Oltre la libertà di stampa: il confine tra diritto e manipolazione dell’informazione
L’articolo si sviluppa a partire da un video divulgativo che analizza il confronto fra l’effettiva frequenza con cui si verificano dieci tra le cause di morte più comuni e diffuse in Italia e la loro percezione pubblica. Viene proposta una considerazione sul rapporto tra libertà giuridica di stampa (garantita dall’articolo 21 della Costituzione italiana) e la responsabilità morale che consegue alla scelta di quali notizie pubblicare e come trasmetterle. Ad una valutazione del ruolo dei mass media nel creare un’immagine sproporzionata della realtà criminale segue un approfondimento sul fenomeno sociologico del gatekeeping.
Introduzione
Un video su YouTube del medico-psichiatra e divulgatore Valerio Rosso, fermo sostenitore della Lifestyle Medicine, analizza quelle egli che definisce le “dieci principali cause di morte in Italia”: nello specifico il ricercatore interroga il proprio pubblico, dopo aver fornito in ordine sparso le cause in questione, chiedendogli di stilare una personale classifica che vada da quella più frequente a quella meno frequente, per poi rivelare l’effettiva realtà della dei fatti. L’esercizio proposto da Rosso al proprio pubblico risulta interessante, nonostante dal punto di vista del rigore scientifico la ricerca presenti alcune fallacie: la sua analisi, infatti, pur basandosi su dati reali, non appare completa e rigorosa. Il divulgatore ignora alcuni fattori molto importanti, ad esempio la sovrapposizione tra diverse cause di morte o l’influenza di variabili demografiche, e si esprime in modo fuorviante, portando al rischio di credere che le categorie da lui proposte siano effettivamente le principali cause di decesso più rilevanti a livello nazionale.
Dal momento in cui condividere o meno gli approcci e le metodologie del dottor Rosso è una questione assolutamente soggettiva, questo articolo non analizzerà il suo lavoro, bensì prenderà spunto dalla sua intuizione per riflettere sull’influenza dei social media sulla nostra percezione della realtà.
Le dieci cause di morte prese in esame
Si propone dunque al lettore di fare lo stesso esercizio. A seguito verranno elencate in ordine sparso le stesse cause menzionate nel video sopracitato e vi sarà chiesto di metterle in ordine, secondo il vostro personale giudizio, da quella che provoca più morti a quella che ne provoca di meno: crimine, alcool, sedentarietà, fumo, incidenti domestici, decessi sul lavoro, obesità e sovrappeso, incidenti stradali, droga e inquinamento atmosferico. Prima di svelare la classifica reale, è opportuno specificare che i dati riportati a seguito sono stati ricavati da rilevazioni statistiche a cura di fonti ufficiali, riportate negli ultimi anni utili per ciascuna categoria (indicativamente 2018-2024), e non dal video menzionato all’inizio dell’articolo.
Come suggerito dal grafico proposto, l’ordine realistico di influenza delle dieci categorie prese in considerazione è il seguente: fumo di tabacco, sedentarietà, inquinamento atmosferico, obesità e sovrappeso, alcol, incidenti domestici, incidenti stradali, decessi sul lavoro, crimine, droga.
Investigando tra i commenti pubblicati sotto al video di Rosso è emerso che il senso comune porta tendenzialmente ad invertire quasi completamente questa graduatoria: le persone tendono a collocare in posizioni più elevate “decessi sul lavoro”, “crimine”, “alcol” e non considerare così di impatto fattori come “inquinamento atmosferico” e “obesità”, ad esempio. Ma qual è il motivo che si cela dietro a questa misinterpretazione?
Il ruolo dei mass media e una diversa immagine della realtà sociale
Questa discrepanza tra realtà e immaginazione è fortemente alimentata dalla narrazione che quotidianamente sentiamo sui social e in televisione e che leggiamo sui giornali, che spinge la gente a preoccuparsi troppo per alcune cose e troppo poco per altre. I mass media, infatti, hanno un impatto significativo sulla percezione pubblica della criminalità, dal momento in cui presentano la forte tendenza ad enfatizzare e amplificare alcuni episodi, come quelli di cronaca nera, incidenti domestici e atti di criminalità violenta, rispetto ad altri. Nonostante non ci sia unanimità tra gli studi sull’influenza diretta dei media sui cittadini, risulta evidente che la modalità di diffusione delle notizie condiziona la capacità di giudizio e la percezione individuale della sicurezza: la ripetizione costante di determinati eventi, l’uso di un linguaggio sensazionalistico e la selezione strategica delle notizie, ad esempio, sono solo alcuni tra gli espedienti narrativi usati dai mezzi di comunicazione di massa che possono facilmente trarre in inganno il pubblico.
