“Click!” e si apre il Link. Ma il diritto d’autore dove va a finire?
(di Micol Nantiat)
I social network e i siti web sono sempre più dinamici e consentono di condividere facilmente notizie e contenuti provenienti da altre fonti online. In particolare, l’utilizzo di collegamenti ipertestuali, anche chiamati più comunemente link o hyperlink, facilita l’accesso a informazioni grazie a un semplice click.
Tuttavia, siamo sicuri che non si leda il diritto d’autore di chi ha creato l’informazione originale all’interno del sito internet da cui si prende il contenuto? Su tale quesito si è pronunciata lo scorso 13 febbraio la Corte di Giustizia dell’Unione Europea con la Sentenza C-466/12 sulla causaNils Svensson e a. contro Retriever Sverige AB[1].
Il caso in questione vede protagoniste due società svedesi: la testata giornalistica Göteborgs-Posten e la Retriever Sverige che condivide sul proprio sito internet collegamenti ipertestuali di articoli presenti in Rete.
La Retriever Sverige[2] pubblica, tra gli altri, link collegati ad articoli scritti da giornalisti del Göteborgs-Posten[3] senza chiederne previa autorizzazione agli autori. Sebbene entrambe le parti riconoscano che gli articoli sono liberamente accessibili sul sito del giornale Göteborgs-Posten, i giornalisti interessati citano in giudizio dinanzi allo Stockholms tingsrätt (Tribunale di Stoccolma) la Retriever Sverige lamentando che la Retriever Sverige viola il loro diritto esclusivo di mettere le loro opere a disposizione del pubblico e confonde l’utente che cliccando su uno di questi collegamenti non si rende conto chiaramente di essere trasferito su un altro sito per accedere all’opera di suo interesse. I ricorrenti richiedono quindi un risarcimento del danno derivante dal fatto che tale società avrebbe sfruttato, senza la loro autorizzazione, taluni loro articoli, mettendoli a disposizione dei suoi clienti. Per contro, secondo la Retriever Sverige gli utenti sono consapevoli del fatto che cliccando su uno di questi collegamenti si venga trasferiti su un altro sito e ricorda che la fornitura di liste di collegamenti ipertestuali verso opere messe a disposizione del pubblico su altri siti internet non lede i diritti d’autore.
La domanda, respinta, viene riproposta alla Corte d’appello di Svea che analizza il caso di specie alla luce dell’articolo 3, paragrafo 1, della Direttiva 2001/29 sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione[4], il quale recita:
Gli Stati membri riconoscono agli autori il diritto esclusivo di autorizzare o vietare qualsiasi comunicazione al pubblico, su filo o senza filo, delle loro opere, compresa la messa a disposizione del pubblico delle loro opere in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente.
La Corte d’appello sospende il giudizio per proporre all’attenzione della Corte di giustizia dell’Unione Europea quattro questioni pregiudiziali:
- se un soggetto fornisce sul proprio sito internet il link a un’opera di cui non detiene il diritto d’autore si può definire tale link come “comunicazione al pubblico” dell’opera ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della Direttiva 2001/29?
- è rilevante, ai fini della soluzione della prima questione, il fatto che l’opera alla quale rimanda il link si trovi su un sito internet accessibile a chiunque senza limitazioni oppure che l’accesso sia in qualche modo limitato?
- è rilevante che l’opera, dopo che l’utente abbia cliccato il collegamento, sia presentata su un sito diverso da quello in cui l’opera si trova originariamente, con modalità tali da offrire al cliente l’impressione di restare nello stesso sito internet?
- uno Stato membro può stabilire una maggiore tutela del diritto esclusivo dell’autore includendo nella nozione di “comunicazione al pubblico” più forme di messa a disposizione di quante stabilite all’articolo 3, paragrafo 1, della Direttiva 2001/29?
La Corte ha analizzato le prime tre questioni insieme poiché legate dall’interpretazione della nozione di “comunicazione al pubblico”. Essa consta di due elementi cumulativi, ossia:
- un atto di comunicazione di un’opera, intesa in senso ampio così da garantire un elevato livello di protezione ai titolari del diritto d’autore. Nel caso di specie, il fatto di fornire link verso opere tutelate deve essere qualificato come atto di comunicazione;
- la comunicazione della stessa opera a un pubblico, ossia un numero indeterminato di destinatari potenziali che comprende, peraltro, un numero di persone piuttosto considerevole. Come risulta da costante giurisprudenza, per ricadere nella nozione di “comunicazione al pubblico” occorre che una comunicazione sia rivolta ad un pubblico che i titolari del diritto d’autore non abbiano considerato al momento in cui abbiano autorizzato la comunicazione iniziale al pubblico[5].
