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attendibilità

(di Alessandro Bozzi, Andrea Carta e Alfredo De Filippo)

  1. La Deposizione della Vittima di Abuso: l’utilizzabilità della deposizione di chi ha subito violenza

Accertare l’avvenuta commissione di un fatto di reato costituisce un onere di stringente rilievo per gli inquirenti, la Pubblica Accusa o i difensori delle parti stesse, i quali hanno il compito di sottoporre al vaglio del giudice degli elementi probatori congrui a cristallizzare una pronuncia, sia essa assolutoria o di condanna, che non dia adito a “ragionevoli dubbi”.

Tale attività di acquisizione di materiale probatorio, invero, è costellato di criticità e di garanzie, talune anche di copertura costituzionale, che in un processo devono essere ottemperate, pena l’inutilizzabilità delle prove ai fini della pronuncia giudiziale.

Un tanto assume maggior rilievo nei processi che hanno per oggetto l’accertamento di reati espressione della cd. “violenza di genere”, posti in essere a danno di donne o di minori.

Capita sovente, infatti, che in tali processi non vi siano sufficienti elementi di riscontro, testimoniali, peritali o documentali, idonei a cristallizzare una pronuncia giudiziale e, molto spesso, la prova “regina”, attorno alla quale può imperniarsi la sentenza di condanna o di proscioglimento dell’imputato, può essere costituita dall’esame della persona offesa dal reato, ossia dalla vittima che ha subito l’abuso.

Si pone, dunque, l’ineluttabile necessità di vagliare accuratamente la deposizione della persona offesa, in quanto l’abuso subito può ragionevolmente aver causato un trauma tale da riverberarsi in modo negativo anche sulla capacità di discernimento, di percezione e di elaborazione dei fatti da parte della vittima.

Perché, al contrario, il suo ricordo possa apparire fluido e non minato da elementi che potrebbero distogliere una serena e lucida rievocazione dei fatti, è d’uopo apportare degli strumenti di tutela ai fini di una corretta acquisizione di apporto probatorio dalla vittima di abuso.

In quest’ottica si è mosso anche il legislatore, che ha introdotto importanti modifiche alla disciplina dell’ “audizione protetta” con il d.l. 93/2013, convertito con modif. in legge 15 ottobre 2013, n. 119 (cd. “legge sul femminicidio”).

Il corpus normativo con riguardo all’esame testimoniale della persona offesa, minorenne e/o vittima di abuso, è stata oggetto negli anni di copiosi interventi di novella legislativa.

Nel sistema del codice antecedente le nuove disposizioni, le modalità di audizione di tali soggetti erano disciplinate nel comma 4 dell’art. 498 c.p.p. (esame diretto e controesame dei testimoni in fase dibattimentale), ai sensi del quale “l’esame testimoniale del minorenne è condotto dal presidente su domande e contestazioni proposte dalle parti. Nell’esame il presidente può avvalersi dell’ausilio di un familiare del minore o di un esperto in psicologia infantile. Il presidente, sentite le parti, se ritiene che l’esame diretto del minore non possa nuocere alla serenità del teste, dispone con ordinanza che la deposizione prosegua nelle forme previste dai commi precedenti. L’ordinanza può essere revocata nel corso dell’esame”.

Successivamente, con la legge 3 agosto 1998, n. 269 prima e la l. 1 ottobre 2012, n. 172, veniva aggiunto un comma 4-bis, ai sensi del quale “si applicano, se una parte lo richiede ovvero se il presidente lo ritiene necessario, le modalità di cui all’articolo 398, comma 5-bis, c.p.p.”. Il rimando è, segnatamente, alla norma che disciplina le modalità di assunzione dell’incidente probatorio, ossia l’anticipazione dell’assunzione probatoria dal dibattimento alla fase delle indagini preliminari quando vi sia il rischio di dispersione, inquinamento, modificazione, alterazione naturale o indotta, scomparsa delle fonti di prova.

