Economia Corporate Social Responsibility

La CSR nella letteratura economica

di Giuseppe Pepe

I consumatori odierni sono sempre più informati e desiderosi di confrontarsi con imprese che considerano l’attività economica in termini d’impatto sull’ambiente (sostenibilità ambientale), di condizioni di vita e lavoro degli stakeholder (sostenibilità sociale) e, infine, di creazione di ricchezza (sostenibilità economica).

Pertanto, per far fronte a tali richieste, molte imprese sviluppano in tal senso delle vere e proprie strategie di differenziazione aziendale in linea con le nuove esigenze dei clienti attuali e potenziali. L’unico inconveniente è rappresentato dal fatto che i risultati di una differenziazione strategica basata sulla CSR sono difficilmente identificabili e quantificabili nel breve periodo poiché, generalmente, generano valore nel lungo periodo.

Per capire al meglio cosa rappresenti la CSR di seguito viene presentano un breve excursus dell’evoluzione della definizione della stessa dagli anni ’50 ad oggi.

La Corporate Social Responsibility nel corso degli anni ha mutato pelle. La prima volta che se ne parlò fu all’inizio degli anni ’50 grazie al contributo del celebre Bowen (1953) con il libro Social Responsabilities of the Businessman; l’autore intendeva sottolineare la relazione tra impresa e società: dato il ruolo di elevata influenza che svolgono, le imprese devono avere responsabilità sociali perseguendo un piano strategico ideale per gli obiettivi e i valori della società in cui si trova. In altri termini, l’uomo d’affari è responsabile delle conseguenze sociali derivanti dal suo business: <<Businessmen are responsible for the consequences of their actions in a sphere somewhat wider than that covered by their profit-and-loss statements>> (Carroll, 1999, p.270).

Dieci anni dopo, esattamente nel 1962, Friedman, nettamente in contrasto con Bowen, affermò che l’unica responsabilità di cui l’impresa si fa carico è produrre ritorni per gli azionisti. Le due prospettive divergenti sono state poi reinterpretate in una nuova visione da Wallick e McGowan (1970), riconciliando gli interessi economici con quelli sociali: un’impresa è socialmente responsabile se tutela gli interessi economici di lungo corso degli azionisti favorendo il benessere macro-ambientele in cui opera.

Questi studi nel tempo sono stati perfezionati da altre opinioni. Degna di nota quella di Carroll (1979) che, per la prima volta, parla di responsabilità etica, intesa come un insieme di norme sociali. Negli anni ’90 viene superata la consueta distinzione dicotomica tra obiettivi economici e sociali e si pone l’attenzione sulla sopravvivenza dell’impresa.

<<Un nuovo approccio strategico alla gestione d’impresa, basato su una visione relazionale della stessa. È, in sintesi, innovazione per la sostenibilità dell’azienda e dello stakeholder network in cui questa è inserita>> (Perrini e Tencati,2008). Quest’ultima proposta di CSR è differente rispetto a quelle presentate. Infatti è un diverso modo di concepire l’impresa, i suoi obiettivi, il management, la definizione e misurazione delle performance.  Ogni istituzione è parte di un network da cui ottiene le ragioni e le risorse per la propria esistenza e il proprio sviluppo; nessun soggetto può trarre da se stesso la “licenza ad operare” (Tencati e Perrini, 2006). Quindi, per rendere la proposta di valore dell’impresa attrattiva per i vari portatori di interesse serve l’innovazione, in modo da consolidare la relazione con il network e da accrescere le risorse intangibili di conoscenza e fiducia. Continuando, Perrini e Tencati (2008:40) affermano che << è possibile intendere la responsabilità d’impresa come parte integrante dell’obiettivo della sostenibilità intesa come la capacità di un’organizzazione di continuare le sue attività indefinitamente, avendo tenuto in debita considerazione il loro impatto sul capitale naturale, sociale e umano>>. La CSR consente, in tale maniera, di conseguire uno sviluppo economico-sociale che crei valore per gli azionisti e tuteli nel tempo il capitale ambientale, umano e sociale. Questo è perseguibile solo ottimizzando le risorse impiegate e con una comunicazione efficace e trasparente, che dia effettiva dimostrazione della sostenibilità dell’impresa.

La CSR nel corso degli anni ha cambiato volto, ma solo per adattarsi alla società del periodo, non perdendo mai di vista l’obiettivo di sostenibilità che ogni azienda deve perseguire, declinato in forme e modalità diverse in base alla concezione storico-culturale del momento. Le attività di business e gestionali hanno bisogno di valori etici su cui fondare l’impresa. I cittadini, le aziende e i mercati stanno ponendo sempre più l’attenzione sulla CSR, infatti, per il World Business Council for Sustainable Development (WBCSD, 1999):<<CSR is the continuing commitment by business to behave ethically and contribute to economic development while improving the quality of life of the workforce and their families as well as of the local community and society at large>>. Quindi, è necessario applicare pratiche di business trasparenti basate su valori etici e sul rispetto per gli impiegati, per la comunità e l’ambiente.