Nel caso di specie la messa a disposizione delle opere tramite un link sul Retriever Sverige non porta a comunicare gli articoli a un pubblico nuovo poiché il pubblico cui la comunicazione iniziale era diretta era costituito dal complesso dei potenziali visitatori del sito del Göteborgs-Posten che non prevede misure restrittive. Ne consegue che tutti gli utenti della Rete hanno liberamente accesso agli articoli online. Pertanto, gli utenti che accedono alle opere presenti sul Göteborgs-Posten grazie al link fornito sul sito di Retriever Sverige “devono essere considerati come potenziali destinatari della comunicazione iniziale e, quindi, ricompresi nel pubblico previsto dai titolari del diritto d’autore al momento in cui hanno autorizzato la comunicazione iniziale”. In mancanza di un pubblico nuovo, l’autorizzazione dei titolari del diritto d’autore del Göteborgs-Posten non è quindi necessaria.
Inoltre, la Corte sottolinea che ciò vale anche se l’articolo pare essere a disposizione sul sito Retriever Sverige e non sul sito del Göteborgs-Posten. Infatti, “tale circostanza aggiuntiva non modifica affatto la conclusione secondo cui la fornitura su un sito di un collegamento cliccabile verso un’opera protetta, pubblicata e liberamente accessibile su un altro sito, ha l’effetto di mettere a disposizione degli utilizzatori del primo sito l’opera medesima e costituisce, quindi, una comunicazione al pubblico. Tuttavia, dal momento che non vi è un pubblico nuovo, per tale comunicazione al pubblico in ogni caso non è necessaria l’autorizzazione dei titolari del diritto d’autore”. D’altro canto, risulta chiaro che se l’accesso via link a un’opera presente in un altro sito internet elude misure restrittive adottate dal sito in cui l’opera protetta si trova per limitare l’accesso del pubblico ai soli abbonati, l’insieme degli utenti che accedono tramite il collegamento esterno dovrà essere considerato quale pubblico nuovo, comportando la necessaria autorizzazione dei titolari.
In sostanza, in merito alle prime tre questioni, la Corte sostiene che l’articolo 3, paragrafo 1, della Direttiva 2001/29 deve essere interpretato nel senso che “non costituisce un atto di comunicazione al pubblico, ai sensi di tale disposizione, la messa a disposizione su un sito Internet di collegamenti cliccabili verso opere liberamente disponibili su un altro sito Internet”.
La quarta questione del rinvio pone la questione se uno Stato membro possa stabilire una maggiore tutela del diritto esclusivo dell’autore rispetto alla Direttiva 2001/29. La Corte è chiara sul punto: la Direttiva “è volta, in particolare, a rimediare all’incoerenza normativa e all’incertezza giuridica che accompagnano la protezione del diritto d’autore”. Lo Stato membro che legifera autonomamente per stabilire una tutela maggiore per i titolari del diritto d’autore “avrebbe l’effetto di creare incoerenza normativa e, quindi, incertezza giuridica per i terzi” comportando disparità che inciderebbero negativamente sul funzionamento del mercato interno. Sebbene l’articolo 20 della Convenzione di Berna[6] preveda la possibilità per i Paesi firmatari di concludere “accordi particolari” per conferire ai titolari di diritti d’autore diritti più ampi di quelli riconosciuti dalla Convenzione stessa, lo Stato membro deve astenersi dall’adottarlo poiché contrario al diritto dell’Unione Europea[7]. Di conseguenza, nel caso di specie l’articolo 3, paragrafo 1, della Direttiva 2001/29 osta a che uno Stato membro possa stabilire una maggiore tutela dei titolari del diritto d’autore, includendo nella nozione di comunicazione al pubblico più forme di messa a disposizione di quelle disposte da tale articolo.
Questa sentenza chiarisce una questione ancora nebulosa sul “diritto al link”. La posizione della Corte si pone inoltre parzialmente in opposizione all’attuale giurisprudenza inglese -sulla non gratuità dei link condivisi sui servizi di monitoraggio news a pagamento- e belga -nella controversia contro la condivisione di link su Google News- che proponeva un approccio meno tutelante nei confronti degli aggregatori di notizie.
[2] http://www.retriever-info.com/sv/
[3] http://www.gp.se/
[4] http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2001:167:0010:0019:IT:PDF
[5] V., per analogia, Sentenza SGAE, cit., punti 40 e 42; ordinanza del 18 marzo 2010, Organismos Sillogikis Diacheirisis Dimiourgon Theatrikon kai Optikoakoustikon Ergon, C‑136/09, punto 38, nonché Sentenza ITV Broadcasting e a., cit., punto 39.
[6] http://www.wipo.int/treaties/en/text.jsp?file_id=283698#P212_41948
[7] Sentenza del 9 febbraio 2012, Luksan, C‑277/10.