Il comma 5-bis, richiamato poc’anzi, dispone che nel caso di indagini che riguardano ipotesi di reato previste dagli articoli 572 (maltrattamenti), 600 (riduzione o mantenimento in schiavitù), 600-bis (prostituzione minorile), 600-ter (pornografia minorile), anche se relativo al materiale pornografico di cui all’articolo 600-quater (detenzione materiale pornografico), 600-quinquies (iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile), 601 (tratta di persone), 602 (acquisto e alienazione di schiavi), 609-bis (violenza sessuale), 609-ter (violenza sessuale aggravata), 609-quater (atti sessuali con minorenne), 609-octies (violenza sessuale di gruppo), 609-undecies (adescamento di minorenni) e 612-bis del codice penale, il giudice, ove fra le persone interessate all’assunzione della prova vi siano minorenni, con ordinanza, stabilisce il luogo, il tempo e le modalità particolari attraverso cui procedere all’incidente probatorio, quando le esigenze di tutela delle persone lo rendono necessario od opportuno. A tal fine l’udienza può svolgersi anche in luogo diverso dal tribunale, avvalendosi il giudice, ove esistano, di strutture specializzate di assistenza o, in mancanza, presso l’abitazione della persona interessata all’assunzione della prova. Le dichiarazioni testimoniali debbono essere documentate integralmente con mezzi di riproduzione fonografica o audiovisiva. Quando si verifica una indisponibilità di strumenti di riproduzione o di personale tecnico, si provvede con le forme della perizia ovvero della consulenza tecnica. Dell’interrogatorio è anche redatto verbale in forma riassuntiva. La trascrizione della riproduzione è disposta solo se richiesta dalle parti.

Il primo limite della normativa previgente con riguardo all’audizione protetta, pertanto, era costituito dal fatto che la stessa fosse modellata sui reati sessuali (di pedofilia o pedopornografia) e su quelli di tratta degli esseri umani degli artt. 600, 601 e 602 c.p., cui in qualche caso era stato aggiunto anche il reato di cui all’art. 612-bis c.p., ma non erano in alcun modo ricompresi nel perimetro dell’audizione protetta i reati che potevano essere espressione di violenza di genere di tipo diverso da quello sessuale, come i maltrattamenti a familiari e conviventi, o i molto comuni processi per singoli episodi di lesioni o minacce in danno di familiare.

Il secondo limite del sistema delle norme sull’audizione protetta è che essa era disposta soltanto per l’audizione di persone minorenni, successivamente estesa, per volontà della Corte Costituzionale 30 luglio 1997, n. 283 e 29 gennaio 2005, n. 63, anche alla persona maggiorenne inferma di mente, che poi la giurisprudenza ha applicato non solo a tutte le ipotesi di infermità o seminfermità mentale, ma anche a tutte le ipotesi di rilevante insufficienza psichica del teste, intesa come deficit intellettivo, facile suggestionabilità e difficoltà a gestire l’ansia.

Nella disciplina previgente, l’audizione della persona maggiorenne (che non fosse inferma di mente) era, invece, rimasta sempre una audizione libera, in cui non dovevano essere adottate cautele particolari per proteggere la integrità psichica della vittima che era chiamata a deporre nel processo a carico della persona che aveva commesso il reato in sua danno; l’audizione protetta di un teste maggiorenne, qualora fosse disposta dal giudice, veniva pertanto considerata come una audizione irregolare, per quanto l’irregolarità non fosse tale da produrre nullità idonee ad inficiare il seguito del processo.

Il legislatore del d.l. 93 e della relativa legge di conversione è intervenuto pertanto nel modo seguente:

a) da un lato, l’art. 2, co. 1, lett. e) e l’art. 2, co. 1, lett. i), che implementano le regole sull’audizione della persona minorenne nel processo penale, inseriscono il reato di maltrattamenti in danno di familiari e conviventi di cui all’art. 572 c.p. tra quelli per cui è prevista l’audizione protetta in incidente probatorio, con modalità di audizione da stabilirsi caso per caso, a discrezione del giudice e in dibattimento con l’utilizzo, a richiesta, del vetro unidirezionale e dell’impianto citofonico. Nonché, l’art. 2, co. 1, lett. B-ter (aggiunto dalla legge di conversione), ha inserito i reati di maltrattamenti e stalking tra quelli per cui in indagini preliminari non è più possibile l’audizione libera del minore, occorrendo la presenza di un esperto in psicologia o psichiatria infantile.

