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Battute di pausa da pandemia: effetti del Covid-19 sull’economia della musica. Il caso delle bande musicali professionali

Tra i tanti settori più sofferenti, spiccano quello della cultura e, in particolare, della musica, i cui operatori si stanno adoperando per cercare soluzioni per sopravvivere e uscire dalla crisi. L’articolo propone un excursus sui primi effetti del fermo delle attività a causa della pandemia e quali sono state le proposte dal settore e le misure implementate.

Il tracollo della banda musicale “da giro” o professionale, tipica di alcune regioni del Sud, che oggi è ancor più la “cenerentola” dello spettacolo e della tradizione musicale italiana, è emblematica dello stremo a cui è ridotto il settore.

L’auspicio è che dalla crisi possa cogliersi l’occasione per elaborare una legge quadro volta a riconoscere il giusto valore sociale ed economico al mercato della musica ed ai tanti professionisti che vi operano.

Covid – 19: una brutta musica

La pandemia da Coronavirus è la bassa marea che ha fatto emergere fragilità croniche dell’economia e della società. Fra le tante attività colpite, sono più in difficoltà – ovviamente – quelle svolte per definizione in assembramento o che inducono a formarli.

Gran parte del settore culturale e dello spettacolo possiede questa caratteristica: chi opera in teatri, fa concerti, appartiene ad orchestre, complessi e prende parte a tutte le altre rappresentazioni dal vivo.

Concentrando l’analisi sul settore musica, le prospettive sembrano piuttosto buie.

Secondo le principali associazioni che rappresentano l’intera filiera imprenditoriale della musica, il danno complessivo a fine anno per le imprese di settore potrebbe superare quota 600 milioni [1], mentre per gli effetti immediati, Assomusica ha stimato solo fino al 3 aprile scorso perdite per 40 milioni di euro, con oltre tremila concerti cancellati o rinviati [2]; per il settore delle live, le stime fino al termine della stagione estiva sono pari a circa 350 milioni di euro.

Soundreef, gestore indipendente dei diritti d’autore, ha invece quantificato i mancati incassi per la pandemia sul fronte della riscossione dei diritti d’autore, stimando le perdite pari al 30-35% della quota annuale di entrate medie per una società che gestisce i diritti d’autore [3]. Il danno non è solo dovuto al divieto delle live ma anche alla chiusura di discoteche, palestre, altre attività di aggregazione.

Per le vendite di prodotto fisico (CD e vinili) si è registrato un calo di oltre il 70% tra marzo ed aprile, non compensato dal digitale soprattutto per il fermo dei lanci di nuovi brani e per le sale di registrazione chiuse [4].

Il settore della musica si regge sull’impegno di numerose professionalità: sempre per Assomusica, solo per gli eventi di musica popolare contemporanea lavorano circa 60 mila persone, a cui vanno aggiunti musicisti, tecnici, cantanti, gruppi operanti per vari generi musicali e diversi contesti (teatri, festival, auditorium, cori, bande, ecc.).

Insomma, un quadro sconfortante per un settore già cronicamente in difficoltà che ha suscitato varie mobilitazioni affinché si intervenisse per salvarlo dal tracollo.

Proposte di interventi e misure adottate

Gli interventi più urgenti richiesti dai rappresentati delle categorie operanti nel settore hanno avanzato la necessità di garanzia di liquidità, soprattutto per supportare piccole e medie imprese.

Fra gli appelli mossi all’esecutivo dalle varie voci dell’economia della musica, è interessante il decalogo firmato da varie associazioni di settore, Afi, Anem, Assomusica, Fem, Fimi e Pmi, recante: “COVID-19 E LA CRISI DEL SETTORE MUSICALE – LA NECESSITÀ DI UN INTERVENTO MIRATO PER SALVARE UNA FILIERA – 10 Proposte per salvare la musica in Italia”.

