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La prospettiva di lettura della riforma costituzionale degli artt. 9 e 41 Cost.

Abstract

L’ambiente è espressamente menzionato nella Costituzione solamemte nel 2001, e unicamente con riferimento al reparti di competenze Stato Regioni. Alla dottrina e alla giurisprudenza è toccato combattere una dele nuove sfide del costituzionalismo, ossia trovare fondamento alla tutela ambientale nella Costituzione.

La menzione espressa dell’ambiente in Costituzione (art. 117)

Una menzione espressa dell’ambiente viene introdotta  nel testo della Costituzione, solo nel 2001, (l. cost. 18.10.2001, n. 3).  Essa è collocata nel titolo V della parte II, ALL’ART. 117 Cost., il quale disciplina il riparto di competenze tra Stato e Regioni: al secondo comma affida alla esclusiva legislazione statale la tutela dell’ambiente dell’ecosistema e dei beni culturali (lett.s), mentre il terzo comma attribuisce alla competenza concorrente Stato-Regioni la «valorizzazione dei beni culturali e ambientali». L’art. 116, inoltre, rende possibile l’attribuzione alle Regioni di ulteriori forme e condizioni di autonomia nell’ambito di alcune materie indicate dall’art. 117, secondo comma, (tra le quali la lettera s), e di tutte le materie di cui al terzo comma del 117.

La dichiarazione di Stoccolma del 1972

Solo negli anni Sessanta è fatto riferimento a livello internazionale e si è manifestata l’esigenza di una tutela condivisa, la quale si è poi concretizzata in un riconoscimento formale, nel 1972, con la dichiarazione di Stoccolma, e con il successivo e conseguente moltiplicarsi delle affermazioni di principio, nonché degli strumenti giuridici per garantirne l’effettività.

Le altre Costituzioni

Non a caso, le Costituzioni che espressamente vi fanno riferimento sono state redatte o riformate successivamente agli anni Settanta: in Europa la Costituzione greca, che configura come un dovere pubblico la protezione dell’ambiente naturale e culturale (1975, art. 24), la Costituzione spagnola (1978, art. 45), portoghese (art. 9), sino a quelle delle repubbliche sovietiche (sui profili comparati, tra i lavori più recenti si v. Cordini, G., Diritto ambientale comparato, in Trattato di diritto dell’ambiente, a cura di P. Dell’Anno e E. Picozza, Padova, I, 2012, 101); a livello mondiale sono più o meno 150 le Carte che hanno inserito la protezione dell’ambiente nel proprio articolato (non quella statunitense, ad esempio).

Quanto alle formulazioni, in Europa, una delle prime e più esaustive è contenuta nella Costituzione spagnola, la quale da un lato fa riferimento a diritti dei singoli e doveri pubblici nello stabilire il diritto di ciascuno a godere dell’ambiente, nonché al dovere di conservarlo, collegando l’ambiente allo sviluppo della persona; dall’altro attribuisce ai poteri pubblici la vigilanza sulla razionale utilizzazione di tutte le risorse naturali, nella prospettiva della protezione e il miglioramento della qualità della vita, della difesa e del ripristino dell’ambiente, della solidarietà collettiva.

La Legge Fondamentale tedesca dal 1994 invece, all’art. 20A, concentra l’attenzione solo sul ruolo dei poteri pubblici, limitandosi a prescrivere che lo Stato assuma la tutela delle naturali condizioni di vita anche nei confronti delle generazioni future.

Al contrario, sebbene nella Costituzione francese solo nel 2004 sia stata introdotta la tutela dell’ambiente, ora risulta proclamata la fedeltà non solo alla Dichiarazione del 1789 e alla Costituzione stessa, ma anche ai diritti e doveri indicati dalla Carta dell’ambiente: in questo modo tutta la carta è stata costituzionalizzata, a partire dal diritto di ogni individuo a vivere in un ambiente equilibrato e rispettoso della sua salute, indicato dall’art. 1, e al dovere di contribuire alla conservazione e miglioramento dell’ambiente: l’accento è posto sul cittadino, e l’ambiente è visto in sua funzione.

Sebbene non sia possibile approfondire il tema, è evidente che le Costituzioni europee rinvengono una comune forza trainante nella Unione europea, fin dal 1987: già allora nel Trattato si richiedeva un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente (art. 3.3) e che le esigenze connesse con la tutela dell’ambiente venissero integrate nella definizione e nell’attuazione delle politiche e azioni dell’Unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile (art. 11).

