Il reato di aggiotaggio nell’attuale contesto normativo
(di Federico Tosone)
Il D. Lvo 11 aprile 2002 n. 61, nel riformulare integralmente il titolo undicesimo del libro V del codice civile, ha introdotto all’art. 2637 c.c. una fattispecie incriminatrice unitaria del reato di aggiotaggio – con l’effetto di riunire in un’unica previsione le tre ipotesi del medesimo reato già previste all’art. 2628 C.c., in materia societaria, all’art. 181 D. Lvo 58/1998 (T.U.F.) in materia finanziaria, nonché, in materia bancaria, all’art. 138 D. Lvo 385/1993 (T.U.B.).
Successivamente, con l’entrata in vigore della L. 18 aprile 2005 n. 62 – che ha recepito la direttiva comunitaria 2003/6/CE sulla repressione degli abusi di mercato – il legislatore ha inteso formulare nuovamente all’interno del T.U.F. la fattispecie di aggiotaggio su strumenti finanziari quotati, collocandola all’art. 185 dello stesso Testo normativo sotto la rubrica “manipolazione del mercato”.
Contestualmente, il legislatore ha altresì modificato il disposto di cui all’art. 2637 c.c., introducendo – per gli strumenti finanziari oggetto di quest’ultima norma – l’ulteriore requisito della mancanza di quotazione dei medesimi sul mercato borsistico, ovvero, della presentazione di una richiesta di ammissione alla loro negoziazione in un mercato regolamentato.
Per l’effetto, l’attuale quadro normativo si caratterizza per la presenza di due sole figure dell’illecito in esame, l’una – prevista all’art. 2637 c.c. – che costituisce la disciplina generale del reato di aggiotaggio, l’altra – disciplinata all’art. 185 T.U.F. – e prevista per i soli titoli quotati ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato.
Giova menzionare, per completezza, la previsione residuale del reato di aggiotaggio prevista all’art. 501 del Codice penale – che si pone in concorso apparente con l’art. 2637 C.c. – in considerazione della compresenza di estremi costitutivi differenti rispetto a quelli contenuti nella disposizione disciplinata dal vigente sistema diritto penale/societario.
Ciò detto, la fattispecie prevista dall’art. 2637 C.c. punisce con la reclusione da uno a cinque anni chiunque diffonde notizie false (c.d. aggiotaggio informativo) o pone in essere operazioni simulate e/o altri artifici (c.d. aggiotaggio manipolativo) – concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di prodotti finanziari non quotati, ovvero, ad incidere in modo significativo sull’affidamento che il pubblico ripone nella stabilità patrimoniale di banche e/o di gruppi bancari.
In particolare, la giurisprudenza penale di legittimità ha individuato una serie di condotte tipiche idonee ad integrare il reato di aggiotaggio su strumenti finanziari, quali, ex plurimis, la diffusione di false notizie dotate di particolare credibilità per il prestigio di chi le diffonde (information based manipulation), la simulazione di operazioni finanziarie che creano l’apparenza di un mercato attivo (action based manipulation), la realizzazione di vendite fiduciarie senza un effettivo trasferimento della proprietà (wash sale) e la conclusione di contratti nella fase di chiusura della seduta borsistica al fine di determinare un last price di giornata più elevato di quello effettivamente realizzato -influenzando abusivamente il prezzo di apertura della seduta successiva (marking the close) –.
Inoltre, l’ulteriore requisito richiesto per la configurazione del delitto di aggiotaggio va identificato nell’idoneità lesiva della condotta del soggetto agente – tale da poter concretare il pericolo di una sensibile alterazione del prezzo degli strumenti finanziari – oggetto materiale del reato in commento.
L’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 2637 (e del pedissequo art. 185 T.U.F.) non desta invece particolari dubbi interpretativi – essendo pacifico che la norma in commento richieda la sussistenza del dolo generico, ovvero, della coscienza e volizione delle condotte delittuose ivi descritte – anche nella forma più lieve del c.d. “dolo eventuale”.
Tuttavia, ciò che ha destato maggiori dubbi interpretativi nel corso degli anni è la corretta individuazione del momento consumativo del reato di aggiotaggio ex art. 185 T.U.F. – che costituisce altresì,ai sensi dell’art. 8, comma primo, C.p.p., il criterio per la determinazione dell’Autorità giudiziaria territorialmente competente a decidere sulla sussistenza dell’ipotesi delittuosa in commento -.
