Profili critici della responsabilità solidale per le ritenute a titolo di acconto operate ma non versate dal sostituto d’imposta alla luce della recentissima ordinanza del 14 maggio2015
(di Serena Giglio e Chiara Lo Re)
Il presente contributo dottrinale si propone la finalità di analizzare le disposizioni dell’art. 35 del D.P.R. 602/1973 alla luce dei nuovi orientamenti di dottrina e giurisprudenza, in tema di responsabilità solidale nell’ambito del rapporto di sostituzione d’imposta.
L’art. 35 del D.P.R. 602/1973 stabilisce che «Quando il sostituto viene iscritto a ruolo per imposte, sopratasse e interessi relativi a redditi sui quali non ha effettuato né la ritenuta a titolo di imposta né i relativi versamenti, il sostituito è coobligato in solido». L’interpretazione della norma è sempre stata dubbia sotto il profilo della responsabilità solidale del lavoratore dipendente/sostituito nell’ipotesi di ritenute d’acconto operate ma non versate dal sostituto d’imposta.
Da un’analisi sistematica del dato normativo emerge inequivocabilmente come la solidarietà prevista dall’art. 35 del D.P.R. 602/1973 sia limitata alle sole ritenute a titolo d’imposta che non siano state né effettuate né versate da parte del sostituto d’imposta; per le ritenute a titolo di acconto, invece, nessuna solidarietà del sostituito è espressamente prevista dalla legge.
La ratio della suddetta esclusione è da rinvenirsi nella circostanza che la ritenuta a titolo d’acconto costituisce solo un’anticipazione del tributo, che non estingue l’obbligazione tributaria del sostituito, il quale deve comunque indicare i relativi redditi nella propria dichiarazione, calcolare l’imposta globalmente dovuta e, quindi, scomputare da questa l’ammontare delle ritenute subite.
Ai fini delle scomputo delle ritenute d’acconto subite è irrilevante che le stesse siano state versate o meno da parte del sostituto, proprio perché la responsabilità solidale del sostituito è prevista solo nel caso di ritenute a titolo d’imposta. In ogni caso, il Fisco recupererà la ritenuta d’acconto operata ma non versata dal sostituto d’imposta direttamente nel momento in cui il contribuente verserà la propria IRPEF.
Nonostante l’inequivocabilità del dato normativo, la Corte di Cassazione conferma il proprio orientamento restrittivo sulla responsabilità solidale del sostituito d’imposta per le ritenute d’acconto operate ma non versate dal sostituto d’imposta. I giudici di Piazza Cavour, in una recente ordinanza (Corte di Cassazione, sez. VI, ordinanza 14/05/2015, n. 9933) hanno affermato che «in tema di solidarietà passiva nelle obbligazioni tributarie, la circostanza che la legge definisca il sostituto d’imposta come colui che “in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri […], ed anche a titolo di acconto” non toglie che, in ogni caso, anche il sostituito debba ritenersi già originariamente (e non solo in fase di riscossione) obbligato solidale al pagamento dell’imposta: soggetto perciò egli stesso all’accertamento e a tutti i conseguenti oneri».
Tale posizione della giurisprudenza non può essere condivisa soprattutto perché si mostra più rigorosa di quella fatta propria dall’Amministrazione finanziaria, che è giunta, seppur limitatamente ai redditi di lavoro autonomo e d’impresa, a riconoscere efficacia liberatoria per il sostituito all’effettuazione della ritenuta, indipendentemente dall’effettivo versamento della stessa da parte del sostituto. Difatti, l’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione n. 68/E del 19 marzo 2009, seppur limitatamente ai redditi di lavoro autonomo e d’impresa, ha riconosciuto al contribuente, che non sia in grado di esibire la certificazione rilasciata dal sostituto d’imposta, il diritto di scomputare legittimamente la ritenuta subita indipendentemente dall’effettivo versamento della stessa da parte del sostituto: a tal fine, l’effettuazione della ritenuta determina un’efficacia liberatoria per il sostituito che, però, deve essere in grado di dimostrare l’effettivo assoggettamento dei compensi a ritenuta presentando apposita documentazione.
