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Decreto liquidità 23/2020 e vincoli per le aziende destinatarie in materia di livelli occupazionali

Il decreto liquidità 23/2020, nel disciplinare alcune misure straordinarie in materia di accesso al credito per le imprese, nel solco della legislazione a tutela contro l’impatto economico degli effetti dell’emergenza coronavirus, offre un quadro ampio ed articolato di agevolazioni strutturali e significative in tema di finanziamenti e connesse garanzie, secondo un sistema di accollo delle stesse, in via generale, al sistema creditizio, allo Stato e ad organismi istituzionali.

Il provvedimento, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 8 aprile 2020, disciplina queste agevolazioni negli articoli da 1 a 3, concentrandosi, nell’articolo 1, sulla regolamentazione delle misure concesse “Al fine di assicurare la necessaria liquidità alle imprese  con sede in Italia, colpite dall’epidemia COVID-19”, elencando, nel comma 2, le “condizioni” in presenza delle quali sono concesse le agevolazioni finanziarie. La norma prevede limiti di ponderazione dei finanziamenti, sulla base di precisi indici di riferimento, relativi a svariate condizioni, attinenti a requisiti dimensionali, di fatturato, di garanzie stesse, distinguendo tra valori dei finanziamenti per realtà aziendali piccole, medie, grandi, specificando, peraltro, alla lettera l) che “l’impresa che beneficia della garanzia assume l’impegno a gestire i livelli occupazionali attraverso accordi sindacali”. In attesa delle autorizzazioni a livello nazionale ed europeo, vista l’estrema necessità ed urgenza di dare immediata applicazione alle suddette disposizioni da parte delle banche, l’Abi ha spiegato, ai propri associati le principali disposizioni; nella circolare 9 aprile 2020, già a pagina 2, l’associazione ribadisce che “l’impresa che beneficia della garanzia del sistema così introdotto, deve assumere l’impegno di gestire i livelli occupazionali attraverso accordi sindacali”.La previsione di questo obbligo è in linea con l’elemento cardine della tutela dell’occupazione che la legislazione di emergenza si prefigge, nel suo insieme, già dalle precedenti disposizioni sulla “sospensione” dei licenziamenti, individuali per GMO e collettivi, che, disposta con decreto-legge, non poteva certo essere reiterata ma, di fatto, viene proposta, con un certo carattere di stabilità, quantomeno nel periodo di emivita di tutta la disciplina delle agevolazioni finanziarie.Dalle guarentigie contro i licenziamenti collettivi/individuali (GMO), di cui all’art. 46, del decreto cura Italia precedente, erano stati esclusi i dirigenti, sia apicali, sia della media dirigenza, sia, ancora, della bassa dirigenza (cc.dd. mini-dirigenti), atteso il principio vigente dell’unitarietà della categoria dirigenziale, ormai avallato definitivamente dalle sezioni unite della Cassazione nel 2007 e confermato dalla giurisprudenza successiva (cfr. già Cass. ss.uu. 7880/2007; Cass. 897/2011; Cass. 25145/2010). Il motivo dell’esclusione è in linea con l’insieme delle disposizioni di legge sul rapporto di lavoro che – ove ritenuto opportuno – hanno da sempre offerto una disciplina della figura del dirigente in termini “negativi”, ovvero nell’esclusione da discipline previste per la generalità dei lavoratori dipendenti.Con la norma di cui all’art. 1, comma 2, lettera l) del decreto liquidità, invero, l’impostazione generale è capovolta, posto che il riferimento ai “livelli occupazionali” ivi contenuto non può che riferirsi ad ogni categoria di lavoratore subordinato privato, così come individuata negli articoli 2094 e 2095 c.c.; operai, impiegati, quadri, dirigenti. Peraltro nel decreto sulla sospensione dei licenziamenti collettivi i dirigenti erano comunque tutelati, nei termini dell’art. 16, legge 161/2014, che ha esteso l’applicabilità delle regole di cui alla legge 223/1991, ai dirigenti destinatari, con i propri colleghi delle altre qualifiche, di procedure di licenziamento per riduzione o trasformazione dell’attività e/o del lavoro.Va sempre ricordato che il licenziamento collettivo per riduzione del personale è diretto alla risoluzione del rapporto di lavoro di una pluralità di dipendenti in collegamento causale con scelte di carattere imprenditoriale che abbiano giustificato la stabile diminuzione del numero dei dipendenti, pur in assenza di modifica, trasformazione o soppressione di strutture organizzative o materiali (Cass. 916/1995), mentre il licenziamento individuale, pur quando riguarda una pluralità di soggetti, è caratterizzato dal fatto che il potere di recesso si indirizza immediatamente verso singoli determinati lavoratori, identificati sulla base di un nesso obiettivo con il motivo di licenziamento.


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