Tax Risk Management: Uniti nella lotta all’evasione. Sistemi a confronto
Tax Risk Management: Uniti nella lotta all’evasione. Sistemi a confronto
di Claudio Melillo
Tra Paesi che collaborano e che rafforzano, ciascuno a suo modo, i propri sistemi fiscali e le politiche di tax risk management, si prospetta un 2017 sostanzialmente positivo nella lotta all’evasione fiscale.
Premessa
Prendendo spunto da un comunicato stampa dell’Agenzia delle Entrate del mese di febbraio, siamo in grado di condividere alcune riflessioni sul fenomeno dell’evasione fiscale nel nostro Paese, effettuando un confronto con altri sistemi fiscali.
Il fenomeno dell’evasione in Italia
Oltre ogni aspettativa, l’Italia ha raggiunto un record che, nel 2016, si è tradotto in un ammontare di ben 19 miliardi recuperati a tassazione e confluiti nelle casse dello Stato.
Trattasi di un risultato non di certo immune da polemiche. Sembrerebbe non rappresentare un dato pienamente affidabile dal momento che, in esso, sono inclusi anche i miliardi recuperati grazie alle voluntary disclosure, ossia procedure di collaborazione volontaria che, fino al prossimo 31 luglio, consentiranno di mettersi in regola. Sottraendo circa i 4,3 miliardi riconducibili a tali procedure, l’esito sarebbe ugualmente buono ma in linea con il 2015. Ciò nonostante, l’Italia continua a posizionarsi tra i primi Paesi nella classifica di quelli maggiormente afflitti dall’evasione, quantificata da un ammontare di circa 180 miliardi se rapportata alla media dell’Unione Europea.
Sistemi a confronto
Risulta essere confortante la situazione della Danimarca. Si noti come, recentemente, questo Paese si sia prodigato per investire un’ingente somma di denaro nell’acquisizione di informazioni rilevanti contenute nei Panama Papers, con l’obiettivo di consegnare gli evasori fiscali del Regno all’amministrazione tributaria competente in materia. In realtà, ad una rigidità punitiva più o meno apparente potrebbe contrapporsi la volontà di recuperare e fare propri dei dati riservati, pronti ad essere alterati.
Migliori dell’Italia anche Germania, Spagna, Olanda, Francia, solo per citarne alcuni. Le differenze, a volte consistenti, tra i vari Paesi sono da ricercare nelle diverse impostazioni dei singoli sistemi fiscali, cosi come dei diversi scenari politico-economici ovvero di sistemi culturali differenti.
Ad ogni modo, l’evasione fiscale è un male comune e, pertanto, può esser meglio contrastato se affrontato con forza dai Paesi che maggiormente ne sentono il peso. Di fatto, sono attivi già da un anno, alcuni accordi di carattere internazionale, volti a rendere più agevole lo scambio di informazioni tra realtà mondiali diverse. Prevedono alcuni strumenti utili a tal fine, quali il Common Reporting Standard, un sistema automatico di condivisione dei dati di ciascun contribuente che decida di effettuare operazioni finanziarie in un altro Paese aderente allo scambio, e le nuove norme antiriciclaggio.
Osservazioni
Nello scenario innanzi illustrato uno spiraglio di luce è senz’altro visibile: tuttavia occorre considerare le difficoltà di una simile impresa. Al di là delle riforme o della tassazione imposta, si può pensare che solo un atteggiamento onesto e virtuoso, da parte di tutti, possa fare davvero la differenza.
Non ci si deve illudere del fatto che una riduzione delle tasse, peraltro mai concretamente messa in atto, curerebbe il male del Paese. È una credenza piuttosto diffusa ritenere che ad una bassa pressione fiscale corrisponda necessariamente una minore evasione. In altri termini, da più parti si ritiene che i contribuenti sarebbero più incentivati a pagare se le tasse non fossero così alte come sono in Italia. Non è propriamente così. L’ammontare di tasse dipende dalla spesa pubblica da finanziare e non è legata, nemmeno da evidenze empiriche, alla gravità dell’evasione.
Una tassazione inferiore, tuttavia, potrebbe facilitare l’ardua impresa.