b) dall’altro, l’art. 2, co. 1, lett. i), n. 2 introduce per la prima volta in modo espresso nel codice l’audizione protetta della persona maggiorenne, stabilendo, all’art. 498, co. 4-quater, che “quando si procede per i reati previsti dal comma 4-ter – 572 (maltrattamenti),600 (riduzione o mantenimento in schiavitù), 600-bis (prostituzione minorile), 600-ter (pornografia minorile), 600-quater (detenzione di materiale pornografico), 600-quinquies (iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile), 601 (tratta di persone), 602 (acquisto e alienazione di schiavi), 609-bis (violenza sessuale), 609-ter (violenza sessuale aggravata, al quale sono stati aggiunti i n. 5-ter “nei confronti di donna in stato di gravidanza e 5-quater “nei confronti di persona della quale il colpevole sia il coniuge, anche separato o divorziato, ovvero colui che alla stessa persona è o è stato legato da relazione affettiva, anche senza convivenza), 609-quater (atti sessuali con minorenne), 609-octies (violenza sessuale alla gruppo) e 612-bis (atti persecutori, cd. “stalking”) del codice penale – se la persona offesa è maggiorenne il giudice assicura che l’esame venga condotto anche tenendo conto della particolare vulnerabilità della stessa persona offesa, desunta anche dal tipo di reato per cui si procede, e ove ritenuto opportuno, dispone, a richiesta della persona offesa o del suo difensore, l’adozione di modalità protette.”

Tale disposizione, pur senza configurare un obbligo, costituisce una delle novità più significative della riforma apportata dalla “legge sul femminicidio”, in quanto per la prima volta estende uno strumentario di tutela previsto storicamente per un soggetto debole quale il minorenne (e all’infermo di mente a seguito dell’intervento della Corte Costituzionale) ad una persona maggiorenne vittima di violenza di genere.

A differenza di quanto stabilito per l’audizione del minore, le modalità di audizione protetta scattano soltanto quando si deve assumere la deposizione della persona offesa del reato, e non anche quando si assume un teste terzo, diverso dalla persona offesa, e che pure ragioni particolari del caso di specie potrebbero indurre a sentire con modalità protette.

Si precisa altresì che la presenza di questi reati nel catalogo dei reati presupposti dell’audizione protetta del maggiorenne non è inutile, perchè se la vittima è minorenne nel momento in cui fu commesso il reato e diventa maggiorenne nel corso del processo, le modalità di assunzione della sua deposizione sono determinate dall’età che essa ha nel momento in cui viene sentita. Ne consegue che con la norma del co. 4-quater dell’art. 498 c.p.p. appena introdotta il legislatore ha fornito uno strumento di tutela a questi casi particolari in cui lo statuto dell’audizione protetta non sarebbe stata applicabile per il ritardo dell’amministrazione della giustizia nell’assumere la deposizione testimoniale della vittima del reato.

Esclusi questi casi particolari, peraltro, l’ambito di applicazione dell’audizione protetta della vittima maggiorenne sarà costituito essenzialmente dai reati di maltrattamenti e stalking, dai reati sessuali di cui agli artt. 609-bis e 609-octies e dai reati di riduzione o mantenimento in schiavitù e tratta di esseri umani degli artt. 600, 601 e 602 c.p.

Ma non significa, però, che in questi reati l’esame della vittima minorenne e della vittima maggiorenne debba essere condotto nello stesso modo; mentre, infatti, se la vittima è minorenne si applicano le modalità dell’audizione protetta con diritto di chiedere il vetro unidirezionale e l’impianto citofonico, per la vittima maggiorenne di questi stessi reati il legislatore ha previsto un tipo di esame secondo modalità differenti, stabilite dal giudice caso per caso su richiesta della persona offesa o del suo difensore, tenendo conto della particolare vulnerabilità della stessa persona offesa, desunta anche dal tipo di reato per cui si procede.

Si ravvisa, tuttavia, una rilevante anomalia della disciplina introdotta con la riforma del 2013: l’audizione protetta della vittima maggiorenne è prevista solo per la fase dibattimentale (art. 498 c.p.p.) e non è stata estesa anche all’incidente probatorio.

