Economia

La natura del bene arte

di Marco Guenzi

Ad ognuno di noi sarà capitato di trovarsi davanti a qualche opera d’arte contemporanea, come ad esempio i conosciutissimi “tagli” di Fontana, e di domandarsi non solo quale sia il significato di tale opera, ma soprattutto perché essa sia tanto preziosa (una constatazione che spesso ricorre nella mente dello spettatore è quella di dire: “lo potevo fare anch’io..!”).

L’intento di questa nuova rubrica è quello di cercare di rispondere a questa e altre domande, cercando di approfondire la conoscenza dell’arte contemporanea, non tanto come fenomeno culturale, sociale e antropologico, il cui studio è demandato a critici e storici della materia, ma come bene economico oggetto di scambio su un mercato. In questo senso un’analisi attenta non può prescindere dal considerare l’arte per quello che essa realmente è, e cioè non solo una forma di bene commerciabile che assume un valore sul mercato, ma anche un fenomeno complesso, che ha radici in discipline umanistiche e tecniche che con l’economia hanno ben poco a che spartire.

In particolare in questo articolo introduttivo si intende accennare a tutta una serie di questioni in cui si incorre quando ci si addentra nella materia oggetto di questa rubrica, l’economia dell’arte, e che troveranno successivamente modo di essere approfondite in questa sede.

Uno

Quando si parla di arte contemporanea in realtà spesso non si ha ben chiaro il concetto a cui ci si riferisce. Essa infatti risulta essere intrinsecamente un bene di difficile individuazione[1]. Il primo problema in cui si incorre è legato a questioni di natura filosofica: cosa significa “arte”? Quando un oggetto, un’azione, un pensiero, una rappresentazione può essere considerata tale? Cosa contraddistingue ciò che è arte da ciò che non lo è?[2]. La risposta non è né chiara, né univoca. Si può dire che da un punto di vista economico un’opera d’arte è qualsiasi oggetto “originale” (e non una riproduzione dell’oggetto stesso[3]) vendibile sul mercato dell’arte.

Due

Cosa comprende allora il mercato dell’arte? Si può dire che il mercato dell’arte è quell’insieme di luoghi ed  eventi preposti al commercio di opere d’arte. Una bancarella che vende ritratti di personaggi famosi in Piazza del Duomo a Milano fa parte di tale mercato? Si ritorna allora alla questione originaria. Che cosa è l’arte?

Tre

L’opera d’arte (visiva) si differenzia dalle altre forme artistiche per cui vige il diritto d’autore (come ad esempio la musica, la letteratura, il cinema, il teatro) in quanto rappresenta un bene unico (tranne nel caso di opere riproducibili come stampe, fotografia e video, che però hanno in genere un numero limitato di copie, tutte da considerarsi come originali). In primo luogo ne consegue che il valore di un’opera d’arte è di per sé sia aleatorio, che poco determinabile. Un’altra conseguenza è che domanda e offerta fanno fatica ad incontrarsi, rendendo tale mercato particolarmente illiquido.

Quattro

Il valore di un opera d’arte è aleatorio in quanto non esiste un prezzo di mercato istantaneo (spot). La caratteristica di unicità dell’opera implica oltre alla difficoltà di valutazione, l’impossibilità di avere una sua quotazione continua (mark-to-market), come invece avviene per le commodity o i titoli finanziari[4].

Cinque

Il valore di un’opera, in quanto bene reale (e non nominale) non è soggetto all’erosione da parte dell’inflazione. Esso si rivaluta insieme all’indice dei prezzi. Tuttavia questa considerazione non può essere esaustiva, perché in realtà ci sono opere che si rivalutano ben di più del tasso di inflazione, e altre invece che perdono valore nel tempo.