Ciò premesso, è indubbio che tale efficacia liberatoria debba riconoscersi anche nei confronti del contribuente/lavoratore dipendente che si sia adoperato per dimostrare la propria assoluta buona fede e sottoposizione alla ritenuta operata dal datore di lavoro, mediante la produzione della copia delle proprie buste paga nonché del CUD, non potendogli essere eccepito alcunché e rimanendo, quindi, circoscritta al solo sostituto d’imposta la responsabilità per l’eventuale omesso versamento delle ritenute nei confronti dell’Erario. Di contro, per effetto della ritenuta d’acconto, il sostituito rimarrebbe inciso dal prelievo subito sulla propria retribuzione e sarebbe costretto a pagare per ben due volte la propria imposta. Un’interpretazione estensiva dell’art. 35 D.P.R. 602/1973, non solo comporterebbe il rischio di una doppia imposizione, ma sarebbe anche incostituzionale: un pieno ed incondizionato rispetto del principio della capacità contributiva ex art. 53 Costituzione, impone di non poter incorrere in tale rischio qualora il contribuente abbia correttamente dimostrato e provato di aver subito/pagato la ritenuta. Il contribuente non può essere obbligato al pagamento di una somma da altri trattenuta e di cui non ha mai avuto il possesso e, pertanto, deve essere considerato “estraneo” al rapporto tributario.
Le conclusioni a cui è giunta la Cassazione appaiono ancor più irragionevoli soprattutto alla luce dell’orientamento dottrinale che sembra essere unanime nell’escludere la responsabilità solidale del sostituito che ha subito la ritenuta d’acconto successivamente non versata all’Erario da parte del sostituto d’imposta. Difatti, Autorevole dottrina (Cfr. R. Lupi, “Sullo scomputo delle ritenute dubbi giurisprudenziali e chiarezze amministrative”, Dialoghi Tributari, 3/2009, p. 317) ha qualificato la solidarietà ex art. 35 del D.P.R. 602/1973 «a dir poco demenziale» poiché il sostituito è privo di un potere di intromissione nella sfera giuridica del sostituto, ed in nessun modo potrebbe provocare un’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di versare la ritenuta e di rilasciare un certificato attestante quest’evento; pertanto, prevedere un obbligo solidale di «auto versarsi» le ritenute in caso di omissione del sostituto, è un vero e proprio «non senso fiscale», di cui ovviamente nella legge non c’è traccia.
Occorre, inoltre, evidenziare come sarebbe illogica ed inconferente una diversa interpretazione della responsabilità solidale ex art. 35 del D.P.R. 602/1973: se il datore di lavoro ha operato la ritenuta d’acconto sul reddito erogato al lavoratore dipendente, ma successivamente ne omette il versamento, l’obbligo del sostituito di corrispondere all’Erario imposte già a lui trattenute dal suo sostituto d’imposta comporterebbe una duplicazione di imposizione che troverebbe la sua causa solamente nell’inadempimento del sostituto stesso. Di contro, il contribuente/lavoratore subirebbe gli effetti dell’omesso versamento del sostituto, essendo assoggettato al rischio del suo inadempimento, e sarebbe garantito solo tramite un’azione di rivalsa che, per varie ragioni, potrebbe risultare infruttuosa, specie nel caso di fallimento del sostituto d’imposta.
