Economia

L’Utilizzo delle Basket-Options nelle Strategie Fiscali e Finanziarie

(di Alessio Rombolotti)

Le basket-options sono contratti, eseguiti fra banca e cliente, utilizzati per i vantaggi fiscali[1] e finanziari offerti. Il loro funzionamento prevede che la banca venda al cliente un prodotto denominato “opzione” il cui rendimento è rappresentato dai profitti generati da un paniere (basket) di titoli finanziari tenuti in un apposito conto. Il paniere però non è fisso, continua a cambiare di composizione in funzione delle operazioni di vendita e acquisto effettuate direttamente dal cliente, anche se il conto e i titoli sono tenuti in nome della banca. Il cliente è tenuto a rispettare alcuni vincoli imposti dalla banca sulle operazioni di trading e solitamente partecipa col 10% del capitale necessario per comprare i titoli mentre la banca finanzia il 90%.

La struttura del contratto è ideata per far apparire che sia la banca a detenere la proprietà dei titoli, anche se le operazioni e le decisioni di acquisto e vendita, entro i vincoli definiti, sono prese in completa autonomia dal cliente, che per tali operazioni utilizza il sistema informatico di trading della banca. I clienti sono hedge-funds che beneficiano di tutti i profitti generati dalle operazioni, ma che da una parte redigono un accordo di consulenza con la banca per la gestione del paniere e dall’altra aprono una specifica società che appare come detentrice dell’opzione, in questo modo ll fondo cerca di sostenere, senza molto successo, che trader e detentore dell’opzione siano indipendenti.

Queste basket-options vengono esercitate oltre 365 giorni dalla loro creazione e questa tempistica permette la tassazione relativa ai capital-gains di lungo termine, ben minore di quella sulle plusvalenze finanziarie prodotte nel breve termine[2]. Quindi il detentore dell’opzione ha pagato il premio che gli da il diritto di acquisire tutti i profitti generati dalle operazioni di trading, che però sono profitti prodotti da acquisti e vendite molto frequenti, mediamente 100,000 (centomila) operazioni al giorno, chiaramente generati nel breve termine. Quando il detentore esercita l’opzione la banca gli trasferisce i profitti in un’unica transazione, che essendo avvenuta oltre l’anno appare caratterizzabile come transazione di lungo termine.

Ovviamente ci sono anche i rischi derivanti dalle eventuali perdite. Formalmente sono assunti dalla banca, che però, veicolando sul proprio sistema informatico gli ordini di compra-vendita, è in grado di bloccare le operazioni qualora le perdite raggiungessero il valore del prezzo dell’opzione pagato dal cliente. In questo modo la banca incassa tutte le commissioni sulle numerose transazioni senza essere esposta ad un rischio significativo.

Ma un favorevole trattamento fiscale non è il solo scopo delle basket-options, anche la possibilità di superare i limiti d’indebitamento imposti dagli enti regolatori è un beneficio di questi prodotti. Dopo la crisi del ’29 il Congresso americano impose un tetto ai broker-dealers[3], che impedisce di prestare ai propri clienti non più di un dollaro per ogni dollaro depositato sul conto dallo stesso cliente, quindi un leverage-ratio di 1:2. Con le basket-options il conto è intestato alla banca e il capitale per acquistare il 90% dei titoli appare utilizzato per proprio conto e non è quindi contabilizzato come debito dal cliente. In realtà la banca sta finanziando il cliente, determinando un effettivo leverage-ratio di 1:10. C’è da dire che solitamente i profitti medi di un’operazione sono bassi e gli hedge-funds hanno bisogno di aumentare il leverage-ratio per mantenere una redditività soddisfaciente.

l’Internal Revenue Service[4] ha chiarito in una nota che le basket-options non “funzionano” come opzioni e non vanno trattate fiscalmente come tali, il GLAM (generic legal advice memorandum) ha indotto le banche americane ad interrompere la vendita di basket-options per fini fiscali, fondamentalmente obbligando l’esercizio dell’opzione prima della scadenza dell’anno, ma continuano ad essere utilizzate per mantenere un leverage-ratio superiore al tetto imposto dai regolamenti.

[1] Nelle giurisdizioni fiscali in cui esiste un significativo differenziale fra tassazione sui capital-gains a breve termine e tassazione su quelli a lungo termine.

[2] Negli Stati Uniti l’aliquota di lungo termine è 15/20% mentre le plusvalenze di breve termine sono soggette all’aliquota corrente del contribuente, indicativamente 35/40%.

[3] Un broker-dealer è una società autorizzata a comprare e vendere titoli finanziari per conto proprio (dealer) e per conto di clienti terzi (broker).

[4] L’Internal Revenue Service (IRS) è l’Autorità Fiscale degli Stati Uniti.