Anche l’Unione Europea ha compreso l’esigenza di allinearsi a questa prospettiva sociale, per diventare un’economia più competitiva e dinamica sfruttando le conoscenze locali e internazionali, riuscendo a crescere in modo sostenibile: il  Green Paper è il documento ufficiale che spiega cos’è per l’UE la CSR, come promuoverla, incoraggiando lo sviluppo di pratiche innovative, rendendole più trasparenti e aumentando l’affidabilità di diverse iniziative nel campo della revisione, etico-sociale e reporting. Tale documento suggerisce di rafforzare la partnership con tutti i portatori di interesse. Infatti, la CSR è :<<l’integrazione, su base volontaria, da parte delle imprese, delle istanze sociali e ambientali nelle loro attività e nell’interazione con le parti interessate (stakeholder)>> (Commissione delle Comunità Europee, 2001b; 2002; 2006).

Dalla definizione proposta si evince che la responsabilità sociale è un elemento integrante dell’attività d’impresa, che si articola nella dimensione interna ed esterna. La prima si occupa della gestione delle human resource, della sicurezza e salute sul luogo di lavoro, gestendo le risorse naturali e l’impatto ambientale. La seconda esula dai confini della singola impresa riferendosi al rapporto con tutti gli stakeholder, dalle comunità locali ai partner, dai fornitori ai consumatori e clienti.

L’impresa deve, quindi, considerare gli interessi di tutti coloro che sono coinvolti nel processo di produzione e l’impatto del suo operato determinando gli strumenti migliori attraverso  i quali coinvolgere i portatori di interesse, riuscendo a comunicare il proprio impegno in modo sostanziale e non solo per ottenere consensi. Per rispondere in modo adeguato alle pressioni provenienti dalla società, della quale le aziende sono parte integrante, quest’ultime dovrebbero perseguire obiettivi economici, sociali e ambientali in modo coordinato, integrando l’aspetto sociale e ambientale nel loro piano strategico. Un vero e proprio approccio olistico alla CSR, dove l’impresa è un sistema aperto, poiché coinvolto in una serie di relazioni con numerosi soggetti che sono in grado di condizionare il funzionamento e le performance.  È necessario gestire tali relazioni in modo sapiente, tenendo presente che spesso le aspettative dei vari soggetti coinvolti sono diverse. Si parla di triple bottom line (Elkington, 2004) per evidenziare il processo di creazione di valore con uno sviluppo sostenibile, presupponendo una performance soddisfacente lungo le tre dimensioni: sociale, ambientale ed economico-competitiva. Per misurare le performance sociali si sono ormai diffusi sia i bilanci sociali che ambientali, ma soprattutto bilanci o report di sostenibilità che sintetizzano la performance economica, sociale ed ambientale dell’impresa, mentre a livello internazionale si sono affermati alcuni modelli di riferimento (es: ISO 14000, 26000, AccountAbility 1000, Social Accountability 8000, OCSE, Global Reporting Initiative). Questi ultimi si sono concretizzati perché sia le imprese che i cittadini, in qualità di consumatori, hanno bisogno di avere un chiaro orientamento per sviluppare una responsabilità sociale univoca.

Bibliografia

Bowen H.R. (1953), Social Responsibilities of the Businessman, Harper, New York.

Carroll A.B.: (1979), A three-Dimensional Conceptual Model of Corporate Performance, Academy of Management Review, n.4, pp. 497-505.

Carroll A.B.: (1999), Corporate Social Responsibility. Evolution of a Definitional Construct, Business & Society 38(3), 268-295.

Commissione delle Comunità Europee (2001 b), Green Paper Promoting a European  Framework for Corporate Social Responsability, Bruxelles, COM(2001)366final.

Elkington J. (2004), Enter the Triple Bottom Line, in Henriques A., Richardson J. (a cura di ), The Triple Bottom Line:Does It All Add Up? Assessing the Sustainability of Business and CSR, Earthscan, Londra, pp.1-16.

Perrini F., Tencati A.(2008), Corporate Social Responsibility. Un nuovo approccio strategico alla gestione d’impresa, Egea, Milano.

Wallich H.C., McGowan J.J. (1970), Stockholder Interest And The Corporation’s Role In Social Policy, in Baumol W.J. (ed.), A New Rationale for Corporate Social Policy, Committee for Economic Development, New York.

WBCSD (World Business Council for Sustainable Development): 1999, Corporate Social Responsibility. Meeting Changin Expectations, http://www.wbcsd.org/home.aspx.