Riflessioni virali: Covid-19, (come) cambia l’economia e la società?
Introduzione
La pandemia da Covid-19 sta segnando profondamente l’economia e la società di tutto il mondo, in modo drammatico e rapido.
Non ha colpito solo con gli effetti e i disagi propri della malattia, ma ha centrato le più importanti fragilità dei sistemi socioeconomici, in tutto il mondo: l’altra faccia del virus, quella non “scientifica”, è cinica, si comporta da cartina tornasole per i lati oscuri delle moderne economie e fa come il bambino che diceva nella favola, puntando il dito sull’ovvio (che non va bene o che non piace, ma non si può dire): “il re è nudo!”.
Nessun aspetto dell’economia e della società uscirà indenne da questa crisi o perlomeno non sarà lo stesso ante pandemia: esse cambieranno, ma il quesito su cui riflettere è se questo shock comporterà variazioni permanenti o meno e di che tipo saranno.
Gli ambiti più in evidenza su cui già ci sono stati degli effetti e su cui si possono fare delle riflessioni, sono almeno cinque: sanità, ambiente, consumi, società e lavoro.
Sanità
È il settore messo a più dura prova in questo periodo, dal punto di vista umano e professionale. Sono sorte numerose questioni, anche nel dibattito corrente, rispetto alla gestione dell’emergenza, come tempistiche e modalità. In questa sede, un aspetto che si vuole sottolineare è quello dell’assetto istituzionale decentralizzato del sistema sanitario.
Indubbiamente, la corrente emergenza riapre un sopito dibattitto sulla differenziazione del servizio sanitario a livello regionale. Questione ancor più pregnante è la tipologia di gestione di un servizio così delicato ed essenziale per la tenuta di una società: il modello pubblico italiano forse ha fatto la differenza rispetto ad altri paesi che non hanno la garanzia del servizio sanitario pubblico, almeno paragonabile a quello italiano.
In aggiunta, vale la pena ripensare alla sanità quale dimensione che, probabilmente, poco si presta alla logica del profitto quando essa è intesa come servizio e diritto a garanzia universale.
È in tale emergenza che si è altresì sperimentata un’importante criticità in termini quantitativi del personale sanitario. Che sia, probabilmente, occasione di rivedere le modalità (e ai numeri) di contingentamento degli accessi alle facoltà delle professioni sanitarie, al fine di adeguarle agli effettivi fabbisogni.
Ambiente
La diffusione del virus ha fatto sì che fossero adottati provvedimenti restrittivi rispetto alla mobilità e alle attività produttive che hanno avuto l’effetto indiretto di una riduzione dell’inquinamento.
Dalle mappe dell’inquinamento atmosferico in Europa e Cina prese dal satellite Copernicus Sentinel-5P, è stato, infatti, rilevato un forte calo dello stesso nelle principali città europee, soprattutto Milano, Parigi e Madrid [1].
La natura ha dato ulteriori segnali di “ripresa” dei propri spazi non appena l’uomo ha ridotto la sua circolazione: tante sono state le testimonianze sulla fauna che ha ripopolato indisturbata spazi urbani e acque – qualche mese fa di “monopolio” dell’uomo [2] – e di ambienti notoriamente deturpati dall’inquinamento, oggi sembrano riacquistare un inusitato respiro (i canali di Venezia, le acque del golfo di Napoli, solo per citarne alcuni).
Non che se ne avesse bisogno di ulteriore conferma, ma questa è la dimostrazione concreta di quanto è rilevante l’impatto della circolazione umana e dell’industria sull’ecosistema e ricorda alle agende politiche l’impellente necessità di adottare visioni di lungo periodo per le politiche di sviluppo e per affrontare l’emergenza climatica, non per ambientalismo ma semplicemente per necessità.
Non salvaguardando il pianeta e non tarando su standard sostenibili le produzioni e gli stili di vita, l’uomo si sta precludendo la continuità, scaricando le conseguenze di un’industrializzazione e di consumi irresponsabili sulle generazioni future.
Consumi
Sanità e ambiente non sono gli unici fattori che hanno subìto effetti.
Le forniture limitate di alcuni beni e lo stop forzato alla maggior parte delle produzioni non di prima necessità hanno modificato temporaneamente anche le modalità dei consumi e di acquisto (con boom degli acquisti online e degli esercizi più piccoli e locali [3]).
