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suicidio

(di Renata Włodarczyk[i])

Introduzione

La società umana da secoli cerca di comprendere il fenomeno del suicidio e delle sue cause. Inizialmente questo tipo di morte veniva interpretato come l’influenza del soprannaturale sui malati di mente, ma anche sugli uomini completamente sani. Queste credenze e interpretazioni appartengono ormai alla storia, tuttavia anche oggi è difficile comprendere le cause delle tendenze al suicidio, poiché non esistono le risposte comuni e non è possibile spiegarle in modo razionali. Ancora oggi è impossibile indicare un fattore concreto che in un certo momento della vita spinge l’uomo a prendere la decisione di morire. Indubbiamente questo problema va considerato in modo interdisciplinare, con la valutazione oggettiva dei comportamenti autodistruttivi. Alcune scienze cercano di approfondire il problema (per esempio suicidologia, psicologia, sociologia, medicina legale, criminologia) cercando di determinare questo argomento complesso, in modo coerente e logico.

Suicidologia – definisce una scienza interdisciplinare che studia i suicidi, tentativi di suicidio e l’autodistruzione compresa in sensu lato. All’interno della suicidologia sono state indicate alcune problematiche di base, fra queste:

  1. prevenzione del suicidio;
  2. trattamento dei pazienti dopo tentativi di suicidio;
  3. studio dei fattori che influenzano le tendenze ai suicidi (ambientali, psicologici e biologici).

Psicologia – è incentrata sulla persona, sui suoi disturbi e sui suoi problemi emotivi. La mancanza di resistenza allo stress, l’immaturità sociale, la mancanza di fiducia in se stessi, la mancanza di competenza, di motivazione e di perseveranza – sono alcuni aspetti che precludono il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Inoltre, la frustrazione derivante da diverse sventure riduce ulteriormente l’autostima e accresce i problemi psicologici dell’individuo. Di solito in questo momento inizia la crisi emotiva associata ad un atteggiamento negativo, che comporta la sensazione di mancanza del senso della vita. Questa sensazione esclude la possibilità di autorealizzazione, senza la quale l’uomo non è in grado di funzionare normalmente. Gli psichiatri concordano sulla depressione (potenziata dalle sostanze psicoattive), come su una delle cause che influisce sui pensieri suicida.

Sociologia – cerca le cause dei pensieri suicida nelle relazioni familiari e sociali dell’individuo e nella società nella quale la persona non è in grado di autorealizzarsi. Queste condizioni favoriscono le azioni autodistruttive. L’esigenza di adattarsi alle norme sociali può diventare un peso per le persone incapaci di esprimersi nelle condizioni che non lasciano spazio all’individuo e creano l’angoscia.

Medicina forense – nell’ambito di tanatologia il suicidio è uno dei tipi di morte violenta, che deve essere dimostrata ed esposta dal perito nel parere peritale elaborato per gli organi di polizia e della giustizia. Nella perizia è importante la descrizione delle osservazioni svolte in fase di autopsia sui segni all’interno e all’esterno del corpo che sono stati originati prima della morte, durante l’agonia o dopo la morte. Inoltre vengono prese in considerazione gli eventuali tentativi di suicidio e la descrizione delle cause della morte, come per esempio impiccagione, annegamento, avvelenamento, salto da una altezza, taglio delle vene, ecc. dove con certezza viene esclusa o confermata l’azione di altre persone.

Criminologia – è la scienza sociale che si occupa di ricerche e di conoscenze degli atti criminosi come una parte del comportamento deviante, ma anche come un fenomeno sociale (che definisce la provenienza dell’unità dagli ambienti patologici, in altre parole criminogeni). Per questo motivo focalizza la sua attenzione sulla personalità del criminale, sulla vittima (sulle vittime), ma anche sulle istituzioni e sui meccanismi di controllo realizzati nelle società ai fini di prevenzione e di lotta contro i crimini.

Secondo gli approcci delle scienze sopranominate, il suicidio avviene nel momento quando la persona non è in grado di liberarsi dalla propria sofferenza e le cause di tale situazione vanno cercate nei diversi ambiti. Fra le cause più frequenti vengono elencate: disfacimento della famiglia, depressione, lutto, incapacità di lotta contro i problemi, bassa autostima, sensazione di incomprensione o di svalutazione, solitudine, ma anche abuso di alcool, droga o le altre sostanze psicotrope. Gli scienziati ritengono che la causa dei pensieri suicida va cercata anche nei condizionamenti genetici ereditati da generazione in generazione. Le cause e i motivi possono essere molteplici e possono seguire anche le tendenze di alcuni gruppi sociali, come per esempio gli ultimi trend dell’Internet con le devastanti influenze di autodistruzione, seguiti soprattutto dagli adolescenti mediante portali sociali, giochi virtuali, alcuni tipi di arte, film o musica.

