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assortimento

(di Alessio Abbate)

La definizione degli assortimenti per il retailer è strattamente connessa alle scelte strategiche riguardanti le altre leve del category mix (prezzo, promozione, display). Ogni scelta che impatta su una di queste leve incide necessariamente sulle altre. Ad esempio, l’introduzione di un nuovo prodotto in assortimento comporta (di norma) l’eliminazione di un altro prodotto, la verifica/revisione dei criteri espositivi per la categoria/segmento in esame, la verifica/modifica della scala prezzi e l’analisi della coerenza del nuovo prodotto rispetto al piano promozionale in essere. Per questo motivo, è opportuno considerare ciascun micro-processo di category (definizione assortimenti, pricing, definizione dei display, piano promozionale) in un’ottica sistemica, come rappresentato nella seguente Figura.

Figura 1

L’analisi degli assortimenti è condotta con riferimento ai dati interni e di mercato e comprende di norma i seguenti passaggi:

a)      analisi del dimensionamento dell’assortimento per la categoria

b)      analisi interna (20-80) delle performance

c)      confronto con il mercato di riferimento e analisi dei brand

d)     revisione dell’assortimento attuale.

La seguente Figura descrive sinteticamente le singole fasi del processo in analisi.

Figura 2

Gli aspetti critici del processo riguardano il confronto con i dati di mercato e sono brevemente descritti di seguito.

1)      Referenze ‘a peso variabile’: i dati di mercato per le referenze vendute ‘a peso fisso’ sono facilmente reperibili. Per quelle a peso variabile, ossia la gran parte dei freschissimi (ortofrutta, carni e pesce), le banche dati a disposizione sono scarse: occorre effettuare delle analisi sul campo che tengano conto delle caratteristiche morfologiche dei prodotti (calibro, pezzatura, taglio anatomico, ecc.)

2)      Albero merceologico: Il confronto con i dati di performance del retailer è possibile nel caso in cui l’albero delle categorie sia costruito in base all’albero ECR. In alternativa, occorre riclassificare parzialmente l’albero del retailer al solo scopo di effettuare le analisi, oppure limitarsi al confronto per le parti più ‘alte’ dell’albero.

3)      Potenzialità della B.I. del retailer: il confronto è agevolato dalla possibilità di importare i dati di mercato nella B.I. del retailer.

4)      Area geografica per il confronto: l’area geografica utile per il confronto non deve essere troppo estesa (per tenere conto dei comportamenti d’acquisto nei micromercati) né troppo ristretta (per essere statisticamente significativa).

 

 

 

(di Alessio Abbate)

La classificazione proposta nell’articolo precendente in merito alle leve marketing del retailer può essere utile ai fini della comprensione del vantaggio competitivo (marketing-based) del distributore.
Di seguito è mostrato un esempio per il caso di Poundland, il principale retailer a ‘prezzo fisso’ in Europa .

1. Assortimento
La gamma dei prodotti in Poundland comprende circa 3.000 referenze, afferenti a 17 categorie merceologiche che spaziano dal Food, ai prodotti per la cucina, alle idee regalo, alla cura della persona, alla detergenza, agli articoli di cartoleria e cancelleria, alle bevande, alle batterie, al pet care, ai libri, CD e DVD, giocattoli, prodotti per la cura dei bambini, farmaci, articoli stagionali, DIY (articoli per il fai da te), e articoli per feste. In Poundland i prodotti alimentari occupano orientativamente il 15% di spazio espositivo a scaffale e generano circa il 30% del fatturato.
In realtà, dei 3.000 articoli, circa 1.000 sono grandi marche, spesso importate dall’estero. Questo rapporto di un terzo tra grandi marche e assortimento complessivo è sempre preservato, nonostante l’assortimento sia in continua evoluzione e le stagionalità e festività fortemente enfatizzate sul punto vendita – dal Natale, alla Pasqua, ai prodotti per il giardinaggio in primavera, agli articoli per il campeggio e ai giocattoli estivi per bambini. Non è difficile capirne il motivo: il consumatore medio ha una profonda fiducia nelle grandi marche e queste in Poundland hanno un ruolo di ‘traffico’ e un potente ‘effetto cross-selling’. In altri termini, la gente entra in Poundland attratta dalle grandi marche vendute a un pound e poi acquista anche altro. Ma se tutto questo è fonte di un’incredibile rotazione e genera traffico nei negozi Poundland, quali sono le categorie/marche che procurano margine ‘sostenendo’ la vendita delle grandi marche e delle promozioni? E soprattutto, come è possibile generare un adeguato margine vendendo tutto a un pound? In effetti gli altri due terzi delle referenze in assortimento sono a marchio proprio e quindi ad elevato margine percentuale. Il Prodotto a Marchio Poundland è stato in realtà sostituito da una serie di marchi di fantasia come Beauty Nation, Kitchen Corner e Toolbox. Quando Poundland individua un gap di vendite nel mercato, introduce il marchio proprio o un marchio di fantasia. La gamma Sweet Heaven, per esempio, è stata una risposta diretta alla perdita di mercato di Woolies nelle High Street.