Certo, non si è in guerra come molti media definiscono questa impasse, giacché la guerra è un altro tipo di dramma, ove la sussistenza è raramente garantita. Per fortuna, vi è possibilità di fornirsi di beni necessari e non solo, anche oltre la soglia di sussistenza, ma è chiaro che possono esserci dei razionamenti nei rifornimenti, nelle occasioni e nelle modalità di acquisto. Ciò ha avuto persino effetto sui consumi alimentari: tanti si sono cimentati o hanno ripreso l’autoproduzione di alcuni beni di consumo quotidiani.
Una sorta di ritorno parziale al passato, una revisione forzata della nostra quotidianità, che capita in un periodo dell’anno in cui, in tempi normali, si sarebbe aperta la stagione turistica in gran parte del paese. Fra l‘altro, quest’anno il calendario sembrava propizio per favorire afflussi turistici importanti, viste le imminenti vacanze pasquali e i ponti in prossimità delle feste.
Chissà quanto profondo sarà il segno che lascerà questo periodo: se veramente inciderà sui modelli di consumo ed orienterà verso comportamenti più sostenibili, affinando le scelte di consumo e le preferenze verso panieri più selettivi, responsabili, sostenibili, eliminando quei tipi di beni o servizi superflui.
Società
L’emergenza Coronavirus ha messo in luce l’importanza delle reti di assistenza verso i soggetti più vulnerabili, sia nella forma del volontariato, sia attraverso le istituzioni.
È fondamentale e necessario un efficiente sistema di welfare, in particolare per le fasce più deboli e specialmente nei periodi di crisi, non (solo) per spirito solidaristico ma proprio per arginare il rischio di innesco di un potenziale e pericoloso effetto domino di “emergenza nell’emergenza”.
Un primo campanello di allarme rispetto a ciò è scattato con la chiusura delle scuole quando ancora non erano previste forme diffuse di restrizione a lavoro e si era fatto invito a limitare i contatti con gli anziani (soprattutto perché si valutava l’ipotesi dei più piccoli come portatori asintomatici del virus). Venuta meno la possibilità di far affidamento sul welfare familistico e informale, di fatto, ci si è posto un problema quasi collettivo sulla gestione dei tempi di conciliazione famiglia lavoro, per due generazioni: gli anziani e i bambini. A ciò il governo ha dato risposta immediata con l’estensione dei congedi parentali e in parte si è trattata di un’emergenza rientrata quando è stato emanato il DPCM di fermo totale dell’8 marzo 2020.
Il distanziamento sociale, inoltre, per alcuni è totale solitudine (si pensi agli anziani o alle famiglie indigenti) e per coloro che sono “invisibili” potrebbe implicare il totale abbandono: basti pensare ai senzatetto, agli immigrati irregolari, alle prostitute e a tutti coloro che, in condizioni di povertà o precarietà, si poggiavano su network sociali di assistenza e/o di volontariato, inevitabilmente e parzialmente paralizzati anch’essi a causa della pandemia.
La questione di fondo è che non avendo la contezza della parte di comunità più ai margini, c’è un sostanziale rischio di non controllo sanitario, oltre che di aggravio dell’emarginazione.
Va, infine, ricordato, che in questo periodo è stato dilagante l’uso della telematica per ridurre la distanza e la lontananza dai contatti, affettivi, per lavoro o altri motivi, soprattutto attraverso l’uso dei social network e delle videochiamate [4].
In realtà, su ciò si innesta anche un altro fenomeno coevo, tanto più stridente in questo periodo per gli effetti deleteri che sta avendo: la diffusione delle fake news, quasi sempre veicolata attraverso gli stessi social network, crea bolle informative in cui è facile rimanere intrappolati se non si ha adeguato spirito critico per cercare fonti di informazione più serie. Tanti sono stati gli episodi in passato di notizie false; certo è che l’impatto è differente quando l’oggetto della notizia è la salute e la disinformazione sulla tutela della stessa ed è pericolosa la confusione generata.
In tal caso non trattandosi di argomenti affini ai gossip, le fake news possono riguardare anche provvedimenti economici e decisioni politiche, con effetti dannosi tra gli operatori e i cittadini, perché minano il clima di fiducia e perché il risultato è un pesante disorientamento.