Invero, la natura di reato di pericolo dell’aggiotaggio ed il contesto in cui esso si inserisce, caratterizzato dalla dematerializzazione degli scambi finanziari, rende assai complessa l’individuazione dell’esatto momento e luogo in cui l’attitudine lesiva della condotta fraudolenta viene concretamente a dispiegarsi – a tutto detrimento degli interessi finanziari dei risparmiatori e del buon andamento del mercato borsistico in genere -.
In proposito, la Suprema Corte di cassazione penale è recentemente intervenuta su tale specifico aspetto – con sentenza n. 51897 del 4 luglio 2013 – nel celeberrimo caso giudiziario incardinato a carico del “Patron” della società S.S. Lazio S.p.A., signor Claudio Lotito.
Stando alla tesi della Procura della Repubblica di Milano, si imputava al Presidente del Consiglio di Gestione della Lazio S.p.A., già proprietario della stessa società calcistica per una quota di capitale sociale pari al 27%, di aver illecitamente conseguito, attraverso un’artificiosa operazione/finanziaria intervenuta con il proprio congiunto, signor Roberto Mezzaroma, l’ulteriore partecipazione del 14,6% precedentemente detenuta dall’Istituto Bancario “Capitalia” (ora Unicredit).
Con riferimento ai capi d’imputazione relativi al delitto di aggiotaggio ex art. 185 T.U.F., vuoi manipolativo vuoi informativo, i Giudici di Legittimità – pur essendo intervenuta una declaratoria di estinzione del reato ascritto per prescrizione – hanno comunque provveduto ad apprestare soluzione al punctum dolens circa il momento consumativo del reato in esame.
Invero, nella sentenza n. 51897 del 4 luglio 2013, la Suprema Corte di cassazione si è accinta ad individuare la consumazione del reato di aggiotaggio nel momento e luogo di realizzazione della condotta manipolativa del reo – che, nel caso “Lotito” – veniva identificato nello specifico istante d’immissione della proposta d’acquisto delle azioni della Lazio S.p.A. nella rete telematica del mercato gestito da Borsa di Milano.
Per l’effetto, e secondo gli stessi Giudici di Legittimità, la competenza territoriale per l’ipotesi delittuosa prevista dall’art. 185 T.U.F. è da attribuirsi all’Autorità giudiziaria di Milano, poiché “nel caso in cui il reato d’aggiotaggio si sia realizzato con operazioni di borsa, la competenza per territorio appartiene al Tribunale del luogo in cui le operazioni di compravendita degli strumenti finanziari si sono perfezionate -che coincide con quello in cui ha la sede la Borsa Italiana S.p.A. gestore del relativo mercato-”.
Tale orientamento, benché comprensibile per ragioni di economia processuale, non è certo immune da dubbi e/o riserve interpretative – ove, come nel caso di specie, le operazioni incriminate siano state già previamente concordate inter partes all’infuori del mercato borsistico – pur se successivamente realizzate attraverso il materiale inserimento delle proposte, sia d’acquisto che di vendita, nel mercato telematico di Milano.
I medesimi dubbi interpretativi sorgono altresì in ordine alla diversa fattispecie di aggiotaggio informativo – posto l’orientamento volto ad affermarne la consumazione nel momento in cui la notizia – idonea a produrre la sensibile variazione del prezzo dello strumento finanziario – esce dalla sfera di controllo dell’agente, così da radicare la competenza territoriale nel luogo in cui è avvenuta la prima diffusione della notizia medesima (Cass. pen. n. 28932 del 4 maggio 2011).
A parere di chi scrive, tale orientamento non appare tuttavia risolvere i numerosi leading case in materia, fra cui, a mero titolo esemplificativo, quello della diffusione di una notizia price sensitive a mezzo social network da parte di un soggetto residente all’estero in relazione al pacchetto azionario di una società quotata con sede nel territorio nazionale.
In conclusione, tutti i dubbi applicativi sulla fattispecie di aggiotaggio ex art. 185 T.U.F. sono imputabili all’estrema anticipazione di tutela voluta in tema di mercati dal legislatore penale – con il paradosso di portare con sé la punizione dell’operatore finanziario anche nell’ipotesi di realizzazione di condotte perfettamente legittime – ma tuttavia suscettibili di comportare un’alterazione del prezzo di determinati strumenti azionari a causa del fisiologico intervento di fattori imponderabili e/o comunque esposti alle ordinarie oscillazioni della Borsa Italiana -.