La norma dell’art. 398, infatti, non è stata modificata e continua a prevedere la possibilità di procedere mediante forme di audizione protetta solo per l’assunzione del minorenne. La lacuna è particolarmente grave perché proprio per questi stessi, che in dibattimento prevedono l’audizione protetta della persona maggiorenne, l’art. 392, co. 1-bis, prevede una sorta di corsia preferenziale per l’assunzione della deposizione della vittima in incidente probatorio, perché la sgancia dai presupposti di cui al co. 1 dello stesso articolo collegati essenzialmente al pericolo di dispersione della prova.

Ne consegue che da un lato il legislatore incoraggia in questo tipo di reati, in cui è maggiore la necessità di tutelare la sensibilità della persona offesa, l’acquisizione della deposizione della persona offesa mediante incidente probatorio (niente udienza pubblica, minore strepitus fori), dall’altro però la disincentiva perché detta uno strumentario di tutela della deposizione della persona offesa superiore in dibattimento rispetto a quello che prevede per l’incidente probatorio.

  1. La vittima di abuso: aspetti psicopatologici e proposte riabilitative

Il DSM-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, APA 2014) codifica buona parte degli aspetti psicopatologici derivanti da abusi e violenze nella categoria diagnostica Disturbi correlati a eventi traumatici e stressanti – disturbo da stress post-traumatico.

Alla stregua di catastrofi ambientali (terremoti, tsunami, inondazioni) o incidenti gravissimi (stradali, domestici, lavorativi), gli abusi e le violenze provocano, nei soggetti esposti, un corollario sintomatologico da valutare, per evitare l’incancrenirsi di stati disforici dell’umore, di flashback, di ansie e paure che minano nel profondo il regolare svolgimento della vita quotidiana.

Per fare diagnosi di disturbo post-traumatico occorre che il soggetto sia stato esposto in maniera diretta, abbia assistito (con maggiore impatto se ripetutamente) o venga a conoscenza di fatti in cui domini “minaccia di morte, grave lesione, oppure violenza sessuale” (APA, 2014). Inoltre è necessaria la contemporanea presenza di uno o più sintomi associati all’evento traumatico, tra cui: “ricordi e/o sogni ricorrenti, involontari e intrusivi sull’evento, reazioni dissociative (per es. flashback) in cui il soggetto sente o agisce come se l’evento traumatico si stesse ripresentando […] marcate reazioni fisiologiche a fattori scatenanti interni/esterni che simboleggiano o assomigliano all’evento traumatico, evitamento persistente degli stimoli associati all’evento traumatico”. Inoltre si specifica, cosa certamente di capitale importanza che: “l’alterazione provoca disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo ed altre aree importanti”. Per esempio, lo stridere dei freni di una macchina in lontananza può ricordarmi lo stesso rumore udito quando sono stato investito sulle strisce qualche anno fa e generare, istantaneamente, ansia, sudorazione, tachicardia e pensieri/ricordi intrusivi anche se sono tranquillamente seduto su una panchina e non sto attraversando la strada.

Tuttavia, F. Shapiro (1995) pone una interessante distinzione tra traumi, distinguendoli in due grandi macro aree: quelli con la “T”, che includono eventi percepiti con intensa paura/minaccia alla propria vita (tra cui incidenti catastrofici, guerre, eventi climatici distruttivi ecc.) e traumi con la “t” minuscola che si associano, invece, a esperienze della vita di tutti i giorni, eventi di minore intensità emotiva e fisica rispetto ai precedenti, ma comunque disturbanti in termini di elaborazione per il soggetto.

I traumi quali ad esempio le violenze, siano esse fisiche o psicologiche, integrate nella definizione onnicomprensiva data dalla Shapiro, hanno varia quantità e qualità e possono incidere sull’assetto psicologico della vittima, generando sintomi che, come abbiamo visto, condizionano pesantemente la vita dell’individuo. Negli ultimi anni la psicotraumatologia, il ramo della psichiatria e della psicoterapia che si occupa di studiare il fenomeno traumatico e la sua incidenza sull’aspetto mentale, è in continuo sviluppo, grazie soprattutto al fondamentale apporto delle neuroscienze, che stanno chiarendo i funzionamenti più nascosti del nostro cervello. Con questa evoluzione sono migliorati anche i trattamenti che prevalentemente hanno come target la desensibilizzazione alle risposte emotive del soggetto e la rielaborazione dell’evento in chiave adattiva.