Un primo confronto già evidenzia come nella Costituzione italiana non sia esplicitamente enunciato alcun principio relativo all’ambiente, né vi sia un riferimento a diritti e doveri dei soggetti privati; in via indiretta sono ricavabili gli obblighi rivolti alle istituzioni pubbliche, in quanto, se la disciplina della tutela dell’ambiente è di competenza statale, vi sarà un obbligo dello Stato di tutelare l’ambiente, così come la valorizzazione sarà un dovere in capo allo Stato e alle Regioni. L’assenza di qualunque formulazione di principio sull’ambiente si accompagna peraltro anche all’evidente mancanza di riferimenti al principio dello sviluppo sostenibile o ai diritti delle generazioni future, che si ritrovano nella Costituzione francese e ancor più nelle Costituzioni asiatiche, africane e sudamericane (queste ultime in particolare hanno dato grande rilievo all’ambiente, si pensi alla brasiliana, la quale vi dedica un intero capitolo, trattando dell’educazione ambientale, o alla ecuadoriana, che riconosce diritti inalienabili alla natura stessa).

La riforma costituzionale degli art 9 e 41 Cost.

Il testo dell’art. 9 della Costituzione, a seguito della riforma costituzionale che vi introduce un nuovo comma, è il seguente:

«La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.

Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.

Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali».

Il testo dell’articolo 41, a seguito delle modifiche apportate dalla riforma costituzionale approvata, così recita:

«L’iniziativa economica privata è libera.

Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.

La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali».

Proteggere l’ambiente per le generazioni future

La legge costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1, che ha modificato gli articoli 9 e 41 della Costituzione, ha riconosciuto un espresso rilievo alla tutela dell’ambiente, sia nella parte dedicata ai Principi fondamentali, sia tra le previsioni della cosiddetta Costituzione economica.

Così, il nuovo comma 3 dell’art. 9 Cost., nel prevedere che la Repubblica (dunque, tutti gli enti della Repubblica) “Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”, detta un criterio generale di azione dei pubblici poteri improntato alla protezione dell’ambiente.

Il criterio vincola oggi direttamente le istituzioni nazionali, anche a prescindere da ulteriori specificazioni normative: così, la previsione ribadisce sul piano interno il principio di integrazione delle esigenze ambientali nelle scelte pubbliche, già espresso dall’art. 11 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (a norma del quale “Le esigenze connesse alla tutela dell’ambiente devono essere integrate nella definizione e nell’attuazione delle politiche e azioni dell’Unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile”).

Sempre nell’art. 9, comma 3, essenziale è il richiamo alle generazioni future: il riferimento colora l’azione dei pubblici poteri a tutela dell’ambiente di una profondità intergenerazionale, in linea con quanto previsto da altre costituzioni europee (per esempio, quella francese, tedesca, polacca, portoghese, svedese) e, prima ancora, dal principio dello sviluppo sostenibile, riconosciuto a livello internazionale, europeo e nazionale (all’art. 3-quater del Codice dell’ambiente): quel principio impone infatti di perseguire uno sviluppo che assicuri il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri (così, la definizione del Rapporto Bruntland pubblicato dalla Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo nel 1987).

Il ruolo dei privati

Se l’art. 9 è incentrato sul ruolo dei pubblici poteri nella tutela dell’ambiente, l’art. 41 allarga la prospettiva al ruolo dei privati. In particolare, il secondo comma prevede oggi che l’iniziativa economica privata non possa svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno, oltre che alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana, altresì “alla salute” e “all’ambiente”. E il terzo comma amplia – con l’espresso riferimento ai “fini ambientali” – il novero delle finalità a cui l’attività economica può essere indirizzata e coordinata dalla legge (“La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali”).

La modifica apre la strada a una nuova relazione tra potere pubblico e mercato, con possibile, conseguente ri-espansione del ruolo dello stato nell’economia, in linea con le recenti politiche europee: si pensi al Green Deal, il piano ideato dalla Commissione europea nel 2019 per promuovere massicci investimenti pubblici, tra l’altro, nei settori dell’energia, della politica industriale e della mobilità, in un’ottica di transizione energetica. Non a caso, anche nel nome, il piano chiaramente rievoca l’esperienza del New Deal, il programma di politica economica promosso dal presidente statunitense Roosevelt negli anni Trenta del Novecento.

Si pensi altresì al Next Generation Eu, ossia al piano da oltre 700 milioni di euro per ricostruire l’Europa post Covid-19 promuovendo una economia più verde, più digitale e più resiliente, nel cui ambito si inseriscono i vari Recovery Plan approvati a livello nazionale, tra i quali il nostro Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza).

Verso la responsabilità ambientale d’impresa

Non si tratta però solo di questo.

Si discute se la modifica dell’art. 41 Cost. (in particolare, del secondo comma) abbia la capacità di legittimare, pure in assenza di norme specifiche, addirittura una modifica dello scopo dell’impresa: quest’ultimo non sarebbe più (o non sarebbe solo) la massimizzazione del profitto, ma verrebbe a includere la sostenibilità o la responsabilità sociale di impresa.