Lavoro
Con un comunicato stampa del 7 aprile 2020, l’ILO, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, ha definito catastrofici gli effetti della pandemia sul mondo del lavoro. È stata stimata una riduzione di ore lavorate nel mondo pari al 6,7% nel secondo trimestre del 2020, pari a circa 195 milioni di lavoratori a tempo pieno e l’impatto complessivo sembra peggiore della crisi finanziaria del 2008-2009, specialmente nei paesi a reddito medio – alto.
Rispetto all’incremento della disoccupazione, l’ILO ha inizialmente previsto un incremento di 25 milioni di disoccupati, ma molto dipenderà dagli interventi dei governi al riguardo. L’81% della forza lavoro globale è occupata attualmente in attività che hanno fermato la produzione, totalmente o parzialmente [5].
Da queste previsioni preoccupanti, è inevitabile pensare al caro prezzo che si pagherà dopo l’emergenza, che probabilmente sarà di durata variabile a seconda del settore economico considerato e delle misure adottate dai governi, né si potrà escludere da queste ultime chi lavora in nero (come già dichiarato da alcuni ministri dell’esecutivo).
L’evento della diffusione del virus ha condizionato da subito anche la quotidianità del lavoro laddove non è stato sospeso: uno dei cambiamenti più interessanti è di certo quello riguardante l’uso dello smart working, che, si auspica, induca le imprese ad adottarlo anche oltre l’emergenza quale importante mezzo di sostegno alla conciliazione dei tempi di cura della famiglia – tempi di lavoro e a far sì che vi sia una regolamentazione e una normativa più chiara al riguardo.
Si tratta di una modalità di lavoro con molti profili discutibili che, nella maggior parte dei casi, non può essere pensato come il modo abituale di svolgimento della prestazione; ma rappresenta una grande opportunità, ove applicabile, per i lavoratori genitori, per chi ha conviventi da assistere, per lavoratori domiciliati lontano dalla sede di lavoro.
Un’altra considerazione da fare rispetto al lavoro riguarda la forza lavoro immigrata.
Vladimiro Polchi in un libro del 2010 [6] raccontava di uno sciopero generale di tutti gli immigrati in Italia che aveva paralizzato il paese: un fatto inventato, ma realistico e corredato da statistiche e dati veri che accompagnano l’intera narrazione. Alla fine della lettura, la conclusione pragmatica è che il lavoro degli immigrati è prezioso per l’Italia e si tratta di un’osservazione talmente concreta da non mettere neanche lontanamente in conto pretese autarchiche e isolazioniste talvolta avanzate da qualche parte politica del paese.
Il Covid-19 ha ricordato di quanto l’economia italiana abbia bisogno di loro, anche delle persone immigrate “clandestine” che una buona parte della politica e della società italiana perde tempo a stigmatizzare, anziché trattare l’argomento con concretezza e in modo scevro da pregiudizi o venature discriminatorie, spesso anche su base razziale. Il lavoro immigrato serve perché su di esso reggono settori economici interi: allevamento, agricoltura, servizi domestici solo per citarne alcuni. E ora tante imprese si trovano a far fronte, oltre che allo shock da pandemia, anche alla mancanza di manodopera.
Tra loro tanti lavorano in nero: ecco infatti che questo virus toglie la coperta all’economia sommersa e le istituzioni dichiarano di voler aiutare anche chi opera in nero.
Chissà che questa non sia occasione per tirare giù la coperta definitivamente.
A tale aspetto, in molte aree del paese, può viscidamente connettersi l’operato della criminalità organizzata, che nel silenzio e approfittando dell’impegno delle forze dell’ordine nella gestione dell’emergenza, può attivarsi indisturbata e radicarsi ancor più nel territorio, trovando linfa nelle nuove forme di povertà e bisogno che la pandemia può generare.
Conclusioni
Il Covid -19 non fa discriminazioni: colpisce tutti, a prescindere dal ceto, dalla professione, dal potere. È vero che ci sono fattori di rischi differenti – si pensi alle tante vittime tra gli operatori sanitari – ma costituisce una di quelle vicende che fa risaltare tutta l’umana debolezza, la sua impotenza e sostanziale incapacità di controllo su tutto. Per rialzarci, occorrerà la scienza, nella speranza della buona notizia del vaccino, che tutti sperano imminente. Ma forse non basta.
