Competenze”, all’interno della quale sono descritti gli standard operativi relativi sia agli aspetti metodologici sia a quelli legati alla struttura che eroga il servizio di bilancio. Sempre più spesso si acquisiscono competenze sui luoghi di lavoro (non formal learning) e in contesti di vita privata, tempo libero e volontariato (informal learning) (6).

Si fa strada l’esigenza di riconoscere, validare e certificare tali apprendimenti in funzione della loro trasferibilità in contesti professionali diversi da quelli in cui sono stati acquisiti.  Con la DGR n. 152-3672 del 02/08/2006 la Regione Piemonte ha approvato Il Sistema Regionale degli Standard Formativi declinato per competenze, descrivendo principi e modalità relative alla certificazione degli apprendimenti informali e non formali da parte dei soggetti erogatori dei servizi formativi, e alla registrazione della certificazione sul Libretto Formativo del Cittadino (7), attualmente oggetto di sperimentazione in alcune regioni italiane (tra le quali Lombardia, Toscana, Trentino). Molti sono attualmente i tavoli di discussione aperti sull’argomento, alcuni dei quali coordinati dall’Isfol (8), altri attivati soprattutto a livello regionale e locale successivamente al Decreto n. 174/2001 del Ministero del Lavoro che, in adempimento a quanto previsto dall’Accordo Stato-Regioni del 18 febbraio 2000, ha definito le procedure per l’avvio di un sistema nazionale di certificazione di competenze nella formazione professionale, al fine di garantire la trasparenza dei percorsi formativi (9).

A chi è indirizzato principalmente il bilancio di competenze:

–          Giovani, con esperienze lavorative alla ricerca di un inserimento più soddisfacente.

–          Disoccupate/i,  con esperienza consolidata formale e/o informale,  fuori dal lavoro da poco tempo per riduzione di organico o per scelta personale alla ricerca di una nuova collocazione lavorativa in mobilità – in transizione da un lavoro ad un altro durante la vita lavorativa o per mantenere vivi interessi o per motivi economici.

–          Occupate/i, In fase di cambiamento o di riprogettazione personale o presentate da aziende

In Cassa integrazione, persone che non accettano quasta condizione e che si stanno muovendo autonomamente verso una ricollocazione

–          Neo pensionate/i, Che vogliono ricollocarsi per mettere a frutto competenze professionali acquisite (e consolidate).

5. Il bilancio di competenze visto dall’azienda

Per un’azienda gli obiettivi utili possono essere quelli di:

– conoscere e valorizzare le risorse esistenti (fare una “mappatura”);

– gestire una corretta pianificazione dell’organizzazione delle risorse umane;

– definire il sistema “premiante” in rapporto agli obiettivi e alle strategie dell’impresa stessa (ad esempio attraverso incentivi economici);

– avere indicazioni per gestire le risorse umane in termini di sviluppo e coaching;

– individuare risorse suscettibili di impiego diversificato, verso nuovi ruoli professionali o verso più alti livelli di responsabilità, ma anche risorse capaci di affrontare il cambiamento organizzativo;

– sostenere e integrare il processo di analisi e valutazione della posizione lavorativa e della performance.

Le aziende considerano da tempo troppo costoso fare formazione e delegano il compito principalmente alla formazione, pregressa o continua. Diventa fondamentale per gli individui provvedere in modo sistematico all’individuazione di ciò che è produttivo imparare; in momenti di crisi rimane fondamentale studiare ed essere preparati per aumentare le possibilità di impiego, ma è ancora più importante sapere cosa studiare. Sul mercato del lavoro, nell’ultimo decennio in particolare, sono maggiormente richieste le competenze soft, quelle che non richiedono il dispendio di forza fisica, nelle quali sono maggiormente qualificate le donne, che risultano secondo gli ulitimi dati ISTAT sempre più istruite rispetto agli uomini, per se ancora relegate in determinati settori, considerati “tradizionali” per l’impiego femminile.

Note

(1)     EFFE – Espace de femmes pour la formation et l’emploi, (2000), Dalla biografia al progetto: bilancio-portfolio di competenze, presentazione all’edizione italiana di Duccio Demetrio, Torino, Rosenberg & Sellier, Traduzione di Suzanne Metthez.

(2)     Demetrio D. (1995), Per una didattica dell’intelligenza: il metodo autobiografico nello sviluppo cognitivo, Milano, Franco Angeli.

(3)     Quaglino (1990) la definisce come: “La qualità professionale di un individuo, in termini di conoscenze, capacità e abilità, doti professionali e personali.”. In questa definizione emerge l’insieme di quel sapere, saper fare e saper essere che la persona ha acquisito nell’arco della sua vita professionale (breve o lunga che sia) e di esperienze personali.