2. Prezzo
Il prezzo fisso (tutto a un pound) facilita sia il retailer nella definizione dei criteri espositivi (non esiste una ‘scala prezzi’), sia il cliente nella selezione dei prodotti: a parità di prezzo, la scelta ricade sulle combinazioni marche/varianti/formati. Uno dei principali punti di forza di Poundland è proprio la coerenza dei prezzi tra tutti i prodotti in base alle quantità di prodotto contenuto nella confezione: per un pound è possibile acquistare, ad esempio, una confezione da 11 pile Kodak, oppure una da 5 pile Sony, ovviamente più longeve.
Come fa il prezzo a restare fisso a un pound a distanza di oltre 20 anni dall’apertura del primo negozio? Quali sono le aree di eccellenza della catena del valore di Pondland che permettono questo successo? Una prima risposta è riconducibile alla proattività e alla forza contrattuale dell’ufficio commerciale di Poundland. Mentre la maggior parte dei retailer aspetta che i fornitori si propongano, Poundland analizza nel dettaglio chi contattare per avviare una trattativa commerciale. Se per un prodotto in assortimento gli sforzi commerciali non riescono a garantire il mantenimento del margine necessario, il prodotto va fuori assortimento: in questo modo l’assortimento evolve, ma il modello resta fisso. Talvolta, per preservare il margine e tenere fisso il prezzo finale di un prodotto, occorre cambiarne il confezionamento. Questo non sempre significa ridurne la dimensione del packaging e, di conseguenza, la quantità di prodotto che vi è normalmente contenuto: accade anche che il retailer riesca ad abbattere i costi di confezionamento riducendo il numero di imballi (spesso ridondanti) normalmente contenuti in una confezione. La crescita di Poundland dimostra che il consumatore è a caccia del ‘valore’ e i produttori ne sono consapevoli: sono in molti i fornitori che riconfigurano il proprio prodotto e il packaging per Poundland in modo che, ad esempio, la confezione di 170 grammi di After Eights si possa acquistare per un pound da Poundland, e Poundland è anche l’unico posto in cui sia possibile acquistarne una di quelle dimensioni. Attraverso questa strategia inoltre i fornitori, oltre ad assicurarsi livelli record di rotazione, possono monitorare esattamente il percorso dei propri prodotti, le quantità vendute e il prezzo finale di vendita applicato dal retailer.

3. Display-Layout
La struttura dei negozi Poundland è piuttosto spartana, con corridoi ‘larghi’ quanto quelli di un normale convenience store.
Il prezzo fisso facilita sicuramente il retailer nella definizione dei criteri espositivi: non esiste una scala prezzi ‘nominale’: esistono in realtà diversi formati, per cui una scala prezzi ‘per unità di misura’ è comunque presente per alcune categorie merceologiche, in particolare nella detergenza e nella pulizia della casa. Gli altri retailer devono continuamente ragionare sulla scala prezzi e monitorarla nel corso del tempo – in base ai nuovi inserimenti, ai delisting e al pricing dei competitor – e devono poi assicurarsi che la scala prezzi sia leggibile opportunamente sui display dei negozi. Poundland invece deve semplicemente ‘spostare’ merce dai magazzini ai punti vendita, senza preoccuparsi dei criteri di lettura dei display per prezzo – in quanto i clienti sanno sempre quanto costa ciascun prodotto – e avendo cura di posizionare opportunamente a scaffale il prodotto a marchio. In Poundland l’acquisto di impulso dei prodotti a marchio proprio è infatti una fondamentale fonte di valore ed è pertanto opportunamente stimolato attraverso la leva display.

4. Promozioni e Comunicazione
La meccanica promozionale di Poundland non può che essere ‘2 prodotti a 1 pound’, oppure ‘3 a 1 pound’, talvolta addirittura ‘4 a 1 pound’. Le categorie maggiormente coinvolte dalle promozioni ‘folli’ sono patatine in busta, cioccolata e bevande analcoliche, e si trovano spesso in testata di gondola. Nel non food la vendita di più prodotti (2 o 3) a un solo pound avviene normalmente in continuativo e riguarda principalmente categorie come i deodoranti per ambienti e i farmaci generici, come ibuprofene e paracetamolo. Quanto alla comunicazione, Poundland ricorre raramente alla comunicazione esterna al punto vendita: i principali strumenti di comunicazione adottati dal retailer riguardano la cartellonistica interna al negozio e il passaparola. I sacchetti per la spesa, a differenza di altri discount come Lidl, sono gratuiti e, a differenza dei competitor minori, contengono elementi di comunicazione dell’insegna.

 

di Alessio Abbate

Poundland è il principale retailer a ‘prezzo fisso’ in Europa, vincitore del ‘Discount Retailer of the Year Award’ nel 2011, la cui shortlist comprendeva rivali del calibro di Aldi e Iceland. ‘Tutto è a 1 pound’ è divenuto ormai sinonimo di ‘shopping intelligente’ nelle High Street e nei centri commerciali di Londra e, in generale, dell’intero Regno Unito.

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