Sei

Si pensi a un quadro di Picasso: nel 1900 poteva costare 10 o 100 dollari, adesso lo stesso quadro magari ne vale 10 o 100 milioni. Perché? Eppure l’oggetto è sempre lo stesso.. Il valore di un opera d’arte è poco determinabile poiché non dipende né dal valore del materiale che la costituisce né dai costi e dai tempi di fabbricazione. Che cosa è allora indice del valore di un’opera? Si può  paradossalmente dire che sul lungo periodo ciò esprime il valore di un’opera è il suo prezzo di vendita (e non il contrario) [5] e che ciò che è indice del prezzo è la sua qualità.

Sette

La qualità di un opera dipende dalla capacità di generare “processi di senso”[6]. La valutazione del senso di un lavoro artistico è sottoposto al vaglio di chi opera nel sistema dell’arte[7]: in ultima analisi il valore e i prezzi dell’arte contemporanea vengono determinati dal sistema dell’arte e dalle dinamiche che vigono al suo interno, che conferiscono una sorta di “fiducia condivisa” all’artista e all’opera[8].

Otto

Nel breve e medio periodo, poiché le opere d’arte non hanno prezzi spot, si può dire invece che il valore viene a dipendere da segnali che il mercato riceve dal sistema arte e in ultima analisi dalle politiche di marketing degli intermediari che vi operano. Queste hanno l’effetto di aumentare la volatilità dei prezzi delle opere e creare bolle speculative sul mercato, rendendo l’investimento in arte sconveniente e rischioso per coloro che non ne conoscono le dinamiche interne[9].

Nove

L’arte visiva trattasi di un bene durevole (fanno eccezione le performance e talune installazioni)[10] e in quanto tale soggetto allo scambio non solo in un mercato primario, ma anche in uno secondario (sebbene su quest’ultimo mercato in genere sono scambiate le opere dei soli artisti quotati).

Dieci

Poiché, come si è visto, l’opera d’arte è un bene che tende a mantenere il suo valore nel tempo (e a volte può apprezzarsi anche considerevolmente), essa costituisce quindi una forma di investimento. Da questo punto di vista la valutazione della sua appetibilità dipende dal rendimento atteso e dal grado di rischio percepito dagli investitori rispetto a quelli dei possibili investimenti alternativi. In questo senso l’arte è da considerarsi un bene rifugio, al pari di altri asset di copertura (hedge) come ad esempio l’oro, in quanto debolmente correlata alle altre forme di investimento e capace di diversificare il portafoglio.

Undici

Il mercato dell’arte (contemporanea) è sia locale che globale. Il collezionista per comprare un’opera deve generalmente prima poterla apprezzare di prima persona. Il mercato degli artisti emergenti o poco noti si può considerare quindi di tipo locale, mentre quello degli artisti affermati, le cui opere viaggiano e sono conosciute a livello planetario, è di tipo globale[11].

Dodici

L’arte, oltre a essere un bene di investimento (art stock), è un bene di consumo (art service). Il consumo del bene arte fa capo in primis ad un bisogno di tipo culturale. Da questo punto di vista gli individui che consumano il bene arte hanno in genere un’utilità marginale crescente. Tanto più un estimatore conosce la materia, tanto più trarrà piacere nell’apprezzare un’opera (l’arte è un prodotto, come il vino, per intenditori). In quest’ottica vi sono delle istituzioni (musei pubblici e privati) che detengono o chiedono in prestito ai collezionisti l’art stock per offrire l’art service al pubblico.

Tredici

La domanda di opere d’arte non dipende solamente da fattori quali il ritorno in termini finanziari o la valenza estetica/culturale. L’arte (o meglio “certa” arte) costituisce anche una importante forma di emancipazione sociale, di status symbol (in termini economici un bene di lusso o di Veblen[12]), caratterizzato da un brand conosciuto dentro e fuori dal mondo dell’arte.

Quattordici

L’arte è un bene dove è la qualità, e non il prezzo, il fattore discriminante nella scelta d’acquisto. Il prezzo viene ad assumere allora la valenza di un indicatore intrinseco della qualità dell’opera, con riflessi diretti sulla configurazione della domanda. Se un collezionista (escludendo i più avvezzi, dotati di capacità di giudizio e di gusto personale) vedesse un’opera che costasse troppo poco, comincerebbe infatti a dubitare del suo valore e probabilmente deciderebbe di non acquistarla.