Certamente le persone con un’alta sensibilità sono più sottoposte alle influenze di ogni fattore esteriore, di conseguenza sono più a rischio dei pensieri suicida. Per queste persone, con un’insufficiente resistenza emotiva, ogni esperienza dolorosa rappresenta un grande peso psichico[ii].

Le teorie psicologiche dei comportamenti suicidi

Ogni fenomeno che riguarda la persona e la società deve essere trattato dal punto di vista psicologico, perché permette di comprendere i processi decisionali e motivazionali dell’individuo. Il suicidio quindi dovrebbe essere considerato nell’ambito della interpretazione psicologica della situazione vitale della persona, poiché l’atto di autodistruzione è una reazione del suicida alla realtà circostante. In questo caso condizionamenti, motivazione e personalità del suicida sono aspetti che interessano sia psicologi che psichiatri.

Nella psicologia e nella psichiatria esistono molte teorie delle cause di suicidi. Una delle basi delle ricerche è connessa con la tipologia di Durkheim che si basa sulla motivazione del suicida.

Nel suo ambito vengono distinti quattro tipi di suicidi:

  1. Anomici – i legami fra la persona e la società vengono spezzati o rallentati – ciò consiste in deformazione della realtà alla quale la persona era abituata (per esempio la perdita del lavoro);
  2. Egoistici – la persona che non ha mai creato i legami con la società si sente estranea, le manca il sostegno e il senso della vita;
  3. Altruistici – i legami sociali vengono percepiti in modo particolarmente forti, ciò comporta il desiderio di sacrificarsi per gli altri (per esempio la morte nell’incendio oppure l’annegamento durante il salvataggio di un’altra persona);
  4. Fatalistici – situazioni difficili che diventano un peso costante (per esempio una malattia grave, l’invalidità permanente).

Questa divisione ha dato l’inizio alle altre teorie strettamente psicologiche, come per esempio la teoria della fuga di R.F. Baumeister. L’autore descrive la propria concezione, secondo la quale il suicidio è per la persona una fuga dal suo “dolore interiore”. L’inizio del processo suicidogeno avviene dal momento quando le attese della persona sono diverse dai risultati realmente raggiunti. Questi risultati riguardano fra l’atro i bisogni connessi con la realizzazione delle ambizioni, dei sentimenti o della situazione economica, che si rivelano diversi da quelli programmati, perciò l’individuo li tratta come una sconfitta personale che comporta la frustrazione. Nella fase successiva l’individuo riconosce che le avversità riscontrate lo perseguiteranno per sempre; saranno durature e immutabili ed ogni aspetto della vita ne sarà colpito. In questa situazione avviene la crisi interiore che si manifesta attraverso il “dolore interiore”. Il suicida cerca di dimenticare le proprie angosce e di concentrarsi sulla realizzazione degli obiettivi più vicini. Questa fase si caratterizza per un indebolimento del controllo degli impulsi, perciò rappresenta il rischio di comportamenti connessi con l’uso di droghe, alcool o altri stupefacenti che generano la dipendenza dell’organismo. In risultato la dipendenza comporta le difficoltà di lotta contro i problemi e i limiti nella capacità del pensiero logico. Il suicidio è la conseguenza del dolore emotivo, che secondo la convinzione soggettiva dell’individuo, diventa insopportabile[iii]. In questo luogo bisogna considerare soprattutto l’influenza della droga, in quanto significativa nei comportamenti suicida per l’abbassamento dell’autocontrollo che facilita l’autodistruzione. Inoltre la dipendenza dalla droga è una delle cause di attentati alla propria vita. Il pericolo aumenta quando i fattori di rischio del suicidio sono più numerosi (uso della droga, depressione, disturbi della personalità, psicosi deliranti, ecc.). La droga inoltre comporta le alternazioni della personalità e origina la convinzione che il suo uso costante è in grado di originare gli stati emotivi positivi. Con il tempo la carenza della droga nell’organismo aumenta la depressione e genera diverse forme di paure. Di conseguenza gli individui dipendenti dalla droga perdono la percezione del proprio valore e il loro autocontrollo diminuisce notevolmente. In risultato di ciò una bassa autovalutazione esclude la possibilità di ritorno alla vita sociale e di lotta per le proprie ambizioni. Una crescente depressione può comportare gli atti di aggressività e perfino il desiderio di un atto di autodistruzione[iv].

