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L’Italia riparte senza dimenticarsi del Tax Control Framework?

Il Comitato di Esperti in Materia Economica e Sociale istituito dal DPCM del 10 aprile 2020 ha recentemente inviato, al Presidente del Consiglio dei Ministri, un documento recante “Iniziative per il rilancio “Italia 2020-2022””. Lo scopo della “task force”, presieduta dal manager Vittorio Colao, è quello di proporre una serie di misure, suddivise per ambito, finalizzate alla “ripartenza” dell’economia italiana nel periodo post “Coronavirus”. All’interno della sezione dedicata alle imprese, inaspettatamente, viene rivolta attenzione al c.d. “Tax Control Framework”, attualmente previsto come mero requisito del regime dell’”adempimento collaborativo”. Può dirsi iniziato, pertanto, il lungo e necessario iter orientato alla produzione di una specifica e complessa disciplina in materia?

  1. Premessa

Il Comitato di Esperti in Materia Economica e Sociale istituito dal DPCM del 10 aprile 2020 ha recentemente prodotto ed inviato al Presidente del Consiglio dei Ministri un piano intitolato “Iniziative per il rilancio “Italia 2020-2022””, denominato, sul piano mediatico, come “Piano Colao” (da ora in poi, “il Piano”), dal nome di Vittorio Colao, manager che ha presieduto i lavori.

Per maggior precisione, il Piano è suddiviso in due documenti, rispettivamente:

  • Schede di Lavoro; e
  • Rapporto per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

Nel seguente articolo si userà, quale fonte di riferimento, la n. 1) succitata.

L’obiettivo perseguito corrisponde alla strutturazione di un progetto di ripartenza che dovrà attuare il Legislatore italiano, quale protagonista di numerose scelte finalizzate a risolvere le numerose questioni problematiche del periodo post Coronavirus”.

Il Piano tocca specificatamente le seguenti materie: Imprese e Lavoro, Individui e Famiglie, Istruzione Ricerca e Competenze, Pubblica Amministrazione, Turismo Arte e Cultura, Infrastrutture e Ambiente.

Ai fini del presente articolo, si considererà il solo capo relativo all’Impresa e Lavoro nel suo paragrafo cinque, dedicato interamente all’”Incentivo all’adozione di sistemi di tax control framework”.

  1. La disciplina italiana del Tax Control Framework: cenni

Il Piano dedica (inaspettatamente) un intero paragrafo al sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale (definito in seno all’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico[1] – in sigla OCSE – come “Tax Control Framework”, in sigla, “TCF”), conosciuti dall’ordinamento italiano all’interno della disciplina del c.d. “regime dell’Adempimento Collaborativo”.

Prima di passare all’analisi di quanto contenuto nel Piano, tuttavia, risulta doveroso compiere una breve panoramica sul TCF, così come previsto dal Legislatore italiano.

La disciplina del regime dell’adempimento collaborativo prevede, quale requisito per l’adesione (ex art. 4 del D.Lgs. 5 agosto 2015, n.128), il dotarsi, interamente all’azienda, di un TCF. Il Legislatore non introduce un rigido modello a cui i Contribuenti devono uniformarsi ma, di contro, prevede una serie di generali caratteristiche ed esigenze a cui tale sistema deve ottemperare, ossia:

  • attribuzione di ruoli e responsabilità: rendendo chiari e trasparenti i soggetti facenti parte dell’organigramma aziendale e le loro responsabilità;
  • rilevazione, misurazione, gestione e controllo dei rischi fiscali: il controllo dei c.d. “tax risk” diviene elemento fondante di un sistema che poggia le sue fondamenta su una “cultura della compliance” permante l’intero organigramma aziendale; e
  • risoluzione di problematiche: il TCF, una volta implementato, deve essere soggetto ad una continua attività di testing, finalizzata ad individuare le “falle” eventualmente presenti.

L’attuale materia del TCF si limita a quanto brevemente suddetto seppur, a livello internazionale, le discussioni siano ben più ampie ed articolate. Il Legislatore italiano ha subito senza dubbio l’influenza dell’OCSE in materia di “cooperative compliance”, avviando un iter risultante, all’attualità, incompleto.

La proposta del Piano in analisi, tuttavia, sembra voler dare una spinta propulsiva alla disciplina del TCF, ampliandola e mettendola in comunicazione con altri settori del diritto.

