Costi “black list” ed operatore economico effettivo – inutilizzabilità della documentazione non esibita all’Amministrazione Finanziaria
(di Marco Cardillo)
La Corte di Cassazione con l’ordinanza 2613/2019 del 30/01/2019, ribadisce l’inutilizzabilità della documentazione non esibita all’Amministrazione Finanziaria che ne aveva fatto esplicita richiesta, come espresso dall’art. 32, comma 4 del D.P.R. 600 del 29 settembre 1973. È prevista una deroga a quanto appena suindicato quando il contribuente, all’atto di produrre la documentazione unitamente al ricorso, dichiari di non avere potuto adempiere alla richiesta dell’Ufficio per cause a lui non imputabili, infatti solo ricorrendo tale condizione è possibile derogare al principio della inutilizzabilità della documentazione specificamente richiesta e non esibita dal contribuente in sede amministrativa.
In questa recentissima ordinanza della Suprema Corte viene evidenziato che l’eccezione di inutilizzabilità processuale della documentazione non deve necessariamente essere formulata dalla Agenzia delle Entrate in giudizio, infatti si tratta di preclusione processuale rilevabile d’ufficio, conseguentemente anche da parte del giudice.
In senso conforme si era già espressa la Cassazione con sentenza n. 13511 del 26/05/2008, nella quale veniva confermato che i documenti prodotti dal contribuente nel giudizio tributario dei quali abbia in precedenza rifiutato l’esibizione all’Amministrazione Finanziaria, non possono essere presi in considerazione, anche in assenza di una eccezione in tal senso dell’amministrazione resistente.
Ulteriore principio espresso dalla Cassazione nell’ordinanza 2613/2019 del 30/01/2019 è che il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 110, comma 11, prevedeva la deducibilità dei costi “black list” (periodo di imposta ante 2015) qualora l’impresa residente italiana fornisca la prova che il fornitore/prestatore estero, con cui ha effettuato le operazioni, svolge una attività prevalentemente commerciale effettiva, ovvero che vi sia un effettivo interesse economico dell’impresa italiana non alla effettuazione della operazione commerciale in sè, ma all’effettuazione dell’operazione proprio con la società avente residenza nel paese “black list“, ed in entrambi i casi alla condizione che sia dimostrata la concreta avvenuta esecuzione delle operazione commerciale.
Dalla lettura dell’ordinanza sembra evidente che un contribuente non possa dedurre le spese “black list”, se le stesse si riferiscano a costi per operazioni oggettivamente o soggettivamente inesistenti. In particolare per le operazioni soggettivamente inesistenti la dimostrazione della presenza dell’esimente, prevista dall’abrogato comma 11 dell’art. 110 del TUIR, non sarebbe sufficiente per la deduzione del costo stesso.
Questa recente ordinanza sembra fornire un orientamento differente rispetto a quello espresso dalla Commissione Tributaria Provinciale di Venezia, con la sentenza n. 1 Sez. XIII, del 9 gennaio 2012, nella quale la Commissione riteneva che per la verifica dell’effettività delle operazioni sottostanti alle fatture per costi “black list”, non è necessaria una coincidenza tra il soggetto che ha emesso la fattura (soggetto estero black list) ed il soggetto che ha erogato la prestazione, nel caso in cui il soggetto che abbia emesso fattura sia l’emanazione dell’operatore economico effettivo (gruppi societari).
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