La storia di un adolescente suicida

Stanisław F[v] di sedici anni si è suicidato il 24 dicembre 2012, ovvero alla vigilia di Natale. La sua famiglia è stata percepita dai vicini come una famiglia ideale, nella quale il padre, medico e la madre, giornalista e scrittrice, facevano il possibile per garantire le buone condizioni e la stabilizzazione della loro casa.

Dopo il suicidio del figlio la madre ha rilasciato un’intervista per il programma televisivo di serie “Attenzione” (TVN polacca) nella quale ha riferito che quanto poco sapeva del proprio bambino, l’ha capito soltanto mentre riordinava le sue cose dopo la sua morte. Il ragazzo scriveva i racconti e le poesie, dipingeva, frequentava la scuola di musica, suonava il sassofono e il pianoforte. Gli amici l’hanno sempre considerato come una persona vulnerabile, con la personalità molto fragile. Solo dopo la morte del ragazzo i genitori hanno scoperto un’alta quantità delle sue “strane” opere, nelle quali Stanisław raffigurava la propria angoscia.

Alcuni giorni prima della morte il ragazzo era di ottimo umore. Alla madre ha raccontato di aver conosciuto una ragazza, ha parlato dei suoi ottimi voti nello studio e Anna ha avuto l’impressione che il suo figlio guardasse il proprio futuro con fiducia e ottimismo. Stanisław frequentava uno dei migliori licei in Varsavia, nel quale è stato promosso il programma antidroga. Nonostante che nella scuola gli studenti venissero sottoposti a sorpresa ai test antidroga e il rilevamento anche della più piccola dosi dei narcotici nell’organismo comportava l’allontanamento definitivo dal liceo, le persone frequentanti ammettevano che sul territorio dell’istituto l’acquisto di stupefacenti non presentava nessun problema.

La sera della vigilia la famiglia stava finendo gli ultimi preparativi per la cena, quando Anna ha chiesto alla figlia di chiamare il suo fratello Stanisław a venire a tavola. E’ stata proprio la sorella a trovare il corpo impiccato del fratello nella sua stanza.

I giorni successivi i genitori cercavano di darsi una risposta sul motivo di questa tragedia. Solo allora hanno deciso di controllare la stanza del figlio. La scoperta è stata scioccante sia per loro che per gli insegnanti del ragazzo, era palese che Stanisław ogni giorno assumeva la droga.

Fino a quel momento niente faceva presumere la dipendenza del figlio, nonostante i suoi continui stati di paura e di un’immensa tristezza nessuno era in grado di immaginare il desiderio di morire, che riempiva il cuore del ragazzo. Non riuscendo a risolvere in nessun modo l’angoscia del figlio i genitori l’hanno iscritto alla terapia psichiatrica e psicoterapeutica. Dopo qualche di tempo dall’inizio delle cure l’adolescente sembrava star meglio. I genitori erano convinti di aver reagito in modo efficace e non immaginavano che il loro figlio presentasse i sintomi di dipendenza dalla droga.

I genitori erano sempre presenti: sceglievano per i loro figli le scuole migliori, guardavano gli stessi film e discutevano su ogni tema. L’argomento di azione nociva della droga veniva sollevato in continuazione. Stanisław ogni volta rassicurava i genitori di non aver mai assunto gli stupefacenti, nonostante che i suoi amici avessero già provato il “brivido della droga”.

Tuttavia, la riproduzione di una conversazione telefonica dopo la morte del ragazzo ha permesso di scoprire i fatti diversi e non lasciava nessun dubbio. Il contenuto della registrazione rivelava il dialogo di Stanisław con un coetaneo sull’acquisto della droga e sull’organizzazione delle festicciole con la presenza dei narcotici.

Nessun comportamento del figlio ha mai tradito la sua tossicodipendenza. I genitori ricordavano solo un episodio quando il ragazzo è tornato da una festa con l’odore di birra addosso. La madre allora gli ha parlato della nocività dell’alcool, lui ha chiesto scusa ed è tornato nella propria camera. L’episodio non si è ripetuto mai più.

Stanisław leggeva la letteratura impegnativa, si interessava dell’arte e approfondiva gli argomenti di sinestesia[vi]. Per questo motivo la madre Anna non riesce a trovarsi pace per non aver capito e non aver reagito in modo adeguato alla sensibilità del figlio.

Anna F. ha fondato una fondazione per i genitori con l’obiettivo di ampliare la conoscenza sugli effetti devastanti della droga, cercando di convincere i genitori di svolgere i test sulla presenza degli stupefacenti nell’organismo dei loro figli. La donna, svolgendo questa attività, cerca di dare il senso alla morte del suo bambino[vii].