Le proposte sono, in sintesi:

  1. aumento del fondo emergenze, ex 89 del DL Cura Italia sino a 200 milioni e definizione di criteri oggettivi per la sua ripartizione (percentuali effettive di calo del fatturato, a favore di soggetti non beneficiari di contributi pubblici, senza distinzione di genere di attività);
  2. contributo a fondo perduto per i mesi di lockdown alle imprese musicali;
  3. sospensione di tasse e contributi per le industrie del settore per l’esercizio 2020, ricorrendo alla rateizzazione per il pagamento;
  4. estensione dei voucher da 12 a 18 mesi per i concerti annullati;
  5. estensione del bonus cultura al nucleo familiare e non solo ai diciottenni e del tax credit per le produzioni musicali per tutte le opere[1];
  6. riduzione dell’IVA per la musica e lo spettacolo al 4% (analogamente ai libri);
  7. estensione del reddito di emergenza a figure atipiche (contratti a chiamata, precari, intermittenti) non ricomprese nell’art. 38 del D.L. Cura Italia;
  8. revisione delle pendenze erariali per gli organizzatori di spettacoli dal vivo riguardo l’applicazione dell’IVA sugli stessi spettacoli[2];
  9. avvio di un tavolo tra Comitato tecnico-scientifico e la Task Force presieduta da Colao con una rappresentanza delle Associazioni, per definire indicazioni e strumenti di controllo e prevenzione per il riavvio delle attività, ivi compresa la formazione del personale;
  10. certezza sui tempi per la ripresa delle attività.

Il documento è incentrato sulla gestione della emergenza corrente ma invita a una riflessione su cambiamenti strutturali per la gestione delle attività musicali, in particolare per i punti 5, 6 e 8, che potrebbero essere incisivi su un ampliamento della domanda di musica: il bonus al nucleo familiare estenderebbe la fascia d’età della domanda e, di conseguenza, potrebbe aumentare la diversificazione per genere musicale della stessa, come desunto dall’Indagine multiscopo “Aspetti della vita quotidiana” dell’ISTAT, rispetto al consumo di musica per età e genere. L’abbattimento dell’IVA, inoltre, ridurrebbe il prezzo finale, rendendo il consumo di musica più accessibile.

Il decalogo si connette all’appello promosso da Assomusica per una nuova legge quadro sulla musica dal vivo e alla necessità impellente di una corretta approvazione della direttiva europea sul copyright.

Altre due importanti voci vanno menzionate tra gli appelli. Quella del MEI – Meeting degli eventi indipendenti, che ha richiesto sostegni economici per il complesso di soggetti e attività svolte (club, circoli, spazi sociali, promoter, produttori, booking, tecnici, rider, videomaker, uffici stampa), tra le più precarie e innovative del settore, assieme al finanziamento dei progetti già in essere per dare i primi anticipi sul 2020. Sgravi fiscali e posticipazioni dei pagamenti fiscali e contributivi e richieste analoghe ai punti 5 e 6 del menzionato decalogo pure sono state avanzate dal MEI, con una richiesta di attenzione da parte dei media per catalizzare l’interesse su artisti grandi e piccoli con connessi diritti e l’utilizzazione di una web tax per sostenere il settore [5].

L’altro appello viene dalla Fondazione Centro Studi Doc. Le proposte sono simili a quelle contenute nel decalogo ma l’appello è molto più incentrato sulla tutela dei lavoratori, richiamando l’attenzione sugli intermittenti dello spettacolo (stimati in circa 200.000 professionisti).

La musica è un settore in cui il precariato e il sommerso sono preponderanti: gli operatori hanno quasi sempre contratti discontinui, spesso irregolari, parzialmente o totalmente. L’assenza di un sostegno al settore ora potrebbe indurre una maggiore prevalenza del sommerso a fine emergenza, nonché il rischio di abbandono del mestiere da parte di molti professionisti.

Le richieste riguardo gli intermittenti sono comprensive anche dell’estensione al diritto della malattia dal primo giorno, il riconoscimento della disoccupazione Naspi per i giorni di sospensione del rapporto di lavoro (intermittenza), per un periodo almeno pari a quello lavorato e considerando anche le giornate di lavoro per prove, l’accesso al FIS o alla CIGS in costanza di rapporto di lavoro e la garanzia di contratti scritti e tempi certi di pagamento [6].

Tutti questi appelli sono occasione di riflessione sulle criticità preesistenti ed ora amplificate dalla pandemia: se accolti e discussi, costituiscono un passo importante per ripensare la normativa vigente o crearla laddove sia mancante o incerta, soprattutto rispetto al profilo contrattuale dei lavoratori dello spettacolo.

Le misure adottate, in realtà, hanno dato in parte risposta alle istanze avanzate: ad oggi, esse hanno riguardato, tra l’altro, il FUS (Fondo Unico Spettacolo), l’aumento del Fondo emergenza spettacolo, l’estensione del bonus INPS ai lavoratori del settore.