Quindici

Per una sorta di senso di identità collettiva (si può dire quasi per deontologia professionale) l’attività creativa degli artisti dovrebbe in teoria essere slegata da obiettivi di profitto e dal tentativo di assecondare la domanda del mercato, venendo invece a dipendere da motivazioni di natura psicologica, socio-culturale, e politica alla base del bisogno di espressione e di denuncia[13]. In realtà non sempre è così, e purtroppo gli artisti più prettamente mossi da interessi economici sono, ceteris paribus, preferiti dalle gallerie e hanno più possibilità di affermarsi.

Sedici

Il mercato dell’arte contemporanea è una forma di concorrenza monopolistica, dove vi sono molti competitor, gli artisti, ma ciascuno offre un prodotto molto differenziato. Il livello dei prezzi tuttavia è slegato dai costi di produzione, che fungono tuttavia da barriera all’entrata per la produzione di opere dispendiose[14]. Nei segmenti più bassi del mercato non vi è tuttavia domanda, per cui molti artisti producono in perdita. In genere i costi marginali, cioè le risorse necessarie a produrre una nuova opera, sono crescenti, in quanto l’inventività di un’artista presenta rendimenti di scala decrescenti cioè risulta essere limitata.

Diciassette

Quando si parla di mercato dell’arte in realtà dunque si parla di numerosissimi segmenti, diversi l’uno dall’altro, che si influenzano in qualche modo reciprocamente. La segmentazione del mercato si basa sulla base sia delle caratteristiche intrinseche del prodotto (artista, tecnica, genere, dimensioni, corrente artistica e periodo storico), che della domanda (reddito, motivazione sottostante l’acquisto e tipologia di acquirente) e dell’offerta (prezzo di vendita, motivazione dell’artista e tipologia di intermediario).

Diciotto

Sul mercato dell’arte domanda e offerta hanno difficoltà ad incontrarsi, così è nata tutta una serie di intermediari (che insieme ad artisti e collezionisti costituiscono il citato sistema dell’arte) che offrono servizi integrativi in modo da creare valore aggiunto nel settore. I guadagni di tali intermediari costituiscono d’altra parte dei costi supplementari per le controparti e vengono quindi chiamati costi di transazione. Costi di transazione elevati sono indice dell’inefficienza del mercato, cioè della sua incapacità di funzionare in maniera autonoma.

Diciannove

Il mercato dell’arte allo stato attuale non risulta, se non in minima parte, regolamentato. Ciò rende possibile per alcuni intermediari di beneficiare di gran parte del surplus presente su questo mercato, a danno delle categorie degli artisti e dei consumatori/investitori, con il risultato di produrre forti distorsioni nei meccanismi sia di determinazione dei prezzi delle opere, che di selezione degli artisti. Ne consegue una ovvia ricaduta del valore culturale della produzione artistica.

Venti

Last but not least, l’arte (nella sua dimensione culturale) rappresenta un bene pubblico, e in quanto tale va tutelata, perché determina un incremento del grado di sviluppo e del benessere di una collettività. Il beneficio prodotto dalle opere d’arte di qualità non è nella maggior parte dei casi inglobato nel prezzo di prima vendita, ma semmai nel valore assunto successivamente dal bene. Ciò significa che l’artista di talento non è pienamente ricompensato in termini economici dell’utilità prodotta[15]. E’ quindi dovere dello Stato intervenire a favore di una tutela sia della qualità nella produzione dell’arte che della sua diffusione.