Il blog condotto dalla donna porta il seguente messaggio: “se credete che il bambino ben curato, ben educato, caro, con cui parlate molto e con il quale avete un buon contatto, sia al sicuro, allora sbagliate. (…) Genitori, fate ai vostri figli adolescenti i test antidroga. Solo in questo modo riuscirete ad evitare le altre tragedie, solo in questo modo riuscirete ad evitare la distruzione della psiche degli altri giovani (…)[viii].

 

Il suicidio come risultato della depressione

Secondo la madre di Stanisław F. non è stata la depressione un vero motivo della morte del figlio. Questa malattia viene spesso sottovalutata e purtroppo tale approccio non di rado finisce con l’autodistruzione. Anna F. oggi è sicura che la causa della morte del figlio è da attribuire esclusivamente alla droga. Le statistiche delle ricerche dimostrano però che la droga di solito non è una causa immediata dei comportamenti autodistruttivi ma soltanto un mezzo che facilita il gesto del suicidio. I pensieri suicida creano i problemi di natura emotiva e persino della sfera psicologica. Attualmente tutti i problemi vengono portati al livello cognitivo, realistico ecc., di conseguenza non vengono accolti i problemi della psiche umana. Comunemente si crede che tutti i problemi possono essere risolti farmacologicamente, in modo ragionevole e comprensibile.

La depressione si può curarla attraverso una precisa analisi dei meccanismi della malattia. Secondo la teoria di Sigmund Freud la depressione influisce sull’uomo “similmente al lutto”. In uno e nell’altro stato la persona è immersa nella tristezza, nel dispiacere, sente il vuoto, ma “nel caso del lutto la persona non si sente colpevole, la sua autovalutazione non diminuisce”. Secondo il fondatore della psicoanalisi “la depressione non origina né la rabbia, né l’aggressione. Tutta la rabbia che il soggetto prova è volta all’interiorità dell’individuo e si genera sulla base delle esperienze dell’infanzia”. Più spesso tale stato si genera nelle persone che nell’infanzia hanno versato tutto il loro amore su un genitore, ma ne sono state deluse. L’amore percepito dal bambino non è stato così profondo e incondizionato come l’avrebbe desiderato, in risultato nell’individuo nasce la rabbia e la disperazione. Tuttavia, per non perdere il poco dell’affetto dei genitori il bambino non esprime la propria rabbia all’esterno ma volge tutta l’aggressività verso se stesso. In risultato il ragazzo sente il graduale aumento di autosvalutazione e sente la necessità di autopunirsi o anche di autodistruggersi. Questi fattori possono essere connessi con la concezione della teoria della fuga di R.F. Baumeister, poiché sono questi gli elementi essenziali che permettono di creare le versioni determinanti le immediate cause di suicidio[ix].

Stanisław F. si è suicidato nella vigilia di Natale. Nell’ambito psichiatrico quel periodo viene definito come il massimo punto della depressione per molte persone che compiono l’atto suicida. Questa giornata diventa l’esteriorizzazione di tutto ciò che per tutti gli altri giorni dell’anno veniva profondamente nascosto. In quei momenti le persone sole e vulnerabili non riescono a trovare un posto per se stesse.

La madre ha rivelato che a volte Stanisław scherzando menzionava il suicidio, ma il suo atteggiamento in quei momenti era così innocente da far credere che era un modo per attirare l’attenzione su di sé.

Nessuno conosce i motivi della disperata decisione del ragazzo. Tuttavia si può trarre l’ipotesi che in questo caso la droga è stata un mezzo del suicidio e non la sua causa. E’ molto probabile che la droga abbia peggiorato lo stato psichico del ragazzo, di conseguenza i suoi problemi di natura emotiva sono peggiorati, rendendolo capace al gesto estremo.

La droga permette di dimenticare i problemi solo per un attimo, il suicidio non è una soluzione, ma quando non ci si riesce a trovare la comprensione anche nelle persone più care, il togliersi la vita può sembrare un’unica via di fuga[x].

Note

[i] Dott.ssa Renata Włodarczyk, phd – Scuola Universitaria della Polizia a Szczytno

[ii] I. Pospieszył, Patologie społeczne, Warszawa 2008, pp. 61-68 e pp. 103-106.

[iii] B. Hołyst, Suicydologia, Warszawa 2012, pp. 532-543.

[iv] Idem, pp. 795-801.

[v] Stanisław Fryczkowski – i dati del ragazzo e la sua storia sono stati resi pubblici dalla sua madre, Anna, “per avvertire gli altri” – verso la prevenzione dei suicidi e per la difesa degli altri giovani; fonte: http://annafryczkowska.blox.pl/html; ultimo accesso: 7.04.2015.

