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Riflessioni sulla normativa SFDR, Regolamento (Ue) 2088/2019 relativo all’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari

Al fine di assicurare la competitività a lungo termine dell’economia e di fidelizzare gli investimenti verso una politica strategica più green, il 27 Novembre 2019 il Parlamento Europeo ed il Consiglio dell’Unione Europea hanno adottato il Regolamento (UE) n. 2088/2019 relativo all’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari.

Tale normativa risponde alle esigenze legate alla compatibilità dei flussi finanziari con gli obiettivi di sostenibilità, sanciti dall’Agenda 2030 e dalla Conferenza di Parigi. Trattasi del primo, importantissimo, passo di regolamentazione del sistema finanziario sostenibile.

Il nucleo del Regolamento SFDR risiede nell’obbligo di informativa ESG nel settore dei servizi finanziari. Pertanto, volendo testualmente citare l’art. 3 del suddetto testo “tutti i partecipanti ai mercati finanziari pubblicano sui loro siti web informazioni circa le rispettive politiche sull’integrazione dei rischi di sostenibilità nei loro processi decisionali relativi agli investimenti”. A tal punto, bisogna effettuare tre precise considerazioni. Dapprima, si deve definire il concetto di “partecipanti ai mercati finanziari”, e, quindi, il soggetto cui il Regolamento si riferisce. In linea diretta, poi, va considerato l’oggetto della normativa, ossia, l’obbligo di informazione che ricade sui soggetti. Da ultimo, e tratto più caratteristico, è importante scomporre ed analizzare il concetto di “rischio di sostenibilità”.

La definizione di “partecipanti ai mercati finanziari” viene tassativamente dall’art. 2 paragrafo 1 del Regolamento SFDR. Vi rientrano le imprese di assicurazione che rendono disponibile un prodotto di investimento assicurativo, le imprese di investimento che forniscono gestione del portafoglio, gli enti pensionistici aziendali o professionali, i gestori di fondi d’investimento alternativi (GEFIA), nonché i gestori di un fondo per il venture capital qualificato e registrato conformemente

all’art. 14 del Regolamento (UE) n. 345/2013, e i gestori di un fondo qualificato per l’imprenditoria sociale registrato conformemente all’art. 15 del Regolamento (UE) n. 346/2013. Infine, in tale elenco c’è spazio anche per i creatori di un prodotto pensionistico (lett. d), per i fornitori di un servizio pensionistico individuale paneuropeo (lett. f), per le società di gestione di OICVM (lett. i) e per gli enti creditizi che forniscono il servizio di gestione del portafoglio.

Bisogna necessariamente ricordare che nell’ambito dei soggetti cui tale normativa si riferisce, vi ricadono anche i “consulenti finanziari”, la cui definizione viene esplicata dall’art. 2 paragrafo 11 lett. a – f.
Il minimo comun denominatore di tutti questi operatori economici è rappresentato, per quel che concerne questa riflessione, dall’investimento sostenibile. Il cui concetto viene disciplinato dal paragrafo 17 del richiamato articolo, per il quale un investimento sostenibile è un “investimento in un’attività economica che contribuisce a un obiettivo ambientale, misurato, ad esempio, mediante indicatori chiave di efficienza delle risorse concernenti l’impiego di energia, l’impiego di energie rinnovabili, l’utilizzo di materie prime e di risorse idriche e l’uso del suolo, la produzione di rifiuti, le emissioni di gas a effetto serra nonché l’impatto sulla biodiversità e l’economia circolare o un investimento in un’attività economica che contribuisce a un obiettivo sociale, in particolare un investimento che contribuisce alla lotta contro la disuguaglianza, o che promuove la coesione sociale, l’integrazione sociale e le relazioni industriali, o un investimento in capitale umano o in comunità economicamente o socialmente svantaggiate a condizione che tali investimenti non arrechino un danno significativo a nessuno di tali obiettivi e che le imprese che beneficiano di tali investimenti rispettino prassi di buona governance, in particolare per quanto riguarda strutture di gestione solide, relazioni con il personale, remunerazione del personale e rispetto degli obblighi fiscali”. In questa definizione forte è il richiamo alla Dichiarazione di Brundtland del 1987, per la quale lo sviluppo sostenibile è “lo sviluppo che consente la soddisfazione dei bisogni economici, ambientali e sociali delle attuali generazione, senza compromettere lo sviluppo delle generazioni future”.