  1. L’iniziativa del “Piano Colao” in relazione al Tax Control Framework

La esposizione dell’iniziativa parte dalla descrizione del contesto odierno in cui i rischi di natura penal-tributaria, posti in capo alle imprese, sono stati intensificati dalle modifiche recate alla disciplina penale in materia tributaria e alla responsabilità amministrativa degli enti nella medesima materia, ex D. Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 e D Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, in forza delle quali:

  • sono state ridimensionate le soglie di punibilità e le pene previste per determinati reati tributari; e
  • è stata estesa la responsabilità amministrativa degli enti al verificarsi del delitto di “dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”, divenuto, pertanto, reato presupposto della “normativa 231”.

Il summenzionato contesto di riferimento funge da disincentivo alla scelta di investire in Italia, a causa, in particolar modo, della “rilevanza quasi automatica delle violazioni fiscali anche in ambito penale”.

In aggiunta, il regime dell’adempimento collaborativo, avente come requisito l’adozione dei TCF, risulta essere rivolto ad un numero ridotto di imprese, essendo le soglie di fatturato previste per l’ingresso pari ad euro 5 milioni, senza considerare la mancata previsione della disapplicazione delle sanzioni penali (c.d. “penalty protection”) attribuita ai soggetti aderenti.

La task force, nel descrivere il contesto in cui dovrebbero essere attuate le misure presentate, attribuisce grande importanza alla variabile fiscale (“tax risk”), che potrebbe essere maggiormente curata dalla “convergenza” del c.d. “Modello 231” con il TCF. Il risultato è definibile in termini di “Modello 231 Integrato”, ossia, un sistema a cui sia richiesto il monitoraggio e la gestione anche dei tax risk.

Fornita una panoramica dell’ambito in cui risulta necessario operare, non rimane che procedere analizzando le caratteristiche dell’iniziativa, rispettivamente:

  • previsione di una penalty protection nelle ipotesi di contestazioni ai soggetti aderenti al regime dell’adempimento collaborativo;
  • previsione della medesima penalty protection nel caso in cui il Contribuente:
  • abbia predisposto un TCF che permetta di rilevare, misurare, gestire e controllare il rischio fiscale;
  • abbia comunicato l’adozione del Modello all’Amministrazione Finanziaria all’interno della dichiarazione dei redditi (analogamente a quanto si verifica per la documentazione sui prezzi di trasferimento); e
  • abbia ottenuto, durante i controlli, un giudizio di idoneità riguardo il Modello implementato, scaturente dal rispetto di appositi criteri individuati dall’Amministrazione finanziaria in apposito provvedimento.
  • previsione di una penalty protection nei confronti dei Contribuenti che non adottino un TCF, al ricorrere delle ipotesi di contestazioni afferenti specifiche operazioni con riferimento alle quali il Contribuente abbia predisposto una “idonea documentazione” preventivamente comunicata all’Amministrazione Finanziaria;
  • previsione di un sistema sanzionatorio che punisca con il doppio della pena chiunque fornisca e utilizzi documenti falsi o altri mezzi, in via fraudolenta e, pertanto, con il fine di indurre in errore l’Amministrazione finanziaria; e
  • abbassamento delle soglie per accedere al regime dell’adempimento collaborativo, diffondedolo ad una più ampia platea.
  1. Conclusioni

L’iniziativa riguardante il Tax Control Framework, contenuta nel Piano descritto, risulta essere, ad avviso di chi scrive, di notevole importanza in un contesto in cui il Legislatore sembra dare poca importanza al tema dei tax risk, ampiamente discusso, invece, a livello internazionale.

L’iniziativa non pecca di inconsapevolezza e sembra aver colto i problemi che ancora affliggono l’attuale ambito della “tax compliance”.

Di notevole interesse risulta essere la previsione di una penalty protection sia per coloro che adottino un TCF sia per coloro che, non adottando quest’ultimo, si dotino, tuttavia, di una “idonea documentazione”. Viene applicato, così, il principio della prevalenza della sostanza sulla forma, attribuendo la medesima efficacia anche a documentazioni che, seppur formalizzate come TCF, perseguano la stessa finalità.

L’auspicio, in conclusione, è quello di vedere realizzarsi tale iniziativa, meritevole di attenzione e doverosa affinché l’ordinamento italiano si allinei con gli standard OCSE in materia di cooperative compliance.

Riferimenti

[1] Per maggiori approfondimenti inerenti alla disciplina internazionale in materia di Tax Control Framework si veda: OECD (2016), Co-operative Tax Compliance: Building Better Tax Control Frameworks, OECD Publishing, Paris

(A cura di Rocco Pietro Di Vizio)


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