[vi] Sinestesia nella psicologia – capacità di associare le sensazioni percepite da diversi sensi, per esempio l’associazione degli odori con i gusti, i suoni e i colori. Nella letteratura: il mezzo stilistico che consente di attribuire a un senso le percezioni percepite con un altro senso; fonte: http://sjp.pl/synestezja, ultimo accesso: 7.04.2015.

[vii] Link del programma televisivo “Attenzione”: http://uwaga.tvn.pl/63276,wideo,407820,samobojstwo_16-latka_winne_narkotyki,samobojstwo_16-latka_ winne_narkotyki,reportaz.html; ultimo accesso: 7.04.2015.

[viii] http://annafryczkowska.blox.pl/html; ultimo accesso: 7.04.2015.

[ix] Z. Freud, Vorlesungen zur Einführung in die Psychoanalyse, Tsd. Biogr. Nachw. Von Peter Gay Fischer, Frankfurt 1994, E. Fromm, Anatomia ludzkiej destrukcyjności, Poznań 1998, Wyd. Rebis.

[x] Il suicidio è “come addormentare il cane che in quel momento soffre, ma il quale si può ancora curare. Semplicemente non è una soluzione. Il valore è la lotta per la sua salute e non l’anestesia radicale di una sofferenza potenzialmente passeggera; fonte: http://3dno.pl/smierc-i-depresja/; ultimo accesso: 7.04.2015.

(di Jolanta Grębowiec Baffoni)

La suicidologia è il ramo della psichiatria che si occupa dei suicidi e dei tentati suicidi. Il compito essenziale di questa disciplina è la prevenzione dei suicidi, accanto alla cura dei pazienti che hanno tentato il suicidio e alle ricerche sulle cause di questo fenomeno.

Il suicidio non può essere soltanto considerato come morte tragica della persona che si è arresa di fronte alle difficoltà della vita, ma anche come una manifestazione della disintegrazione sociale e personale. Il sociologo Emil Durkhem, nella sua opera “Il suicidio” del 1897, ha dimostrato che anche l’atto così personale come suicidio è condizionato socialmente. L’autore ha coniugato l’osservazione e le riflessioni creando la teoria e indicando gli indirizzi di future ricerche sui legami e le relazioni sociali determinanti le tendenze suicida.

Il suicidio non è il fenomeno spiegabile con la semplice definizione di “attentato alla propria vita”. Molti studiosi di diverse discipline hanno sollevato questa problematica, concordando sul fatto che il suicidio appartiene al genere della morte volontaria, tuttavia il principio di tale morte trova diverse spiegazioni.

Nella psicologia classica, Sigmund Freud, sostiene che la morte suicida sia determinata dall’istinto della morte ovvero dalla tendenza della vita organica di ritornare allo stato inorganico, dal quale essa è stata originata. Secondo Freud, l’istinto distruttivo rimane in uno stato di equilibrio con la libido. L’inefficacia dei meccanismi di difesa e la personalità strutturata in modo errato possono manifestarsi con l’aggressione contro gli altri, ma anche contro se stessi.

Gregory Zilboorg spiega la morte suicida con l’inimicizia inconscia associata con l’incapacità di amare. Secondo la concezione di quest’ultimo, la tendenza suicida risulta dallo stesso istinto di sopravivenza, in forma di aberrazione di questo istinto sotto l’influenza della depressione che libera nell’uomo il sentimento di inimicizia verso se stesso. Teoricamente il suicida tende alla immortalità immaginata[1].

Nella letteratura psicologica riguardante il suicidio, fra i criteri più validi degli atti suicidi, si considera l’intenzione di applicarsi la morte. Dorpat e Boswell in base a questo criterio rivelano lo sviluppo della tendenza di morire, dai gesti agli atti suicidi, distinguendo:

–          i gesti suicidi, minacce, comportamenti dimostrativi con basso pericolo di morte;

–          i tentativi di suicidio ambivalenti, quando esiste la possibilità di una fine tragica;

–          i tentativi “potenzialmente mortali”, nei quali la possibilità di sopravvivenza è poco probabile”[2].