Nel contesto dell’influenza dei media sulla percezione della realtà è infatti importante distinguere tra una dimensione oggettiva, ovvero i dati statistici effettivi e misurabili in maniera strutturata e a lungo termine, e una soggettiva, ovvero la percezione individuale della realtà (alimentata da fattori psicologici, culturali e mediatici), che può non riflettere l’effettivo andamento dei fatti.
Il fenomeno del gatekeeping: la selezione delle notizie
Il termine gatekeeping, letteralmente “controllare i cancelli”, è usato soprattutto nel mondo dei media per descrivere il modo in cui la scelta delle notizie giornalistiche da diffondere viene filtrata da coloro che hanno il potere di farlo, creando un divario tra realtà e rappresentazione. Il sociologo Mauro Wolf afferma che il termine gatekeeping comprende “tutte le forme di controllo dell’informazione che possono determinarsi nelle decisioni circa la codificazione dei messaggi, la diffusione, la programmazione, l’esclusione di tutto il messaggio o di sue componenti […]”.
Secondo questa logica questo fenomeno utilizza una serie di tecniche per impedire una presa di coscienza dei cittadini sulla realtà.
Ad oggi, in un panorama mediatico che si evolve facilmente e con così tanta velocità, il gatekeeping non riguarda più esclusivamente i mezzi di informazione tradizionali, bensì si estende anche alle dinamiche dei social media.
Libertà giuridica di stampa vs responsabilità morale
L’Articolo 21 della costituzione italiana recita “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. Esso si presenta come il fondamento della libertà di stampa, ma evita di mettere in discussione come questa libertà venga esercitata nella pratica e con quali conseguenze sociali. È importante considerare dunque due aspetti differenti, ma che dovrebbero cooperare largamente, nel quadro della divulgazione: la libertà giuridica di stampa e la responsabilità morale. Regolamentare quali notizie vengono scelte dai media e le modalità con cui vengono trasmesse risulta infatti fondamentale per una corretta acquisizione delle informazioni trasmesse e per le conseguenze che queste possono avere sul comportamento dei cittadini.
L’assenza di censura, un pilastro del sistema democratico, non implica però che la trasmissione delle notizie avvenga in modo neutrale: per poter garantire alla società un funzionamento quanto più corretto possibile servirebbe dunque un’informazione libera, ma al contempo anche completa ed equilibrata. Se si seguisse un’etica dell’informazione meno sistematica, ripetitiva e categoriale, trascendendo dal raggiungere fini economici, di marketing e di propaganda, potremmo godere di uno scenario sociale liberato da tutti quegli stereotipi e preoccupazioni che una divulgazione scorretta infondono nei cittadini.
Se non praticata correttamente, dunque, la pratica dell’informazione rischia di ottenere risultati opposti rispetto a quelli per i quali dovrebbe essere impiegata: educare con esattezza, stimolare un cambiamento sociale positivo e svolgere una funzione di vigilanza nei confronti del potere.
Conclusione
Una riflessione sull’uso morale della libertà di stampa, e più in generale sulla divulgazione di notizie, appare necessaria, dal momento in cui l’informazione rappresenta sia un diritto che un vero e proprio dovere. Una buona soluzione per ovviare la problematica proposta in questa riflessione potrebbe dunque essere, più realisticamente di una regolamentazione dall’alto non conveniente a chi detiene il potere, una maggiore educazione critica del pubblico per decodificare le narrazioni mediatiche e non lasciarsi influenzare da ogni genere di informazione.
Bibliografia
Orrù, A. Gatekeeping. Alice Orrù | Copywriting inclusivo e accessibile.
Wikipedia. Gatekeeping. Disponibile su: Gatekeeping – Wikipedia.
Valerio Rosso. Cosa uccide di più? I fattori di rischio per la vita in ordine di pericolosità. [YouTube]. Disponibile su:https://www.youtube.com/watch?v=u-xA3k2DXZk.
Governo Italiano. Titolo I – Rapporti civili. Disponibile su: www.governo.it.
Arianna La Groia