Tra di essi trovano uno spazio importante la psicoterapia ipnotica e l’EMDR (Eye movement Desensitization and Reprocessing)

L’ipnosi è un fenomeno psicosomatico che coinvolge la dimensione fisica e quella psicologica di ogni individuo umano. Questa particolarità la rende uno strumento clinico utilissimo nella gestione di problematiche esistenziali, franche psicopatologie, stati dolorosi e per la rielaborazione delle esperienze traumatiche (Erickson, 1982; Mosconi, 1993, 1998). Non possiamo però prescindere dalla definizione data da Erickson e Haley (1978), specialmente quando affermano che: “l’ipnosi non è altro che una condizione naturale che si verifica spontaneamente in diversi momenti della vita quotidiana (Common everyday trance, Haley 1978) e che può essere indotta nel pieno rispetto delle esigenze e delle capacità della persona”. Due aspetti, indipendentemente dagli ambiti di applicazione, devono essere sottolineati: la naturalezza della trance ipnotica e il rispetto delle esigenze. Nel primo caso, parlando di spontaneità, si leva l’ipnosi da quell’alone di suggestione magica, di controllo della mente che ha caratterizzato negativamente l’evoluzione e la storia della disciplina. Il rispetto delle esigenze e delle capacità impone una coerenza tra le aspettative, i vissuti del cliente e l’obiettivo che ci si pone come meta del lavoro terapeutico. Parlando di ipnosi, infatti, intendiamo non una mera tecnica ma un corpus di conoscenze più ricco e orientato teoricamente, cioè la psicoterapia ipnotica.

L’ipnoterapia ericksoniana si pone come scopo principale quello di accedere al potenziale inconscio e alla capacità naturale di apprendere del paziente, depotenziando allo stesso tempo eventuali schemi limitanti. Se questo è vero, l’utilizzo della psicoterapia ipnotica applicata alla rielaborazione dei traumi, degli abusi e delle violenze mira ad una integrazione cognitiva adattiva, ad una elaborazione dell’evento traumatico, facendo leva sulle risorse personali acquisiste nel corso di una vita e probabilmente bloccate dall’evento traumatico stesso. Inoltre, per sua stessa natura, l’ipnosi fornisce al paziente la possibilità di rivivere il trauma attraverso tutti i canali percettivi, cogliendo cosi aspetti, ricordi, sensazioni ed emozioni spesso tralasciati dalle psicoterapie “parlate” (poiché per la maggior parte inconsci).

L’E.M.D.R., invece, utilizza i movimenti oculari (o altre stimolazioni bilaterali) per desensibilizzare e rielaborare l’evento traumatico, sia a livello cognitivo che emotivo. La scoperta, dovuta a Francine Shapiro (1995), è avvenuta notando che : “ […] quando i pensieri disturbanti tornavano alla mente, i miei occhi cominciavano spontaneamente a muoversi avanti e indietro in una linea diagonale. Di nuovo i pensieri scomparvero, e quando li riportai alla mente la loro carica negativa si era notevolmente ridotta”. Tale stimolazione casuale è diventata il fulcro della terapia, poi estesa a tapping (altra forma di stimolazione alternata): il paziente rivive il trauma mentre, guidato da un terapeuta esperto, riceve una stimolazione (tapping, movimenti oculari o stimoli sonori alternati) e viene indirizzato cognitivamente. Continue ricerche (Herkt et al, 2014) dimostrano infatti che l’EMDR è un ottima modalità di interconnessione celebrale, finalizzata ad associazioni e rapide elaborazioni che facilitano ed accelerano la risoluzione del trauma.

I traumi, le violenze e gli abusi hanno quindi una precisa connotazione in campo psichiatrico e posso diventare, come abbiamo visto, carichi disfunzionali nel cervello che imprimono ulteriori difficoltà di elaborazione, diminuendo resilienza e stabilità.

Fortunatamente le tecniche a nostra disposizione sono molteplici, danno sicurezza nel risultato e sono in continuo sviluppo. Rimane dunque sempre attuale l’insegnamento di Freud (1902): “Così come si provocano o si esagerano i dolori dando loro importanza, nello stesso modo questi scompaiono quando se ne distoglie l’attenzione

 

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