In qualche modo questa concezione trova corrispondenza con la concezione della psicologa polacca, Zenona Płużek, che cerca di percorrere le fasi della morte suicida rilevando lo sviluppo delle tendenze dai pensieri sempre più insistenti all’atto stesso della morte. L’autrice divide i suicidi ai:

– reali – quando la persona si sente impotente, inutile, di basso valore, prendendo la fredda decisione di suicidarsi, senza vedere la possibilità di risolvere il conflitto, senza disturbare gli altri, quando la morte le sembra una soluzione migliore,

– presunti – quando il suicida è accompagnato dai sentimenti ambivalenti, incolpando per la difficile situazione in cui si è trovato una volta se stesso e altre volte l’ambiente. L’obiettivo dell’azione suicida è la soluzione del problema e non la perdita della vita, la persona desidera di volgere l’attenzione su se stessa per ottenere i risultati positivi, fuggendo dal problema

– dimostrativi – quando il suicidio è accompagnato dal sentimento di nemicizia verso l’ambiente, con l’obiettivo di incaricare sugli altri i problemi e di punirli anche a costo della vita, è una specie di manipolazione degli altri[3].

Indubbiamente nessuna di queste teorie è esauriente e universale, in quanto ogni morte suicida è segnata dalla vita unica e irrepetibile e dalle situazioni irrepetibili. Di conseguenza le cause dei suicidi possono essere diverse, ma anche le loro tipologie sono diverse. Nella psicologia vengono distinti i suicidi immediati (ovvero l’atto estremo unico), mediati (prolungati nel tempo, come per un graduale avvelenamento oppure nei casi delle malattie lasciandosi morire senza cure), suicidi causanti la morte sicura (armi da fuoco, impiccagione, ecc.) e suicidi causanti la morte probabile (tentati suicidi, lasciandosi nelle mani del destino, utilizzando le „tecniche” di morte lenta – avvelenamento con i farmaci o con il gas, ecc.). I tentativi dei suicidi, quindi, si iscrivono nella dimensione più ampia di quelle descritte dalle statistiche e nelle ricerche psicologiche. Molto spesso l’atto del suicidio „matura” attraverso diversi stimoli, ma non sono isolati i casi dell’attentato alla propria vita in risposta ad uno stimolo unico, come l’insuccesso nel superamento di una prova importante, un tradimento inaspettato o il senso di perdita. Le molteplicità delle circostanze e stimoli, che potrebbero causare la morte suicida sono state distinte da Erwin Stengel in quattro livelli di pericolosità per la vita: i comportamenti suicida relativamente pericolosi, molto pericolosi, relativamente innocui e totalmente innocui. Questi comportamenti si coniugano con le intenzioni suicida, di cui distinguiamo tre livelli: intenzioni serie, mediamente serie e lievi.Secondo questo autore il suicidio viene compiuto da quella persona che decide terminare la propria vita o che agendo sotto l’impulso uccide se stesso, scegliendo il modo più efficace dopo essersi rassicurato di non essere disturbato da nessuno[4].

Secondo i dati di WHO il livello dei suicidi aumenta ogni anno in quasi tutti i paesi europei. Ogni giorno al mondo si tolgono la vita circa 1500 persone e circa 20.000 tentano il suicidio. Ciò significa che uno su 14 tentati suicidi termina con la morte, ovvero ogni 14 secondi qualcuno si toglie la vita[5].

Nell’ambito di suicidologia sono state svolte diverse ricerche sulle cause dell’attentato alla propria vita. Alcune di queste venivano condotte in riferimento alla pressione dell’aria, ai fattori biologici ed ereditari, ai giorni della settimana, allo stato di salute, ecc. Le ricerche dimostrano diverse atteggiamenti suicidali in diverse epoche, paesi, condizioni sociali ed economiche.

I metodi della ricerca sono essenzialmente due. Il primo consiste nell’analisi statistico-sociologica, avente per obiettivo la spiegazione di sviluppo delle tendenze suicida, il secondo analizza le cause individuali dei suicidi, attraverso lo studio delle personalità dei soggetti che hanno tentato il suicidio e i fattori ambientali che hanno potuto determinare i comportamenti autodistruttivi. All’analisi vengono sottoposti i diari, le lettere d’addio, ma anche la corrispondenza privata degli anni precedenti con l’intenzione di rilevare dalle frasi dei frammenti che in qualche modo avrebbero potuto segnalare i stati depressivi, i pensieri e le immaginazioni suicida, con l’intenzione di ricostruire quella sofferenza interiore, mai rivelata chiaramente, o quella condizione psichica, che ha portato la persona al gesto estremo di togliersi la vita. Accanto agli studi linguistici e psicologici dei testi scritti, vengono svolti anche gli studi grafologici che studiano il gesto grafico come espressione della totalità psico-neurofisiologica con l’intenzione di evidenziare quei segni di disagio, di malessere, di sofferenza, di depressione che avrebbero potuto sviluppare l’inclinazione e il desiderio di morire.