(4)     Il 15 gennaio 1972 con Decreto del Presidente della Repubblica, n. 10, art. 17, comma ultimo è stata prevista la costituzione dell’Isfol, sancita con Decreto del Presidente della Repubblica, n. 478 del 30 giugno 1973. L’Istituto opera nel campo della formazione, del lavoro e delle politiche sociali, al fine di contribuire alla crescita dell’occupazione, al miglioramento delle risorse umane, all’inclusione sociale e allo sviluppo locale. L’Isfol svolge e promuove attività di studio, ricerca, sperimentazione, documentazione, informazione e valutazione. Fornisce supporto tecnico-scientifico allo Stato, alle Regioni e agli Enti locali. Fa parte del Sistema Statistico Nazionale (Sistan) e collabora con gli organismi e le istituzioni comunitarie. Svolge il ruolo di assistenza metodologica e scientifica per le azioni di sistema del Fondo sociale europeo.

(5)     Demetrio D. (1996), Raccontarsi: l’autobiografia come cura di sé, Milano, Raffaello Cortina.

(6)     Laterza D. – Scarcella L. (2012), La valutazione delle competenze, Milano, Franco Angeli.

(7)    “[…] Con il termine “formazione degli adulti” si intendono sia le attività di istruzione e formazione permanente rivolte a tutti i cittadini sia le attività di formazione continua. Nel primo caso si tratta di attività che prescindono dall’età, dal ceto sociale e dalla condizione professionale dell’individuo ed hanno lo scopo di favorire l’occupabilità e facilitare l’esercizio di una vera cittadinanza attiva. In particolare, le attività di istruzione permanente implicano l’acquisizione di competenze di base generali mentre la vera e propria formazione permanente rimanda a competenze pre-professionalizzanti maggiormente connesse al mondo del lavoro per l’inserimento professionale nella società della conoscenza. Quando si parla di formazione continua, invece, ci si riferisce più specificatamente alla formazione sul lavoro e quindial la riqualificazione professionale e all’attività di aggiornamento del lavoratore. In questo ambito rientra la formazione degli occupati che abbia carattere di sviluppo e completamento (aggiornamento e perfezionamento) di competenze professionali già acquisite. Le attività possono essere finanziate sia dalle imprese per i propri dipendenti, sia sostenute da fonti finanziarie diverse (finanziamenti di tipo pubblico o privato) e destinate ai singoli lavoratori che, a prescindere dalle esigenze della propria azienda, vogliano autonomamente accedere a percorsi formativi che supportino il loro sviluppo professionale. Si tratta quindi di attività formative rivolte ai soggetti adulti, occupati o disoccupati, al fine di adeguarne o di svilupparne conoscenze e competenze professionali, in stretta connessione con l’innovazione tecnologica ed organizzativa del processo produttivo e in relazione ai mutamenti del mondo del lavoro […]”. Fonte: www.isfol.it.

(8)     Il Libretto è uno strumento ideato per raccogliere e documentare le esperienze di apprendimento dei cittadini e le competenze acquisite in contesti formali, non-formali e informali. Tra il 2007 e il 2010 la sperimentazione ha interessato 13 Regioni e Province Autonome con modalità differenziate nei diversi contesti regionali; i risultati sono stati incoraggianti fornendo una metodologia di erogazione e alcuni standard di servizio per l’utilizzo dello strumento e pur essendo l’approvazione del modello di Libretto Formativo del cittadino, contenuta già nel d.lgs. n. 276/2003, art. 2, comma 1, lett. i), stenta a decollare pur essendo uno strumento istituzionale, finalizzato, nelle intenzioni del legislatore, a un utilizzo distribuito lungo tutto l’arco di vita, nell’ambito dei diversi percorsi di apprendimento e di carriera.

(9)     Da un punto di vista istituzionale le recenti novità legislative (Legge di Riforma del Mercato del Lavoro, legge n. 92/12 ed il Decreto sul Sistema Nazionale di Certificazione delle competenze d.lgs n. 13 del 16/01/13) iniziano a delineare un quadro in cui potranno essere finalmente inserite le numerose esperienze condotte a livello nazionale attraverso la definizione di norme comuni e standard di riferimento. A livello europeo, il 20 dicembre 2012 è stata pubblicata la Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea sulla validazione dell’apprendimento non formale e informale con la quale gli Stati membri sono sollecitati ad istituire sistemi nazionali per la validazione dell’apprendimento non formale e informale entro il 2018. Isfol fornisce consulenza istituzionale e supporta da un punto di vista tecnico il percorso di sperimentazione e adozione del Libretto formativo del cittadino avviatosi a partire dal 2005.