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La rassegna stampa giuridica di Economia & Diritto – Settembre 2021

Cassazione Ordinanza n. 24060 del 06.09.2021

“Per questa Corte, in tema di società di comodo, in caso di mancato superamento del test di operatività, permane la possibilità per il contribuente di vincere la presunzione legale della finalità elusiva delle società non operative attraverso la prova contraria qualificata dalla ricorrenza di una situazione oggettiva a sé non imputabile che ha reso impossibile il conseguimento di ricavi e la produzione di reddito entro la soglia minima stabilita “ex lege”, non essendo a tal fine necessario esperire preventivamente il rimedio precontenzioso dell’interpello disapplicativo”.

Cassazione Ordinanza n. 24238 del 08.09.2021

“Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, in presenza di accertamenti bancari svolti ai sensi dell’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, è onere del contribuente imprenditore dimostrare che i proventi desumibili dalle movimentazioni bancarie non debbano essere recuperati a tassazione o per averne egli già tenuto conto nelle dichiarazioni o perché fiscalmente non rilevanti, siccome non riferibili ad operazioni imponibili; e, per volontà di legge, l’onere dell’amministrazione di provare la sua pretesa è soddisfatto attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti bancari, restando a carico del contribuente l’onere di provare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non siano riferibili ad operazioni imponibili, fornendo una prova non generica, ma analitica, riferita quindi ad ogni singolo versamento bancario”

Corte di Cassazione Ordinanza n. 24870 del 15 settembre 2021

– presunzione di distribuzione di utili extracontabili in società a ristretta base societaria –

“La prova contraria del contribuente è tradizionalmente ritenuta quella per cui gli utili non sono stati distribuiti, per esempio perché reinvestiti (sez. V, n. 32959 dei 2018; n. 27778 del 2017), prova che il contribuente può fornire anche nel suo ruolo dì titolare meramente formale delle quote, ma estraneo di fatto alla gestione societaria, perché comunque il ruolo formale permette, se del caso, di accedere ai libri sociali per acquisire elementi a tal fine. Tuttavia, come il contribuente sottolinea, anche in memoria, si è in effetti sviluppato negli ultimi anni un ulteriore orientamento sulla prova contraria, tale per cui la stessa può anche consistere nella dimostrazione del socio formale di essere stato, in realtà, estraneo alla gestione societaria. Sez. V, n. 34282 del 2019 e n. 15895 del 2020 sono tra le più recenti espressioni di questo orientamento, ed hanno ammesso come prova liberatoria della presunzione di distribuzione degli utili extrabilancio anche “la dimostrazione della propria estraneità alla gestione e conduzione societaria (Cass., n. 1932/2016; Cass., 17461/2017; Cass., 26873/2016; Cass., 9 luglio 2018, n. 18042; Cass., 27 settembre 2018, n. 23247)”. Nella specie questa prova si ricaverebbe in particolare, nella prospettazione del contribuente, dal fatto che il ricorrente non è stato coinvolto, né come indagato né come imputato, nell’indagine penale sulla società. Orbene, al di là del merito del caso specifico che, a questo punto, dovrà essere riesaminato, resta il fatto che il suddetto sviluppo della giurisprudenza di questa Corte sulla prova contraria, tale per cui la stessa può consistere non solo nel fatto che gli utili non sono stati distribuiti, ma anche nel fatto che il singolo socio dimostri che estraneo alla gestione, non è stato considerato dalla CTR che ha continuato a ritenere rilevante solo il “diverso impiego”

Corte di Cassazione ordinanza n. 25530 depositata il 21 settembre 2021

“Va quindi esclusa una responsabilità diretta dell’ex amministratore per le obbligazioni tributarie della società. Nel caso di specie, non viene eccepita dalla tale peculiare ipotesi di responsabilità dell’amministratore, né viene allegata la sussistenza dei relativi elementi costituivi. Questa Corte (v. dal ultimo n. 15378/2020) ha statuito che la responsabilità dei liquidatori, degli amministratori e dei soci di società in liquidazione, in presenza dell’integrazione delle distinte fattispecie previste dall’art. 36 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, per l’ipotesi di mancato pagamento delle imposte sul reddito delle persone giuridiche i cui presupposti si siano verificati, è responsabilità per obbligazione propria ex lege (per gli organi, in base agli artt. 1 176 e 1218 cod. civ., e per i soci di natura sussidiaria ), avente natura civilistica e non tributaria, non ponendo la norma alcuna successione o coobbligazione nei debiti tributari a carico di tali soggetti, nemmeno allorché la società sia cancellata dal Registro delle Imprese (cfr. Cass. n. 7327/2012; conf. Cass. nn. 29969/2019, 17020/2019); con  riguardo ai  crediti  per  imposta  sul reddito delle persone giuridiche i cui presupposti si siano verificati carico della società, è riconosciuta, infatti, all’amministrazione finanziaria dal D.P.R, n. 602 del 1973, art. 36 (applicabile ratione temporis alle sole imposte sui redditi di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, ex art. 19) azione di responsabilità nei confronti del liquidatore, nel caso in cui egli abbia esaurito le disponibilità della liquidazione senza provvedere al loro pagamento, con azione esercitabile alla duplice condizione che i ruoli in cui siano iscritti i tributi della società possano essere posti in riscossione e che sia acquisita legale certezza che i medesimi non siano stati soddisfatti con le attività della liquidazione medesima (cfr. SU 2820/1985; conf. Cass. nn. 2768/1989, 9688/1995,8685/2002), e tale azione è parimenti esercitabile, ai sensi dell’art. 36, 4 0 co., DPR n. 602/1973, nei confronti degli amministratori che hanno compiuto nel corso degli ultimi due periodi di imposta, precedenti alla messa in liquidazione operazioni di liquidazione ovvero hanno occultato attività sociali anche mediante omissioni nelle scritture contabili; quello verso il liquidatore e l’amministratore è, in conclusione, credito dell’amministrazione finanziaria non strettamente tributario, ma più che altro civilistico, il quale trova titolo autonomo rispetto all’obbligazione fiscale vera e propria, costituente mero presupposto della responsabilità stessa(S.U. 2767/1989), ancorché detta responsabilità debba essere accertata dall’Ufficio con atto motivato da notificare a i sensi del d.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, avverso il quale è ammesso ricorso secondo le disposizioni relative al contenzioso tributario ex art. 36 cit., penult. e ult. c.c. (cfr. Cass. nn, 7327/2012, 1196B/20 12); essa è, sempre, riconducibile alle norme degli artt. 1176 e 1218 c,c.(Cass. 12546/2001), con onere per l’Amministrazione di provare d’avere iscritto i relativi crediti quantomeno in ruoli provvisori, dei quali poter pretendere il pagamento in via sussidiaria nei confronti dell’liquidatore (Cass. 10508/2008); con riguardo al caso in esame manca quell’atto motivato che accerti la responsabilità dell’amministratore in relazione agli elementi obiettivi della sussistenza di attività nel patrimonio della società e della distrazione di tali attività a fini diversi dal pagamento delle imposte dovute, ed ogni eventuale integrazione avvenuta sul punto solo in corso di causa trascura che nel giudizio tributario, l’oggetto del dibattito processuale è delimitato da un lato dalle ragioni di fatto e di diritto  esposte dall’Ufficio nell’atto impositivo impugnato, e dall’altro dagli specifici e correlati motivi i d’impugnazione dedotti dal contribuente nel ricorso introduttivo (cfr. Cass. n, 10779/2007)”.

(Rassegna a cura di Michele Vanadia)


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