Oltre allo studio dei testi scritti si svolgono le ricerche sulle fotografie e sui filmati, con l’intenzione di catturare da essi quei “frammenti” degli atteggiamenti e quelle caratteristiche che avrebbero potuto rivelare la sofferenza interiore della persona, sviluppandosi nel desiderio e nell’atto di autodistruzione. Un importante elemento delle ricerche è presentato dalle interviste con l’ambiente più vicino del suicida, soprattutto con la famiglia, tuttavia tale tipo di ricerca non è facile, soprattutto per la sofferenza dei famigliari che ovviamente necessità il massimo rispetto, e non sempre può comportare i risultati oggettivi.
Nelle ricerche sulle persone che sono sopravissute all’attentato alla propria vita, l’attenzione degli studiosi viene concentrata direttamente sulla persona, sulle sue caratteristiche e sui condizionamenti autodistruttivi nell’ambito sociologico e medico.

Fra le cause più frequenti del suicidio si elencano: le malattie psichiche, conflitti familiari, una malattia degenerativa, condizioni economiche, delusioni d’amore, improvvisa perdita di mezzi di sostentamento, morte di una persona cara, problemi a scuola, l’invalidità permanente.

Molti tentativi di suicidio si registrano anche nelle unioni matrimoniali infelici.

Negli anni settanta del secolo scorso la prof. Maria Jarosz ha distinto in Polonia i gruppi professionali con il fattore più alto dei suicidi. Il fattore più a rischio è stato nei gruppi degli operai industriali (il tasso più alto fra i minatori), muratori e agricoltori[6]. L’Invece negli anni 90, con il cambiamento del quadro sociale, la più alta percentuale dei suicidi si denotava fra i disoccupati, praticamente un suicida su cinque risultava disoccupato. Molti di loro erano divorziati o vedovi, licenziati, molti erano giovani disoccupati senza prospettive lavorative[7].

Tuttavia le statistiche più recenti dimostrano che le mancanze di prospettive occupazionali non sembrano essere il principale fattore di suicidio, anche se possono costituire uno stimolo determinante nella decisione di togliersi la vita, nelle condizioni di mancanza di appoggio delle persone care e di prospettive di irrealizzabilità dei progetti di vita. Le condizioni di mancanza di appoggio, abbandono e le sensazioni di irrealizzabilità dei propri progetti, sembrano gravare anche sui lavoratori vedovi e divorziati, che quattro volto più frequentemente degli altri tentano di togliersi la vita, soprattutto nel primo anno dopo la perdita della persona cara. Altri fattori importanti del suicidio costituiscono malattie gravi, solitudine, delusioni d’amore. Tali conclusioni si traggono dai risultati di una ricerca svolta in Polonia nel 2001, dove il tasso più alto dei suicidi si osserva fra gli operai (25,6%), seguito dai disoccupati (14,9%) agricoltori (10%), liberi professionisti (3,2%), pensionati (10,5%). Purtroppo, risulta molto alto anche il tasso dei suicidi degli studenti, soprattutto delle scuole superiori (29,6%), medie ed elementari (5.4%), mentre la percentuale fra gli studenti universitari è più bassa (0,8%), ciò potrebbe essere spiegato dal fatto di poter scegliere e realizzare gli studi di proprio interesse, costruendo in questo modo la fiducia nel futuro e nelle proprie risorse[8].

La morte suicida del bambino o del ragazzo è sempre un evento molto toccante e tragico, che pone innumerevoli punti interrogativi, sensi di colpa per non aver percepito il disagio e il grido di aiuto del giovane. Di solito l’atto suicida dei minorenni è il risultato di sempre più frequente sensazione di isolamento, di mancanza di tempo dei genitori, di indebolimento delle relazioni familiari e ambientali, incapacità di accettazione delle situazioni di vita in risultato delle difficoltà a scuola oppure di una delusione d’amore. Molti giovani di oggi, maturano nelle condizioni affettivamente insoddisfacenti, negli ambienti che non condannano l’autodistruzione, anzi in molti casi sembrano incoraggiarla, come nei casi di alcoolismo o di uso di stupefacenti, che vengono diffusi come atto di coraggio o di eroismo e propagati come uno stile di vita moderno. I suicidi dei bambini e dei ragazzi sono senz’altro espressione di mancanza di adattamento sociale e dei disturbi nel processo di socializzazione nella famiglia e nella scuola.