L’obbligo di informazione che incorre nei soggetti operanti nei mercati finanziari è un obbligo di trasparenza nei confronti degli investitori, circa prodotti finanziari ESG, al fine di far comprendere al meglio il livello di sostenibilità dei prodotti d’investimento. Pertanto, l’art. 6 del Regolamento SFDR disciplina la trasparenza dell’integrazione dei rischi di sostenibilità, secondo la quale tutti i soggetti dapprima indicati devono necessariamente includere nell’informativa precontrattuale “in che modo i rischi di sostenibilità sono integrati nelle loro decisioni di investimento e i risultati della valutazione dei probabili impatti dei rischi di sostenibilità sul rendimento dei prodotti finanziari che rendono disponibili”. Per di più, qualora tali operatori non ritengano rilevanti rischi di sostenibilità, l’esenzione dalla norma sopra indicata deve essere giustificata da una “spiegazione chiara e concisa”.

È necessario ora definire il concetto di “rischio di sostenibilità”. L’art. 2 ci fornisce ancora una volta un’interpretazione piuttosto chiara, secondo la quale, per rischio di sostenibilità si intende “un evento o una condizione di tipo ambientale, sociale o di governance che, se si verifica, potrebbe provocare un significativo impatto negativo effettivo o potenziale sul valore dell’investimento”. L’effetto negativo da cui sorge l’obbligo di trasparenza è da ricercare nelle decisioni di investimento e di consulenza che determinano incidenze negative sui fattori di sostenibilità. Proprio per questo, l’art. 8 del suddetto Regolamento obbliga i soggetti partecipanti ai mercati finanziari, nonché i consulenti finanziari, a fornire informazioni su come le caratteristiche ambientali o sociali, o una combinazione di esse, siano rispettate nei loro prodotti.

A questo punto, appare di primaria importanza richiamare l’enunciato dell’art. 10, secondo il quale, per ciascun prodotto finanziario di cui all’art. 8, paragrafo 1,
i partecipanti ai mercati finanziari pubblicano e mantengono sui propri siti web la descrizione delle caratteristiche ambientali o sociali o dell’obiettivo di investimento sostenibile e le informazioni sulle metodologie utilizzate per valutare, misurare e monitorare le caratteristiche ambientali o sociali o l’impatto degli investimenti sostenibili selezionati per il prodotto finanziario, compresi le fonti dei dati, i criteri di vaglio per le attività sottostanti e i pertinenti indicatori di sostenibilità utilizzati

per misurare le caratteristiche ambientali o sociali o l’impatto sostenibile complessivo del prodotto finanziario. Inoltre, continua l’articolo, “Le informazioni da comunicare a norma del primo comma sono chiare, concise e comprensibili per gli investitori. Sono pubblicate in modo accurato, equo, chiaro, non fuorviante, semplice e conciso, in una sezione ben visibile e facilmente accessibile del sito web”.

In conclusione, possiamo affermare che grazie alla normativa SFDR gli investitori possono conoscere le politiche di investimento sostenibile adottate dalla propria banca o società d’investimento e la comparabilità tra gli strumenti finanziari con caratteristiche ESG. Trasparenza e standardizzazione delle informazioni relative ai prodotti ESG rappresentano la ratio del Regolamento e un importante passo in avanti per la sensibilizzazione della finanza sostenibile in generale.

(A cura di Nicolò Di Fausto)

RIFERIMENTI

REGOLAMENTO (UE) 2019/2088


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