È previsto, infine, l’istituzione di un fondo speciale creato dal Nuovo Imaie, destinato agli artisti di musica e audiovisivo.

La musica è un patrimonio sì culturale ma anche economico, visti i volumi di affari che genera e le molteplici possibilità di lavoro che offre, specialmente in un paese come l’Italia, ricco di tantissime e varie tradizioni musicali, dal cantautorato al belcanto, dalla produzione di eccellenza di strumenti musicali a compositori, editori, scuole di formazione note in tutto il mondo e trasversali tra generi.

La cd. “music economy” si stima valga mondialmente attorno ai 69 miliardi di dollari, considerando diritti d’autore, discografia, concerti e strumenti musicali; per l’Italia, invece,vale circa 1,4 miliardi di euro [7].

Si può parlare dunque di un vero e proprio mercato della musica, quale scambio tra chi offre musica, sotto forma di esibizione, riproduzione su supporto, produce strumenti musicali, compone, fa editoria musicale, ecc. e chi ne fa richiesta di consumo.

I soggetti, i beni ed i servizi coinvolti in tale settore, infatti, sono tanti e di diversa professionalità: oltre ai cantanti, ai direttori, ai concertisti, c’è una folta schiera di tecnici specializzati (fonici, microfonisti, maestranze teatrali, ecc.) ma anche docenti, compositori, editori, liutai, arrangiatori, discografici, ecc.

Insomma tantissime e differenti figure professionali, talvolta tra loro complementari, che – tranne le poche eccezioni che godono di fama e possono chiedere cachet esosi – sono spesso sottopagati e lavorano in condizioni discutibili e precarie.

Un caso emblematico: le bande musicali

Se l’economia della musica rischia il collasso, una parte di essa rischia di scomparire: le bande musicali. Tra i lavoratori della musica colpiti in pieno dalla crisi, infatti, vi sono i musicanti di bande professioniste o da giro[3], meno noti rispetto ad altri artisti, ma parimenti sofferenti come molti colleghi dello spettacolo.

Le bande musicali professioniste sono un patrimonio unico della tradizione musicale italiana, soprattutto meridionale. Sebbene sia diffusa su tutto il territorio nazionale, la banda assume diverse forme, per organici e repertorio variabile a seconda dell’area geografica. Nel Centro e nel Nord Italia prevale la banda locale composta perlopiù da amatoriali, al Sud, al contrario, la banda tradizionale è quella da giro o professionistica ancora diversa dalla banda militare, la cui disciplina a sua volta è tutta differente.

Operativa soprattutto nell’ambito delle feste religiose e civili di piazza, la banda da giro classica vede coinvolte varie figure: da 40-50 esecutori, un maestro e un concertatore (che di solito coincidono), agenti per la promozione (in genere sono gli stessi della musica leggera), quartetto di cantanti lirici (nel caso di banda liriche, che quindi necessita anche di tecnico audio e microfonista), autista di pullman e di servizio (trasporto attrezzature), una struttura di sostegno che ne garantisca il finanziamento (in genere Comune, Associazione o Fondazione).

È facile immaginare che la banda musicale sia occasione di lavoro, per almeno metà dell’anno solare (il periodo di attività inizia generalmente in marzo e termina ad ottobre), per circa una sessantina di persone in un territorio afflitto dalla disoccupazione quale il Sud,  oltre che di fare musica e quindi cultura e preservare una grande e sopita tradizione del paese.

Assembramento per definizione, la banda, infatti, prevede anche altri momenti di aggregazione oltre all’esecuzione: quando si condividono spazi comuni per l’alloggio, ad esempio, o quando si viaggia in bus per gli spostamenti.

Ora il Coronavirus sembra voglia dirigere un mesto finale per la tradizione bandistica professionale. Il mercato delle feste patronali, come pure il suonare dal vivo, per questa stagione artistica è quasi sicuramente inattivo, ma pure per questa professione musicale, il periodo di sospensione lavorativa non ha fatto altro che da cassa di risonanza a preesistenti criticità.