Domande ricorrenti di questi giorni sono “questa pandemia ci cambierà?”, oppure “la quarantena farà ritrovare noi stessi?” e altri interrogativi simili.
Probabilmente l’esperienza della pandemia non cambierà niente, gli schemi di individualismo potranno essere più o meno accentuati, tuttavia il mantra “ci si salva insieme”, assume un significato apparentemente solidaristico, ma che invece è di sopravvivenza, perché da questo periodo si può solo imparare a rivedere i nostri singoli comportamenti per salvarci, a partire da una revisione dei modelli di scelta di produzione e di consumo sinora adottati. Accelerare il processo di adattamento di questi ultimi secondo una logica di sostenibilità è una sorta di patto intergenerazionale, una strategia di salvezza per noi stessi e per le comunità di cui facciamo parte.
Forse dire che il capitalismo è fallito non diventa un’affermazione azzardata o di ispirazione (solo) marxista. Raggiungere il profitto non è la chiave essenziale per la crescita economica, o perlomeno oggi non sembra il modello adeguato: bisogna riflettere anche sul “come” raggiungere il profitto e stante questi cambiamenti, la crescita economica non può essere altro che un tassello per lo sviluppo economico basato su modelli nuovi o rinnovati dell’economia, in cui ecosostenibilità, società e sostenibilità generazionale siano i pilastri.
È anacronistica una società in cui ancora una volta non siano date eque possibilità a tutti, a prescindere dalle condizioni di partenza. Non è una novità: è un dettato chiaro della nostra Costituzione. Non possono esserci ultimi e né si può prescindere da una visione di preservazione e che non sia più di sfruttamento. L’ambiente ha bisogno di rigenerarsi per far sì che l’uomo e gli altri esseri viventi continuino la loro storia.
L’economia non può fare a meno di una visione sociale ed è anche per questo che si rende necessaria una discussione sull’opportunità di applicare la logica del profitto a settori come la Sanità, che assieme a giustizia, istruzione e la possibilità di lavorare, sono le principali leve di indipendenza e di equità garantite al cittadino.
Si rimarca il concetto che considerare gli ultimi e avere una idea inclusiva di economia e di società non è (solo) proprio di una visione solidaristica o addirittura di ispirazione evangelica: è economica, e ce insegna questa vicenda.
Riferimenti
[1] C. Andriani, «Coronavirus: le misure di contenimento hanno ridotto l’inquinamento in Europa,» [Online]. Available: https://www.nationalgeographic.it/ambiente/2020/04/coronavirus-le-misure-di-contenimento-hanno-ridotto-linquinamento-europa.
[2] l. Repubblica, «Coronavirus, dalle capre ai delfini o ai cervi: gli animali si avventurano per le città deserte,» [Online]. Available: https://www.repubblica.it/esteri/2020/04/01/foto/coronavirus_capre_delfini_cervi_scimmie_animali_avventurano_citta_deserte-252853687/1/?ref=RHPPLF-BH-I252935224-C8-P9-S1.4-T1#2.
[3] «CON IL CORONAVIRUS LA SPESA È NEL QUARTIERE, VOLA LA CONSEGNA A DOMICILIO,» [Online]. Available: https://www.ansa.it/canale_lifestyle/notizie/food/2020/03/17/con-il-coronavirus-la-spesa-e-nel-quartiere-vola-la-consegna-a-domicilio_bba6f15b-8ff1-4e0e-b4ae-3a2030e70d13.html.
[4] «Snapchat, chiamate e videochiamate a +50%,» [Online]. Available: https://www.ansa.it/sito/notizie/tecnologia/software_app/2020/04/02/snapchat-chiamate-e-videochiamate-a-50_ce63af08-485a-46a6-b357-7d2c3d42839f.html.
[5] «ILO: COVID-19 causes devastating losses in working hours and employment,» [Online]. Available: https://www.ilo.org/global/about-the-ilo/newsroom/news/WCMS_740893/lang–en/index.htm.
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a cura del Centro Studi di Economia e Diritto – Ce.S.E.D. Via Padova, 5 – 20025 Legnano (MI) – C.F. 92044830153 – ISSN 2282-3964 Testata registrata presso il Tribunale di Milano al n. 92 del 26 marzo 2013
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