Questa impostazione parrebbe smentita dal fatto che, già prima della riforma costituzionale, l’art. 41, comma 2, conteneva un riferimento alla “utilità sociale”, senza che ciò abbia indotto a letture estensive dello scopo di impresa. Non vi è dubbio, però, che la nuova previsione quantomeno consente al legislatore di imporre ai privati una internalizzazione delle esigenze ambientali nel contesto della loro finalità di impresa.

Insomma, il nuovo articolo 41 Cost. va ben al di là della individuazione della tutela dell’ambiente come un interesse pubblico prevalente che si impone ai soggetti privati dall’esterno, conformandone l’attività e limitandone la libertà di iniziativa economica. Consente di mutare in via legislativa lo scopo dell’impresa, trasformando l’interesse ambientale in un autentico interesse del soggetto regolato, con conseguente modifica della stessa idea di attività economica privata.

In questa direzione va del resto la recente proposta di direttiva sulla due dligence delle imprese in materia di sostenibilità, pubblicata dalla Commissione europea il 23 febbraio scorso: alle imprese (per ora, solo quelle di grandi dimensioni) che intendono accedere al mercato europeo, comprese quelle con sede al di fuori dell’Unione europea, viene chiesto di implementare sistemi e processi idonei a prevenire (e, laddove ciò non sia più possibile, a rimediare a) l’impatto negativo sui diritti umani e sull’ambiente causato dalla loro attività e lungo tutta la loro filiera produttiva. Anche se l’esito del processo legislativo europeo è tutt’ora incerto, la direzione pare segnata. Ed è significativo che leggi simili siano state già approvate in Francia e in Germania. La recente modifica costituzionale mette le basi per un intervento anche del legislatore italiano

Il concetto di ambiente in una prospettiva evolutiva

L’art. 9 tratta l’ambiente in una prospettiva evolutiva e sistemica: ambiente, biodiversità, ecosistemi. La sua formulazione da sviluppo ad orientamenti di tutela affermati dalla Corte Costituzionale in via interpretativa, tipo quello in cui il paesaggio, in una prospettiva statica, diventa ambiente, e assume una connotazione dinamica. La tutela “paesaggistica” diventa tutela “paesaggistico-ambientale.” In una prospettiva giurisprudenziale costituzionale, l’ambiente si configura non come mero bene o materia competenziale ma come “valore primario e sistemico”. In questa direzione vanno alcune sentenze della Corte Costituzionale: la sentenza n. 179 del 2019 da impulso ad un processo evolutivo diretto a riconoscere una nuova relazione tra la comunità territoriale e l’ambiente che la circonda. In questa prospettiva la cura del paesaggio riguarda l’intero territorio, anche quando degradato o apparentemente privo di pregio, aggiunge la sentenza n. 71 del 2020. Ma non bastava l’articolo 117 Cost, che classificava l’ambiente come materia statale,  ci voleva proprio la costituzionalizzazione dell’inciso “Tutela l’ambiente” nell’art. 9 cost, così come riformato dalla legge costituzionale n. 1/2022, per dar vita ad una vincolatività maggiore della tutela dell’ambiente, inteso quest’ultimo non più come materia ma come “principio fondamentale della Costituzione.”  L’effetto della riforma costituzionale è il recepimento di alcuni orientamenti già affermati dalla Corte Costituzionale. Inoltre,  l’effetto pratico della legge costituzionale n. 1/2022 è che non ci potranno essere leggi in contrasto con la Costituzione sul tema dell’ambiente, e se ci saranno dovranno essere annullate dalla Corte Costituzionale. Immagino che questa riforma sia di portata storica, dal punto di vista evolutivo credo che anche la nuova formulazione dell’articolo 41 Cost., nel dettare che l’iniziativa economica dei privati non debba arrecare danno all’ambiente, alimenterà le cd. Climate litigations (controversie giudiziarie in materia ambientale) da parte delle associazioni ambientali. Gli Stati debbono adottare misure adeguate alla salvaguardia dell’ambiente, ciascuno Stato è responsabilizzato nei confronti dell’altro a livello internazionale affinchè si sviluppi un ecosistema salubre. Altro concetto che si sviluppa è quello della “sostenibilità ambientale”, esplicitato dal riferimento della riforma costituzionale “alle future generazioni”. Lo sviluppo attuale dell’ambiente non deve pregiudicare lo sviluppo dell’ambiente e la sua fruibilità da parte delle generazioni che verranno. Una responsabilità politica nuova, per il legiastore, viene introdotta in materia ambientale, e tende verso il futuro, non solo verso il presente.

(A cura di Valerio Carlesimo)


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