La banda è stato un fenomeno culturale e musicale in progressivo declino per varie ragioni: si tratta di un’attività dura, discontinua, che ha subìto un cambiamento decisivo in termini di mercato, soprattutto nel primo decennio degli anni 2000, quando la concorrenza di agenti e intermediari improvvisati hanno spiazzato i competitors storici, causando un abbassamento dei compensi a pregiudizio della qualità. Il terremoto dell’Abruzzo nel 2009, il graduale spopolamento dei paesi e il cambio generazionale nei comitati festa, difficoltà organizzative e scarsità di esecutori per la bassa redditività, hanno contribuito alla riduzione della domanda (ovvero del numero di feste patronali e civili per cui è richiesta la partecipazione della banda musicale).

Questi fattori, associati al proliferare del sommerso, alla relegazione della banda come fenomeno locale e all’assenza di una legislazione chiara, hanno causato un pesante indebolimento degli operatori e sempre maggiori difficoltà operative.

Le istituzioni, d’altro canto, non hanno mai colto il fenomeno come valorizzazione di un patrimonio unico dell’Italia e, pur ascoltando le istanze del settore, non lo hanno fatto in modo organico, lasciando spazio al classico gioco degli emendamenti contrastanti e dando prova di non conoscere affatto le varie realtà bandistiche italiane (sostanzialmente distinguendo da quelle di natura dilettantistica e professionale).

Né è stato vivo l’interesse all’aspetto economico dell’attività bandistica, in conseguenza alla scarsa rilevanza culturale che viene data alla stessa, soprattutto dopo che la sua storica funzione di unico canale di riproduzione dal vivo della musica è venuta meno.

Di certo, un censimento delle bande sarebbe un primo passo per riconoscere il fenomeno e favorire una genesi normativa al riguardo.

Quale finale?

Se crisi può significare opportunità, può esserci speranza che il dibattito politico economico si indirizzi verso un rinnovamento generale, verso la sostenibilità dello sviluppo e la valorizzazione di settori considerati troppo spesso in modo marginale, musica e bande comprese.

L’Italia ha una tradizione che non deve avere uno scenario futuro senza prospettive e, pertanto, la crisi da Covid-19 che si somma alle ordinarie problematiche può essere la leva per ragionare in modo rinnovato rispetto alle istanze di settore. Occorre, però, sradicare un certo modo di pensare fuorviante: chi lavora attraverso l’arte, lavora come qualsiasi altro lavoratore e il fatto che svolga un’attività o elabori un prodotto che la restante popolazione può fruire come svago o diletto non implica che essi non stiano lavorando con specifiche professionalità e competenze.

Durante la quarantena si è riscoperto e confermato il ruolo della musica nella quotidianità e nei momenti emotivamente importanti, tanti artisti si sono esibiti in streaming, si sono organizzate forme alternative di concerti a distanza da parte di tutti gli operatori pubblici e privati produttori di musica: lo hanno fatto gratis, ma facendo il loro lavoro.

Ezio Bosso, durante le sue ultime interviste, ha sintetizzato in modo efficace il potenziale della musica per una società. Essa è un servizio socio culturale oltre che un comparto economico, produttivo di benessere e coadiuvante sociale, che vale come terapia per la società, accompagnamento per un mondo migliore: “I diritti a volte possono essere sospesi ma la musica è una necessità, come l’acqua e l’aria. Questa è una delle cose a cui pensare tutti insieme e la necessità di darla a tutti è la necessità di un musicista, di distribuirla e far stare bene” [8] [9]. Che sia un pensiero da cui partire per dare un rinnovato ruolo socioeconomico alla musica.

[1]Ad oggi è prevista solo per l’opera prima, seconda e terza. Il modello richiamato è quello della cinematografia, per cui Il credito di imposta può essere chiesto dalle imprese di produzione cinematografica ed è pari al 15% del costo eleggibile di produzione, fino all´ammontare massimo di euro 3.500.000 per periodo d´imposta. Nel caso di produzioni associate, il credito di imposta spetta a ciascun produttore associato, in relazione alle spese di produzione direttamente sostenute e in proporzione alla quota di partecipazione alla produzione associata. Nel caso di produzioni con contratti di appalto, il credito di imposta spetta sia al produttore esecutivo sia al produttore appaltante, in relazione alle spese di produzione da ciascuno sostenute (per approfondimenti: http://www.cinema.beniculturali.it/direzionegenerale/57/tax-credit-produzione-e-distribuzione/)

[2] La proposta si basa sulla riflessione che l’IVA sulle prestazioni di spettacolo deve essere agevolata al 10% anche sulle operazioni funzionali e che sono connesse alla realizzazione dello spettacolo e alla connotazione artistica del medesimo (ad esempio, l’IVA deve essere agevolata anche per il service fonico e di luci o per i facchini che devono essere parte delle troupes). È fatta altresì richiesta di una compensazione dell’IVA per promoter e per il settore della musica popolare contemporanea, per far fronte alla mancanza di liquidità dovuta ai pagamenti posticipati dei piccoli comuni.