Considerazioni finali

L’opera d’arte è un bene che ha una valenza multipla. Essa rappresenta sia una forma di investimento, che una via di emancipazione sociale; sia una modalità di espressione personale che un mezzo di comunicazione culturale; un bene sia pubblico che privato; un oggetto sia di scambio che di discussione. Lo studio dell’arte contemporanea da un punto di vista economico non può quindi prescindere da questa pluralità di aspetti, che andranno presi in considerazione sia singolarmente che nel loro insieme, al fine di avere una visione sistemica di quelle che sono le leggi e i meccanismi economici che regolano questa strana realtà.

 


[1] Ciò è vero almeno dopo che Marcel Duchamp nel 1917 introdusse il concetto di ready made, facendo assurgere un orinatoio in disuso allo status di opera d’arte.

[2] Per un approfondimento cfr. Ferraris M. (2012), Arte perché certe cose sono opere d’arte?, La biblioteca di Repubblica, Roma, Ed. L’Espresso.

[3] Il confine di demarcazione tra il concetto di originale e quello di copia sta divenendo in realtà sempre più labile con l’introduzione delle tecniche di riproduzione computerizzata in 3D, che permette di clonare in maniera pressoché perfetta dipinti e sculture.

[4] Più che un prezzo di mercato possiamo avere per le opere d’arte degli indici di riferimento, costruiti con tecniche quantitative che si basano sulla teoria dei prezzi edonici (Hedonic Price Theory).

[5] Questa affermazione è vera se si considera un orizzonte temporale molto lungo: “Fu vera Gloria? Ai posteri l’ardua sentenza”, diceva il Manzoni.

[6] Sacco P. (1998), La selezione dei giovani artisti nei mercati delle arti visive, in Santagata W. (a cura di), Economia dell’arte: Istituzioni e mercati dell’arte e della cultura, Torino, Utet.

[7] Il sistema dell’arte è costituito dall’insieme di individui e istituzioni che operano in questo mondo, secondo ruoli più o meno specifici, e da un complesso sistema di relazioni in atto tra questi, che avviene in luoghi predisposti o nel corso di eventi periodici. Per un’analisi puntuale e irriverente del sistema dell’arte dal punto di vista antropologico, cfr. Thornton S. (2008), Il giro del mondo dell’arte in sette giorni, Milano, Feltrinelli.

[8] La fiducia sta alla base delle valutazioni di un bene che ha altrimenti ben poco di oggettivo: senza questa è difficile affermare che un trittico di Bacon debba valere, secondo i più recenti prezzi battuti all’asta (Christie’s, New York, 14 novembre 2013) 142,4 milioni di dollari.

[9] In termini economici si è in presenza di forti asimmetrie informative.

[10] Nel caso delle performance e di installazioni temporanee non trasportabili (si pensi ai lavori di Christo), ciò che assume valore ed è scambiabile sul mercato non è l’opera d’arte in sé, ma tutto ciò che la rappresenta o ne è testimone (un disegno,una fotografia, un video, un oggetto o materiale utilizzato..). In questo caso non si tratta di una riproduzione ma di una testimonianza.

[11] Questa affermazione è vera fino ad un certo punto. Infatti i collezionisti prediligono, per un principio di identità culturale o per orgoglio nazionalistico, comprare in generale gli artisti della loro stessa nazione. Mc Andrew C. (2009), Globalization and the Art Market: Emerging Economies in the Art Trade in 2008, Helvoirt, European Fine Art Foundation.

[12] T. Veblen (1899), La teoria della classe agiata, Torino, Einaudi.

[13] Una ricerca Ipso su un campione di 400 iscritti al premio Terna ha evidenziato che le motivazione primaria dell’attività artistica è per il 64% la soddisfazione personale di produrre arte, per il 20% di essere riconosciuti dal sistema e solo per l’11% il successo economico. Da A. Zorloni (2011), L’economia dell’arte contemporanea, Mercati, strategie e star system, Milano, Franco De Angeli.

[14] Damien Hirst per il suo For the Love of God, un teschio tempestato di 8601 diamanti, ha dichiarato di aver speso 14 milioni di sterline.

[15] Questo fenomeno è chiamato in termini economici “esternalità”.