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I nuovi reati tributari previsti dal Decreto Fiscale 124/2019

I nuovi reati tributari previsti dal Decreto Fiscale 124/2019

(Dott.ssa Astrid Durand)

  1. Premessa

Il presente lavoro si propone di analizzare uno dei temi fiscali attualmente di maggior interesse ossia la rilevanza che i reati tributari, oggetto di una importante e recente riforma legislativa, potrebbero assumere nell’ambito della responsabilità amministrativa degli enti.

Precisamente, la nuova disciplina promossa dal D.L. n. 124 del 26 ottobre 2019 (cd. Decreto Fiscale) introduce alcuni dei reati tributari previsti dal D.Lgs. 74/2000 tra i reati presupposto in grado di far sorgere la responsabilità amministrativa degli enti.

A tal fine, è necessario un breve excursus storico prima di addentrarsi in questa materia e poter meglio capire la portata di suddetta riforma.

  1. L’impulso del Legislatore europeo: la Direttiva PIF

In ambito europeo, l’emanazione della Direttiva (UE) 2017/1371 (cd. Direttiva PIF), approvata dal Parlamento europeo il 5 luglio 2017, ha posto l’obiettivo di rafforzare il sistema di protezione delle risorse finanziarie europee attraverso l’armonizzazione dei differenti ordinamenti dei Paesi membri.

In particolare, d’interesse ai fini del presente elaborato, risulta essere l’art. 6 della Direttiva de qua, rubricato “Responsabilità delle persone giuridiche”, dal cui contenuto consegue un vincolo rivolto agli Stati Membri che sono tenuti, pertanto, ad adottare le misure necessarie affinchè gli enti possano essere ritenuti responsabili dei reati penal-tributari in materia di IVA, elencati agli articoli 3, 4 e 5 della stessa Direttiva.

  1. I reati coinvolti hanno ad oggetto fattispecie lesive degli “interessi finanziari dell’Unione” che, a titolo esemplificativo, riguardano le seguenti condotte:presentazione e uso di dichiarazioni o documenti non esatti, non completi ovvero falsi relativamente alla componente IVA;
  2. mancata comunicazione di informazioni relative all’IVA in violazione di uno specifico obbligo;
  3. presentazione di dichiarazioni IVA volte a dissimulare in maniera fraudolenta il mancato pagamento o la costituzione illecita di diritti a rimborsi.

Non sfugge, tuttavia, che la maggior parte di queste condotte risultano già punite nel nostro ordinamento da diversi provvedimenti, tra cui figurano, a titolo esemplificativo e non esaustivo, le seguenti fattispecie di reato:

  • dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, ex 2 D.Lgs. 74/2000;
  • dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, ex 3 D.Lgs. 74/2000;
  • dichiarazione infedele, ex 4 D.Lgs. 74/2000;
  • omessa dichiarazione, ex 5 D.Lgs. 74/2000;
  • omesso versamento di IVA, ex 10-ter D.Lgs. 74/2000;
  • malversazione a danno dello Stato, ex 316-bis c.p.;
  • indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, ex 316-ter c.p.;
  • truffa ai danni dello Stato, ex 640, comma 2, n. 1 c.p.;
  • truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, ex 640-bis c.p.;
  • falsità commessa da privato in atto pubblico, ex 483 c.p.

Ad ogni modo, l’art. 6 della Direttiva PIF dispone che i singoli ordinamenti dei Paesi UE prevedano norme volte a limitare il verificarsi di fattispecie lesive degli interessi finanziari dell’Unione, in particolare, anche nei casi in cui le condotte illecite, poste in essere da soggetti definiti come “apicali” o dai loro sottoposti, siano commesse a vantaggio dell’ente di cui fan parte, con conseguente irrogazione di sanzioni “effettive, proporzionate e dissuasive”.

In altri termini, si impone a ciascun Paese di introdurre una responsabilità amministrativa degli enti qualora sussistano i reati penal-tributari sopraelencati.

Ma vi è di più. Oltre alle sanzioni amministrative, il Legislatore si è impegnato ad introdurre nel Decreto 231 anche le sanzioni previste dall’art. 9 della Direttiva PIF, che comprendono:

  • l’esclusione dal godimento di un beneficio o di un aiuto pubblico;
  • l’esclusione temporanea o permanente dalle procedure di gara pubblica;
  • l’interdizione temporanea o permanente di esercitare un’attività commerciale;
  • l’assoggettamento a sorveglianza giudiziaria;
  • l’applicazione di provvedimenti giudiziari di scioglimento e la chiusura temporanea o permanente degli stabilimenti che sono stati usati per commettere il reato.