[3]La banda da giro è una formazione musicale di fiati e percussioni, vera impresa di servizi del tutto simile all’orchestra classica, che nel periodo di fine marzo – inizio di novembre svolge un’attività quasi continua, con un mercato interregionale, interessando le località di Abruzzo, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia Orientale, con un tour dai 100 ai 130 concerti e con un incasso medio giornaliero intorno ai 3500,00 euro. In passato, il numero delle giornate era più elevato insieme ai compensi.

Un disciplinare tecnico ha una formazione di non meno di 40 esecutori, a cui vanno aggiunti personale di servizio ed autisti (spesso coincidenti con gli stessi esecutori), per totale circa 45 elementi.

Nella banda da giro, di norma, gli esecutori sono professionisti (che spesso fanno parte di formazioni orchestrali stabili – teatri, bande militari, altre formazioni musicali – o sono professori presso licei musicali o scuole secondarie inferiori) mentre nella banda locale c’è una presenza prevalente di esecutori amatoriali e/o dilettanti. Può essere lirica (il complesso bandistico è integrato dal quartetto di cantanti lirici) o sinfonica.

(A cura di Elvira Ciociano)

Riferimenti

[1] «Coronavirus, le imprese della musica presentano un decalogo a Conte: «Perdite da 600 milioni»,» [Online]. Available: https://www.ilsole24ore.com/art/coronavirus-imprese-musica-presentano-decalogo-conte-perdite-600-milioni-ADtAEOL

[2] «L’impatto del coronavirus sull’industria della musica italiana,» [Online]. Available: https://www.agi.it/blog-italia/musiche/post/2020-03-25/coronavirus-musica-italia-7846452/.

[3] «Coronavirus, l’industria musicale è in crisi con perdite del 35%,» [Online]. Available: http://www.askanews.it/video/2020/04/17/coronavirus-lindustria-musicale-%c3%a8-in-crisi-con-perdite-del-35-20200415_video_19520923/.

[4] «COVID-19 E LA CRISI DEL SETTORE MUSICALE: la necessità di un intervento mirato per salvare una filiera,» [Online]. Available: https://www.fimi.it/news/covid-19-e-la-crisi-del-settore-musicale-la-necessita-di-un-intervento-mirato-per-salvare-una-filiera.kl.

[5] «https://www.siae.it/it/iniziative-e-news/coronavirus-la-musica-live-%C3%A8-al-collasso-l%E2%80%99appello-del-mei,» [Online].

[6] «Proposte per garantire una continuità di reddito ai lavoratori dello spettacolo,» [Online]. Available: http://www.centrostudidoc.org/2020/04/17/proposte-per-garantire-una-continuita-di-reddito-ai-lavoratori-dello-spettacolo/.

[7] I. Sole24ore, «La Music Economy,» L’economia intorno a noi, n. 7, giugno 2019.

[8] «L’intervista di Diego Bianchi a Ezio Bosso,» [Online]. Available: https://www.la7.it/propagandalive/video/lintervista-di-diego-bianchi-a-ezio-bosso-10042020-10-04-2020-318989.

[9] «”La musica non si può fermare”,» [Online]. Available: https://www.raiplay.it/video/2020/05/RaiNews24—Ezio-Bosso-La-musica-non-si-puo-fermare-Siamo-nati-per-stare-insieme-17069a4e-7054-4588-8230-8c200ce64078.html.


Rivista scientifica digitale mensile (e-magazine) pubblicata in Legnano dal 2013 – Direttore: Claudio Melillo – Direttore Responsabile: Serena Giglio – Coordinatore: Pierpaolo Grignani
a cura del Centro Studi di Economia e Diritto – Ce.S.E.D. Via Padova, 5 – 20025 Legnano (MI) – C.F. 92044830153 – ISSN 2282-3964 Testata registrata presso il Tribunale di Milano al n. 92 del 26 marzo 2013
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