Pertanto, non può essere condivisa una soluzione interpretativa che ipotizzi un’azione di recupero nei confronti del contribuente che ha già subito il prelievo d’imposta, per effetto della ritenuta subita, pur se tramite il soggetto al quale la legge attribuisce il compito di trattenere il tributo e di versarlo: seguendo quest’impostazione, è inevitabile, infatti, che il sostituito assuma la posizione di parte debole nei rapporti con il sostituto e con il Fisco, poiché il contribuente che ha subito la ritenuta non è neanche in grado di verificare se la stessa è stata versata dal sostituto (Cfr.: Damiani, “Da rimediare la solidarietà tributaria tra sostituto d’imposta e sostituito”, Corr. Trib., n. 43/2014, p. 3357; Carinci, “La non condivisibile responsabilità del sostituito per le ritenute d’acconto operate ma non versate dal sostituito”, Corr. Trib. n. 45/2013, p. 3546; Beghin, “Detraibili le ritenute d’acconto effettuate ma non certificate”, Corr. Trib. N. 19/2008, p. 1527).
In tal senso si è più volte espressa in maniera inequivocabile anche la giurisprudenza di merito.
La CTP di Reggio Emilia, con la sentenza n. 420/07 del 13.12.2008, ha avuto modo di evidenziare che quando “la parte ha fornito copia sia delle buste paghe dalle quali risulta l’avvenuta trattenuta sia copia dei Modelli CUD che per la ricorrente certificano l’avvenuto versamento (…) non può essere richiesta al sostituito una responsabilità in solido con il sostituto e resta in capo all’Erario recuperare le somme non versate”. Ad analoghe conclusioni circa l’assenza di responsabilità del sostituito rispetto agli “inadempimenti” fiscali commessi dal sostituto è pervenuta anche la CTP di Milano con la sentenza n. 99 del 2 maggio 2007 che si è espressa con riferimento ad una fattispecie ove le ritenute non erano state riversate, né certificate, in ragione del sopravvenuto fallimento del sostituto d’imposta. In particolare, secondo la Commissione lombarda, il legislatore ha posto a carico del datore di lavoro l’obbligo di trattenere dal salario del lavoratore dipendente l’acconto d’imposta da riversare all’Erario; di conseguenza «l’unico vero obbligato, cioè il dipendente, paga l’imposta nel momento stesso in cui subisce la ritenuta, non avendo, peraltro, facoltà alcuna di praticare un diverso sistema di pagamento», sì che, «l’obbligazione si estingue per adempimento in capo all’originario titolare del debito fiscale e si costituisce ex novo in capo al sostituto d’imposta, che ha applicato la ritenuta”.
Inoltre, come precisato da Autorevole dottrina, nella sostituzione d’acconto non sussiste quell’identità di prestazione richiesta dall’art. 1292 c.c. che è indispensabile perché sussista una coobbligazione tra due o più soggetti: la prestazione del sostituito, dunque, consiste unicamente nel dichiarare il provento percepito e nel versare in base alla dichiarazione dei redditi “una somma priva di qualsiasi relazione con quella dovuta dal sostituto” del cui mancato versamento, dunque, non può e non deve ritenersi responsabile (cfr., in questo senso, Cipolla, voce “Ritenuta alla fonte”, in Dig. disc. priv., sez. comm., XIII, Torino, 1996, 4 ss.; cfr., altresì, Giovannini, “Soggettività tributaria e fattispecie impositiva”, Padova, 1996, 291 ss., Lupi, “Diritto tributario – Parte generale”, Milano, 2005, 256 ss.; Falsitta, “Manuale di diritto tributario – Parte generale”, Padova, 2005, 245 ss.).
In conclusione, quindi, è del tutto ragionevole ritenere che nel momento in cui la ritenuta d’acconto è stata operata ne consegua ex lege, la liberazione del sostituito, indipendentemente dal fatto che il sostituto provveda o meno ad adempiere al versamento della somma corrispondente.
D’altronde, una politica fiscale finalizzata a dirimere il fenomeno dell’evasione fiscale dovrebbe agevolare il controllo sul versamento delle ritenute piuttosto che accanirsi nei confronti di una vastissima categoria di contribuenti, ovvero i lavoratori dipendenti che, non avendo alcun margine di manovra, sono soggetti ad un prelievo coattivo dal quale non possono sfuggire.