A seguito della sua entrata in vigore, il Legislatore italiano ha assunto l’onere di integrare le disposizioni del D.Lgs. 231 del 2001, recante la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, prevedendo espressamente la responsabilità amministrativa da reato degli enti anche per le fattispecie lesive  degli interessi finanziari dell’Unione Europea.

  1. Il recepimento della Direttiva PIF in Italia

Con la recente entrata in vigore del Decreto Fiscale in Italia, precisamente con l’art. 39, comma 2 (rubricato “Modiche della disciplina penale e della responsabilità amministrativa degli enti”), si prevede espressamente l’inserimento dell’art. 2 del D.Lgs. 74/2000, che sanziona le dichiarazioni fraudolente mediante uso di fatture false o altri documenti per operazioni inesistenti, all’interno del codice della responsabilità da reato degli enti; viene, infatti, introdotto il nuovo art. 25-quinquiesdecies (Reati tributari) che, proprio con riferimento alle condotte di cui all’art. 2, prevede l’applicazione di una sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote nei confronti della persona giuridica coinvolta.

L’intervento legislativo si presta così a colmare una lacuna dell’ordinamento tra le più evidenti e contraddittorie del sistema delineato dal D.Lgs. 231/2001 e che da tempo era stata segnalata dalla dottrina nonché dalla giurisprudenza stessa.

A tal riguardo si deve ricordare che l’assenza dei reati tributari nel catalogo dei reati presupposto appariva quantomeno contraddittoria, laddove la giurisprudenza di legittimità ammetteva la confisca in via diretta dei beni di una persona giuridica, il cui legale rappresentante fosse autore di una violazione tributaria: l’ente veniva colpito per effetto dell’interpretazione giurisprudenziale, pur non essendogli addebitabile alcuna responsabilità per le violazioni fiscali commesse nel suo interesse o a suo vantaggio (cfr. sentenza n. 10561/2014 “cd. Gubert” la quale ha statuito il principio secondo cui “è consentito nei confronti di una persona giuridica il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di denaro o di altri beni fungibili o di beni direttamente riconducibili al profitto di reato tributario commesso dagli organi della persona giuridica stessa, quando tale profitto (o beni direttamente riconducibili al profitto) sia nella disponibilità di tale persona giuridica”).

In conclusione, sempre con riferimento al Decreto fiscale, si deve segnalare la mancata previsione nell’alveo del trattamento punitivo di sanzioni interdittive sopraccennate che, spaziando dall’interdizione dall’esercizio dell’attività alla sospensione o revoca di autorizzazioni o licenze, dal divieto di contrattare con la pubblica amministrazione all’esclusione da agevolazioni o finanziamenti, inciderebbero pesantemente sulla stessa gestione della società.

Appare chiaro, dunque, che l’introduzione del citato reato tributario tra i reati presupposto sia solo l’inizio di un futuro ulteriore ampliamento di questi ultimi, che dovranno quantomeno ricomprendere anche la dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, ex art. 3 D.Lgs. 74/2000, la dichiarazione infedele, ex art. 4 D.Lgs. 74/2000, l’omessa dichiarazione, ex art. 5 D.Lgs. 74/2000, l’omesso versamento di IVA, ex art. 10 ter D. Lgs. 74/2000.

  1. Conclusioni

Questa evoluzione, in termini pratici, condurrà le società a valutare la possibilità di adottare dei Modelli organizzativi per implementare un efficace sistema di gestione del rischio fiscale, ossia finalizzati alla prevenzione degli illeciti tributari con conseguente esclusione della responsabilità amministrativa.

Infatti, l’implementazione di un Modello organizzativo dovrà prevedere, per quanto possibile, specifici protocolli interni finalizzati, sempre nell’ottica del rapporto costi/benefici, alla prevenzione del rischio fiscale, anche alla luce della rilevanza dei reati tributari assunta di recente con l’introduzione dell’art. 25-quinquiesdecies del D.Lgs. 231/2001.

I rischi fiscali ai quali le imprese sono esposte potrebbero, infatti, essere correttamente mitigati, oltre che dal controllo delle funzioni interne, anche mediante specifiche procedure che siano finalizzate alla loro identificazione, analisi, approfondimento ed eliminazione.

In questo modo si potrà offrire all’imprenditore, ai soci e alla governance aziendale un vero e proprio strumento capace di monitorare l’attività ed i rischi di impresa connessi.

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