Due psicologhe polacche MariaSusułowska e Dorota Sztompka si sono occupate particolarmente del fenomeno dei suicidi fra i giovani, provando di spiegare e di rilevare i comportamenti d’allarme, indicano soprattutto i comportamenti aggressivi, con le caratteristiche di inimicizia e di inquietudine, rivolti contro se stessi[9]. Secondo le autrici i giovani vengono attratti dalle tematiche del suicidio per il fatto che sempre più giovani tentano di togliersi la vita. Tali tentativi nel maggior parte dei casi devono essere trattati come il grido di aiuto, al contrario dei cosiddetti tentativi di suicidio per il bilancio della propria vita, sullo sfondo psicotico delle persone adulte.

Condizionamenti al suicidio

Le numerose ricerche dimostrano che i bambini e i ragazzi con tendenze suicide si distinguono per una maggiore angoscia e il senso di pericolo (53%). La sensazione più frequente del pericolo è connessa con la preoccupazione per il proprio futuro, paura della guerra, aggressioni, odio fra le persone, tuttavia i motivi diretti dei suicidi sono soprattutto: la morte di una persona cara (44%), delusione d’amore (43%), insuccessi a scuola (43%) e conflitti con i genitori (37%).

La casa e la scuola sono due ambienti più vicini ai bambini e ai ragazzi. Le relazioni con questi ambienti sono fondamentali nella vita dei giovani. Le relazioni scorrette nella famiglia oppure nella scuola stanno spesso all’origine dei disturbi comportamentali, che alla loro volta diventano l’origine dei pensieri suicida, che di conseguenza si sviluppano nelle immaginazioni, desideri e purtroppo molto spesso, negli atti. Tuttavia gli atti di attentati alla propria vita si verificano anche negli ambienti funzionanti in modo corretto, dove i fattori principali del desiderio e successivamente del atto di morte suicida, nasce dall’eccessivo rigore dei genitori.

La fragilità dell’età giovane, mancanza di sostegno, inconsapevolezza delle proprie risorse interiori, necessarie nel superamento di ogni difficoltà sono fattori principali, che rendono i ragazzi di oggi molto vulnerabili e indifesi, impreparati e inesperti a far fronte anche alle minime difficoltà della vita. I dati sulle tendenze suicida dei giovani sono preoccupanti e allarmanti.

Dalle inchieste svolte dagli studenti della Scuola Universitaria di Pedagogia Speciale di Varsavia risulta che 90% dei ragazzi come motto della vita ha scelto la frase „la morte è la salvezza”. I tentati suicidi si verificano soprattutto nei ragazzi più deboli, ripetenti in età attorno a 14 anni. La causa principale dei tentati suicidi nel gruppo di ragazzi fra 15-20 anni sono insuccessi nella scuola (oltre 50%). Un ragazzo di 16 anni si è impiccato due giorni dopo aver ottenuto il voto sufficiente nella verifica di lingua inglese.

Segue nel prossimo numero.

Note

[1] Hołyst B., Kryminologia, LexisNexis, Warszawa 2000, p. 615–620.

[2] Hołyst B. Interdyscyplinarna problematyka badań egiologii zachowań suicydalnych, [in] Psychiatria w Praktyce Ogólnolekarskiej , tomo 4 n. 3 Wydawnictwo Medyczne, 2004

[3] Płużek Z., Problemy psychologiczne suicydologii, „Przegląd Lekarski”, 1982, n. 39, pp. 14—43

[4] Stengel E. (1975). Sucide and attempted suicide. Penguin Book, in Schiep S. Ryzyko samobójstwa i próba jego diagnozyw świetle metody Rorschacha, Lublin www.kul.pl/files/1024/…/RPsych_1998_vol01_188-196_Schiep.pd

[5]http://www.sfora.pl/swiat/Co-40-sekund-ktos-na-swiecie-popelnia-samobojstwo-Polska-w-czolowce-a47266

[6] Jarosz M., Samobójstwa, Wydawnictwo Naukowe PWN, Warszawa 1997, p. 194.

[7] Idem,

[8] Jarosz M., Samobójstwa, uczieczka przegranych, Wydawnictwa Naukowe PWN, Warszawa 2004,

[9] Susułowska M., Sztompka M. Próba wyjaśnienia młodzieżowych zamachów samobójczych [in] Psychologia Wychowawcza. – 1968, n. 5-6, pp. 541-564

di Marisa Aloia

“L’unica cosa che hanno in
comune dodici persone che
si sono sparate alla testa
è la pallottola”
Edwin Shneimann

Moretti definisce il suicidio “un’irascibilità rivolta verso se stessi. Il segno fondamentale è Intozzata 2° modo. In più è necessario il segno Accurata (studiosità), Stretto di lettere e tra lettere, Irta, Acuta, Angoli sopra i 5/10.”

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