Brevi riflessioni sul delitto di usura
(di Andrea Orabona)
Nell’ultimo ventennio – la disciplina del delitto di usura ex art. 644 C.p. ha subito molteplici modifiche normative – tali da aver completamente ridisegnato la fisionomia originariamente posseduta dalla medesima fattispecie incriminatrice in commento.
Il legislatore ha dapprima provveduto ad una riformulazione delle maglie del delitto di usura con l’introduzione della L. 108/1996 – volta alla determinazione ex ante dei criteri di calcolo dell’usurarietà degli interessi applicati nelle transazioni finanziarie – e successivamente inasprito la cornice edittale prevista per la commissione della stessa ipotesi delittuosa con la consecutiva L. 251/2005.
Invero, l’attuale formulazione dell’art. 644, comma primo, C.p., commina la pena della reclusione da due a dieci anni, in uno alla multa da Euro 5.000,00 ad Euro 30.000,00, a carico di chiunque si faccia dare o promettere, per sé o per altri e sotto qualsiasi forma, interessi o vantaggi previsti ex lege come usurari, a titolo di corrispettivo per l’erogazione di una prestazione di denaro od altra utilità (c.d. “usura presunta”).
Nella seconda parte dell’art. 644, comma terzo, C.p., è altresì prevista un’ulteriore ipotesi di usura c.d. “in concreto” diversamente configurabile laddove l’agente si faccia dare o promettere interessi, conformi ai limiti di tasso trimestralmente previsti con D.M. delle Finanze, ma tuttavia sproporzionati rispetto alla controprestazione di danaro od altra utilità erogata alla parte lesa – con riferimento alle modalità di realizzazione del fatto storico ed alle eventuali condizioni di difficoltà economico/finanziaria sofferte dalla medesima vittima del reato.
Per ragioni di completezza espositiva, preme altresì evidenziare la sussistenza di una terza ipotesi di usura ex art. 644, comma secondo, C.p., identificata nella condotta di chiunque si faccia dare o promettere dei compensi di natura usuraria per aver procurato a terzi una somma di denaro od altra utilità (c.d. “mediazione usuraria”).
Il reato in commento si consuma e perfeziona già all’atto della pattuizione tra agente e vittima del corrispettivo usurario a fronte della ricezione di una prestazione di danaro od altra utilità. Per l’effetto, i singoli pagamenti effettuati dalla parte lesa in esecuzione di un patto usurario avranno l’effetto di estendere il momento consumativo del reato ex art. 644 C.p. sino al momento della corresponsione dell’ultimo pagamento nei confronti del reo – o di cristallizzare il perfezionamento della medesima incriminazione già al momento della sottoscrizione dell’illecito accordo non seguito dall’adempimento di singole obbligazioni usurarie -.
I dubbi sin d’ora sollevati sull’effettiva portata del reato in esame hanno prevalentemente coinvolto la particolare declinazione del reato di “usura presunta” ai sensi dell’art. 644, comma primo, C.p., ovvero, l’esatta determinazione dei criteri generali cui attenersi per il computo del limite superato il quale il tasso degli interessi applicati è da ritenersi ex lege usurario.
In proposito, è l’art. 2 della L. 108/1996 ad identificare il limite penalmente rilevante di usurarietà degli interessi nel tasso effettivo globale medio (T.E.G.M.) – trimestralmente rilevato con D.M. delle Finanze per operazioni creditizie di diversa natura – ed aumentato in concreto della frazione di un quarto, oltre ad ulteriore margine netto di n. 4 punti percentuali.
Sotto questo profilo, si rileva la pacifica sussunzione tra gli elementi di calcolo del tasso d’interesse (usurario) del corrispettivo pattuito a titolo di “commissione di massimo scoperto”, ovvero, di quanto remunerato per compensare l’intermediario finanziario dall’onere di fronteggiare un incremento dello scoperto di un determinato conto/corrente – in considerazione della minore redditività occorsa all’istituto bancario per la messa a disposizione del cliente di una determinata provvista di danaro – oltre all’affidamento pecuniario già oggetto di effettiva concessione.
In proposito, l’unanime giurisprudenza di legittimità – pur avendo sottolineato come la commissione di massimo scoperto attenga ad uno stato c.d. “patologico” del rapporto di conto corrente bancario (per sconfinamento del fido concesso al cliente), ha invero evidenziato il carattere corrispettivo di tale onere in favore degli istituti di credito e, per l’effetto, identificato la medesima remunerazione in una componente del tasso effettivo globale medio (T.E.G.M.) oggetto di riferimento per il computo del limite d’usurarietà del tasso d’interesse trimestralmente previsto ex lege.
Inoltre, l’attuale formulazione del delitto d’usura ex art. 644 C.p. risulterebbe solo in astratto efficace rispetto alla finalità di contrasto del fenomeno della criminalità organizzata – volta ad acquisire il controllo di imprese in crisi – indotte a ricorrere al mercato usurario per la concessione di liquidità o finanziamenti di qualsivoglia tipologia e/o natura.
Invero, e nell’attuale contesto congiunturale di stretta sulla concessione del credito alle imprese, le modalità di calcolo del tasso/soglia di usurarietà dell’interesse ex art. 2 L. 108/1996 potrebbero comportare un notevole ostacolo allo sviluppo di modalità alternative di reperimento di liquidità lecite ad opera di società in crisi di medio/grandi dimensioni – vuoi sotto forma di erogazione del credito destinato al risanamento vuoi di investimento diretto nel capitale di rischio di aziende in stato di decozione -.
A titolo esemplificativo, la concessione di liquidità nell’interesse di società oramai decotte, attuate attraverso operazioni di “private equity”, ovvero, di erogazione di somme di danaro in linea di credito ed in seno al capitale sociale di imprese in stato di insolvenza, dovrebbe costituire l’oggetto di un più approfondito vaglio da parte degli istituti finanziari/eroganti (anche) in riferimento all’astratta configurabilità del reato di usura in concreto ai sensi dell’art. 644, commi primo e terzo, C.p..
Il dubbio sull’usurarietà del corrispettivo a tal fine richiesto potrebbe invero rilevare in relazione ad operazioni di ristrutturazione di società in crisi – tali da affiancare ad una remunerazione del capitale erogato a titolo d’interessi – un ulteriore corrispettivo sotteso al conseguimento di una parte degli utili provenienti dall’attività d’impresa oggetto di salvataggio strutturale.
È dunque auspicabile un ulteriore intervento in ottica riformatrice dell’attuale disciplina del reato di usura ex art. 644 C.p. – tale da sopire i dubbi interpretativi rilevati nell’applicazione della medesima incriminazione in sede giudiziale – con riferimento agli indici rilevanti per il calcolo del tasso/soglia d’interesse usurario o ai criteri qualificanti la sproporzione di corrispettivi richiesti ad imprese in condizioni di difficoltà a fronte dell’erogazione di credito o dell’iniezione di liquidità diretta nelle relative quote di capitale sociale.